Presentazione domanda di concordato preventivo: non applicabile la tariffa stragiudiziale per le attività strettamente connesse

In tema di concordato preventivo, ai fini della determinazione del compenso spettante all'avvocato che ha assistito il debitore, tutte le attività strettamente connesse e complementari all'introduzione e allo svolgimento della predetta procedura, anche se svolte al di fuori di essa, non danno luogo al riconoscimento del compenso previsto per le prestazioni stragiudiziali, risultando quest'ultimo riferimento applicabile soltanto quando, per la natura della procedura e la specificità dell'attività, le predette attività non trovino adeguato corrispettivo nella tariffa relativa alle prestazioni giudiziali fattispecie nella quale era applicabile ratione temporis il sistema del d.m. n. 127/2004 .

Il caso. Un avvocato aveva assistito una società per la redazione e il deposito di una domanda di concordato preventivo. Aveva svolto anche tutte le attività preparatorie in vista della presentazione della domanda incontri con il liquidatore sociale, con i professionisti, i consulenti, ecc. e aveva assistito la debitrice anche durante lo svolgimento della procedura. Il concordato però non aveva sortito gli effetti sperati e la società era fallita. L'avvocato allora proponeva domanda di ammissione al passivo per il compenso relativo all'attività svolta ai fini della presentazione della richiesta di concordato preventivo. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere respingeva in toto la richiesta in particolare veniva negata l'applicazione della tariffa stragiudiziale invocata dal legale. Il Tribunale aggiungeva altresì che il credito non avrebbe potuto essere ammesso in prededuzione ex art. 111 L.F. come richiesto , ma semmai in via privilegiata ex art. 2751- bis c.c L'avvocato proponeva allora ricorso in Cassazione. Applicazione della tariffa stragiudiziale? In sede di legittimità l'avvocato ribadiva in primo luogo l'applicazione della tariffa stragiudiziale per il compenso da lui richiesto in sede di ammissione al passivo. In particolare sosteneva che la procedura di concordato preventivo ha certamente carattere concorsuale e giudiziale, ma è soprattutto riconducibile alla volontaria giurisdizione e solo eventualmente contenziosa. Da qui, secondo il ricorrente, l’inevitabile applicazione della tariffa stragiudiziale per l’attività da lui svolta per lo studio, redazione e presentazione della domanda di concordato – ivi incluse attività per così dire preliminari” e prettamente stragiudiziali” cioè incontri con liquidatore sociale, professionisti, consulenti, ecc. – nonché per le fasi successive del procedimento. Peraltro, secondo il ricorrente, lo scaglione di riferimento doveva essere stabilito in relazione al passivo dell'impresa in crisi e non in base alla percentuale che il concordato mira a soddisfare trattandosi di procedura che mira a liberare interamente il debitore. La Cassazione giudica infondato e inammissibile il motivo di ricorso confermando le tesi del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Gli Ermellini, sul punto, richiamano il costante orientamento giurisprudenziale vedi Cassazione n. 14443/2008 Cassazione n. 13770/2013 in base al quale tutte le attività strettamente connesse e complementari all'introduzione e svolgimento del concordato preventivo non consentono per ciò solo l'applicazione della tariffa per prestazioni stragiudiziali. Tale parametro al contrario è applicabile solo quando, in considerazione della tipologia della procedura e dell'opera prestata, le attività svolte non trovino adeguato corrispettivo nella tariffa per le prestazioni giudiziali. In questo senso deve leggersi l'art. 2 d.m. n. 127/2004 sulle Tariffe Forensi applicabile ratione temporis al caso di specie. La norma chiarisce i criteri per invocare le tariffe stragiudiziali specificando che le stesse si applicano anche per il professionista che abbia prestato la sua opera in giudizio sempre che tali prestazioni non trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali . Da ciò si deduce a contrario che, a meno di casi eccezionali, per le attività stragiudiziali” diverse da quelle svolte nel processo, ma normalmente collegate allo stesso, il riferimento sono le tariffe giudiziali con importi eventualmente maggiorati in ipotesi di fattispecie di particolare importanza o urgenza. Simili principi sono applicabili anche nel sistema dei parametri forensi introdotto con il d.m. n. 140/2012 che ha abrogato il sistema delle tariffe di cui al d.m. n. 127/2004 . Al riguardo, infatti, l'art. 1, comma 3, del citato decreto stabilisce in tema di attività giudiziale che i compensi liquidati comprendono l'intero corrispettivo per la prestazione professionale, incluse le attività accessorie alla stessa . Il decreto impugnato pertanto aveva correttamente considerato in modo unitario la prestazione svolta dall'avvocato e l'aveva considerata prettamente giudiziale. Infatti tutte le attività, per così dire, stragiudiziali” evidenziate dal legale a sostegno della propria tesi e in vista del deposito della domanda di concordato partecipazione a incontri con il liquidatore della società, con gli altri professionisti che la assistevano dovevano essere considerate come meramente complementari allo studio della controversia, alla redazione e deposito del ricorso per concordato preventivo e alla partecipazione alla fasi successive della procedura. Si trattava quindi di attività da aggregare in un'unica prestazione complessa avente ad oggetto la rappresentanza e difesa tecnica della società debitrice nell'ambito della procedura concorsuale legittimando così la liquidazione di un compenso unitario con applicazione dei criteri della tariffa giudiziale. A ben guardare, anche il successivo d.m. n. 55/2014 introduttivo dei nuovi” parametri forensi oggi in vigore in tema di Prestazioni stragiudiziali svolte precedentemente o in concomitanza con attività giudiziali art. 20 specifica che solo l'attività stragiudiziale svolta prima o in concomitanza con l'attività giudiziale, che riveste una autonoma rilevanza rispetto a quest'ultima, e' di regola liquidata in base ai parametri numerici di cui alla allegata tabella . Anche in questo, a contrario, si deduce che se l’attività stragiudiziale” non ha avuto una distinta rilevanza rispetto all’opera prettamente giudiziale svolta come nella fattispecie in esame non legittima la richiesta di una separata liquidazione con applicazione del parametro per le attività stragiudiziali. Con il secondo motivo di ricorso l'avvocato sosteneva inoltre la collocazione in prededuzione del proprio credito trattandosi comunque di attività svolta in occasione e/o in funzione della procedura concorsuale come prevede l'art. 111 L.F Anche questo motivo è giudicato inammissibile. La Cassazione infatti rileva che la questione era stata trattata solo come obiter dictum dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per mera completezza di analisi”. Tale considerazione tuttavia rimaneva assorbita dall’integrale rigetto della domanda di ammissione al passivo, estranea alla ratio del decreto impugnato, ininfluente sulla decisione e, come tale, non impugnabile in Cassazione per difetto di interesse. La Corte rigetta quindi il ricorso confermando il decreto impugnato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 23 marzo – 19 ottobre 2017, n. 24682 Presidente Nappi – Relatore Mercolino Fatti di causa 1. Con decreto del 29 giugno 2011, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato l’opposizione proposta dall’avv. R.W. avverso lo stato passivo del fallimento omissis S.r.l., negando l’ammissione al passivo dell’importo di Euro 244.562,86, richiesto a titolo di compenso per l’attività di rappresentanza, assistenza e difesa prestata in favore della società fallita ai fini della presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo. A fondamento della decisione, il Tribunale ha escluso l’applicabilità della tariffa stragiudiziale, rilevando che le attività svolte risultavano in parte tipicamente giudiziali, in parte connesse e complementari alla redazione della domanda di ammissione al concordato, e quindi riconducibili alla tariffa giudiziale, ed aggiungendo che il ricorrente non aveva provato il compimento di attività professionali che giustificassero l’applicazione della tariffa stragiudiziale. Ha ritenuto inoltre che il Giudice delegato avesse correttamente individuato lo scaglione tariffario applicabile, anche alla stregua della sentenza della Corte di cassazione 9/01/2004, n. 121, precisando infine che il credito non avrebbe potuto essere ammesso in prededuzione ai sensi dell’art. 111 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, ma solo in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751-bis cod. civ 2. Avverso il predetto decreto l’avv. R. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 e 5 del d.m. 8 aprile 2004, n. 127 e dell’art. 36 Cost., nonché l’omissione, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, osservando che, nel ritenere inapplicabile la tariffa stragiudiziale, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell’inadeguatezza dell’importo liquidato e della natura della procedura di concordato preventivo, avente carattere concorsuale e giudiziale, ma riconducibile alla volontaria giurisdizione e solo eventualmente contenziosa. Il Tribunale ha frazionato le attività svolte da esso ricorrente, confluite invece in una prestazione unitaria, contraddistinta da elementi sia giudiziali che stragiudiziali, inseparabili tra loro, con la conseguente riconducibilità alla Tabella D, n. 4 della tariffa stragiudiziale nell’applicazione di tale tariffa, occorre assumere come parametro il passivo dell’impresa in crisi, e non già la percentuale che il concordato mira a soddisfare, trattandosi di una procedura volta a liberare interamente il debitore, mentre, avuto riguardo alla complessità dell’attività richiesta, non può attribuirsi alcun rilievo all’esito negativo dell’iniziativa, né alla collaborazione prestata da altri professionisti. 1.1. Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile. L’esclusione dell’applicabilità della tariffa stragiudiziale ai fini della liquidazione del compenso dovuto al ricorrente per l’attività professionale prestata in vista della predisposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo costituisce infatti puntuale applicazione del principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui tutte le attività strettamente connesse e complementari all’introduzione ed allo svolgimento della predetta procedura, anche se svolte al di fuori della stessa, non danno luogo al riconoscimento del compenso previsto per le prestazioni stragiudiziali, risultando quest’ultimo applicabile soltanto quando, per la natura della procedura e la specificità dell’attività, le predette attività non trovino adeguato corrispettivo nella tariffa relativa alle prestazioni giudiziali cfr. Cass., Sez. I, 29/05/2008, n. 14443 12/06/2007, n. 13770 . Tale principio, enunciato in riferimento alle tariffe professionali approvate con i d.m. 24 novembre 1990, n. 392 e 5 ottobre 1994, n. 585, dev’essere ribadito anche con riguardo alla disciplina, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, dettata dal d.m. n. 127 del 2004, il quale, nel dettare i criteri per l’applicazione della tariffa stragiudiziale, stabilisce all’art. 2 che i rimborsi ed i compensi dalla stessa previsti sono dovuti dal cliente anche se il professionista abbia prestato nella pratica la sua opera in giudizio, sempre che tali prestazioni non trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali , in tal modo lasciando chiaramente intendere che, salvo casi eccezionali, le attività diverse da quelle svolte nell’ambito del processo, ma normalmente collegate alle stesse, trovano il loro corrispettivo nell’importo liquidato in base ai criteri previsti dalla tariffa giudiziale, se del caso maggiorato in relazione alle questioni giuridiche trattate ed all’importanza della causa, nonché ai risultati del giudizio, anche non patrimoniali, ed all’urgenza richiesta cfr. al riguardo, Cass., Sez. Un., 24/07/2009, n. 17357 Cass., Sez. II, 23/05/1992, n. 6214 . Per mera completezza, occorre poi rilevare che a principi non diversi s’ispira la nuova disciplina introdotta dal d.m. 20 luglio 2012, n. 140, che ha stabilito i parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi, in attuazione del nuovo regime introdotto dall’art. 9 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 17 nel disporre che la determinazione dei compensi relativi all’attività giudiziale civile, amministrativa e tributaria abbia luogo in base ai parametri previsti dall’allegata Tabella A - Avvocati, l’art. 11 di detto decreto ribadisce infatti espressamente il carattere omnicom-prensivo dell’importo risultante dalla loro applicazione, richiamando l’art. 1, comma terzo, secondo cui i compensi liquidati comprendono l’intero corrispettivo per la prestazione professionale, incluse le attività accessorie alla stessa , e precisando inoltre, per maggior chiarezza, al comma ottavo, che il compenso, ai sensi dell’art. 1 comma 3, comprende ogni attività accessoria, quali, a titolo di esempio, gli accessi agli uffici pubblici, le trasferte, la corrispondenza anche telefonica o telematica o collegiale con il cliente, le attività connesse a oneri amministrativi o fiscali, le sessioni per rapporti con colleghi, ausiliari, consulenti, magistrati . Non merita pertanto censura il decreto impugnato, nella parte in cui ha escluso la possibilità di liquidare separatamente il compenso richiesto per le attività stragiudiziali compiute ai fini della presentazione della domanda di concordato preventivo, dando atto della stretta connessione esistente tra le stesse e quelle giudiziali indicate dal ricorrente, già remunerate attraverso il riconoscimento dell’importo liquidato in base alla tariffa giudiziale. La natura delle predette attività, consistenti nella partecipazione ad incontri con il liquidatore della società in crisi e con gli altri professionisti che l’assistevano, confermandone il rapporto di complementarità con quelle riguardanti direttamente lo studio della controversia, la redazione ed il deposito del ricorso e la partecipazione alle fasi successive del procedimento, consente infatti di ritenerne giustificata l’aggregazione in un’unica prestazione complessa, avente ad oggetto la rappresentanza tecnica e la difesa della debitrice nello ambito della procedura concorsuale, facendo pertanto apparire legittima la liquidazione di un compenso unitario, determinato in base ai soli criteri contemplati dalla tariffa giudiziale. Quanto poi alla lamentata inadeguatezza del predetto importo, in dipendenza dell’errata individuazione del valore della controversia da assumere come parametro di riferimento ai fini della liquidazione, l’omesso esame della relativa questione da parte del decreto impugnato esclude la possibilità di far valere in questa sede l’illegittimità del criterio applicato, trattandosi di una contestazione che implica un’indagine di fatto, riguardante il valore in concreto utilizzato come base di calcolo del compenso, e non essendo stato precisato in quale fase ed in quale atto del giudizio di merito la predetta questione sia stata sollevata cfr. Cass., Sez. II, 11/04/2016, n. 7048 Cass., Sez. I, 18/10/2013, n. 23675 31/08/2007, n. 18440 . 2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 111, secondo comma, e 111-bis della legge fall. e dello art. 3 Cost., nonché l’omissione, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, sostenendo che, nell’escludere la prededucibilità del credito, il decreto impugnato non ha considerato che lo stesso è sorto, se non in occasione, quanto meno in funzione della procedura concorsuale. A tal fine, non può farsi alcuna distinzione tra crediti strumentali e crediti funzionali, non prevista dalla legge, né alcun riferimento al decreto di ammissione al concordato, dovendosi invece tener conto del deposito della domanda né il credito dev’essere necessariamente sottoposto al vaglio degli organi della procedura, trattandosi di un controllo non previsto per tutti i crediti di massa e di un credito derivante da un’attività necessaria per la proposizione della domanda di concordato, rispetto al quale resta irrilevante l’esito della procedura. 2.1. Il motivo è inammissibile, riflettendo una questione che, in quanto avente ad oggetto la collocazione del credito azionato, risulta affrontata per mera completezza di analisi , come espressamente precisato dal Tribunale, essendo rimasta assorbita dall’integrale rigetto della domanda di ammissione al passivo, con la conseguenza che le argomentazioni svolte al riguardo devono considerarsi estranee alla ratio del decreto impugnato, configurandosi come un mero obiter dictum, privo di effetti giuridici, in quanto concretamente ininfluente sulla decisione, e quindi non impugnabile con il ricorso per cassazione, per difetto d’interesse cfr. Cass., Sez. lav., 22/10/2014, n. 22380 22/11/2010, n. 23635 Cass., Sez. III, 9/04/2009, n. 8676 . 3. I ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.