In dubio pro reo: la presunzione di innocenza vale anche per l’avvocato sottoposto a procedimento disciplinare

Secondo il CNF il principio di non colpevolezza si applica anche in sede disciplinare e pertanto la responsabilità dell’incolpato deve essere raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio .

Con due pronunce del 9 settembre 2017, numero 118 e 119, il Consiglio Nazionale Forense ha ribadito le condizioni in presenza delle quali può dirsi raggiunta la prova della responsabilità disciplinare dell’avvocato. Secondo il CNF il principio di non colpevolezza si applica anche in sede disciplinare e pertanto la responsabilità dell’incolpato deve essere raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio . Ne consegue che nella ipotesi in cui, a seguito di una attenta valutazione degli elementi che il procedimento offre sul piano probatorio si rinviene, attraverso la doverosa comparazione sia tra le dichiarazioni rese dalle parti che tra le testimonianze assunte, una contraddittorietà che conduce ad una sostanziale equivalenza delle prove di colpevolezza con quelle di innocenza, il giudizio non può che orientarsi verso un accertamento positivo di esclusione di responsabilità dell’incolpato . Mancata informativa sull’ammissione al gratuito patrocinio. Ma vediamo quali sono stati i casi in cui il CNF ha ritenuti di annullare la sanzione disciplinare optando per il proscioglimento. Orbene, nel primo caso tutto aveva preso le mosse da un esposto di un cliente che lamentava due problemi nello svolgimento del mandato professionale. A suo dire il proprio avvocato nominato d'ufficio in un procedimento penale non lo aveva avvertito, nonostante sussistessero, a suo dire, le condizioni per l'ammissione al patrocino a spese dello Stato di questa possibilità. Inoltre gli aveva corrisposto 200 euro senza che il professionista gli avesse rilasciato la prescritta documentazione fiscale. Per il Consiglio territoriale soltanto il primo dei due profili viene ritenuto sussistente tanto da condannare l’avvocato. Avvocato che pure si era difeso sostenendo che il proprio cliente avrebbe avuto ogni notizia sia in virtù degli avvisi contenuti - come per legge - nei provvedimenti a lui notificati, sia per esperienze passate stante la recidiva specifica infraquinquennale a lui contestata. La mancata richiesta di ammissione al patrocinio sarebbe stata quindi una libera scelta del [cliente], come dallo stesso riconosciuto nella successiva rinuncia all'esposto . Ma per il CNF – al quale aveva proposto ricorso l’avvocato - deve essere pronunciato il proscioglimento dell’incolpato. Ed infatti, in un contesto probatorio non limpido, solo l'audizione dell'esponente avrebbe consentito di chiarire le discordanze emerse in relazione all'esposto, con particolare riferimento al capo [relativo alla mancata informativa], ma ciò non è stato possibile nonostante le ripetute convocazioni innanzi al COA. Inoltre, l'istruttoria non ha evidenziato elementi idonei a ritenere superata l'affermazione difensiva secondo cui l'avvocato avrebbe comunque informato l'assistito, nel breve colloquio intercorso con lui, della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato . Il solo esposto non basta. Ecco allora che il solo esposto – nel caso di specie – non poteva essere ritenuto sufficiente a fondare una responsabilità deontologica in quanto quell’esposto conteneva affermazione contraddette, in parte dai fatti successivamente emersi e in parte dalla stessa rinuncia all’esposto da parte del cliente. In questo quadro forse soltanto la dichiarazione orale resa dall’esponente avrebbe consentito di superare le contraddizioni essendo mancato questo passaggio per scelta dello stesso esponente, peraltro non può non addivenirsi ad un proscioglimento. Mancata fatturazione. Nel secondo caso, il Consiglio territoriale riteneva responsabile l’avvocato – irrogando allo stesso la sanzione della censura – per aver omesso la fatturazione di somme percepite dagli esponenti già clienti dello stesso. Secondo il ricorrente, però, il Consiglio territoriale sarebbe incorso in una errata valutazione delle prove per il contrasto tra le deposizioni e per carenza del necessario riscontro oggettivo sulle testimonianze rese dai denunzianti anche perché vertevano su circostanze fondamentali per la ricostruzione dei fatti la consegna delle somme in contanti e la consegna di un assegno senza indicazione del beneficiario. Nessuno aveva chiarito ogni oltre ragionevole dubbio se e chi avesse consegnato le somme o l’assegno in bianco all’avvocato incolpato. Anzi, nessuno aveva dimostrato neppure che l’assegno in bianco fosse stato incassato da qualcuno. Del resto nemmeno le trascrizioni di una registrazione audio di un colloquio che i denuncianti avevano allegato agli atti aveva fornito un qualche riscontro. Sul punto è bene anche richiamare quanto ricordato dal CNF laddove venga prodotto una registrazione audio le registrazioni fonografiche, di cui all’art. 2712 cod. civ. assurgono a fonti di prova in sede disciplinare a meno che la parte contro la quale le registrazioni stesse sono prodotte, non contesti i fatti in modo chiaro, circostanziato ed esplicito, allegando altresì elementi oggettivamente rilevanti, che attestino la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta”.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 25 febbraio – 9 settembre 2017, n. 118 Presidente Picchioni – Segretario Secchieri Fatto 1. Con esposto depositato il 31 gennaio 2012 il signor , nato a omissis il omissis , si rivolgeva al COA di Trani per segnalare il comportamento tenuto dall'avv. , nominato suo difensore d'ufficio nel procedimento penale n. 3176/11 RGNR, aperto nei suo confronti in seguito all'arresto eseguito in data 27 maggio 2011. In particolare, esponeva di aver ricevuto richieste di pagamento dell'onorario professionale per l'assistenza prestata nel giudizio di convalida, e nel giudizio direttissimo celebrato in data 30 maggio 2011, nonostante sussistessero, a suo dire, le condizioni per l'ammissione al patrocino a spese dello Stato. In momenti diversi l'avv. richiedeva il pagamento dell'attività quantificata dapprima in euro 1.200,00, importo ridotto a euro 900,00 ed infine a euro 400,00 da versare anche in rate mensili. L'esponente lamentava inoltre che dell'importo effettivamente pagato euro 200,00 non gli era stata consegnata alcuna ricevuta. 2. Il COA di Trani informava, con comunicazione del 13 marzo 2012, l'avv. della presentazione dell'esposto nei suoi confronti. 3. In data 24 aprile 2012 veniva depositata al COA di Trani - a cura dell'avv. - una dichiarazione di rinuncia all'esposto datata 23 marzo 2012 e firmata dal sig. che dichiarava di aver solo sottoscritto l'esposto, in realtà predisposto da altri, di cui non aveva neppure compreso il significato. Aggiungeva inoltre di non aver mai chiesto il patrocinio e di non aver corrisposto nulla all'avv. e concludeva con l'impegno a prendere accordi con lui. 4. Il COA avviava l'attività istruttoria chiedendo alla Procura di Trani e al tribunale di Trani sez. Adria notizie sul procedimento penale conclusosi con sentenza n. 127/11 del 30.5.2011 e l'acquisizione di copia degli atti procedeva inoltre a convocare presso il COA l'esponente per rendere chiarimenti. 5. Nella seduta del 29 novembre 2012 il COA di Trani deliberava l'apertura del procedimento disciplinare nei confronti dell'avv. e formulava il seguente capo di incolpazione a per essersi reso responsabile di non aver rilasciato fattura per la somma di euro 200,00 allo stesso corrisposta dal sig. , in violazione dell'art. 15 CDF b per non aver fornito informativa al sig. sulla possibilità di accedere al gratuito patrocinio, in violazione dell'art. 6,8 e 40 CdF In Adria al maggio 2011 6. All'esito della comunicazione della delibera di apertura, avvenuta il 31 gennaio 2013 tramite pec, l'incolpato depositava al COA memoria difensiva del 5.3.2013 con cui in relazione al capo a dell'incolpazione precisava che con l'esponente era stato concordato l'onorario complessivo di euro 400,00 anche per la redazione del ricorso per cassazione avverso la sentenza penale di condanna pronunciata all'esito del giudizio direttissimo del 30 maggio 2011 e che in data 14 dicembre 2011 era stata emessa la fattura n. 24/2011 per l'importo di euro 200,00 versato in acconto. In merito al capo b dell'incolpazione, l'avv. contestava la mancata informativa resa all'esponente atteso che lo stesso provvedimento di convalida del sequestro, che conteneva la nomina a difensore d'ufficio, riportava gli avvisi di legge sul patrocinio a spese dello Stato che il poteva conoscere anche per lo status di recidivo specifico infraquinquennale peraltro, a detta del , l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato che lo stesso esponente dichiarava di non aver voluto chiedere, non poteva essere formalizzata dal difensore d'ufficio privo della necessaria documentazione. 7. Veniva fissata l'udienza e notificato relativo decreto di citazione a comparire davanti al COA di Trani all’udienza del 18 aprile 2013 all'esito della quale veniva ordinato il deposito del registro delle fatture emesse dall'incolpato nel IV trimestre dell'anno 2011 e veniva disposta la comparizione del per la successiva udienza del 9 maggio 2013. Stante l'assenza dell'esponente sig. Giulio giustificata, con comunicazione pervenuta via fax, per motivi di salute, il COA disponeva il rinvio alla successiva udienza del 17 ottobre 2013, data per la quale si provvedeva a rinnovare le citazioni. Il procedimento veniva nuovamente rinviato per impedimento professionale dell'incolpato e successivamente, in data 12 dicembre 2013, per motivi di salute dello stesso all'udienza del 27 febbraio 2014 si celebrava il dibattimento con la presenza dell'incolpato nonostante la mancata comparizione dell'esponente. All'esito del giudizio disciplinare di primo grado, il C.O.A. di Trani - nel prosciogliere l'incolpato dalla contestazione disciplinare sub a , poiché dimostratasi insussistente - riteneva invece integrata la violazione delle norme deontologiche di cui al capo b dell'incolpazione ciò, in virtù delle risultanze cui si era pervenuti nel corso dell'istruttoria dibattimentale, con specifico riguardo alle affermazioni rese dal sig. nell'esposto presentato al COA. 8. Con il ricorso tempestivamente presentato innanzi al COA il 20 giugno 2014, l'avv. chiedeva il proscioglimento offrendo una alternativa proposizione dei fatti occorsi, da cui deriverebbe l'assenza di responsabilità deontologica. Innanzitutto, secondo il ricorrente sarebbe stato lo stesso esponente - nell'atto a propria firma - a dolersi non dell'assenza di informazione, bensì del fatto che l'avv. non si sarebbe compiutamente attivato per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in merito alla quale il avrebbe avuto ogni notizia sia in virtù degli avvisi contenuti - come per legge - nei provvedimenti a lui notificati, sia per esperienze passate stante la recidiva specifica infraquinquennale a lui contestata. La mancata richiesta di ammissione al patrocinio sarebbe stata quindi una libera scelta del , come dallo stesso riconosciuto nella successiva rinuncia all'esposto. Fissata l’udienza del dibattimento per la data odierna, il Consiglio Nazionale Forense ne dava rituale comunicazione alle parti. Diritto Il ricorso va accolto. Nonostante la scrupolosa attività istruttoria svolta dal COA, l'oggettiva impossibilità di sentire il sig. in udienza dibattimentale a conferma dell'esposto presentato nel gennaio 2012 non consente, oggi, a questo Consiglio di dichiarare la responsabilità deontologica dell'incolpato. La pronuncia di condanna del COA si fonda, infatti, sul contenuto di un esposto che per alcuni aspetti è risultato in contrasto con circostanze emerse successivamente nel corso dell'istruttoria, come per esempio l'emissione da parte dell'incolpato della fattura del 14 dicembre 2011, n. 24/11 relativa al pagamento in acconto dell'importo di euro 200,00. Tale circostanza assume rilievo, sebbene il documento fiscale non sia stato neppure indicato nella dichiarazione di rinuncia all'esposto - firmata dal ma depositata dallo stesso incolpato in data 23 marzo 2012, dove anzi l'esponente afferma di non aver corrisposto nulla all'avv. - e sia stato prodotto solo con la memoria difensiva del marzo 2013 su espresso invito del COA a dimettere anche il registro delle fatture. In un contesto probatorio non limpido, solo l'audizione dell'esponente avrebbe consentito di chiarire le discordanze emerse in relazione all'esposto, con particolare riferimento al capo sub b , ma ciò non è stato possibile nonostante le ripetute convocazioni innanzi al COA. Inoltre, l'istruttoria non ha evidenziato elementi idonei a ritenere superata l'affermazione difensiva secondo cui l'avv. avrebbe comunque informato l'assistito sig. , nel breve colloquio intercorso con lui, della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato. L'inattendibilità dell'esposto si riflette anche a questo proposito e non risulta essere stata 4 colmata da diverse risultanze istruttorie non può dirsi pertanto pienamente raggiunta la prova, dal punto di vista logico-giuridico, della responsabilità deontologica dell'incolpato, posto che la valutazione disciplinare deve in ogni caso trovare riscontro, oltre che nelle dichiarazioni dell'esponente, anche nelle risultanze documentali acquisibili agli atti del procedimento. In ossequio alla giurisprudenza di questo Consiglio, sussistendo in tal modo dubbi sulla effettiva responsabilità del professionista, si impone la formula del proscioglimento si veda CNF 20 marzo 2014, n. 43, 20 febbraio 2013, n. 3 . P.Q.M. visti gli artt. 38, 40 e 54 del R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, il Consiglio Nazionale Forense, accoglie il ricorso. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 23 marzo – 9 settembre 2017, n. 119 Presidente Picchioni – Segretario Cerè Fatto Il presente procedimento disciplinare scaturisce da un esposto presentato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rovigo il 14 novembre 2012 dai sigg.ri omissis , omissis e omissis nei confronti degli Avvocati omissis e . Il procedimento disciplinare veniva aperto con i seguenti capi d’incolpazione A Violazione degli art.li 6 e 40 del Codice Deontologico per avere, in concorso tra loro, violato i principi di lealtà e correttezza inducendo la sig.ra omissis – in qualità di legale rappresentante della omissis ora fallita – a intraprendere tre azioni legali contro tre Istituti Bancari facendole credere che tali azioni avrebbero cristallizzato ogni posizione debitoria della società suindicata e comunicandole l’esito incerto delle cause solo dopo aver dato corso agli atti e dopo avere ricevuto ingenti somme per l’attività legale B Violazione degli art.li 15 e 43 canoni I e II del Codice Deontologico per avere, in concorso tra loro, con riferimento ai fatti descritti al capo A , chiesto alla cliente la complessiva somma di € 31.000,00 omettendo di darne rendiconto e di emettere fatture. In Rovigo fino al 09.08. 2008”. All’esito del dibattimento, con decisione depositata il 9 giugno 2014, venivano dichiarati prescritti il capo A dell’incolpazione e parte del capo B . Per la restante parte del capo B , relativo all’omessa fatturazione di somme percepite dagli incolpati nell’agosto del 2008, e, in particolare, per l’Avv. , di 4000,00 euro ricevuti in contanti in data 4 agosto 2008, e 3000,00 euro ricevuti a mezzo assegno, privo di nominativo al prenditore, in data 9 agosto 2008, veniva dichiarata la responsabilità disciplinare degli Avvocati e omissis con l’irrogazione della sanzione della censura. Il 26 giugno 2014 l’avv. presentava ricorso avverso tale decisione sulla base di 7 motivi. In via preliminare, l’incolpato lamenta la nullità del provvedimento impugnato poiché mancante di data. Inoltre evidenzia l’errata valutazione delle prove per il contrasto tra le deposizioni e per la carenza del necessario riscontro oggettivo sulle testimonianze rese dai denunzianti. Ancora, deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione su prove decisive. Lamenta poi l’assoluta mancanza di prova in ordine a presunti accordi tra il medesimo ricorrente e l’avv. omissis circa i pagamenti, nonché l’errata valutazione circa il ruolo dei due incolpati. Eccepisce inoltre l’omessa valutazione del movente dei denunzianti. Rileva l’illegittima modalità di acquisizione di un cd audio e, in subordine, l’errata valutazione del suo parziale contenuto. Infine, eccepisce l’errata valutazione della minuta datata 13 ottobre 2008 sottoscritta dall’Avv. omissis e prodotta dinanzi al Consiglio dell’Ordine di Rovigo il 9 aprile 2014. Conclude quindi, in via preliminare, per la nullità della decisione per mancanza di un requisito essenziale. Nel merito, chiede il proscioglimento. All’udienza del 20 ottobre 2016, il procedimento veniva rinviato per procedere alla trascrizione delle registrazioni in atti, acquisite attraverso supporti audio audiocassetta e CD . All’udienza del 15 dicembre 2016 veniva disposto il conferimento d’incarico al consulente tecnico designato, al quale, dopo il giuramento di rito, veniva assegnato il termine di giorni 45 per la deposizione della relazione peritale. All’udienza del 23 marzo 2017, le parti presenti concludevano come da separato verbale. Diritto Il ricorso, così come proposto, appare ammissibile. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la nullità del provvedimento impugnato per la mancata indicazione della data. In effetti la decisione di primo grado reca in calce soltanto la data di deposito e non anche quella della pronuncia. Sul punto, peraltro, è pacifica la giurisprudenza di questo Consiglio nel ritenere che la mancanza della data nella decisione non comporta la nullità della stessa La mancanza della data e del nome del relatore non comportano la nullità della decisione del Consiglio dell’Ordine, in assenza di una espressa previsione normativa, necessaria in base al principio di tassatività” CNF n. 28 del 13 marzo 2013 in senso conforme, cfr. CNF n. 26 del 22 aprile 2008 . Tale motivo, pertanto, si appalesa infondato. Con altro motivo di impugnazione, nel merito, l’incolpato censura poi l’errata valutazione delle prove per il contrasto tra le deposizioni e per carenza del necessario riscontro oggettivo sulle testimonianze rese dai denunzianti. Sul punto, occorre sottolineare che il ricorrente pone bene in evidenza le lamentate incongruenze tra le deposizioni testimoniali. In particolare, in ordine ai fatti censurati dal Consiglio dell’Ordine di Rovigo, il ricorrente sottolinea, in primo luogo, la mancanza di prova relativa al presunto pagamento di 4000,00 euro che gli esponenti gli avrebbero effettuato in contanti il 4 agosto del 2008. Sul punto, come si evidenzia nel ricorso, mentre nell’esposto non vi è alcuna menzione ad una dazione di danaro al ricorrente, nelle deposizioni testimoniali si rinvengono chiare contraddizioni. Difatti, sul punto, l’esponente omissis ha dichiarato che le sembra” di aver portato 4000,00 euro in contanti, ma di averli consegnati all’Avv. omissis l’esponente ha invece riferito di un pagamento di 4000,00 euro in contanti all’Avv. infine, l’esponente ha parlato di un pagamento di 4000,00 euro in contanti fatto all’Avv. omissis . Le medesime contraddizioni e incoerenze si riscontrano in relazione all’altro fatto censurato relativo al presunto pagamento fatto al ricorrente di 3000,00 euro con assegno privo di nominativo”. In relazione a tale fatto, nell’esposto si assume che l’Avv. avrebbe rifiutato un assegno di 3000,00 euro poi annullato e sostituito da un assegno in bianco, peraltro mai depositato in sede dibattimentale. Nelle deposizioni testimoniali sul punto ci sono evidenti incongruenze. omissis ha confermato l’esposto sull’assegno rifiutato, ma in ordine al titolo ha riferito di non aver verificato chi ha incassato quell’assegno ha confermato l’esposto sull’assegno rifiutato e ha riferito che l’assegno non intestato mi risulta essere stato incassato da altra persona a Firenze” ha invece parlato di un pagamento di 3000,00 euro, ma non ricordandone le modalità, se in contanti o con assegno. Alla luce delle gravi discrasie delle deposizioni testimoniali, appare evidente che, diversamente da quanto sostenuto nella decisione del Consiglio dell’Ordine di Rovigo, non si è raggiunta la prova dei fatti censurati al ricorrente poiché le dichiarazioni dei denunzianti sono rimaste prive di un riscontro oggettivo. La giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte sottolineato che il principio di non colpevolezza si applica anche in sede disciplinare e che pertanto la responsabilità dell’incolpato deve essere raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio” CNF sentenza 13 dicembre 2014, n. 189 pertanto, nella ipotesi in cui, a seguito di una attenta valutazione degli elementi che il procedimento offre sul piano probatorio si rinviene, attraverso la doverosa comparazione sia tra le dichiarazioni rese dalle parti che tra le testimonianze assunte, una contraddittorietà che conduce ad una sostanziale equivalenza delle prove di colpevolezza con quelle di innocenza, il giudizio non può che orientarsi verso un accertamento positivo di esclusione di responsabilità dell’incolpato” CNF sentenza 19 dicembre 2014, n. 198 . Del resto, occorre sottolineare che non ha giovato in alcun modo al raggiungimento della prova dei fatti censurati la CTU disposta da questo per ottenere la trascrizione integrale delle registrazioni effettuate attraverso due supporti audio nastro magnetico e CD , relative al colloquio intercorso tra gli esponenti ed il ricorrente, presso il suo studio nell’aprile del 2011. In riferimento a tali registrazioni, occorre sottolineare preliminarmente che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il quale ha lamentato l’illegittima modalità di acquisizione di un cd audio, le registrazioni fonografiche, di cui all’art. 2712 cod. civ. assurgono a fonti di prova in sede disciplinare a meno che la parte contro la quale le registrazioni stesse sono prodotte, non contesti i fatti in modo chiaro, circostanziato ed esplicito, allegando altresì elementi oggettivamente rilevanti, che attestino la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta” CNF sentenza 13 marzo 2013, n. 36 . Peraltro, come si è innanzi evidenziato, i risultati della CTU non hanno giovato al 4 raggiungimento della prova. Difatti, dalle registrazioni trascritte integralmente a cura del CTU omissis , consulente tecnico della Società omissis , non si trae alcuna prova dei fatti contestati. Alla luce di quanto evidenziato, appare chiaro che i fatti contestati sono privi di riscontri oggettivi. Pertanto, il motivo di ricorso concernente l’errata valutazione delle prove per il contrasto tra le deposizioni e per carenza del necessario riscontro oggettivo sulle testimonianze rese dai denunzianti, è fondato e va accolto. Tutti gli altri motivi di ricorso, articolati dal ricorrente sono di fatto assorbiti dalla mancanza di prove della condotta ritenuta deontologicamente rilevante. Quindi, ritiene il Collegio di accogliere il ricorso riformando l’impugnata decisione del Consiglio dell’Ordine di Rovigo e dichiarando il proscioglimento dell’Avv. . P.Q.M. visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37 il Consiglio Nazionale Forense accoglie il ricorso e dichiara i proscioglimento dell’incolpato. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.