L’onorario dell’avvocato dipende anche dalla data della liquidazione giudiziale

Le previsioni tariffarie legate alle prestazioni professionali sono contenute in due decreti ministeriali, il n. 127/2004 e il n. 140/2012. Quale delle due si applichi al caso concreto dipende anche dalla data in cui avviene la liquidazione del compenso.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4949/17 depositata il 27 febbraio. Il caso. Un avvocato proponeva opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi maturati in qualità di difensore di un fallimento. Il giudice decideva, tramite ordinanza, di dover procedere alla liquidazione applicando i parametri di cui all’art. 41 d.m. n. 140/2012, trattandosi di attività di liquidazione successiva all’entrata in vigore del decreto. Le norme sui compensi professionali. L’avvocato ricorreva in Cassazione, deducendo violazione del principio di irretroattività della norma appena citata. L’attività professionale del ricorrente, infatti, si è esaurita con la pubblicazione di una sentenza in data 22 novembre 2011. E’ a tale momento che occorre dunque guardare per stabilire i criteri in base ai quali procedere alla liquidazione dei compensi maturati dalla ricorrente , secondo la Corte di Cassazione. E’ quindi necessario applicare le tariffe ex d.m. n. 127/2004. La data della liquidazione giudiziale. La nozione di liquidazione alla quale deve aversi riguardo è unicamente quella giudiziale, adottata all’esito del procedimento nel corso del quale risulta essere stata svolta l’attività difensiva . Tale tesi è stata sostenuta anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17405/12 , secondo cui i nuovi parametri devono trovare applicazione quando la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto . La prestazione del professionista, comunque, deve essere non ancora completata, non rilevando il caso in cui essa abbia avuto inizio e si sia in parte svolta anche in epoca precedente. Nel caso di specie l’avvocato doveva vedere il suo compenso regolato in base ai parametri contenuti nel d.m. n. 127/2004. Per questo motivo la Suprema Corte accoglie il ricorso, cassando il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 gennaio – 27 febbraio 2017, n. 4949 Presidente Petitti – Relatore Criscuolo Ragioni in fatto ed in diritto Con ordinanza del 25/02/2013 il Consigliere delegato della Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’opposizione proposta dall’avv. L.M.S. avverso il decreto di liquidazione dei compensi maturati quale difensore del fallimento della S.r.l., riconosceva alla predetta la somma di Euro 1.125,00 oltre oneri accessori legali, ivi inclusi quelli fiscali. L’opponente, infatti, assumeva di essere stata nominata quale difensore di fiducia del fallimento nella procedura svoltasi dinanzi alla Corte d’Appello di Roma relativa al reclamo proposto dalla società fallita avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, e che il fallimento era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato ex art. 144 del DPR n. 115/2002. Osservava altresì che il procedimento di reclamo era stato definito con sentenza della Corte d’Appello n. 4966 del 22 novembre 2011, e che con successivo decreto del 5 giugno 2012 alla ricorrente erano stati liquidati i compensi per l’attività professionale svolta in misura pari ad Euro 550,00, pari alla metà dell’importo complessivo di Euro 1.100 di cui 300,00 per diritti ed Euro 800,00 per onorari , ritenendosi che si trattava di procedimento svoltosi in camera di consiglio, tenuto altresì conto che il processo si era celebrato dinanzi alla Corte d’Appello. L’ordinanza emessa all’esito dell’opposizione riteneva tuttavia di dover procedere alla liquidazione facendo applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 140/2012 e ciò in ragione della previsione dell’art. 41, trattandosi di attività di liquidazione successiva all’entrata in vigore del decreto. Quindi facendo applicazione degli artt. 82 e 130 del DPR n. 115/2002, e considerato che la causa era di valore indeterminabile, per la quale doveva farsi applicazione dello scaglione tariffario per le cause di valore compreso tra Euro 50.000,00 ed Euro 100.000,00, previa riduzione ulteriore del 50 %, tenuto conto della frequenza degli aspetti giuridici posti dalla questione controversa, e tenuto conto dell’aumento del 20 % in considerazione della celebrazione della causa dinanzi alla Corte d’Appello, riconosceva i compensi nella suddetta misura. Avverso tale provvedimento propone ricorso L.M.S. sulla base di due motivi, mentre gli intimati non hanno svolto attività difensiva. Il primo motivo di ricorso è fondato. Con lo stesso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24, 25, 111 co. 6 Cost., dell’art. 11 delle disp. prel. al c.c., degli artt. 91 e 112 c.p.c., dell’art. 75 disp. att. c.p.c., degli artt. 82 ed 83 del DPR n. 115/2002, delle disposizioni di cui al DM n. 127/2004, dell’art. 9 del d.l. n. 1/2012, conv. nella legge n. 27/2012, e dell’art. 41 del DM n. 140/2012. Si lamenta che il provvedimento impugnato abbia erroneamente fatto applicazione per la liquidazione dei compensi maturati dalla ricorrente delle previsioni di cui al DM n. 140 del 2012, in evidente violazione del principio di irretroattività della norma sopravvenuta. La doglianza è meritevole di accoglimento. Emerge, infatti, dalla narrazione in fatto della ricorrente che l’attività professionale dalla medesima svolta nell’interesse della curatela fallimentare si è esaurita con la pubblicazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma del 22/11/2011 con la quale è stato rigettato il reclamo promosso avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della S.r.l È a tale momento che occorre dunque guardare per stabilire i criteri in base ai quali procedere alla liquidazione dei compensi maturati dalla ricorrente, sicché in relazione alla suddetta data è evidente che debbano trovare applicazione le tariffe di cui al DM n. 127/2004. È invece sicuramente erronea la conclusione alla quale è pervenuta l’ordinanza impugnata nella parte in cui ha reputato di poter fare applicazione dell’art. 41 del DM n. 140/2012, posto che, sebbene la norma de qua disponga che le sue disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore, la nozione di liquidazione alla quale deve aversi riguardo è unicamente quella giudiziale, adottata all’esito del procedimento nel corso del quale risulta essere stata svolta l’attività difensiva, e non anche alle diverse liquidazioni che intervengano all’esito di procedimenti nei quali si contesti la correttezza della liquidazione a suo tempo effettuata, ovvero la misura dei compensi maturati nella vigenza delle precedenti tariffe, essendosi a tale data esaurita l’attività professionale. A tal fine deve ricordarsi come la tesi sostenuta da parte ricorrente abbia ricevuto anche l’autorevole avallo delle Sezioni Unite, che nell’immediatezza dell’entrata in vigore del DM n. 140 del 2012, hanno chiarito che l’art. 41, infatti, deve essere letto nel senso che i nuovi parametri debbano trovare applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando ancora erano in vigore le tariffe professionali abrogate Cass. S.U. n. 17405/2012 . Trattasi di soluzione che ha poi trovato il conforto anche della successiva giurisprudenza cfr. Cass. n. 241/2016 Cass. n. 2322/2015 Cass. n. 13199/2014 e che impone di ritenere che il presupposto per l’applicazione dei nuovi parametri debba ricollegarsi, oltre che all’intervento della liquidazione in epoca successiva all’entrata in vigore del menzionato DM n. 140/2012, anche alla ulteriore circostanza che alla stessa data, il professionista non abbia ancora completato la propria prestazione professionale. Nel caso in esame, l’intervenuta definizione al novembre del 2011 del processo per il quale era stato conferito incarico all’avv. L. , e l’assenza di ulteriore attività difensionale in data successiva, implica che la liquidazione dei compensi debba avvenire sulla scorta delle previsioni tariffare di cui al previgente DM n. 127/2004. Per l’effetto il provvedimento, impugnato deve essere cassato, con rinvio ad altro magistrato della Corte d’Appello, di Roma che provvederà alla decisione in merito all’opposizione proposta dalla ricorrente sulla scorta delle indicate previsioni tariffarie. Le altre questioni poste dalla ricorrente concernenti l’ulteriore dimezzamento dei compensi, in quanto motivato nel provvedimento impugnato sulla scorta delle previsioni erroneamente applicate di cui al DM n. 140/2012, sono del pari assorbite dall’accoglimento del motivo per le predette ragioni. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina altresì l’assorbimento del secondo motivo con il quale si lamenta l’omessa statuizione da parte del giudice dell’opposizione in ordine alle spese del relativo procedimento la cui liquidazione è devoluta al giudice del rinvio . Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo e, assorbito il secondo, cassa il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.