Sanzionato l’avvocato “furbetto” che assieme alle condoglianze offre la sua consulenza

Il CNF si esprime in merito alla vicenda di un avvocato che, fingendosi un amico della vittima di un incidente stradale, mandava ai familiari le sue condoglianze rendendosi disponibile per qualsiasi necessità di carattere legale . Inequivocabile il tentativo di approfittare del lutto per offrire la sua consulenza professionale.

Sul tema il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 130/17, depositata il 23 settembre. Il caso. Il COA di Tivoli dichiarava la responsabilità di un avvocato per l’illecito disciplinare contestatogli ed infliggeva allo stesso la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per 6 mesi. Nella specie l’avvocato era accusato di aver cercato di ottenere un incarico professionale fingendosi un conoscente della vittima di un sinistro stradale. L’accusato aveva infatti inviato un telegramma ad un familiare della vittima, pochi giorni dopo la disgrazia, nel quale esprimeva il suo cordoglio indentificandosi come un amico” della vittima ed offriva ai parenti, ancora scossi per il lutto, la sua consulenza legale. Durante il procedimento disciplinale dalla dichiarazione di un parente del defunto emergeva che, al contrario, l’avvocato non aveva alcun rapporto né con la vittima né con i familiari. Per questi motivi il Consiglio territoriale, verificata la ritualità delle comunicazioni effettuate all’incolpato e al suo difensore assenti durante l’adunanza, dichiarava la responsabilità disciplinare dell’avvocato. Avverso la decisione del COA di Tivoli ricorreva davanti al Consiglio Nazionale Forense l’avvocato eccependo la nullità delle decisione impugnata. Omessa notifica. Il ricorrente lamenta che il COA abbia leso il suo diritto di difesa avendo omesso di notificargli l’ordinanza di differimento dell’adunanza disciplinare. Il CNF ha rilevato che la comunicazione veniva eseguita a mezzo PEC al domicilio eletto dall’incolpato presso il suo difensore. Inoltre, il CNF ha evidenziato che il difensore è la moglie del ricorrente e la qualcosa consente di ritenere con elevata certezza” che l’incolpato avesse avuto conoscenza della data dell’adunanza disciplinare . Finalità dell’avvocato amichevole”. L’incolpato denuncia, inoltre, che la decisone del COA di Tivoli sia frutto di opinioni e congetture personali circa le modalità di manifestazione del cordoglio, piuttosto che su elementi obbiettivi. Il Consiglio Nazione Forense ha osservato che il fatto oggetto dell’illecito disciplinare è stato pienamente provato dal Consiglio territoriale. Infatti si deduce dal testo del telegramma che l’avvocato non si limitava ad esprimere le sue condoglianze ma, offrendo la sua consulenza legale, forniva anche i recapiti telefonici nonché l’indirizzo del suo studio. Questo basta, secondo il CNF, per provare la finalità di offrire la prestazione professionale in vista delle probabile azione risarcitoria che avrebbero intrapreso i familiari della vittima nei confronti del responsabile civile. Il CNF sottolinea che detti comportamenti erano da soli sintomatici delle volontà dell’incolpato di acquisire un nuovo rapporto di clientela, con una tempistica e con una modalità sicuramente non conformi alla correttezza e decoro professionale . In ragione di ciò, il CNF conferma la responsabilità per illecito disciplinare dell’avvocato e riforma parzialmente la sentenza impugnata riducendo la sanzione di sospensione dall’esercizio professionale nella sanzione di censura.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 25 maggio - 23 settembre 2017, n. 130 Presidente Mascherin – Segretario Secchieri Fatto Con ricorso depositato il 08/01/2015 nella segreteria del Consiglio dell’Ordine di Tivoli, l’avv. [ ricorrente ] impugnava la decisione pronunziata nel procedimento disciplinare n. 28/2013 il 26/9/2014, depositata il 21/11/2014, notificata il 22/12/2014, che lo aveva ritenuto responsabile dell’illecito disciplinare contestatogli nel capo di incolpazione ed applicato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi sei. La vicenda trae origine dalla segnalazione del signor [ tizio ], pervenuto al COA di Tivoli il 27/8/2013 prot. A/1653 , che era stato inoltrato anche ad una nota trasmissione televisiva, mediante il quale riferiva che pochi giorni dopo l’omicidio stradale del cognato, avvenuto nel centro abitato di Roma, provocato da un’automobilista in stato di ebbrezza alcolica, l’avv. [ ricorrente ] aveva inviato un telegramma alla famiglia della vittima, con il quale manifestava il cordoglio per la morte dell’amico [ caio ] ed offriva la propria assistenza legale amichevole ai familiari. L’esponente lamentava sostanzialmente che il [ ricorrente ] non conoscesse affatto la vittima dell’incidente, e che attraverso il telegramma intendesse accreditarsi presso la famiglia, particolarmente scossa a causa dell’evento luttuoso, offrendo la propria consulenza legale in vista della pratica risarcitoria che molto probabilmente sarebbe stata intrapresa in danno dell’omicida stradale e dell’assicuratore. Il Consiglio territoriale, previa richiesta di chiarimenti, con nota del 16/9/2013, in ordine all’esposto predetto, con deliberazione del 25/10/2013 apriva il procedimento disciplinare nei confronti dell’Avv. [ ricorrente ] per il seguente addebito L’avv. [ ricorrente ], nato a [ omissis ] il [ omissis ], con studio in [ omissis ] presso l’avv. [ sempronio ] in via [ omissis ], iscritto all’Albo degli Avvocati di Tivoli con anzianità di iscrizione [ omissis ] inviava alla famiglia [ alfa ], che aveva subito un tragico lutto familiare a seguito incidente stradale, telegramma del seguente tenore Poste Italiane s.p.a. Famiglia gent.ma [ alfa ] 00137 Roma – Esprimo il mio più sentito cordoglio per l’assurda scomparsa dell’amico [CAIO]. Rimango a vostra disposizione in via amichevole per qualsiasi necessità di carattere legale alle mie si uniscono le condoglianze di mia moglie [ mevia ]. avv. [ ricorrente ] mobile [ omissis ], [ omissis ] , via [ omissis ]”. Fatto commesso in Roma il 9 agosto 2013, in violazione degli articoli 5, 17, canone 19, canone III e IV, 56.” 2 All’adunanza disciplinare del 14/2/2014, il COA, pur ritenendo indimostrato il legittimo impedimento rappresentato dal difensore dell’incolpato, avv. [ mevia ], differiva per ragioni di opportunità la discussione del procedimento al 9 maggio 2014, mandando al Cons. segretario per la comunicazione del rinvio a mezzo PEC all’incolpato ed al difensore. Anche l’adunanza del 9/5/2014 veniva differita al 26/09/2014 per allattamento del difensore dell’incolpato, avv. [ mevia ], disponendo la comunicazione del rinvio, sempre a mezzo PEC, all’incolpato ed al difensore. All’adunanza del 26/9/2014, assenti l’incolpato, il difensore ed il P.M., verificata la ritualità delle comunicazioni, il Consiglio territoriale assumeva la impugnata decisione per cui oggi è procedimento. Con il suindicato ricorso depositato il 08/01/2015 l’avv. [ ricorrente ] eccepiva la nullità della decisione pronunziata in violazione del diritto di difesa, in quanto il provvedimento di differimento dell’adunanza disciplinare dal 9/5/2014 al 26/9/2014 non gli era stato comunicato la nullità della decisione assunta malgrado il legittimo impedimento a comparire dell’incolpato, che era stato colpito da un grave lutto di famiglia nel merito, deduceva la infondatezza dell’illecito disciplinare. Il ricorrente, concludeva chiedendo, in via preliminare, dichiararsi la nullità della decisione impugnata in via subordinata il proscioglimento per insussistenza dell’illecito contestato in via estremamente gradata, attenuarsi la sanzione applicata. Diritto Il ricorso non è fondato, per cui deve essere respinto. Con il primo motivo il ricorrente eccepiva la nullità della decisione, deducendo che il Coa territoriale di Tivoli aveva omesso di notificargli l’ordinanza di differimento dell’adunanza disciplinare dal 9/5/2014 al 26/9/2014, pregiudicando il suo diritto di difesa. In particolare, il COA di Tivoli, ritenuto legittimo l’impedimento a comparire del difensore dell’incolpato, con ordinanza pronunziata il 9/5/2014 aveva disposto il differimento del procedimento al 26/9/2014, mandando al Consigliere segretario di comunicare a mezzo PEC il verbale all’avv. [ mevia ] difensore e coniuge dell’incolpato e all’avv. [ ricorrente ]. La comunicazione veniva eseguita a mezzo PEC solo all’avv. [ mevia ], e non anche all’avv. [ ricorrente ], ma il parziale inadempimento dell’ordinanza consigliare non costituisce un motivo di nullità del procedimento. Infatti, l’avv. [ MEVIA ] con istanza del 25/1/2014, depositata nella segreteria del COA il 29/1/2014 prot. A190, aveva domandato il rinvio dell’adunanza disciplinare del 14/2/2014 per legittimo impedimento, allegando il certificato medico del 23/1/2014 e la nomina di 3 difensore eseguita dall’avv. [ ricorrente ] il precedente 22 gennaio 2014, contenente l’elezione di domicilio presso lo studio dello stesso avv. [ mevia ], in [ omissis ] a via [ omissis ]. Dunque, la omessa notificazione dell’ordinanza, che l’avv. [ricorrente] ha dedotto a fondamento del primo motivo del ricorso, non ha violato il diritto di difesa dell’incolpato, perché l’ordinanza del 9/5/2014 era stata notificata ritualmente a mezzo PEC il 12/5/2014, ore 12 26, nel domicilio eletto dall’incolpato presso il suo difensore avv. [ mevia ]. Non è superfluo aggiungere che l’avv. [ mevia ] è la moglie dell’avv. [ ricorrente ], la qualcosa consente di ritenere con elevata certezza” che l’incolpato avesse avuto conoscenza della data dell’adunanza disciplinare. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto la nullità del procedimento disciplinare, in quanto celebrato in presenza di un legittimo impedimento dell’incolpato, costituito dalla morte, in data 26/9/2014, della nonna materna, di cui l’incolpato era pure amministratore di sostegno. L’incolpato non ha precisato, tuttavia, se e quando aveva presentato al COA di Tivoli l’istanza di rinvio dell’adunanza disciplinare del 26/9/2014, per il suddetto impedimento, istanza che, peraltro, non è stata rinvenuta nel fascicolo del procedimento. Con il terzo motivo l’avv. [ ricorrente ] ha censurato la decisione, deducendo che il COA territoriale aveva affidato la decisione di responsabilità ad opinioni e congetture personali circa le modalità di manifestazione del cordoglio, piuttosto che su elementi obbiettivi. La censure non è meritevole di accoglimento, in quanto il fatto oggetto del capo di incolpazione risulta pienamente provato sulla base delle risultanze dibattimentali, di cui viene dato conto nella decisione impugnata in modo congruo e coerente. Ed invero, il telegramma inoltrato dall’incolpato alla famiglia [ alfa ] aveva sicuramente la finalità di offrire la prestazione professionale in vista della probabile azione risarcitoria che i familiari della vittima del tragico investimento stradale avrebbero sicuramente intrapreso nei confronti del responsabile civile. In tale direzione conduce il testo del telegramma, laddove il [ ricorrente ], dopo aver manifestato il cordoglio per la scomparsa dell’amico [ caio ]”, non si limitava ad offrire la propria prestazione professionale amichevole”, ma forniva i recapiti telefonici, suo e della moglie avvocato, nonché l’indirizzo dello studio. Il contenuto del telegramma esonerava il Consiglio territoriale da ogni indagine sul supposto rapporto intercorrente tra l’avv. [ ricorrente ] ed il povero [ caio ], di amicizia o di mera conoscenza, perché la pubblicizzazione del titolo professionale, dei recapiti 4 telefonici e dell’indirizzo dello studio legale erano da soli sintomatici della volontà dell’incolpato di acquisire un nuovo rapporto di clientela, con una tempistica e con modalità sicuramente non conformi alla correttezza e decoro professionale, comportamento questo disciplinarmente rilevante in riferimento agli artt. 5 e 19 del previgente codice deontologico. Di contro, l’incolpato deve essere prosciolto in riferimento alla contestazione degli illeciti di cui agli artt. 17 e 56 del previgente codice deontologico, in ordine ai quali la decisione impugnata è muta, né questo Consiglio potrebbe esercitare il potere di integrare la motivazione, dal momento che le risultanze processuali non evidenziano comportamenti integranti le violazioni di cui agli articoli citati. Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, occorre subito precisare che ai sensi dell’articolo 3, co. 3 della legge n. 247/2012, il nuovo Codice Deontologico, approvato dal C.N.F. il 31 gennaio 2014, pubblicato il 16.10.2014 sulla G.U. n. 241 ed entrato in vigore il 16.12.2014, avrebbe dovuto per quanto possibile individuare tra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tipologia di un interesse pubblico al corretto esercizio della professione hanno rilevanza disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall’osservanza del principio della tipizzazione della condotta e contenere l’espressa indicazione della sanzione applicabile”. Il Codice Deontologico vigente è stato quindi strutturato attribuendo ad ogni singola previsione una rilevanza disciplinare con l’indicazione della relativa sanzione, pur nella consapevolezza di non potere arrivare ad una completa tipizzazione per la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti i comportamenti costituenti illecito disciplinare legati allo status anche privato dell'avvocato. Nel caso di specie vengono in rilievo l'articolo 9 Doveri di probità, dignità e decoro e indipendenza” del Codice deontologico forense che contiene il riferimento ai doveri di probità, dignità e decoro già previsti dall’articolo 5 del codice previgente , e l’articolo 37, commi 1-3-4 Divieto di accaparramento della clientela” che prescrive il divieto di qualsiasi comportamento finalizzato all’acquisizione di rapporti di clientela con modi non conformi alla correttezza ed al decoro, divieto già prescritto dall’articolo 19 del previgente codice che prevede come sanzione edittale base la censura. L’articolo 65, comma 5, della Legge n. 247/2012 prevede a sua volta che le norme del nuovo Codice Deontologico, nelle more entrato in vigore, si applicano ai procedimenti disciplinari in corso se più favorevoli per l’incolpato. Ne consegue la necessità di valutare la condotta costituente illecito disciplinare prima alla luce delle norme deontologiche così come previste dal Codice in vigore al tempo del compimento dell’illecito successivamente, di valutare la medesima condotta alla luce del Nuovo Codice attualmente vigente, per poi applicare la norma che, in concreto, risulta più favorevole 5 all’incolpato C.N.F. 29/7/2016 n. 287, CNF 29/7/2916 n. 274, Cass. SS.UU. 29/7/2016 n. 15819 . La determinazione della sanzione deve avvenire, quindi, alla luce della disciplina sopravvenuta cfr. Cass. Sez. Unite 16 febbraio 2015, n. 3023 . Tutto ciò premesso, valutati gli elementi tutti acquisiti al procedimento, questo Consiglio ritiene equo degradare la sanzione della sospensione dall’esercizio professionale alla sanzione edittale della censura prevista dall’articolo 37 ncdf. P.Q.M. visti gli artt. 50 e 54 del RDL 27/11/1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del RD 22/1/1934, n. 37, Il Consiglio Nazionale Forense in parziale riforma dell’impugnata decisione, dichiara l’avv. [ Iricorrente ] responsabile degli illeciti di cui agli artt. 9 e 37, commi 1, 3, 4 C.d.F., applicando la sanzione della censura, e lo proscioglie dagli altri illeciti contestatigli nel capo di incolpazione. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.