Lo strano caso di un avvocato d’ufficio “in cerca” del suo compenso e del condannato irreperibile

L’avvocato d’ufficio del condannato irreperibile è retribuito secondo le norme relative al patrocinio a spese dello Stato. Qualora l’irreperibilità non sia stata dichiarata con provvedimento formale, la corresponsione del compenso sottostà alla condizione che egli dimostri di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero del credito professionale. Viceversa

ove il patrocinato sia stato dichiarato irreperibile, il difensore d’ufficio non ha l’onere di effettuare ricerche di quest’ultimo per ottenere la liquidazione. Lo afferma la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20967/17 depositata l’8 settembre. Il caso. Il Tribunale rigettava con decreto l’istanza di liquidazione del compenso proposta dall’avvocato per la difesa d’ufficio espletata in favore del suo cliente. Proposta opposizione a tale decreto, il Giudice la rigettava affermando che, nella fattispecie, tra il decreto di irreperibilità del condannato e il decreto di rigetto dell’istanza di liquidazione erano trascorsi ben 3 anni, periodo di notevole durata, in virtù del quale le ricerche indicate nel decreto di rigetto allo scopo di accertare la persistenza dell’irreperibilità del condannato spettavano all’avvocato. Avverso tale decisione, l’avvocato propone ricorso in Cassazione lamentando l’onere a suo carico di tali ricerche. Difensore di fiducia e condannato irreperibile. La Corte di Cassazione afferma che il difensore d’ufficio dell’indagato, dell’imputato e del condannato irreperibile è retribuito secondo le norme relative al patrocinio a spese dello Stato, ma, qualora l’irreperibilità non sia stata dichiarata con provvedimento formale, la corresponsione del compenso è sottoposta alla condizione che egli dimostri di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero del credito professionale . Qualora, invece, continua la Corte, il patrocinato sia stato dichiarato irreperibile, il difensore d’ufficio, per ottenere la liquidazione, non ha l’onere di effettuare ricerche del patrocinato . Nella fattispecie, in presenza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria dichiarativo dell’irreperibilità del condannato, nemmeno contestato o posto in discussione nel procedimento principale, non può dirsi a carico dell’avvocato, il quale ha richiesto la liquidazione del compenso per l’attività svolta, l’onere di dare la prova di tale persistente irreperibilità di quest’ultimo. Pertanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa al Tribunale, in persona di diverso magistrato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 26 giugno – 8 settembre 2017, n. 20967 Presidente Bianchini – Relatore Giusti Fatti di causa 1. - Il Tribunale di Massa ha rigettato, con decreto in data 12 marzo 2013, l’istanza di liquidazione dei compensi presentata dall’Avv. G.C. per la difesa d’ufficio espletata in favore di A.M. nel procedimento di esecuzione n. . 2. - Il Giudice del Tribunale di Massa, con ordinanza in data 4 aprile 2014, ha rigettato il ricorso in opposizione proposto dall’Avv. G. , ai sensi degli artt. 84 e 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, avverso detto decreto. Il Giudice a quo ha ricordato che qualora la irreperibilità sia stata dichiarata con provvedimento formale, il difensore d’ufficio è esonerato dall’onere di effettuare ricerche del patrocinato, onere che ricorre solamente nel caso in cui l’irreperibilità non sia stata dichiarata con provvedimento formale. Il Giudice ha tuttavia sottolineato che tale principio non può trovare applicazione nella specie, poiché tra il decreto di irreperibilità emesso nel 2010 e il decreto di rigetto dell’istanza di liquidazione emesso nel 2013 è intercorso un periodo di notevole durata, tale da richiedere l’effettuazione, da parte del difensore, delle ricerche indicate nel decreto di rigetto allo scopo di accertare la persistenza della irreperibilità del condannato. 3. - Per la cassazione dell’ordinanza del Giudice del Tribunale di Massa l’Avv. G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 novembre 2014, sulla base di due motivi. L’intimato Ministero della giustizia non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc. civ., chiedendo l’accoglimento del ricorso. Rragioni della decisione 1. - Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 117 del d.P.R. n. 115 del 2002, rilevando che, in presenza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, nemmeno contestato o posto in discussione nel procedimento principale, dichiarativo delle irreperibilità dell’imputato, ed evidentemente già preceduto dalle ricerche infruttuose previste ai fini della dichiarazione di irreperibilità, non può porsi a carico del difensore, il quale ha richiesto la liquidazione dei compensi per l’attività professionale svolta, quale difensore di ufficio, in favore di imputato irreperibile, l’onere di dare la prova della persistente irreperibilità. Il secondo mezzo lamenta nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 132 e 134 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111, sesto e settimo comma, Cost., sul rilievo che la motivazione del provvedimento sarebbe meramente apparente. 2. - Il primo motivo è fondato. Dalla giurisprudenza di questa Corte si trae che il difensore d’ufficio dell’indagato, dell’imputato e del condannato irreperibile è retribuito secondo le norme relative al patrocinio a spese dello Stato, ma, qualora l’irreperibilità non sia stata dichiarata con provvedimento formale, la corresponsione del compenso è sottoposta alla condizione che egli dimostri di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero del credito professionale Cass. pen., Sez. IV, 28 gennaio-30 marzo 2009, n. 13816 . Qualora invece il patrocinato sia stato dichiarato irreperibile, il difensore d’ufficio, per ottenere la liquidazione, non ha l’onere di effettuare ricerche del patrocinato Cass., Sez. IV pen., 22 ottobre-17 dicembre 2008, n. 46392 . Nella concreta fattispecie, pur in presenza di una formale dichiarazione di irreperibilità, il Tribunale di Massa, con il provvedimento qui impugnato, ha ritenuto che fosse onere del difensore effettuare le necessarie ricerche allo scopo di accertare la persistenza della irreperibilità del condannato. Orbene, di un siffatto onere non vi è traccia alcuna nelle disposizioni che disciplinano la materia de qua. Come ha esattamente evidenziato il pubblico ministero nelle conclusioni scritte, una formale dichiarazione di irreperibilità certamente non cristallizza in via definitiva la situazione, ben potendo il soggetto interessato divenire successivamente reperibile ma di ciò il giudice deve poter trarre concreti, significativi ed univoci elementi dagli atti posti a sua disposizione ricavando altresì la prova della conoscenza di tali elementi da parte del difensore interessato alla liquidazione dei compensi , non potendo altrimenti in alcun modo non tener conto del provvedimento dichiarativo della condizione di irreperibilità sul quale il difensore peraltro legittimamente ha fatto affidamento nel richiedere i compensi con la procedura prevista dall’art. 117 del d.P.R. n. 115 del 2002. Dunque, in presenza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, nemmeno contestato o posto in discussione nel procedimento principale, dichiarativo della irreperibilità del condannato - ed evidentemente già preceduto dalle ricerche infruttuose previste ai fini della relativa dichiarazione - non può porsi a carico del difensore, il quale ha richiesto la liquidazione dei compensi per l’attività professionale svolta, quale difensore di ufficio, in favore di condannato irreperibile, l’onere di dare la prova della persistente irreperibilità di quest’ultimo. Nella concreta fattispecie, il giudice a quo non ha indicato alcuna concreta ed inequivoca circostanza rivelatrice della cessazione della irreperibilità dell’A. , né ha spiegato perché il lasso temporale intercorso tra il decreto di irreperibilità e il decreto di rigetto dell’istanza di liquidazione rectius, il momento di presentazione dell’istanza di liquidazione potesse far ritenere, di per sé solo, inattendibile il decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero nella fase di esecuzione. 3. - L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo mezzo. 4. - L’ordinanza impugnata è cassata. La causa deve essere rinviata al Tribunale di Massa, che la deciderà in persona di diverso magistrato. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale di Massa, in persona di diverso magistrato.