La prescrizione dell’illecito deontologico e gli atti interruttivi

Basta un atto ad efficacia istantanea, che conserva i propri effetti una volta prodottisi, ad interrompere la prescrizione. E, nel caso di specie, tali sono, ad esempio, la delibera di apertura del procedimento disciplinare, la delibera di citazione a giudizio del COA così come la notifica della detta citazione.

Da un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati veniva comminata ad un legale la sanzione disciplinare della censura. Tale sanzione veniva, a sua volta, confermata a seguito di ricorso della interessata, dal Consiglio Nazionale Forense. Tutto questo perché il legale aveva rifiutato di corrispondere ad un ingegnere - nonostante i numerosi solleciti - le somme allo stesso dovute, in quanto liquidate dal giudice istruttore per la relazione di CTU redatta dal professionista, nell'ambito di un giudizio in cui l'avvocatessa era parte. L'interessata, a quel punto, proponeva ricorso per cassazione affidando la propria difesa a ben 6 motivi di censura. I sei motivi di censura e le relative infondatezze. In primo luogo, la ricorrente lamentava che il provvedimento non avesse tenuto in debito conto il fatto che avevano partecipato alla deliberazione di irrogazione della sanzione alcuni consiglieri del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati le cui elezioni erano state dichiarate nulle, con effetti ex tunc , con sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Tuttavia, La Suprema Corte disattende tale censura sulla scorta del fatto che la designazione di un membro del Consiglio Nazionale Forense non viene travolta dall'annullamento delle elezioni ordinistiche territoriali, perché il carattere retroattivo degli effetti derivanti dal predetto annullamento trova un limite nel generale principio di conservazione degli atti. Principio che, tra l'altro, trova riscontro nella giurisprudenza sulla formazione degli organi di amministrazione attiva. Inoltre, la Suprema Corte ricorda che, ai fini della regolare costituzione del giudice, è il momento della pronuncia della sentenza quello nel quale il membro deve essere legittimamente preposto all'organo giudicante perché questo possa adottare una decisione giuridicamente esistente. Più nel dettaglio, nei Collegi giudicanti, tale momento va identificato con la deliberazione della decisione. Pertanto, in applicazione delle regole generali sulla operatività ex nunc dei provvedimenti di decadenza o di revoca delle funzioni, l'eventuale vizio di nomina di uno oppure di più membri non può influire sulla validità originaria della pronuncia deliberato dal Consiglio Nazionale Forense. Sono proprio le regole generali sulla operatività ex nunc dei provvedimenti di revoca delle funzioni oppure di decadenza, a differenza di quelli di annullamento della nomina per vizi originari, incidono sullo status e sulle attribuzioni giurisdizionali del giudice solo a partire dal giorno in cui sia dichiarata, con accertamento di tipo costitutivo, senza alcuna retroazione ed incidenza sugli atti di esercizio delle funzioni stesse in precedenza ha compiuti. D’altro canto, anche nel diritto amministrativo l’istituto della revoca non ha efficacia retroattiva ed il provvedimento revocato non produce più effetti dal momento in cui essa è disposta. Membri del Collegio ricusati? Con il secondo motivo, la ricorrente contestava il fatto che il Consiglio Nazionale Forense avesse erroneamente rilevato che il Collegio giudicante non annoverava membri oggetto di ricusazione, mentre - al contrario - alcuni degli avvocati costituenti il detto Collegio erano stati regolarmente ricusati. Inoltre, con il terzo motivo strettamente collegato al secondo, veniva eccepita la nullità della decisione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati in quanto emessa da soggetti ricusati che avevano, a loro volta, personalmente rigettato la istanza di ricusazione. Ma anche le due testè censure vengono considerate infondati dalla Suprema Corte. Infatti, il Consiglio dell'Ordine, nel dichiarare inammissibile l'istanza di ricusazione concernente l'intero Collegio giudicante, altro non aveva fatto - precisano gli Ermellini - che allinearsi all'orientamento delle Sezioni Unite che afferma la inammissibilità della ricusazione che investe la totalità dei membri del locale Consiglio dell'ordine, perché l'istituto della ricusazione può essere adoperato per contestare la imparzialità di singoli componenti del Collegio giudicante, ma non contro il medesimo nella sua globalità, al fine di metterne in discussione la idoneità a decidere. Da ciò discende che, essendo stata dichiarata inammissibile l'istanza di revocazione, non assume rilievo la contestata erronea affermazione del Consiglio Nazionale Forense circa il fatto che il Collegio giudicante non annoverasse membri oggetto di ricusazione. Notifica. Il quarto motivo riguardava la erronea reiezione della eccezione di prescrizione del procedimento, ritenendo come unico valido atto introduttivo della prescrizione, la notifica della citazione davanti al Consiglio dell'ordine. Notifica che – però - era avvenuta dopo lo spirare del termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla data del fatto. Ma, anche in questo caso, la censura viene considerata infondata perché la prescrizione veniva interrotta dalla delibera di citazione a giudizio del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati non è rilevante, ai fini della interruzione del termine prescrizionale. La Corte rileva che il compimento di atti propulsivi del procedimento quale nella specie, la delibera di rinvio a giudizio della incolpata, è idonea a determinare la interruzione della prescrizione dell'azione. Tanto in quanto si tratta di un atto ad efficacia istantanea che conserva i suoi effetti una volta prodottisi. Gli Ermellini rilevano come anche la delibera di apertura del procedimento disciplinare costituisce atto idoneo ad interrompere la prescrizione con effetti istantanei. Gli ultimi due motivi di impugnazione riguardavano la asserita compensazione legale tra debiti e crediti delle parti, avendo dedotto l'avvocato che nessun debito ella aveva nei confronti del CTU, in quanto vantava - a sua volta - un credito ben maggiore di quello rivendicato dal consulente del giudice. Ma entrambi i motivi sono ritenuti inammissibili dalla Suprema Corte, posto che la ricorrente - in sostanza - formulava al Giudice di legittimità una impossibile revisione delle valutazioni e del convincimento del Consiglio Nazionale Forense, tesa ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di Cassazione. Per tutti questi motivi il ricorso viene integralmente rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 26 settembre – 23 ottobre 2017, numero 24966 Presidente Rordorf – Relatore Chindemi Fatto Il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Perugia COA , a seguito dell’astensione del COA di Roma per la pendenza di procedimento civile tra lo stesso COA e l’incolpata, comminava all avv. T.G. la sanzione disciplinare della censura, confermata a seguito di ricorso dell’interessata al Consiglio Nazionale Forense per avere rifiutato di corrispondere all’ing. C.G. le somme allo stesso dovute, in quanto liquidate dal G.I. in data 14 marzo 2007, per la relazione di CTU redatta dal professionista,nell’ambito di un giudizio,in cui era parte, di risarcimento danni subiti da infiltrazioni d’acqua, nonostante i numerosi solleciti. L’interessata proponeva ricorso per Cassazione affidato a 6 motivi e presentava memoria gli intimati non svolgevano attività difensiva. Ragioni della decisione Col primo motivo di ricorso viene dedotta violazione o falsa applicazione degli articoli 51,52,53,132,158 c.p.c. con riferimento alla dedotta inesistenza del provvedimento impugnato del CNF, avendo partecipato alla deliberazione i consiglieri del COA di Bari avv.ti L.S.A. e L.F. e del Coa di Latina, le cui elezioni sono state dichiarate nulle - con effetto ex tunc - dalle sentenze delle sezioni unite della corte di cassazione numero 2614717 e numero 1481/17. La censura va disattesa. La designazione di un membro del Consiglio nazionale forense non è travolta dall’annullamento di elezioni ordinistiche territoriali, in quanto il carattere retroattivo degli effetti derivanti dal predetto annullamento trova un limite nel generale principio di conservazione degli atti cfr, tra le stesse parti, Cass., S.U. 26.9.2017 numero 22358 Tale principio trova riscontro nella giurisprudenza sulla formazione degli organi di amministrazione attiva es. Cons. Stato, sez. I, 10/07/2000, numero 666 è il momento della pronuncia della sentenza, ai fini della regolare costituzione del giudice ex articolo 158 cod. proc. civ. quello nel quale il membro deve essere legittimamente preposto all’organo giudicante perchè questo possa adottare una decisione giuridicamente esistente. Piu’ in dettaglio, nei collegi giudicanti, tale momento va identificato con il momento della deliberazione della decisione. Nella specie non è contestato che l’annullamento delle elezioni del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Bari, per il quadriennio 2015/2018, sia avvenuto in data 10 febbraio 2017, successiva alla pronuncia di prime cure pertanto, in applicazione delle regole generali sull’operatività ex nunc dei provvedimenti di decadenza o revoca delle funzioni es. Cass. 30/11/2012, numero 21437 , l’eventuale vizio di nomina di uno o piu’ membri non puo’ influire sulla validità originaria della pronuncia deliberata dal Consiglio nazionale forense. Proprio le regole generali sull’operatività ex nunc dei provvedimenti di decadenza o revoca dalle funzioni, a differenza di quelli di annullamento della nomina per vizi originari, incidono sullo status e sulle attribuzioni giurisdizionali del giudice solo a partire dal giorno in cui sia dichiarata, con accertamento di tipo costitutivo, senza alcuna retroazione e incidenza sugli atti di esercizio delle funzioni stesse in precedenza compiuti cfr. Cass. 18/02/2000, numero 1853, in motivazione .Quindi l’eventuale decadenza del giudice forense, per essere viziato non il procedimento di nomina, ma il procedimento elettorale di un Consiglio dell’ordine, non puo’ influire, come invece sostenuto dall’ interessata sulla validità della pronuncia della Consiglio nazionale forense, nella pacifica carenza all’epoca della pronuncia impugnata di un provvedimento di decadenza di due membri del giudice speciale. 2. Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli articoli 51,52,53,158,383,394 c.p.c., per aver erroneamente rilevato il C.N.F. che il collegio giudicante non annoverava membri oggetto di ricusazione, mentre gli avv.ti L.A. , P.G. e Ca.Ro. erano stati ricusati. Col terzo motivo viene eccepita violazione e falsa applicazione degli artt. 51,112 e 158 c,p.c. con riferimento alla nullità della decisione del COA di Perugia in quanto emessa da soggetti ricusati che avevano a loro volta personalmente rigettato l’istanza di ricusazione. I motivi stante la connessione logica, vanno esaminati congiuntamente e sono infondati. Il COA di Perugia dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione concernente l’intero collegio giudicante e tale declaratoria è legittima in forza dell’orientamento delle Sezioni Unite che affermano l’inammissibilità dell’istanza di ricusazione che investa la totalità dei membri del locale Consiglio dell’Ordine, perchè l’istituto della ricusazione puo’ essere adoperato per contestare l’imparzialità di singoli componenti del collegio giudicante, ma non contro il medesimo nella sua globalità, al fine di metterne in discussione l’idoneità a decidere, come evidenziato anche dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo nella pronuncia emessa il 20 maggio 1998 Gautrin c. Francia . Cass. Sez. U, Sentenza numero 11142 del 04/07/2012 . Essendo stata dichiarata inammissibile l’istanza di revocazione non assume rilievo, ai fini della validità del provvedimento impugnato l’asserita addotta erronea affermazione del C.N.F. che il collegio giudicante non annoverava membri oggetto di ricusazione o che comunque membri ricusati abbiano partecipato alla deliberazione. 3. Col quarto motivo viene dedotta l’erronea reiezione dell’eccezione di prescrizione del procedimento, ritenendo l’unico valido atto introduttivo della prescrizione fosse costituito dalla notifica della citazione davanti al Coa di Perugia in data 28 novembre 2013, dopo lo spirare del termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla data del fatto 14/03/2007 . La censura è infondata in quanto la prescrizione è stata interrotta dalla delibera di citazione a giudizio del COA di Roma in data 28/12/2009, non rilevando, ai fini della interruzione del termine prescrizionale, la successiva astensione di tale organo. Il compimento di atti propulsivi del procedimento quale nella specie, la delibera di rinvio a giudizio dell’incolpata è idonea a determinare l’interruzione della prescrizione dell’azione, ex articolo 51 R.D. 1578/1933 Cass. Sez. U, Sentenza numero 12176 del 12/08/2002 , trattandosi di atto ad efficacia istantanea che conserva, quindi, i suoi effetti una volta prodottisi. Anche la delibera di apertura del procedimento disciplinare costituisce idoneo atto di interruzione della prescrizione con effetti istantanei, ai sensi dell’articolo 51 del r.d.l. 27 novembre 1933, numero 1578. Cass. Sez. U, Sentenza numero 21591 del 20/09/2013 . 4. Col quinto motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli articoli 1243 cc, 115 e 116 cpc, 100 cpc per non avere il CNF rilevato che nessun debito aveva la ricorrente nei confronti del dott. C. , in quanto la prima vantava, a sua volta un credito ben maggiore di quello rivendicato dal CTU. Con il sesto motivo si censura la violazione degli artt. 543, 546 c.p.c., 388 e 334 c.p. in quanto, nonostante la dedotta compensazione legale tra debiti e crediti nella carenza di interesse ad agire del C. , il CNF ometteva di valutare circostanza determinante dell’intervenuto pignoramento del credito dello stesso C. . In disparte l’inammissibilità di entrambi i motivi che avrebbero dovuto essere censurato sub articolo 360 numero 5 c.p.c. nella nuova disciplina dell’ articolo 360, 1 co. numero 5 cod.proc.civ. come introdotta dal d.l. 83/12 convertito con modificazioni nella legge 134/12 sentenza di appello pubblicata dopo l’11 settembre 2012 disciplina in base alla quale la sentenza puo’ essere impugnata, in sede di legittimità, non piu’ per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia previgente formulazione del numero 5 dell’articolo 360 in esame , bensi’ nei ben piu’ ristretti limiti dell’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti , il CNF dà atto, nella motivazione del provvedimento impugnato che l’avv. T. era diventata creditrice dell’ing. C. per un altro, successivo e diverso titolo costitutivo. Del resto, la successiva posizione debitoria fra le parti e derivante da vizi procedurali dell’azione esecutiva intentata dall’ing. C. e non dalla validità del titolo fondante il pagamento dell’originaria somma di Euro 1325,00 . Entrambi i motivi sono inammissibili, posto che la ricorrente in sostanza formula al giudice di legittimità una inammissibile revisione delle valutazioni e del convincimento del CNF, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione Cass. S. U. numero 24148 del 2013 , nè il successivo pignoramento del credito dell’ing. C. assume valenza tale da inficiare le ragioni della decisione del CNF fondate sul mancato pagamento del credito al C. a seguito dei solleciti antecedenti alla procedura esecutiva. Va, conseguentemente, rigettato il ricorso nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimato. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.