Liquidazione delle spese processuali, degli onorari e iniziativa d’ufficio del giudice

A seguito dell’entrata in vigore del d.m. n. 140/2012, trovano applicazione i nuovi parametri per la commisurazione dei compensi dei professionisti, anche se la liquidazione sia riferita ad un’attività iniziata precedentemente ma non ancora conclusa.

Sul tema è tornata a pronunciarsi la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27532/17, depositata il 21 novembre. Il caso. Il Tribunale di Potenza si pronunciava in merito alla richiesta di risarcimento danni avanzata dall’attrice che, in qualità di terza trasportata, conveniva in giudizio il proprietario ed il conducente dell’auto che aveva cagionato il sinistro risalente al 1983. A seguito dell’accoglimento in primo grado, i soccombenti adivano la Corte d’Appello che riformava solo parzialmente la pronuncia, confermando la condanna in solido dei convenuti, oltre che della compagnia di assicurazione chiamata in causa quale designata per la liquidazione dei sinistri a carico del F.G.V.S., al risarcimento del danno, previa rivalutazione monetaria. Interessi. La danneggiata ricorre per la cassazione della pronuncia dolendosi in primo luogo per aver la Corte territoriale riconosciuto il risarcimento entro il massimale, senza ricomprendervi gli interessi compensativi maturati e maturandi, pur avendo precedentemente riconosciuto il diritto agli interessi e alla rivalutazione monetaria per la mala gestio impropria della controparte. La doglianza si rivela infondata in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui gli interessi e la rivalutazione monetaria costituiscono una delle componenti dell’obbligazione di risarcimento del danno e possono dunque essere riconosciuti dal giudice anche d’ufficio, ferma restando la necessità di coordinamento con il principio delle preclusioni processuali e della specificità dei motivi di gravame. Se dunque il punto relativo all’iniziativa d’ufficio del giudice, su cui si sia espressa la sentenza impugnata, non è oggetto di specifico motivo di gravame, ne è preclusa la conoscibilità nel successivo grado di giudizio. Onorari. La ricorrente censura inoltre la liquidazione degli onorari dell’avvocato in merito alla quale il giudice, a suo dire, non può limitarsi ad un’apodittica fissazione del compenso, nemmeno in assenza di una nota specifica della parte vittoriosa. Il Collegio condivide la censura affermando che il giudice deve determinare, anche in assenza di una nota specifica, l’ammontare del compenso dovuto al difensore specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia. Le Sezioni Unite della Corte di legittimità hanno infatti affermato che i nuovi parametri per la commisurazione dei compensi dei professionisti ex art. 41 d.m. n. 140/2012 trovano applicazione laddove la liquidazione giudiziale avvenga in un momento successivo rispetto alla data di entrata in vigore della norma medesima e sia riferita al compenso del professionista che in quel momento non abbia ancora completato la propria prestazione. Il compenso infatti ha valenza onnicomprensiva quale corrispettivo dell’intera opera prestata Cass. SS.UU. nn. 17405 e 17406/12 . La S.C. aggiunge inoltre che, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi nella vigenza delle tabelle professionali che distinguevano tra diritti e onorari ad una globale determinazione dei diritti del procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma deve dare adeguata motivazione dell’eliminazione o della riduzione delle varie voci. E ciò vale anche a seguito dell’entrata in vigore del d.m. n. 140/2012. In conclusione, la Corte, accogliendo anche la doglianza relativa alla rideterminazione d’ufficio delle spese processuali relative al primo grado di giudizio potere che secondo la consolidata giurisprudenza sussiste solo in caso di riforma totale o parziale della sentenza di prime cure , cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 3 febbraio – 21 novembre 2017, n. 27532 Presidente Spirito – Relatore Scrima Fatti di causa Il Tribunale di Potenza dinanzi al quale la causa era stata riassunta a seguito di precedente sentenza della Corte territoriale, la quale aveva riconosciuto che, nel giudizio di primo grado, in sede di riassunzione della causa interrotta per la messa in l.c.a. di Ambra Assicurazioni S.p.a., l’attrice aveva omesso di citare anche La Peninsulare in l.c.a. , con sentenza depositata in data 18 ottobre 2007, pronunciando sulla domanda proposta da G.M.R. di risarcimento dei danni dalla medesima riportati in un sinistro stradale avvenuto nel allorché la medesima si trovava quale trasportata sull’auto FIAT 500 di proprietà di Ca.Ro. e da questi condotta, auto che era stata investita dalla Fiat 127 di proprietà di P.G. e condotta da Gi.Mi. , dichiarò l’esclusiva responsabilità del sinistro in parola del Gi. , dichiarò i convenuti obbligati in solido tra loro al risarcimento dei danni subiti dall’attrice e li condannò in solido al pagamento, in favore della G. , della somma complessiva equitativamente determinata all’attualità in Euro 300.000,00, nonché al pagamento delle spese di lite, in esse comprese quelle relative alle espletate c.t.u La Corte di appello di Potenza, con sentenza depositata in data 4 dicembre 2013, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Potenza nel 2007, pronunciando sull’appello principale proposto da Ambra Assicurazioni S.p.a. in l.c.a., in nome della CONSAP, Gestione Autonoma del F.G.V.S., e sull’appello incidentale proposto da INA Assitalia S.p.a., avente causa da Assitalia - Le Assicurazioni d’Italia S.p.a., quale impresa territorialmente designata per la liquidazione dei sinistri a carico del F.G.V.S., nei confronti della G. , de La Peninsulare S.p.a. in l.c.a., di Gi.Mi. e P.G. , accolse gli appelli proposti limitatamente ai profili di inammissibilità di una sentenza di condanna diretta verso l’Ambra Assicurazioni e del ridimensionamento del quantum risarcitorio e, per l’effetto , rigettò la domanda proposta dalla G. nei confronti di Ambra Assicurazioni S.p.a., condannò INA Assitalia S.p.a., quale impresa territorialmente designata per la liquidazione del sinistri a carico del F.G.V.S. a pagare alla G. , a titolo di risarcimento, Euro 25.822,84, oltre rivalutazione monetaria fino alla data della decisione di secondo grado in parola, confermò nel resto la sentenza del Tribunale del 2007, in particolare sotto il profilo della solidarietà passiva tra i debitori condannati nel rispetto del limite di concorrenza del debito, compensò interamente le spese processuali tra la G. e Ambra Assicurazioni, condannò INA Assitalia S.p.a., P.G. , Gi.Mi. e La Peninsulare S.p.a. in l.c.a., solidalmente, al pagamento, in favore della G. , delle spese processuali del primo grado del giudizio e condannò INA Assitalia S.p.a., P.G. e Gi.Mi. , solidalmente, a pagare, in favore della G. , le spese del secondo grado del giudizio. Avverso la sentenza della Corte di appello appena richiamata G.M.R. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi. Ambra Assicurazioni S.p.a. in l.c.a., in nome di CONSAP, Gestione Autonoma del F.G.V.S., ha resistito con controricorso. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Ragioni della decisione 1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata. 2. Il primo motivo è così rubricato Violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., nonché dei principi generali in tema di risarcimento del danno - art. 360 c.p.c. n. 3 contraddittorietà della motivazione . Con tale mezzo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur ritenendo sussistente la mala gestio c.d. impropria, con conseguente diritto della danneggiata ad ottenere gli interessi e la rivalutazione monetaria oltre il limite del massimale, la Corte di merito ha condannato l’INA Assitalia S.p.a., nella dedotta qualità, al pagamento, in suo favore, a titolo di risarcimento, del solo importo costituito dal massimale Euro 25.822,84 , maggiorato dalla rivalutazione monetaria fino alla data della pronuncia, senza riconoscere gli interessi compensativi maturati e maturandi su detto importo, motivando il diniego di tali interessi sul rilievo della mancata proposizione, da parte della danneggiata, dell’appello incidentale sulla statuizione del Tribunale in ordine al mancato riconoscimento degli interessi compensativi. Ad avviso della ricorrente, la riconosciuta sussistenza della mala gestio c.d. impropria a favore del danneggiato avrebbe dovuto comportare il riconoscimento d’ufficio, da parte del giudice del gravame, anche degli interessi sul capitale rivalutato, pur in assenza di esplicita domanda da parte della danneggiata, la quale, nella specie, tale domanda aveva però formulato. Sostiene, altresì, la G. che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che la parte vittoriosa in primo grado non è tenuta a riproporre con appello incidentale - difettando il presupposto della soccombenza - le domande e le eccezioni già proposte e respinte o dichiarate assorbite dalla decisione di primo grado, essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., la mera riproposizione di tali domande ed eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo grado e rappresenta di aver, a seguito della proposizione ex adverso dell’appello principale e di quello incidentale, espressamente dedotto, nella comparsa di costituzione depositata in sede di inibitoria e nella comparsa di risposta depositata nel giudizio di merito, che l’eventuale massimale avrebbe dovuto essere assoggettato agli interessi e alla rivalutazione monetaria , così manifestando la sua inequivoca volontà di riproporre al giudice del gravame la questione relativa al riconoscimento degli interessi sulla somma rivalutata. 2.1 Il motivo è infondato, in base agli assorbenti rilievi che seguono. Nella specie va evidenziato che il Tribunale, con la sentenza del 2007, aveva espressamente affermato in motivazione che le convenute dovevano essere condannate alla somma risarcitoria nella misura equitativamente determinata, di Euro trecemtomila/00, all’attualità , a nulla rilevando . che, ad oggi tale somma va . a superare il massimale di polizza all’epoca del sinistro, atteso che detto massimale non è mai stato messo a disposizione della danneggiata , senza riconoscere, in relazione alla somma così liquidata, gli interessi. Risulta evidente che, in relazione a tale statuizione, la G. era, in effetti, parzialmente soccombente, con riferimento, in particolare agli interessi, ed avrebbe dovuto non limitarsi a ribadire - come ha effettivamente fatto - in comparsa di risposta in secondo grado la domanda ad essi relativa, ma avrebbe dovuto proporre specifico appello incidentale sul punto. Ed invero il principio secondo cui gli interessi e la rivalutazione monetaria costituiscono una componente dell’obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d’ufficio, deve coordinarsi con il sistema delle preclusioni e della specificità dei motivi di gravame, per cui il potere di iniziativa del giudice di appello con riguardo alle questioni rilevabili d’ufficio trova un limite nel caso in cui una di dette questioni sia stata decisa nel precedente di giudizio e il relativo punto non abbia formato oggetto di impugnazione nella specie incidentale . 3. Con il secondo motivo, rubricato Violazione dell’art. 91 c.p.c. - violazione del D.M. Giustizia 20/7/12 n. 140 - Tariffa professionale spese giudiziali in materia civile - art. 360 n. 3 c.p.c. , la ricorrente sostiene che in tema di liquidazione degli onorari agli avvocati, il giudice d’appello non può limitarsi ad una apodittica fissazione del compenso, ma deve determinare, anche in assenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, l’ammontare del compenso dovuto al professionista, specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia, distinguendo ciascuno dei gradi di giudizio di merito, onde consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e dalle tariffe, anche in relazione all’inderogabilità dei minimi tariffari, e lamenta che la Corte di merito abbia determinato le spese processuali del primo e del secondo grado liquidandole globalmente nel rispettivo ammontare di Euro 2.000,00 e Euro 2.400,00, senza motivare in ordine alla disposta riduzione o rideterminazione delle spese processuali, liquidandole in modo globale sia con riferimento all’entità degli esborsi non indicati e, secondo la ricorrente, verosimilmente non riconosciuti , sia con riguardo alle competenze, senza così consentire la verifica del rispetto dei limiti tariffari e senza l’analitica specificazione delle fasi dell’attività giudiziale di cui all’art. 4 del richiamato D.M. lamenta inoltre la mancata indicazione delle spese vive, indicate, con riferimento al primo grado, nella nota spese depositata agli atti. Si duole altresì la ricorrente che nella sentenza impugnata neppure sono indicate le spese di c.t.u 3.1. Il motivo è fondato nei sensi appresso precisati. Ed invero si osserva che il giudice anche d’appello non può limitarsi ad una apodittica fissazione del compenso, ma deve determinare, anche in assenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, l’ammontare del compenso dovuto al professionista, specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia. Inoltre va precisato che, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di spese processuali, agli effetti dell’art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all’art. 9, secondo comma, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata Cass., sez. un., 12/10/2012, nn. 17405 e 17406 . Questa Corte ha pure precisato che il principio affermato dalle Sezioni Unite e appena richiamato non può estendersi all’attività professionale relativa ad un grado del giudizio che si è concluso con sentenza e in relazione al quale, il Giudice dell’appello, tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio, rideterminerà il regolamento delle spese, anche per il primo grado del giudizio, perché l’attività professionale deve ritenersi conclusa, con la sentenza che chiude il giudizio, sia pure relativamente ad una fase dello stesso. D’altra parte, questo principio sembra sia affermato, sia pure indirettamente e/o implicitamente, anche dalle SS.UU. di questa Corte nelle già richiamate sentenze laddove affermano che i nuovi parametri professionali vanno applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, e, a giudizio di questa Corte, è nell’ordine delle cose, ritenere che l’attività professionale debba ritenersi conclusa ed espletata tutte le volte in cui sia intervenuta una sentenza che chiude una fase del giudizio anche con la liquidazione delle spese. Il Giudice del secondo grado nel rideterminare il regolamento delle spese anche del giudizio di primo grado, in verità, non riat t ualizza un giudizio concluso, ma si trasporta al momento della sentenza di primo grado, specificando ciò che quel Giudice avrebbe dovuto fare se avesse correttamente deciso Cass. 11/02/2016, n. 2748 . Nel caso in esame, la Corte di Appello non risulta si sia attenuta a tali principi, essendosi la stessa effettivamente limitata a liquidare le spese in favore della ricorrente nella somma complessiva di Euro 2.000,00, per il primo grado, e nella somma complessiva di Euro 2.400,00, per il secondo grado, senza ulteriori specificazioni, neppure in relazione alle spese vive e alle spese di c.t.u A quanto precede va aggiunto che, sempre in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi nei casi in cui vanno applicate le previgenti tabelle che distinguevano tra i diritti e gli onorari ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata Cass., ord., 30/03/2011, n. 7293 e che, infine, con riferimento al DM 140/2012, questa Corte ha anche precisato che il giudice è tenuto ad indicare le concrete circostanze che giustificano l’eventuale deroga ai minimi e massimi stabiliti dal DM 140/2012 v. Cass. 16/09/2015, n. 18167 Cass. 11 gennaio 2016, n. 253 Cass. 3 agosto 2016, n. 16225 . 4. Con il terzo motivo, rubricato Violazione degli artt. 112 - 91 e 346 c.p.c. nella determinazione delle spese processuali poste a carico di P.G. e Gi.Mi. - art. 360 c.p.c. n. 3 - contraddittorietà della motivazione , la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha rideterminato, anche nei confronti del P. e del Gi. le spese processuali relative al giudizio di primo grado, in palese contrasto con quanto statuito in motivazione, in cui ha espressamente confermato la sentenza di primo grado nei confronti dei predetti. 4.1. Il motivo è fondato in base all’assorbente rilievo che la Corte di merito non risulta essersi attenuta al consolidato principio, che va ribadito in questa sede, secondo cui il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in ragione dell’esito complessivo della lite, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata - e nei confronti del Gi. e del P. la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado -, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione Cass., ord., 14/10/2013, n. 23226 . 5. Alla luce di quanto precede, va rigettato il primo motivo e vanno accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, che dovrà attenersi ai principi di diritto sopra richiamati. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo e accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione.