L’avvocato ha diritto al compenso in caso di auto-fallimento dell’imprenditore?

Al centro dell’attenzione il tema dell’imprenditore insolvente che chiede il proprio fallimento.

Nello specifico si tratta, appunto, di stabilire se la presentazione da parte di una società di un’istanza di fallimento in proprio, per la quale non è necessaria l’assistenza in giudizio di un legale, escluda, o meno, che un avvocato abbia prestato assistenza giudiziale alla società stessa. E, i giudici della Prima Sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 5260 depositata il 6 marzo 2018, chiariscono che, il debitore - imprenditore insolvente - che promuove il cosiddetto procedimento di istruttoria prefallimentare non è tenuto a stare dinanzi al giudice col ministero o l’assistenza di un difensore e che pertanto il fatto che il relativo ricorso sia stato presentato da lui personalmente non esclude che si sia rivolto ad un legale per lo studio di una pratica e la redazione dell’atto. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un avvocato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Potenza contro la sentenza del Tribunale di Matera che aveva a sua volta respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento di una s.r.l. avanzata dal predetto legale per ottenere l’integrale ammissione dei crediti, riconosciutigli solo parzialmente, vantati in corrispettivo di prestazioni professionali effettuate in favore della società poi fallita. In particolare, la Corte del merito, respingendo l’opposizione ha escluso che la prova che l’avvocato avesse svolto una serie di prestazioni giudiziali in favore della società potesse trarsi dalle copie informi degli atti difensivi. Inoltre, il Giudice del merito ha precisato che la mera redazione di una bozza di ricorso per ammissione al concordato preventivo non implicava un’attività di assistenza nella procedura concorsuale proprio in ragione della mancanza di un mandato alle liti e che, comunque, il credito dell’avvocato per prestazioni stragiudiziali ammesso al passivo, determinato ai sensi della lettera F delle tariffe approvate col d.m. n. 585/94, doveva ritenersi congruo anche tenuto conto di tale attività, stante il valore indeterminato della relativa pratica. Avverso quest’ultima decisione il professionista proponeva quindi ricorso per cassazione facendo valere 4 distinti motivi di censura. In particolare, col primo gravame, l’avvocato lamenta la violazione degli artt. 83 c.p.c. e 1703 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso il riconoscimento di un compenso per l’attività stragiudiziale di assistenza nella procedura di concordato preventivo. Assume, in particolare, che la presentazione da parte della s.r.l. di un’istanza di fallimento in proprio, per la quale non era necessaria l’assistenza in giudizio di un legale, non escludeva che egli avesse prestato assistenza giudiziale” alla società, svolgendo le prestazioni di studio della pratica, di consultazione con il cliente e di redazione dell’istanza. Lamenta, inoltre, la mancata ammissione della prova testimoniale dedotta a conferma dello svolgimento dell’attività. E, gli Ermellini, dichiarando il motivo de quo fondato in parte, rilevano l’erroneità della decisione assunta sul punto dalla corte territoriale, che avrebbe in primo luogo dovuto valutare se il documento prodotto dal ricorrente fosse di per se stesso sufficiente all’accoglimento della domanda di ammissione dello specifico credito in esame ed eventualmente, in caso di ritenuta sua inidoneità, ammettere la prova per testi articolata a conferma dello svolgimento delle prestazioni. In conclusione, i Giudici di legittimità cassano la sentenza impugnata e rinviano la causa, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Potenza. L’auto-fallimento dell’imprenditore insolvente. In passato, ma non può ritenersi mutato il quadro normativo, l’iniziativa dell’imprenditore non era affatto facoltativa, bensì doverosa, perché l’aggravamento del dissesto, dovuto al ritardo con cui viene dichiarato il fallimento, integra una delle fattispecie di bancarotta, ex art. 217, comma 1, n. 4, l. fall., in cui può incorrere. Pertanto, l’imprenditore innanzi all’insolvenza non può indugiare e deve subito determinarsi per un auto-fallimento. Questo l’unico interesse protetto che lo muoveva nell’iniziativa. Nel presente, con il tramonto di una concezione del fallimento come sanzione contro l’imprenditore, quest’ultimo è titolare di un vero e proprio diritto ad essere assoggettato al fallimento ed egli dunque si muove per la tutela anche di un preciso interesse personale protetto. Ciò spiega come oggi l’iniziativa dell’imprenditore non deve essere inquadrata come una mera denuncia all’autorità giurisdizionale, perché assuma un’iniziativa propria. Difatti, l’imprenditore, come il creditore e il pubblico ministero è titolare di una propria azione e agisce per la tutela di un proprio interesse alla conservazione del suo patrimonio nella sua universalità, in ossequio ai principi del concorso e all’effetto esdebitativo al termine della liquidazione concorsuale. L’assistenza in giudizio di un legale non è necessaria in caso di presentazione di un’istanza di fallimento in proprio. Non occorre l’avvocato per il ricorso per auto-fallimento proposto ex artt. 6 e 14 l. fall., in difetto di una posizione di contrasto tra le parti. Il concordato fallimentare, ove chiesto dal fallito, può essere presentato senza l’ausilio del difensore tecnico. Ove, però, la proposta provenga da un terzo, creditore o assuntore, la presenza di più parti nel procedimento, sembrerebbe imporre la presenza del difensore, anche per il meccanismo di competizione tra le varie proposte di cui all’art. 125, comma 2, l. fall Parte della dottrina, invece, opta per la necessità dell’assistenza tecnica del legale in ogni caso, sia per la domanda presentata dal fallito che per quella proposta dal terzo, trattandosi comunque di procedimento giurisdizionale. Tuttavia l’art. 125 l. fall. prevede che quando il ricorso è proposto da un terzo, esso deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere la comunicazione. E, dal momento che l’avvocato ha già un proprio indirizzo di posta elettronica certificata stante l’obbligo di cui all’artt. 125, comma 1, c.p.c., deve dedursene forse che la norma si riferisca proprio al terzo persona fisica, che non è tenuto all’assistenza tecnica. La presentazione di un ricorso di auto-fallimento da parte di un imprenditore non esclude che si sia rivolto ad un legale per lo studio della pratica. Invero, come emerge chiaramente dal decisum in rassegna, il fatto che l’imprenditore chieda il fallimento in proprio non esclude che lo stesso si sia rivolto ad un avvocato per lo studio della pratica e la redazione dell’atto. Peraltro, nel caso che qui ci occupa l’avvocato de quo aveva proceduto all’analisi finanziaria della s.r.l. e persino redatto una bozza di ricorso per l’ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, prestazioni che la Corte territoriale aveva escluso rientrassero fra quelle di assistenza nella procedura concorsuale minore sulla scorta dell’unico rilievo della mancanza di un mandato alle liti” – per definizione non richiesto e non richiedibile in materia di prestazioni stragiudiziali – e per la medesima, errata ragione, non ha neanche dato ingresso alla prova testimoniale pienamente ammissibile ove ritenuta necessaria ad integrare quella fornita in via documentale articolata dall’odierno ricorrente a conferma del ricevimento e dell’avvenuta esecuzione dell’incarico – che ben può essere conferito oralmente – avente lo studio di fattibilità del concordato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 dicembre 2017 – 6 marzo 2018, n. 5260 Presidente Didone – Relatore Cristiano Fatti di causa La Corte d’appello di Potenza ha respinto l’appello proposto dall’avv. P.G. contro la sentenza del Tribunale di Matera che aveva a sua volta respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento di s.r.l. avanzata dall’avvocato per ottenere l’integrale ammissione dei crediti, riconosciutigli solo parzialmente, vantati in corrispettivo di prestazioni professionali effettuate in favore della società poi fallita. La corte del merito, per ciò che in questa sede ancora interessa, premesso che l’appellante non aveva prodotto le procure alle liti conferitegli dal legale rappresentante di , ha escluso che la prova che egli avesse svolto una serie di prestazioni giudiziali in favore della società potesse trarsi dalle copie informi degli atti difensivi - relativi alle cause asseritamente officiate - che il legale aveva prodotto in giudizio o potesse essere fornita in via testimoniale quanto ai compensi pretesi da P. in corrispettivo di prestazioni stragiudiziali, ha affermato che l’analisi della situazione finanziaria della fallita non poteva essere valutata come attività di particolare rilevanza, tale da giustificare onorari superiori a quelli minimi riconosciuti dal G.D. che la mera redazione di una bozza di ricorso per ammissione al concordato preventivo non implicava un’attività di assistenza nella procedura concorsuale proprio in ragione della mancanza di un mandato alle liti che, comunque, il credito dell’avvocato per prestazioni stragiudiziali ammesso al passivo, determinato ai sensi della lettera F delle tariffe approvate col D.M. n. 585/94, doveva ritenersi congruo anche tenuto conto di tale attività, stante il valore indeterminato della relativa pratica. La sentenza, pubblicata il 7.5.012, è stata impugnata dall’avv. P. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria. Il ricorrente ha provveduto a rinnovare la notificazione del ricorso, inizialmente non andata a buon fine, entro il termine concessogli da questa Corte ai sensi dell’art. 291 c.p.c Il Fallimento intimato non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione Con il primo motivo, che denuncia violazione degli artt. 83 c.p.c. e 1703 c.c., oltre che vizio di motivazione, il ricorrente lamenta la mancata ammissione del credito richiesto in corrispettivo di prestazioni giudiziali. Contesta che l’avvenuto conferimento dei mandati professionali potesse essere provato solo attraverso la produzione delle relative procure alle liti e non anche in via testimoniale, rilevando che l’attività di assistenza tecnica, di redazione delle difese e di indirizzo della controversia, richiede unicamente la stipulazione di un negozio bilaterale il c.d. contratto di patrocinio , che non necessita di forma scritta e che va tenuto distinto dalla procura ad litem, negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio. Assume, in particolare, che la presentazione da parte di di un’istanza di fallimento in proprio, per la quale non era necessaria l’assistenza in giudizio di un legale, non escludeva che egli avesse prestato assistenza giudiziale alla società, svolgendo le prestazioni di studio della pratica, di consultazione con il cliente e di redazione dell’istanza, prodotta quale documento sub. 15. Lamenta, inoltre, la mancata ammissione della prova testimoniale dedotta a conferma dello svolgimento dell’attività. Il motivo, pur muovendo da un’esatta premessa di diritto, è nella sua prima parte inammissibile, in quanto non risulta che l’avv. P. abbia mai allegato né, tantomeno, provato od offerto di provare che la lo aveva incaricato di difenderla nei giudizi associandolo ad altro legale, cui era stata conferita la procura alle liti, non potendo altrimenti trovare spiegazione l’avvenuto deposito degli atti che il ricorrente assume di aver redatto e per i quali il credito è preteso in processi in cui la società doveva essere necessariamente rappresentata da un avvocato. È invece fondato nella parte in cui lamenta che la produzione della procura sia stata ritenuta indispensabile anche ai fini della prova dello svolgimento dell’attività giudiziale prestata in favore di in vista della proposizione della domanda di auto-fallimento, atteso che il debitore - imprenditore insolvente - che promuove il c.d. procedimento di istruttoria prefallimentare non è tenuto a stare dinanzi al giudice col ministero o l’assistenza di un difensore e che pertanto il fatto che il relativo ricorso sia stato presentato da lui personalmente non esclude che si sia rivolto ad un legale per lo studio della pratica e la redazione dell’atto ne consegue l’erroneità della decisione assunta sul punto dalla corte territoriale, che avrebbe in primo luogo dovuto valutare se il documento prodotto sub. 15 dal ricorrente fosse di per se stesso sufficiente all’accoglimento della domanda di ammissione dello specifico credito in esame ed eventualmente, in caso di ritenuta sua inidoneità, ammettere la prova per testi articolata a conferma dello svolgimento delle prestazioni. 2 Col secondo motivo, che lamenta ulteriore violazione degli artt. 83 c.p.c. e 1703 c.c., nonché vizio di motivazione, l’avv. P. si duole del mancato riconoscimento di un compenso per l’attività stragiudiziale di assistenza nella procedura di concordato preventivo, la cui prova aveva fornito in via documentale ed anche offerto in via testimoniale. 3 Con il terzo e con il quarto motivo, denunciando ulteriori vizi di motivazione della sentenza e violazione di plurimi articoli del D.M. n. 585/94, il ricorrente deduce che l’attività di valutazione della situazione finanziaria della cliente, non contemplata da alcuna specifica voce della tariffa forense approvata col cit. D.M., rientrava a pieno titolo in quella di assistenza nella procedura concorsuale minore assume inoltre che il compenso per detta attività avrebbe dovuto essere liquidato secondo i criteri previsti dal punto 4 della tabella stragiudiziale della tariffa, e non già dei criteri di cui al punto 2 lett. F , previa determinazione del valore della prestazione, ai sensi dell’art. 5, 3 co., delle norme generali dettate in materia, con riferimento all’ammontare del passivo. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati sotto tutti i profili dedotti. La corte territoriale, dopo aver accertato che l’avv. P. aveva proceduto all’analisi della situazione finanziaria di e persino redatto una bozza di ricorso per l’ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, ha, del tutto illogicamente, escluso che tali prestazioni rientrassero fra quelle di assistenza nella procedura concorsuale minore sulla scorta dell’unico rilievo della mancanza di un mandato alle liti - per definizione non richiesto e non richiedibile in materia di prestazioni stragiudiziali - e per la medesima, errata ragione, non ha neanche dato ingresso alla prova testimoniale pienamente ammissibile ove ritenuta necessaria ad integrare quella fornita in via documentale articolata dall’odierno ricorrente a conferma del ricevimento e dell’avvenuta esecuzione dell’incarico che ben può essere conferito oralmente avente ad oggetto lo studio di fattibilità del concordato. Anche l’ulteriore ratio posta a fondamento del capo della decisione impugnato, secondo cui, pur a voler ritenere l’attività stragiudiziale in questione documentalmente provata, il credito ad essa relativo sarebbe stato comunque ricompreso in quello già ammesso dal G.D. allo stato passivo, è sorretta da due distinte affermazioni palesemente errate il giudice d’appello ha infatti attribuito valore indeterminato alla pratica relativa all’assistenza in procedure concorsuali, laddove, ai sensi dell’art. 5, 3 co. delle disposizioni generali in materia di tariffe per prestazioni stragiudiziali approvate col D.M. n. 585/94, esso andava determinato con riguardo all’ammontare del passivo del cliente debitore, ed ha inoltre ritenuto che gli onorari per detta assistenza andassero liquidati facendo applicazione dei criteri di cui al n. 2, lett. F della tabella, anziché di quelli di cui al successivo n. 4, che espressamente li contempla. All’accoglimento parziale del primo motivo del ricorso ed all’accoglimento integrale dei successivi motivi conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.