Liquidazione dei compensi degli avvocati: si deve sempre far ricorso al procedimento sommario collegiale

Nelle controversie in materia di liquidazione dei compensi degli avvocati, secondo il disposto dell’art. 14, d.lgs. n. 150/2011, si deve sempre far ricorso al procedimento sommario collegiale, indipendentemente dal fatto che si verta sulla sola quantificazione della pretesa creditoria quantum , ovvero, per effetto delle difese del convenuto, anche sull’accertamento della sua fondatezza giuridica an . Il provvedimento con cui si definiscono tali controversie, inoltre, non è impugnabile mediante appello, ma esclusivamente con ricorso straordinario per cassazione.

Questi due principi sono stati affermati dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, con la sentenza n. 12847 depositata il 22 maggio 2017. Il fatto. La vicenda muove da un procedimento instaurato da un avvocato, nei confronti di un consorzio di bonifica, per la corresponsione dei compensi richiesti per l’attività che la professionista aveva svolto, in favore dell’ente, ma di cui quest’ultimo contestava sia la quantificazione, che la stessa fondatezza giuridica. In primo grado il procedimento si era concluso con un’ordinanza del Tribunale di Nocera Inferiore che, con riferimento ad alcuni giudizi, svoltisi innanzi alla Corte d’Appello di Salerno, aveva declinato la propria competenza, proprio in favore della detta Corte, mentre, per altri procedimenti, svoltisi innanzi al Giudice di Pace ed al Tribunale di Nocera Inferiore, aveva riconosciuto alla professionista il diritto ad ottenere i compensi professionali richiesti. Avverso tale provvedimento, l’ente ricorreva in Cassazione. L’applicabilità del procedimento sommario anche se c’è contestazione dell’an debeatur. I Giudici della Suprema Corte, confermando quanto già precedentemente affermato sentenza n. 4002/2016 , hanno ribadito il principio secondo cui, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011, è stata radicalmente modificata la disciplina procedurale delle controversie in tema di liquidazione delle spese, diritti ed onorari degli avvocati. Segnatamente, l’art. 14 della citata legge ha posto fine alla preesistente dicotomia procedurale fra le dette controversie, fondata sul rilievo che, se l’oggetto delle medesime fosse stata la sola quantificazione delle pretese creditorie quantum , si sarebbero dovute applicare le norme inerenti al procedimento sommario di cognizione, mentre se, per effetto delle difese del convenuto, fosse stato richiesto anche l’accertamento della fondatezza delle medesime an , si sarebbe dovuto ricorrere al procedimento ordinario. La Corte di Cassazione, invece, ha evidenziato che la citata norma, introducendo il principio della necessaria unicità del rito speciale, ha superato le precedenti distinzioni operate, sul piano procedurale, in ragione del thema decidendum , imponendo, al contrario, di far sempre ricorso al procedimento sommario di cognizione, innanzi ad un organo giudicante in composizione collegiale, indipendentemente dal fatto che la controversia verta sull’ an o sul quantum della pretesa creditoria. D’altro canto, rileva la Corte, l’obbligatorietà del ricorso al procedimento sommario collegiale, è a fortiori blindata anche dal disposto dell’art. 3 del d.lgs. n. 150/2011, che esclude, in ogni caso, la possibilità di operare la conversione del rito, in corso di causa, da sommario ad ordinario. Il regime d’impugnabilità del provvedimento di primo grado. La seconda argomentazione procedurale, su cui la Corte si concentra, riguarda il regime d’impugnabilità del provvedimento, con cui viene definita la controversia in primo grado. Anche in questo caso si deve ritenere inequivocabilmente superata la preesistente distinzione, anch’essa collegata al thema decidendum , fra i mezzi d’impugnazione. Viene sconfessato il precedente orientamento sentenza n. 19873/2015 che distingueva il regime d’impugnabilità dei provvedimenti decisori, a seconda del fatto che si trattasse di un provvedimento che definiva una controversia vertente solo sul quantum debeatur oppure anche sull’ an . Mentre in quest’ultimo caso il provvedimento era sempre impugnabile in appello, nel primo caso, invece, l’unica possibilità era il ricorso per cassazione. La Suprema Corte, sul punto, afferma che, con il superamento della dicotomia procedurale, riguardante la natura sommaria o ordinaria del procedimento di cognizione, inevitabilmente si deve ritenere che il provvedimento con cui si definiscono le controversie in materia di onorari e diritti degli avvocati, avente forma di ordinanza, non sia appellabile, ma sia, invece, impugnabile esclusivamente mediante ricorso straordinario per cassazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 dicembre 2016 – 22 maggio 2017, n. 12847 Presidente Bucciante – Relatore Petitti Fatti di causa L’Avvocato A.A. convenne in giudizio, nelle forme del procedimento sommario di cognizione, davanti al Tribunale di Nocera Inferiore, il Consorzio di Bonifica integrale Comprensorio del Sarno, chiedendo che fossero liquidate le somme dovute per l’attività professionale svolta, quale difensore in più giudizi del predetto Consorzio, nella misura di Euro 16.625,92, oltre accessori. Il Consorzio resistette alla domanda, eccependo, in primo luogo, l’incompetenza del Tribunale adito in favore della Corte di Appello di Salerno, ufficio presso il quale si erano svolti alcuni dei giudizi menzionati dalla ricorrente nel merito, negava che vi fossero i presupposti sostanziali per il riconoscimento del diritto al compenS0 ed eccepiva la mancanza di prova in ordine al conferimento degli incarichi che il professionista assumeva di avere svolto. Il Tribunale di Nocera Inferiore in composizione collegiale, con ordinanza n. 5939/2015, depositata in data 29.07.2015, dichiarò la propria incompetenza in favore della Corte di Appello di Salerno con riguardo ai compensi pretesi per l’attività svolta nei giudizi intrapresi davanti a tale Ufficio con riguardo ai giudizi intrapresi davanti al Giudice di Pace e al Tribunale di Nocera Inferiore, liquidò il compenso nella misura di Euro 7.595,30, oltre interessi, e compensò per un mezzo le spese di lite. Per la cassazione della citata ordinanza ricorre il Consorzio di Bonifica integrale comprensorio del Sarno sulla base di un unico motivo. L’Avvocato A.A. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1. - Con l’unico motivo di ricorso il Consorzio ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 702-bis e seguenti cod. pro. Civ. e 3 e 14 del d.lgs. n. 150 del 2011. Il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda dell’Avvocato A. , atteso che, nel resistere alla domanda esso ricorrente aveva ampliato il thema decidendum , proponendo una eccezione di prescrizione breve. Ad avviso del ricorrente, infatti, lo speciale procedimento per la liquidazione degli onorari di avvocato, da svolgersi secondo il rito sommario di cognizione ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, deve ritenersi limitato ai soli casi in cui venga in rilievo la determinazione del quantum della pretesa azionata dal professionista, non anche nel caso in cui, per effetto delle deduzioni e delle difese del convenuto, il thema decidendum venga ampliato a profili diversi da quello della mera quantificazione del diritto del professionista, e segnatamente al profilo della estinzione del diritto per intervenuta prescrizione. 2. - Il ricorso è infondato. La questione posta dal presente ricorso attiene alla possibilità che il rito sommario di cui agli artt. 702-bis cod. proc. civ. e 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 sia esperibile non solo quando oggetto del giudizio sia la mera quantificazione del credito del professionista, ma anche quando, per effetto delle difese del convenuto, il thema decidendum venga ampliato circostanza, questa, che nel caso di specie deve ritenersi si sia verificata, atteso che dal provvedimento impugnato emerge che il convenuto aveva contestato lo stesso conferimento degli incarichi al professionista. In sostanza, il ricorso muove dal presupposto che, nei casi in cui una controversia relativa al compenso per prestazioni giudiziali rese da un avvocato in materia civile involga l’accertamento della esistenza del credito professionale an debeatur , il provvedimento che definisce il procedimento in primo grado, quand’anche adottato in forma d’ordinanza ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, abbia valore sostanziale di sentenza e, pertanto, possa essere impugnato soltanto con il mezzo dell’appello e che, nei casi in cui venga contestato il conferimento dell’incarico come riferito nel provvedimento impugnato ovvero venga eccepita la prescrizione del credito professionale dell’avvocato come affermato in ricorso , la controversia involga l’accertamento dell’ an debeatur . 2.1. - Il primo profilo richiede un approfondimento. Nella giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011- che, com’è noto, ha modificato il testo dell’articolo 28 della legge n. 794 del 1942, ha abrogato gli articoli 29 e 30 della stessa legge che dettavano disposizioni procedurali relative al ricorso al capo dell’ufficio per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili e, rispettivamente, al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di tali diritti ed onorari ed ha, con il proprio articolo 14, fissato le nuove regole procedurali del procedimento per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili e del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto tale liquidazione - la giurisprudenza di questa Corte era uniforme nell’affermare che lo speciale procedimento camerale previsto dagli articoli 28 e seguenti della legge n. 794 del 1942 per la liquidazione di onorari e diritti di avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile fosse applicabile soltanto alle controversie aventi ad oggetto la determinazione del quantum dovuto al professionista, senza estendersi anche all’an della pretesa per contro, nelle controversie che coinvolgevano anche l’accertamento dell’ an della pretesa del professionista, doveva farsi applicazione del rito ordinario tra le tante, Cass. n. 6225 del 2010 Cass. n. 6578 del 2005 Cass. n. 7652 del 2004 Cass. n. 10426 del 2000 . Da tale impostazione discendeva il corollario - tendente a preservare la garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito per le controversie sull’ an debeatur , sul presupposto che le stesse, involgendo l’accertamento dei fatti costitutivi del credito professionale, presentino normalmente caratteristiche di maggiore complessità rispetto alle controversie limitate all’accertamento del quantum - che il regime di impugnabilità del provvedimento che definiva il procedimento in primo grado variava a seconda che il medesimo si pronunciasse solo sul quantum o anche sull’ an debeatur . Nel primo caso, il provvedimento decisorio, quand’anche adottato in forma di sentenza, veniva qualificato come ordinanza in senso sostanziale e, pertanto, veniva ritenuto non appellabile, ma impugnabile soltanto con il ricorso straordinario per cassazione Cass. n. 10426 del 2000 . Nel secondo caso, il provvedimento decisorio, quand’anche adottato in forma di ordinanza, veniva qualificato come sentenza in senso sostanziale e, pertanto, veniva ritenuto impugnabile soltanto con l’appello Cass. n. 960 del 2009 Cass. n. 13640 del 2010 . Il criterio della prevalenza della sostanza sulla forma del provvedimento decisorio, ai fini dell’individuazione del relativo mezzo di impugnazione, era stato peraltro temperato dalle Sezioni Unite di questa corte con la sentenza n. 390 del 2011, che restituì rilevanza alla forma adottata dal giudice nei casi in cui la stessa risultasse frutto di una scelta consapevole, ancorché implicita e desumibile direttamente dalle modalità con le quali si era in concreto svolto il relativo procedimento. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011 si è posto il problema se, nella nuova disciplina, possano ritenersi ancora attuali i principi giurisprudenziali fissati sotto la disciplina previgente, quale risultante dagli articoli 28 e seguenti della legge n. 794 del 1942, sia in tema di rito applicabile ai procedimenti per la liquidazione di diritti ed onorari di avvocato per prestazioni giudiziali civili sia in tema di impugnazione del provvedimento decisorio che tali procedimenti definisca. 2.2. - Il secondo profilo della questione, relativo alla disciplina dell’impugnazione, è stato affrontato da questa sezione con la sentenza n. 19873 del 2015, che - ritenendo ancora attuali i principi elaborati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011 - ha affermato che in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, l’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011, dichiarando inappellabile l’ordinanza che definisce la procedura ex art. 28 della legge n. 794 del 1942, richiama i presupposti operativi di questa procedura speciale, sicché l’ordinanza che statuisca sull’ an del compenso e non solo sul quantum è impugnabile con l’appello e non col ricorso per cassazione. La sentenza n. 19873 del 2015 è poi stata confermata dalla ordinanza della sesta sezione n. 12248 del 2016, che a propria volta ha affermato che, in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, ove il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo si sia svolto nelle forme ordinarie e sia stata contestata l’esistenza del diritto al compenso, la decisione è impugnabile con appello e non mediante ricorso per cassazione, non trovando in detta ipotesi applicazione l’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011. L’orientamento emergente da tali due precedenti, peraltro, definisce la questione dei mezzi di impugnazione dei provvedimenti che si pronunciano in materia di liquidazione degli onorari di avvocato senza affrontare specificamente il tema - a quello logicamente connesso e propedeutico - del procedimento con cui devono essere trattate le controversie in tali materie e, più precisamente, senza affrontare espressamente la questione se, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011, le controversie che involgano l’accertamento dell’ an debeatur ab origine , o per effetto delle difese ed eccezioni svolte del committente nei cui confronti il professionista abbia agito in giudizio vadano trattate con il rito ordinario o debbano essere trattate con il rito speciale di cui agli articoli 28 della legge n. 794 del 1942 nuovo testo e 14 del d.lgs. n. 150 del 2011. Quest’ultima questione è stata invece esaminata ex professo nella sentenza della sesta sezione n. 4002 del 2016, che - all’esito di un’approfondita disamina dei termini del problema e dei diversi orientamenti giurisprudenziali e dottrinari formatisi al riguardo - ha affermato il principio che le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti del proprio cliente previste dall’articolo 28 della legge n. 794 del 1942 - come risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 34 del d.lgs. n. 150 del 2011 e dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 della medesima legge n. 794 del 1942 - devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 del suddetto d.lgs. n. 150 del 2011, anche nell’ipotesi in cui la domanda riguardi l’ an della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda. 2.3. - Il Collegio condivide le ragioni enunciate nella sentenza n. 4002 del 2016 a sostegno dell’assunto della necessaria unicità del rito quello speciale, disciplinato dall’articolo 14 d.lgs. n. 150 del 2011 con cui devono essere trattate le controversie aventi ad oggetto il credito per il compenso di prestazioni giudiziali rese da un avvocato in materia civile, involgano esse, o meno, l’accertamento dell’ an debeatur . D’altra parte, ad avviso del Collegio, il coerente sviluppo di tale assunto impone di superare l’orientamento tradizionale secondo cui il provvedimento che definisca una controversia in materia di compensi di un avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile è appellabile se contenga un accertamento anche sull’ an debeatur e non lo è se contenga un accertamento solo del quantum debeatur orientamento ribadito, come si è visto, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011, con i citati precedenti nn. 19873 del 2015 e 12248 del 2016. In quest’ultima pronuncia, va peraltro sottolineato, la statuizione di inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, per l’appellabilità del provvedimento impugnato, si fondava su due rationes decidendi distinte, una relativa al contenuto di tale provvedimento in quanto relativo anche all’ an debeatur e l’altra relativa alla forma del medesimo trattandosi di sentenza emessa all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo svoltosi secondo il rito ordinario . Ritiene infatti il Collegio che - una volta che si affermi, come si è condivisibilmente affermato con la sentenza n. 4002 del 2016, che le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato devono essere trattate con le regole procedurali indicate dall’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche nell’ipotesi in cui la domanda riguardi l’ an della pretesa - come sembrerebbe chiaramente implicato dal fatto che il rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 va applicato anche per la proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo senza previsione di alcuna limitazione -, sarebbe contraddittorio che, solo per questa ipotesi, dalle regole dettate dal medesimo art. 14 si espunga quella, contenuta nell’ultimo comma, della inappellabilità dell’ordinanza che definisce il giudizio. D’altra parte, non può non sottolinearsi che l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2011, prevede che nelle controversie disciplinate dal Capo III tra le quali rientrano quelle dio cui all’art. 14 del medesimo decreto legislativo non si applicano i commi secondo e terzo dell’art. 702-ter del codice di procedura civile , i quali rispettivamente, stabiliscono che se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702-bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale secondo comma e che se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’articolo 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II . Ciò comporta che ove si dovesse ritenere limitata la esperibilità del procedimento di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 alle sole controversie nelle quali si discute di quantificazione dei compensi dell’avvocato, non ci si potrebbe sottrarre all’alternativa per la quale o si rimette al convenuto, attraverso la proposizione di eccezioni o domande riconvenzionali che amplino il thema decidendum , la facoltà di paralizzare la domanda proposta dal professionista ovvero si preclude al convenuto stesso la possibilità di svolgere le proprie difese nel modo suindicato. 2.4. - A suffragio dell’opzione ermeneutica qui preferita, peraltro, con le indicate ragioni di coerenza letterale concorrono anche ragioni di carattere sistematico. Ed invero, da un lato, la perdita del grado di appello nelle controversie che involgano accertamenti sull’ an debeatur - oltre a non destare dubbi di costituzionalità, giacché il principio del doppio grado di giurisdizione non gode di copertura costituzionale - risulta bilanciata dalla collegialità del giudice prevista dal secondo comma dell’articolo 14 cfr., sulla portata di tale bilanciamento, la sentenza della Corte costituzionale n. 65 del 2014 . D’altro lato, il procedimento sommario di cognizione ex art. 702-ter c.od. proc. civ., a cui rimanda l’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, garantisce alle parti la possibilità del pieno dispiegamento della loro iniziativa probatoria, tanto più quando, come nel procedimento in esame, sia normativamente preclusa la conversione del rito sommario in rito ordinario sulle modalità dell’istruttoria e sul regime delle preclusioni istruttorie nel procedimento ex art. 702-ter cod. proc. civ., vedi Cass. n. 25547 del 2015, resa con riguardo alla fase giurisdizionale dei procedimenti disciplinari nei confronti dei notai, ma contenente l’enunciazione di principi validi in tutti i casi in cui il procedimento ex art. 702-ter cod. proc. civ. sia fissato dalla legge senza possibilità di alternativa con quello ordinario . Sotto altro profilo, va evidenziato che l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011 ha marcato una forte discontinuità nel sistema sottolineata dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 21675 del 2013, nella cui motivazione subito dopo l’enunciazione del principio che l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’avvocato per il pagamento dei propri onorari relativi a prestazioni giudiziali in materia civile va proposta con citazione, si legge Non può dubitarsi che il principio in parola è destinato ad essere radicalmente rivisitato a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 , così da giustificare una revisione profonda dei paradigmi ermeneutici consolidatisi sotto la disciplina previgente. Infine il Collegio osserva che - nell’ambito di un sistema di applicazione generalizzata e necessaria del procedimento di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 a tutte le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile, secondo i principi fissati da Cass. n. 4002 del 2016 differenziare il regime di impugnazione dell’ordinanza conclusiva del procedimento stesso a seconda che il suo oggetto sia limitato al quantum o riguardi anche l’ an debeatur - creerebbe una frammentazione del quadro procedurale certamente contrastante con l’obbiettivo al quale l’interpretazione giurisprudenziale deve sempre, per quanto possibile, tendere, come sottolineato, proprio in questa materia, dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 12609 del 2012 dell’armonizzazione del sistema mediante il superamento delle sue distonie o criticità. 2.5. - Deve quindi, conclusivamente, affermarsi - in coerenza con il principio, stabilito da Cass. n. 4002 del 2016, che le controversie per la liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato in materia giudiziale civile soggiacciono al rito di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 anche nell’ipotesi in cui la domanda non sia limitata al quantum, ma riguardi Van della pretesa - che l’ordinanza che definisce il procedimento di cui all’articolo 14 citato non è appellabile, e può quindi essere impugnata con ricorso straordinario per cassazione, anche nell’ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto l’esistenza, e non solo la quantificazione, del credito dell’avvocato. 3. - Dall’affermazione di tale principio discende la infondatezza del ricorso, con il quale, appunto, si è prospettata unicamente la inammissibilità della domanda per effetto dell’ampliamento del thema decidendum conseguito alle eccezioni proposte in sede di merito dall’odierno ricorrente. Al rigetto del ricorso consegue altresì, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie nella misura del 15%. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.