Correzione delle spese di lite: i principi della Cassazione su dies a quo e quantum

In caso di ordinanza di correzione per omessa distrazione delle spese di lite, il termine per l’impugnazione decorre dalla notifica dell’ordinanza e con la medesima non possono farsi valere errori di giudizio estranei al provvedimento di correzione. L’avvocato, a cui sia riconosciuta la distrazione delle spese processuali, non diviene contraddittore necessario nel giudizio d’appello e la determinazione delle spese da parte del giudice, se contenuta entro i minimi e i massimi tariffari, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 29343/17, depositata il 7 dicembre. Il caso. Un amministratore di società veniva convenuto in giudizio insieme alla consorte per il risarcimento dei danni derivanti dall’aver, secondo gli attori, distratto ingenti somme di denaro facenti parte del patrimonio della medesima società, somme costituenti il patrimonio della società formata da tutte le parti in causa. Il Tribunale di Firenze respingeva la domanda di risarcimento condannando gli attori alla refusione delle spese processuali e con successiva ordinanza correggeva l’errore di omessa distrazione delle spese di lite dovute al legale di una parte convenuta. La sentenza del Giudice di prime cure veniva impugnata innanzi alla Corte d’Appello di Firenze, la quale dichiarava l’impugnazione inammissibile poiché proposta oltre il termine prescritto per legge, decorrente dall’emissione della sentenza di primo grado e non già dall’ordinanza di correzione dell’errore. Avverso la sentenza del Giudice distrettuale l’appellante propone ricorso per cassazione lamentandosi dell’errata individuazione della decorrenza del termine per l’impugnazione della sentenza emessa da Tribunale di Firenze, nonché dell’errata liquidazione delle spese di lite cui era stata condannata a rifondere i convenuti. In particolare, la ricorrente si duole della duplicazione dei compensi in favore dei difensori della parte convenuta, in violazione dell’art. 8, comma 1, Pluralità di difensori e società professionali d.m. n. 55/2014 e della determinazione del quantum . Il dies a quo. La Suprema Corte evidenzia che il provvedimento di correzione riguardava solamente la distrazione delle spese in favore del difensore della parte convenuta, con la conseguenza che, per le restanti parti, il termine per la proposizione dell’appello doveva farsi decorrere dal giorno della pubblicazione della sentenza di primo grado, così come correttamente statuito dalla Corte d’Appello di Firenze . I criteri per la liquidazione delle spese di lite. Il Supremo Collegio afferma che la liquidazione delle spese di lite è legittima. Per quanto riguarda la presunta duplicazione dei compensi, l’ art. 8, comma 1, d.m. n. 55/2014 risulta inapplicabile al caso in esame, essendosi i convenuti costituiti separatamente, anziché congiuntamente. Relativamente alla determinazione del quantum , la Corte ribadisce la legittimità della quantificazione alla luce dei minimi tariffari previsti ex d.m. n. 55/2014 Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense e che il motivo di ricorso risulta, in realtà, ancorato al merito della liquidazione, divenendo estraneo al sindacato di legittimità. Il rigetto del ricorso e i principi. La Corte, nel rigettare il ricorso, enuncia due principi inerenti alla figura dell’avvocato e alla liquidazione delle spese processuali qualora il giudice di primo grado abbia distratto le spese processuali riconosciute alla parte vittoriosa in favore del suo avvocato, questi non diviene contraddittore necessario nel giudizio d’appello ed in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente è tenuta a rifondere a quella vittoriosa, la sua determinazione costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 novembre – 7 dicembre 2017, n. 29343 Presidente Travaglino – Relatore Di Florio Svolgimento del processo B.R., M.C. e M.S. convenivano dinanzi al Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, C.A. e la coniuge M.A. al fine di sentire accertare e dichiarare la mala gestio del primo, in qualità di amministratore della società di fatto Ge. Be. Ma, e condannare in solido entrambi al risarcimento dei danni patrimoniali subiti a causa della distrazione da loro posta in essere di ingentissime somme di danaro, frutto dei proventi delle vendite dei beni di proprietà di B.R. e M.F., e costituenti patrimonio della società formata da tutte le parti. I convenuti si costituivano a ministero di differenti difensori e con distinte comparse, sollevando entrambi eccezioni preliminari chiedevano, nel merito, che la domanda venisse rigettata. Con sentenza n. 98/2013 depositata il 7.5.2013, le domande venivano respinte e gli attori condannati a rifondere le spese di lite ad M.A. ed all’avvocato Claudio Tarchiani quale difensore antistatario di C.A Con ordinanza del 4.6.2013, il Tribunale adito provvedeva alla correzione dell’errore materiale denunciato dall’avv.to Leonardo Banchi, difensore di M.A. , consistente nell’omessa distrazione delle spese di lite in suo favore, nonostante la dichiarazione di antistatarietà. Con atto di citazione notificato il 17.1.2014 M.C. ha impugnato la sentenza sopra indicata proponendo sei motivi di gravame. La Corte d’Appello di Firenze, in accoglimento della preliminare eccezione sollevata da C.A. e da M.A., con sentenza n. 28/2015 dell’8.1.2015, resa ex art. 281 sexies cpc, ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione, proposta oltre il termine di cui all’art. 327 co. 1 cpc e non concernendo la parte della sentenza corretta con ordinanza del 4.6.2013 - che era riferita alla sola questione concernente l’omessa pronuncia sulla distrazione delle spese processuali, estranea ai motivi di gravame prospettati. Ha condannato l’appellante alla rifusione delle spese del grado, in favore di ciascuna controparte. Avverso detta sentenza, M.C. ha proposto il ricorso per Cassazione in esame, affidando le sue doglianze a due articolati motivi. C.A. ed M.A. hanno presentato congiuntamente controricorso, chiedendo il rigetto del gravame. Il Collegio ha deliberato che la motivazione sia redatta in forma semplificata. Motivi della decisione Con il primo motivo di gravame, richiamando l’art. 360 n. 3 cpc per violazione e falsa applicazione degli artt. 288 co 4 cpc e 327 co 1, M.C. censura, con riferimento al c.d. termine lungo di cui all’art. 327 co 1 cpc, la violazione dell’art. 288 co 4 cpc, che prevede che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione . Assume, al riguardo, che la Corte d’Appello di Firenze, escludendo che la procedura di correzione dell’errore materiale esperita potesse essere utilmente invocata ai fini della rimessione in termini per l’impugnazione, aveva omesso di considerare che gli effetti della distrazione disposta mediante detta ordinanza andavano ad incidere in modo rilevante sul contenuto precettivo della sentenza impugnata, riverberandosi sulla legittimazione passiva del soggetto finale cui indirizzare la richiesta di restituzione delle spese in caso di accoglimento del gravame, ed incidendo quindi sulla sostanza del giudicato. Ha chiesto, pertanto, che venisse dichiarato che la decorrenza del termine per impugnare la sentenza del Tribunale di Firenze fosse calcolato dal 4.6.2013, data dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale, e non dalla data di pubblicazione della sentenza, con applicazione dell’art. 288 co 4 cpc. Con il secondo motivo, la ricorrente, invocando l’art. 360 n. 3 cpc per violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2 co.1 , 4 co. 1,2 e 5 lett. d e 8 co. 1 DM 55/2014, si duole dell’errata applicazione delle tariffe vigenti, in quanto la Corte fiorentina, dopo aver dichiarato l’inammissibilità del gravame per tardività, l’aveva condannata a rifondere ad entrambi i convenuti le spese di lite, che liquidava, per ciascuno, in Euro 6440,00 oltre accessori di legge. Ritenendo l’importo eccessivo, lamenta, al riguardo, che 1. era stata disposta una duplicazione dei compensi a favore di due difensori a fronte di posizioni processuali identiche, con palese violazione dell’art. 8 co 1 DM 55/2014 che prevede che, in caso di incarico plurimo a carico del soccombente, dovessero essere computati i compensi per un solo avvocato era stato altresì ignorato il principio secondo cui, nel caso dell’avvocato chiamato a difendere più persone aventi una medesima posizione processuale, il compenso unico poteva essere aumentato nei limiti del 20% 2. i compensi erano stati erroneamente quantificati in relazione all’impegno difensivo effettivamente profuso, certamente inferiore a quello medio, avuto riguardo all’unicità della questione affrontata ed all’assenza di ogni esame del merito della controversia, con conseguente sproporzione delle somme liquidate 3. erano stati erroneamente quantificati i compensi dovuti per la fase decisionale tenuto conto della circostanza che la sentenza era stata resa con motivazione contestuale. Ha chiesto, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata. Il primo motivo è infondato. L’art. 288 IV co cpc prevede, a chiusura della disciplina del procedimento di correzione dell’errore materiale, che il termine ordinario per impugnare le parti corrette della sentenza debba farsi decorrere dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, circoscrivendo in tal modo le ipotesi di estensione della decorrenza del termine alle parti della sentenza oggetto di modifica ed escludendo implicitamente che tale dilatazione possa ricomprendere i capi che rimangono non intaccati dal provvedimento di cui all’art. 288 co II cpc. Nel caso in esame, come dedotto dallo stesso ricorrente, il provvedimento di correzione riguarda esclusivamente la distrazione delle spese in favore del difensore antistatario della convenuta M.A. , con la conseguenza che, per le restanti parti, il termine per la proposizione dell’appello doveva farsi decorrere dal giorno della pubblicazione della sentenza di primo grado, così come correttamente statuito dalla Corte d’Appello di Firenze. Al riguardo, va rilevato che il ricorrente, pur mostrando di essere consapevole dei fondamentali arresti di questa Corte - che ha richiamato - secondo i quali, qualora il giudice di primo grado abbia distratto le spese processuali riconosciute alla parte vittoriosa in favore del suo avvocato, questi non diviene contraddittore necessario nel giudizio d’appello Cass. 1371/2012 e non assume, pertanto, in tale giudizio - a meno che esso non investa la sussistenza dei presupposti per la distrazione delle spese - la qualità di parte Cass. 23444/2014 , mostra di non trarne le corrette conseguenze affermando, erroneamente, che la statuizione di distrazione avrebbe inciso sul complessivo giudicato in quanto, ove fosse intervenuta una riforma della pronuncia del giudice di prime cure, il soggetto legittimato passivo alla richiesta di restituzione delle spese di lite sarebbe stato il difensore della parte tale tesi è totalmente contrastante con il consolidato orientamento di questa Corte sopra richiamato, dovendosi precisare - in ordine ai presupposti su cui si fonda - che nel caso in esame le statuizioni di merito della sentenza sono rimaste intatte e non sono mai state oggetto della richiesta di correzione. Il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. La prima censura è infondata. Le norme richiamate dal ricorrente sono applicabili alla duplice ipotesi in cui la parte vittoriosa sia difesa da più avvocati o in cui un medesimo difensore assista più parti nel primo caso, infatti, l’art. 8 co 1 DM 55/2014 prevede che a carico del soccombente debbano essere computati i compensi per un solo avvocato mentre, nel secondo caso, l’art. 4 co. 2 stesso testo dispone che il compenso possa essere aumentato, fino a ad un massimo di 10 soggetti, nei limiti del 20% per ciascuna parte in più. Tali previsioni sono del tutto estranee al caso in esame, in cui i convenuti si sono costituiti separatamente, a ministero di differenti difensori, in favore dei quali, pertanto, la Corte d’Appello ha correttamente liquidato i compensi previsti dalle tariffe vigenti. La seconda e la terza censura sono inammissibili, visto che nella determinazione del quantum sono stati rispettati i minimi inderogabili previsti ex DM 55/2014 per i compensi il motivo, in parte qua , investe dunque il merito della liquidazione ed è, pertanto, estraneo al sindacato di legittimità Cass. 20289/2015 . In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con l’enunciazione, ex artt. 384 e 360 co 1 n. 3, dei seguenti principi di diritto Il termine per impugnare previsto dall’art. 288 co IV cpc, decorrente dalla notificazione dell’ordinanza di correzione, non ha la funzione di una rimessione in termini concessa per denunciare errori di giudizio e non consente, pertanto, di estendere il controllo impugnatorio alle parti della pronuncia estranee al provvedimento di correzione, per le quali la decorrenza dovrà essere computata dalla data di pubblicazione della sentenza . Qualora il giudice di primo grado abbia distratto le spese processuali riconosciute alla parte vittoriosa in favore del suo avvocato, questi non diviene contraddittore necessario nel giudizio d’appello, quand’anche sia stato impugnato il capo relativo alle spese, con riferimento all’entità delle stesse, e, conseguentemente, le statuizioni oggetto della sentenza passata in giudicato non subiscono alcuna modifica . In tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità . Le spese del grado seguono la soccombenza e devono essere distratte in favore del difensore antistatario. Ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna M.C. a rifondere ad C.A. e ad M.A. le spese del grado che liquida in complessivi Euro 5800,00 oltre accessori e rimborso forfettario nella misura di legge, da distrarsi in favore dall’avv.to Claudio Tarchiani, dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma ibis dello stesso art. 13.