Liquidazione sotto i minimi tariffari? È richiesta una motivazione analitica

La Legge Fallimentare attribuisce al Giudice delegato la competenza esclusiva in ordine alla liquidazione dei compensi dovuti ai consulenti, per cui, in assenza di specifico reclamo, il Tribunale non può modificare tale aspetto.

La Sez. I civile della Cassazione ordinanza n. 657/18, depositata il 12 gennaio , ha cassato la decisione assunta dal Tribunale in materia di liquidazione delle spese a favore di un legale. Il caso. Un avvocato aveva prestato la propria attività professionale nell’ambito di due procedimenti giudiziari a favore di un Fallimento. Per cui, il difensore provvedeva a presentare la richiesta di liquidazione del proprio compenso al Giudice delegato, che però provvedeva ad una liquidazione in misura inferiore a quanto richiesto. Contro tale decisione l’avvocato proponeva anzitutto reclamo al Tribunale, che però, sulla scorta di una motivazione che sarà poi resa oggetto di attento scrutinio da parte della Cassazione, veniva respinto. Seguiva così il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Costituzione. La liquidazione del compenso spettava unicamente al Giudice delegato? Come vedremo tra poco, la decisione del Tribunale è apparsa errata sotto un duplice profilo. Anzitutto, perché il Tribunale ha affermato che la Legge Fallimentare attribuisce al Giudice delegato la competenza esclusiva in ordine alla liquidazione dei compensi dovuti ai consulenti, a tale proposito richiamando un precedente della Suprema Corte invero del tutto inconferente. Infatti, il precedente menzionato nel provvedimento gravato vale a dire Cass., n. 1394/1999 , suona ben diversamente, avendo la Suprema Corte affermando L'art. 25, comma 1, n. 7, l. fall. attribuisce al giudice delegato la competenza esclusiva in ordine alla liquidazione dei compensi dovuti ai consulenti. Ne consegue che il tribunale non può procedere, in assenza di reclamo, a modificare il decreto adottato al riguardo dal giudice delegato, cui deve riconoscersi natura giurisdizionale, recando esso statuizioni in merito al diritto soggettivo al compenso, e che, proprio per la mancanza del reclamo, è divenuto definitivo . Per cui, tale massima trovava presupposto nella mancata proposizione del reclamo, quindi una ipotesi del tutto diversa addirittura opposta rispetto a quella di specie, considerato che l’avvocato aveva invece, e proprio, presentato reclamo. Evidente, dunque, l’errore di motivazione del provvedimento impugnato. Una Circolare del Giudice delegato non era stata rispettata? Interessante questo passaggio. Infatti, il Tribunale aveva motivato il rigetto del reclamo ricordando, inoltre, che con una Circolare”, inviata al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, il Giudice delegato aveva previsto che sono legittimi sia i patti preventivi o anche successivi stipulati tra gli avvocati e i loro clienti in cui si preveda un compenso inferiore ai minimi o fissi tariffari, sia - in caso di mancata stipulazione preventiva di un patto e di insorto contrasto tra le parti sulla giusta entità del compenso - una liquidazione, da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in merito, in cui vengono scomputate e/o ridotte le voci superflue, non essenziali e/o non compiutamente documentate. La Circolare era peraltro successiva all’inizio dell’attività professionale. Gli Ermellini, anzitutto, osservano che si trattava in ogni caso di una Circolare successiva all’inizio dell’attività professionale e probabilmente anche successiva al compiuto esaurimento della stessa. E, peraltro, non risultavano patti in deroga in minus dei minimi tariffati, né il decreto del Tribunale indicava la concreta presenza, rispetto al caso deciso, di voci superflue ovvero non essenziali. Per cui, anche sotto questo profilo, la motivazione del provvedimento impugnato è risultata essere decisamente inconferente. Poco conta l’avvertimento vedasi la Circolare del Giudice le voci da espungere vanno sempre analiticamente individuate. Del resto, aggiunge la Suprema Corte, le voci che si manifestino non compiutamente documentate” sono comunque da espungere dalla parcella presentata per il compenso dal professionista, a prescindere da ogni eventuale avvertimento” che il Giudice delegato ritenga opportuno formulare in concreto vedasi la Circolare . Per tale riguardo occorre, piuttosto, un'indicazione specifica delle voci che si ritengono non adeguatamente comprovate, a cui venga collegato un altrettanto specifico, e relativo, scomputo. Sì che a una enunciazione di voci non comprovate” non potrebbe in ogni caso essere assegnato quel valore non già esaustivo, ma semplicemente esemplificativo”, che pur gli attribuiva il decreto impugnato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 4 luglio 2017 – 12 gennaio 2018, n. 657 Presidente Didone – Relatore Dolmetta Fatto e diritto 1.- N.P. ricorre per cassazione ex art. 111 Cost. nei confronti del Fallimento omissis s.r.l., svolgendo un motivo avverso il decreto emesso dal Tribunale di Larino in data 22 febbraio 2012. Con tale pronuncia il Tribunale ha respinto il reclamo presentato verso il provvedimento con cui il giudice delegato al Fallimento omissis ha liquidato in misura inferiore alla richiesta il compenso per attività professionale che la ricorrente ha svolto - in veste di difensore e procuratore del Fallimento - con riferimento a due giudizi nella pronuncia indicati quali n. 159/2002 R.G. ed espropriazione forzata n. 7/187 . Il Fallimento omissis non ha svolto attività difensiva. N.P. ha anche depositato memoria. 2.- Il motivo di ricorso presentato da N.P. denunzia, in via specifica, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 legge n. 794/1942, degli artt. 1,4 e 6 d. m. n. 127/2004, in relazione all’art. 23 r.d. n. 267/1942, all’art. 738 cod. proc. civ. e all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché dei principi in materia di determinazione e liquidazione dei diritti, onorari e spese di avvocato - Carenza di motivazione in punto di calcolo degli onorari e diritti . Il motivo è fondato, secondo i termini che qui in appresso si vengono ad illustrare. 3.- A base del proprio provvedimento di rigetto, il Tribunale di Larino ha posto due distinti ordini di rilievi. Ha così osservato, in primo luogo, che l’art. 25, comma 1 n. 7 leggi n. 6 , legge fall. attribuisce al giudice delegato la competenza esclusiva in ordine alla liquidazione dei compensi dovuti ai consulenti ex multis Cass., sez. 1, sentenza n. 1394 del 19/12/1999 . Altresì ha ricordato che con circolare del 20.7.2010 inviata al consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Larino il giudice delegato ha previsto , tra l’altro, che sono del tutto legittimi sia i patti preventivi o anche successivi stipulati tra gli avvocati e i loro clienti in cui si preveda un compenso inferiore ai minimi o fissi tariffari sia, in caso di mancata stipulazione preventiva di un patto e di insorto contrasto tra le parti sulla giusta entità del compenso, una liquidazione, da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in merito, in cui vengono scomputate e/o ridotte le voci superflue, non essenziali e/o non compiutamente documentate . 4.- Il primo dei riportati rilievi è del tutto inconferente. La sentenza n. 1394/1999 di questa Corte si rapporta - per escluderne la legittimità, naturalmente - alla fattispecie della determinazione del compenso professionale da parte del Tribunale che venga a proporsi in via diretta a quella, cioè, di parziale modifica del provvedimento del giudice delegato che non fosse stato oggetto di reclamo . Il caso qui in esame riguarda, invece, proprio il caso del proposto reclamo. 5.- Anche il secondo dei rilievi svolti dal Tribunale risulta non conferente. E questo al di là della constatazione che la circolare del giudice delegato, che viene richiamata dal Tribunale, cade - essendo del 2010 - in epoca successiva all’inizio dell’attività professionale in questione 2002 e, presumibilmente, pure al compiuto esaurimento della stessa che, a quanto pare, si colloca nel 2009 . In effetti, non consta, né viene allegata, la sussistenza in fattispecie di patti di deroga in minus dei minimi tariffari. Né il decreto del Tribunale indica la concreta presenza, rispetto al caso deciso, di voci superflue e/o non essenziali . D’altro canto, le voci che si manifestino non compiutamente documentate sono comunque da espungere dalla parcella presentata per il compenso dal professionista a prescindere da ogni eventuale avvertimento che il giudice delegato ritenga opportuno formulare in concreto. Per tale riguardo occorre, piuttosto, un’indicazione specifica delle voci che si ritengono non adeguatamente comprovate, a cui venga collegato un altrettanto specifico, e relativo, scomputo. Sì che a una enunciazione di voci non comprovate non potrebbe in ogni caso essere assegnato quel valore non già esaustivo, ma semplicemente esemplificativo , che pur gli attribuisce il decreto impugnato. 6.- In conclusione, il decreto va cassato e la controversia rinviata al Tribunale di Larino che, in diversa composizione, procederà a un nuovo esame alla luce del principio sopra esposto e deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Larino in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.