Il riconoscimento dell’utilitas non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento

Il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, pertanto il depauperato che agisce nei confronti della P.A., ex art. 2041 c.c., ha il solo obbligo di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 16793/18 depositata il 26 giugno. Il caso. Un avvocato conveniva in giudizio l’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale del territorio della Regione Calabria per richiedere la condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di competenze dovute in relazione all’incarico affidatogli di segretario della commissione di una gara d’appalto, chiedendo poi in via subordinata la liquidazione dell’indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c. La Corte d’Appello, adita in secondo grado, accoglieva la domanda dell’Amministrazione, la quale ha denunciato la carenza del presupposto processuale dell’azione di indebito arricchimento e l’infondatezza dell’azione per assenza di una utilitas in capo all’ente e del riconoscimento della stessa. Pertanto l’avvocato propone ricorso in Cassazione. L’azione di indebito arricchimento. Alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento poiché il depauperato ha il solo onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso. Tale utilità può consistere anche in un risparmio di spesa da parte della P.A. e può presentare natura atipica. Per queste ragioni la Suprema Corte accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 gennaio – 26 giugno 2018, n. 16793 Presidente Chiarini – Relatore Moscarini Fatti di causa L’avvocato D.L.C. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, l’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale del territorio della Regione Calabria per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 26.000 a titolo di competenze dovute in relazione all’incarico affidatogli di segretario della commissione di una gara di appalto bandita con determina del 22/7/2002. In via subordinata l’avvocato D.L. chiese la liquidazione dell’indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c Il Tribunale di Catanzaro, premessa la natura privatistica del rapporto, escluse la domanda di adempimento contrattuale formulata in via principale dal D.L. in ragione dell’intervenuta revoca, da parte del Commissario Delegato, della delibera di incarico ma ritenne fondata la domanda ai sensi dell’art. 2041 c.c. liquidando l’indennizzo in misura corrispondente all’onorario richiesto. In appello l’Amministrazione ha denunciato la carenza del presupposto processuale dell’azione di indebito arricchimento e l’infondatezza dell’azione per assenza di una utilitas in capo all’ente e del riconoscimento della stessa. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza del 21/1/2015, ha statuito la perdurante legittimazione processuale dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale del territorio della Regione Calabria, quale ufficio delegato ed organo straordinario della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile. Quanto ai presupposti dell’azione di arricchimento, il giudice ha ritenuto che la stessa potesse essere proposta in via subordinata rispetto all’azione contrattuale, proposta in via principale, solo qualora quest’ultima fosse rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui fosse stata proposta una domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale senza offrire prove sufficienti all’accoglimento, ovvero in quello in cui tale domanda, dopo essere stata proposta, non sia stata più coltivata dall’interessato Cass., 3, 13/3/2013 n. 6295 . E ciò in ragione del fatto che la sussidiarietà dell’azione deve essere intesa nel senso che essa può avere ingresso solo allorché chi la eserciti, secondo una valutazione da compiersi in astratto e perciò prescindendo dalla previsione del suo esito, non possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito Cass., U, 25/11/2008 n. 28042 . Nel caso in esame l’avv. D.L. ebbe a proporre azione contrattuale non fondata su idoneo titolo, stante la revoca del procedimento deliberativo e dunque in presenza di condizioni legittimanti l’actio de in rem verso. Premessa l’ammissibilità dell’azione, il giudice ha però ritenuto che mancasse nella fattispecie il riconoscimento dell’utilitas per l’amministrazione, in presenza di revoca dell’incarico e della mancata aggiudicazione della gara da esso presupposta. La Corte d’Appello ha pertanto, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale della Regione Calabria, rigettato la domanda del D.L. . Avverso la sentenza l’avv. D.L.C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria. Resiste la Presidenza del Consiglio dei Ministri con controricorso illustrato da memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo denuncia l’art. 360 n. 3 c.p.c. violazione art. 2041 c.c Ad avviso del ricorrente la sentenza avrebbe violato l’art. 2041 c.c. per avere affermato la necessità del riconoscimento dell’utilitas da parte del soggetto arricchitosi della prestazione e ciò in spregio all’opposto principio, sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale il riconoscimento dell’utilità non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, di guisa che il privato attore ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. deve provare, ed il giudice accertare, il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’Amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa piuttosto eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto e non fu consapevole Cass., U. n. 10798 del 26/05/2015 . Il motivo è fondato e merita accoglimento alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento in quanto il depauperato ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso Cass., 1, n. 15937 del 27/6/2017 Il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso tuttavia, le esigenze di tutela delle finanze pubbliche e la considerazione delle dimensioni e della complessità dell’articolazione interna della P.A. trovano adeguata tutela nel principio di diritto comune del cd. arricchimento imposto , potendo, invece, l’Amministrazione eccepire e provare che l’indennizzo non è dovuto laddove l’arricchito ha rifiutato l’arricchimento ovvero non ha potuto rifiutarlo perché inconsapevole delreventum utilitatis . L’utilitas può consistere anche in un risparmio di spesa da parte della P.A. Cass., 3, n. 9141 del 21/4/2011 La regola di diritto comune nemo locupletari potest cum aliena iactura deve avere un’applicazione tendenzialmente paritaria, sia che la pretesa venga avanzata nei confronti di un privato, sia che soggetto passivo ne sia una P.A. la mera utilizzazione di un’opera o di una prestazione, da parte di un ente pubblico, può, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, integrare riconoscimento implicito dell’utilità della stessa, utilità la quale va ravvisata anche in caso di risparmio di spesa a fronte di un’utilizzazione non attuata direttamente dagli organi rappresentativi dell’ente, ma da questi sostanzialmente assentita, il giudice può ritenere riconosciuta, di fatto, l’utilità dell’opera o della prestazione, conseguentemente formulando, in via sostitutiva, il relativo giudizio, con adeguata e congrua motivazione cfr. anche Cass., 1, n. 20226 del 4/9/2013 e può avere natura atipica Cass., 1, n. 16820 del 5/7/2013 Ai fini dell’ utile versum dell’azione di arricchimento senza causa, proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c. nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, quale la redazione del progetto di un’opera pubblica, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima Cass., 3, n. 12608 del 19/5/2017. Con il secondo motivo censura l’errata e contraddittoria applicazione dell’art. 2041 c.c. art. 360 n. 5 c.p.c. per insanabile contraddittorietà della motivazione violazione del giudicato interno. Ad avviso del ricorrente sulla natura privatistica del rapporto sarebbe sceso il giudicato, di guisa che la decisione di revocare l’incarico, assunta, peraltro, dopo che l’incarico aveva avuto esecuzione, non fa venir meno il fatto oggettivo dell’acquisizione delle prestazioni e tantomeno costituisce sintomo del fatto che tali prestazioni fossero oggettivamente sfornite di utilitas. Neppure è significativo che il provvedimento di revoca dell’incarico non sia stato impugnato in sede giurisdizionale né che la gara, in relazione alla quale era stata nominata la commissione, non sia stata più aggiudicata. L’utilitas dovrebbe essere valutata con riguardo al se le prestazioni rientrassero o meno tra i compiti o le finalità istituzionali normativamente attribuite a quella particolare articolazione della P.A., il che, nel caso di specie, non può essere certamente negato. Nel caso in esame nulla è stato dedotto o allegato in ordine al presunto vantaggio che l’ufficio del Commissario Delegato avrebbe tratto in relazione alla prestazione in contestazione né in ordine all’impoverimento correlato all’ingiustificato arricchimento dell’ufficio commissariale. Il motivo è assorbito in ragione dell’accoglimento del primo motivo. Con un motivo di ricorso incidentale condizionato l’Ufficio del Commissario Delegato impugna la sentenza d’appello nella parte in cui ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione sostanziale e processuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria. Ad avviso del ricorrente, a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale 12/4/2014 n. 18, a decorrere dal 10/1/2013 la Regione Calabria Assessorato delle Politiche Ambientali sarebbe l’amministrazione competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento degli interventi nel settore dei rifiuti solidi urbani, di guisa che la Regione Calabria è successore universale nei rapporti in precedenza facenti capo all’Ufficio commissariale. Alla data dell’entrata in vigore della legge regionale le funzioni dell’Ufficio commissariale erano già cessate e le funzioni già trasferite di guisa che la causa avrebbe dovuto essere radicata nei confronti della Regione e non anche del cessato Ufficio commissariale. Il motivo è infondato. L’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 57 del 14/3/2013 ha previsto le modalità di trasferimento delle competenze alla Regione nell’ottica di una collaborazione tra organi precedentemente legittimati e nuovi organi regionali, di guisa che, come riconosciuto dal giudice amministrativo, si è di fronte ad una vicenda qualificabile entro i più contenuti limiti di una successione a titolo particolare nei rapporti controversi, con conseguente applicazione processuale dell’istituto di cui all’art. 111 c.p.c. e prosecuzione del giudizio tra le parti originarie. La successione universale tra gli uffici regionali e i soggetti nominati ai sensi dell’art. 5 L. n. 225 del 1992 sarebbe stata configurabile solo allorché questi ultimi fossero qualificabili come rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati . Il che non è nel caso di specie, posto che il Commissario era indicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri senza che potesse in alcuna misura essere qualificato quale rappresentante della Regione Calabria. Ne consegue il rigetto del ricorso incidentale condizionato. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto in relazione al primo motivo di ricorso, la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, mentre il ricorso incidentale va rigettato. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. Rigetta il ricorso incidentale condizionato.