L’avvocato deve risarcire la cliente solo se c’è la prova del nesso causale

La responsabilità professionale dell’avvocato non discende dal mero fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato processuale ottenuto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6862/18, depositata il 20 marzo. Il caso. Il Tribunale di Reggio Emilia, in riforma della pronuncia del Giudice di Pace, rigettava la domanda di risarcimento danni per responsabilità professionale proposta dall’attrice nei confronti di un avvocato. Quest’ultimo aveva prestato il proprio patrocinio a favore della cliente nell’ambito di un giudizio in cui ella era convenuta per il pagamento di una fattura, giudizio concluso con la condanna al pagamento che, sempre a detta della cliente, avrebbe potuto essere evitata con la riproposizione dell’istanza di verificazione del pagamento in appello. Il Tribunale di Reggio Emilia argomentava la propria decisione sul rilievo che l’attrice avrebbe dovuto dimostrare che il diverso comportamento dell’avvocato avrebbe dato esito positivo alla controversia, risultando dunque carente la prova del nesso causale tra il preteso inadempimento ed il danno lamentato. La vicenda giunge dunque dinanzi alla Corte di legittimità su ricorso della cliente. Giudizio prognostico. Il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di responsabilità professionale afferma che il prestatore di opera intellettuale può essere ritenuto responsabile nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento del mandato in virtù di una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole della sua attività se la stessa fosse stata correttamente e diligentemente svolta. Ne consegue che la mancanza di elementi probatori sufficienti per giustificare tale valutazione prognostica, porta all’esclusione della responsabilità del legale poiché, affermano gli Ermellini, la responsabilità dell’esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone . Applicando tali principi al caso di specie, la Corte sottolinea la correttezza della motivazione fornita dal Tribunale che ha provveduto al necessario giudizio prognostico sulla base degli elementi probatori disponibili agli atti, giungendo ad escludere un potenziale esito positivo della controversia nell’ipotesi di un diverso comportamento dell’avvocato. In conclusione, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 gennaio – 20 marzo 2018, n. 6862 Presidente Travaglino – Relatore Cigna Fatti di causa C.M. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Reggio Emilia, in riforma di sentenza del Giudice di Pace di Reggio Emilia, ha rigettato la domanda di risarcimento danni per responsabilità professionale avanzata dalla C. nei confronti dell’avvocato B.M., difensore di essa ricorrente nel giudizio svoltosi presso il Giudice di Pace di Castelfranco Veneto in primo grado e presso il Tribunale di Treviso in secondo grado conclusosi con la condanna della C. al pagamento in favore di Prodeco Pharma della somma di Euro 5.145,67 somma portata da fattura, della quale non si era riusciti a provare il pagamento . Il Tribunale premesso che la C. aveva lamentato l’omessa riproposizione, da parte dell’avvocato B., di istanza di verificazione di sottoscrizione apposta per quietanza sulla detta fattura ha evidenziato che la C., per dimostrare la responsabilità dell’avvocato B. ed il conseguente diritto al risarcimento del danno, avrebbe dovuto provare non solo che l’omessa riproposizione dell’istanza di verificazione in appello avesse costituito un’omissione colposa del detto professionista ma anche che, se l’istanza di verificazione fosse stata proposta tempestivamente, essa avrebbe dato esito positivo, dimostrando la provenienza della sottoscrizione da soggetto legittimato dalla parte creditrice che l’istruttoria svoltasi in prime cure con espresso riferimento, tra l’altro, alla esibita documentazione ed all’espletata prova per testi non aveva consentito in alcun modo di ritenere dimostrato che l’istanza di verificazione, se fosse stata proposta, avrebbe condotto ad esiti positivi che, pertanto, la domanda risarcitoria doveva essere respinta per carenza di prova del nesso causale tra il preteso inadempimento ed il danno lamentato. Resiste con controricorso B.M. . Ragioni della decisione Con il primo motivo la C. denunzia ex art. 360 n. 5 cpc l’omesso esame di un fatto storico decisivo in particolare si duole che il Tribunale non abbia considerato, ai fini della responsabilità professionale, che l’avvocato B. non aveva informato essa ricorrente né del gravame presentato da Prodeco Pharma avverso la sentenza del Giudice di Pace di Castelfranco Veneto né della conseguente sentenza di condanna emessa in grado d’appello dal Tribunale di Treviso circostanze entrambe dedotte sin dall’atto di citazione in primo grado, ribadite in appello ed oggetto di discussione tra le parti. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando ex art. 360 n. 3 cpc violazione e falsa applicazione degli artt. 216 cpc e 2697 ssg cc, sostiene che il giudizio prognostico espresso dal Tribunale di Reggio Emilia sulla rilevanza e decisività dell’omessa riproposizione dell’istanza di verificazione era da ritenersi in contrasto sia con le risultanze istruttorie sia con quanto precisato dal Tribunale di Treviso, che in sentenza aveva indicato come motivo di soccombenza della C. proprio l’omessa riproposizione dell’istanza di verificazione. Entrambi i motivi, da valutare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati. In base a condiviso orientamento consolidato di questa Corte, l’affermazione di responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale implica una valutazione prognostica positiva non necessariamente la certezza circa il probabile esito favorevole del risultato della sua attività se la stessa fosse stata correttamente e diligentemente svolta con la conseguenza che la mancanza di elementi probatori, atti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell’attività del prestatore d’opera, induce ad escludere l’affermazione della responsabilità del legale in quanto, la responsabilità dell’esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone Cass. 22376/2012 v., tra le tante, Cass. n. 9917/2010 tale giudizio, da compiere sulla base di una valutazione necessariamente probabilistica, è riservato al giudice di merito, con decisione non sindacabile da questa Corte se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 cpc omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti è vero, infatti, che, nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la motivazione del giudice di merito in ordine alla valutazione prognostica circa il probabile esito dell’azione giudiziale è una valutazione in diritto, fondata su di una previsione probabilistica di contenuto tecnico giuridico, ma nel giudizio di cassazione tale valutazione, ancorché in diritto, assume i connotati di un giudizio di merito, il che esclude che questa Corte possa essere chiamata a controllarne l’esattezza in termini giuridici conf. Cass. 3355/2014, secondo cui nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito circa il probabile esito dell’azione giudiziale malamente intrapresa o proseguita, sebbene abbia contenuto tecnico-giuridico, costituisce comunque valutazione di un fatto, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione . Alla stregua di quanto sopra, pertanto, correttamente il Tribunale, senza incorrere in alcuna violazione di legge, ha proceduto al su esposto giudizio prognostico, giungendo a ritenere, sulla base degli elementi probatori in atti sui quali, come detto, il sindacato di questa Corte è ristretto alla sola omissione di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti , che, quand’anche si fosse proceduto a istanza di verificazione, l’esito del giudizio non sarebbe mutato né può ritenersi che l’asserita mancata comunicazione, da parte dell’avvocato B. alla sua cliente C.M., del gravame proposto da Prodeco Pharma e della sentenza in grado di appello emessa dal Tribunale di Treviso, possa costituire fatto controverso e decisivo per il giudizio, non essendo stato neanche dedotto né tanto meno dimostrato che, se la C. fosse stata a conoscenza del proposto gravame o della conseguente sentenza del Tribunale, l’esito della lite sarebbe stato diverso. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, dpr 115/2002, poiché il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis del cit. art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1.800,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.