Va sanzionato l’avvocato che “moltiplica”, senza ragione, l’attività processuale contro un debitore

Il frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie costituisce condotta abusiva perché idonea a gravare le parti dell'aumento degli oneri processuali derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti.

Le SSUU, con la sentenza n. 961/2017 depositata il 17 gennaio , hanno confermato la sanzione disciplinare irrogata ad alcuni avvocati, rei di aver furbescamente frazionato, e quindi moltiplicato”, iniziative esecutive precetti ed interventi . Il caso. Al Consiglio dell’Ordine di competenza venivano segnalate alcune anomalie e disfunzioni nelle esecuzioni mobiliari, e in particolare nelle procedure di pignoramento presso terzi contro un Asl locale, con terzo pignorato un istituto bancario. In particolare, nei confronti di due avvocati associati, e dei rispettivi domiciliatari, veniva contestato di aver senza ragione aggravato la posizione debitoria del debitore Asl, assumendo iniziative senza che ricorressero effettive ragioni di tutela della parte assistita. I comportamenti contestati. Eccoli a richiedere per conto del medesimo cliente una pluralità di ingiunzioni per ragioni creditorie in tutto analoghe tra loro, riferita a crediti maturati in ristretto lasso di tempo b procedere alla redazione-intimazione di separati atti di precetto per la sorte capitale ed onorari, dichiarandosi antistatario e in questo modo obiettivamente aumentando ingiustificatamente il complesso delle spese legali dovute con riferimento a ciascun titolo esecutivo c procedere per conto dello stesso cliente a plurimi atti di intervento per fatture autenticate emesse in arco temporale ristrettissimo, ovvero per decreti ingiuntivi ottenuti contestualmente o in breve arco temporale, ottenendo per ciascuno di essi la liquidazione delle spese consequenziali d pervenire a plurime liquidazioni e distribuzioni amichevoli delle somme ricavate, operando in sede di assegnazione ulteriori frazionamenti del credito apparentemente ingiustificati e patrocinare le regioni creditorie di cui sopra in sede esecutiva mantenendo e procrastinando l'ingiustificato frazionamento dei erediti sopra descritti. Irrogata la sospensione. Assolti in tutto i domiciliatari, i legali dello studio associato venivano ritenuti responsabili per la violazione delle condotte di cui alle menzionate lettere a , c , d , e , per cui veniva loro inflitta la sanzione disciplinare, rispettivamente, della sospensione per 3 e per 4 mesi. Gli avvocati condannati disciplinarmente proponevano ricorso al CNF che confermava gli addebiti di cui alle lettere c , d e , ritenendo adeguatamente provati detti comportamenti, per cui era anche dimostrato l’aggravamento della posizione debitoria della controparte, che da quegli ingiustificati comportamenti era derivato. Tanti atti di intervento quanti erano i crediti I ricorrenti censurano la decisione laddove ritiene che l’effettuazione di plurimi atti d'intervento per altrettanti distinti crediti del medesimo soggetto creditore configuri un illecito aggravio della posizione dell'esecutato. Rilevano che l'art. 499 c.p.c. in particolare impone l'indicazione del singolo credito e del singolo titolo per il quale si spiega la domanda d'intervento che, nella specie, è stata fatta a verbale per ognuno solo nel verbale di udienza senza che potesse il difensore ivi riportare un unico maxi credito” senza corrispondenza cartolare. Né l'agire così avrebbe portato alcun aggravio atteso che la liquidazione delle spese spetta al G.E. il quale può provvedervi con le riduzioni previste dalla tariffa professionale e che il riparto delle somme sarebbe avvenuto con progetto amichevole. L'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte. Ferma restando la natura abusiva della parcellizzazione giudiziale del credito, il rimedio agli effetti distorsivi del fenomeno può trovare fonte giudiziaria principale negli istituti processuali della riunione e della liquidazione delle spese, da riguardarsi come se il procedimento fosse unico fin dall'origine. Il CNF aveva stigmatizzato negativamente la condotta di avanzare plurimi interventi che ben avrebbero potuto, per ciascun creditore, essere compendiati in unico atto e con unica liquidazione di compensi, senza aggravare ingiustificatamente la posizione della P.A. debitrice e incorrere nell'illecito deontologico dell'art. 49 laddove L'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistite . Il richiamo al nuovo art. 66 del codice deontologico. Le Sezioni Unite non mancano di fare cenno e riferimento, analogamente, all’art. 66 del nuovo codice deontologico che stabilisce L'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita comma 1 e che La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura comma 2 . Il frazionamento delle richieste giudiziali. Gli Ermellini, nell'affermare che non è consentito al creditore frazionare la propria pretesa in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, hanno giustificato tale principio con il richiamo sia a regole di correttezza, buona fede e giusto processo per inderogabili doveri di solidarietà art. 2 Cost. da ritenersi violati quando il creditore aggravi ingiustificatamente la posizione del debitore ed eserciti l'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell'attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi . Analogamente, il frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie costituisce condotta abusiva perché idonea a gravare le parti dell'aumento degli oneri processuali derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Ed ancora, in ipotesi d'insinuazione al passivo, si è ritenuto che la forza espansiva possa superare l’autonomia dei fatti costitutivi , qualora il creditore abbia unitaria contezza del coacervo dei crediti maturati e definiti. L’abuso del processo e la responsabilità sociale dell’avvocato. Secondo le Sezioni Unite, pur non essendo questa la sede per delineare i contorni dell'abuso del processo nel caso di frazionamento giudiziale di plurime obbligazioni pecuniarie, né rileva la notazione dottrinaria che la rule against spliting del diritto nordamericano sia regola di substantive law e non di procedure, perché ciò che importa non è lo specchio dogmatico del diritto soggettivo di azione ma l’osservanza di principi di correttezza e buona fede quali emergenti da una regola deontologica di protezione come è quella dell'art. 49 cit., dettata in funzione della responsabilità sociale dell'avvocato quale fondamentale cerniera tra le persone e l'ordinamento giuridico. In definitiva, il ricorso per cassazione è stato rigettato e gli avvocati condannati alle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 22 novembre 2016 – 17 gennaio 2017, numero 961 Presidente Rordorf – Relatore Cirillo Ritenuto in fatto 1. A seguito di segnalazioni di anomalie e disfunzioni nelle esecuzioni mobiliari trattate dinanzi al tribunale di Siena - e particolarmente nelle procedure di pignoramento presso il Monte dei Paschi di Siena e contro la ASL/ omissis - l’Ordine forense senese aprì procedimento disciplinare contro gli avvocati C.R. e R.L. , titolari dell’omonimo studio associato corrente in omissis , e degli avvocati E.L. e B.N. , domiciliatari senesi, formulando il seguente capo d’incolpazione Violazione dell’art. 49 del codice deontologico, per avere nelle loro rispettive qualità di difensore e/o procuratore domiciliatario e/o sostituto di udienza, con riferimento e limitatamente all’attività professionale da ciascuno compiuta, anche in concorso tra di loro, aggravata la posizione debitoria della ASL numero omissis , assumendo iniziative giudiziarie nella procedura esecutiva numero 651/2008/RE Caputo Giuseppe e altri / ASL numero 2 Salerno / Monte dei Paschi di Siena / terzo pignorato nei procedimenti presso il tribunale di Siena nei confronti del Monte dei Paschi di Siena, senza che ricorressero effettive ragioni di tutela della parte assistita e consistenti nel a richiedere per conto del medesimo cliente una pluralità di ingiunzioni per ragioni creditorie in tutto analoghe tra loro, riferita a crediti maturati in ristretto lasso di tempo b procedere alla redazione-intimazione di separati atti di precetto per la sorte capitale ed onorari, dichiarandosi antistatario e in questo modo obiettivamente aumentando ingiustificatamente il complesso delle spese legali dovute con riferimento a ciascun titolo esecutivo c procedere per conto dello stesso cliente a plurimi atti di intervento per fatture autenticate emesse in arco temporale ristrettissimo, ovvero per decreti ingiuntivi ottenuti contestualmente o in breve arco temporale, ottenendo per ciascuno di essi la liquidazione delle spese consequenziali d pervenire a plurime liquidazioni e distribuzioni amichevoli delle somme ricavate, operando in sede di assegnazione ulteriori frazionamenti del credito apparentemente ingiustificati e patrocinare le regioni creditorie di cui sopra in sede esecutiva mantenendo e procrastinando l’ingiustificato frazionamento dei crediti sopra descritti. In omissis . 2. All’esito della fase amministrativa il COA prosciolse da tutti gli addebiti loro ascritti gli avvocati domiciliatari E.L. e B.N. , nonché dal solo addebito di cui al capo b della rubrica gli avvocati C.R. e R.L. ritenne questi ultimi, invece, responsabili degli illeciti disciplinari ascritti ai capi a - c - d - e , applicando loro la sospensione rispettivamente per tre e quattro mesi. Gli avvocati C.R. e R.L. proposero ricorso al CNF che, esclusa la fondatezza dell’addebito sub capo a , confermò gli addebiti di cui ai capi c - d - e consequenzialmente ridusse l’entità della sospensione inflitta a due mesi per il primo professionista e a tre mesi per l’altro. La decisione affermò che i comportamenti di cui ai capi c - d - e erano adeguatamente provati, onde era anche dimostrato l’aggravamento della posizione debitoria della controparte, che da quegli ingiustificati comportamenti era derivato. Il CNF aggiunse che i motivi di ricorso proposti dagli interessati avverso i provvedimenti disciplinari in questione, oltre ad essere infondati nel merito, difettavano della narrazione dei fatti che avevano formato oggetto del procedimento di primo grado, onde non apparivano rispettosi del disposto dell’art. 342 cod. proc. civ. e del principio di autosufficienza, integrando ciò una ragione d’inammissibilità dell’atto in parte qua. 3. Per la cassazione di tale decisione gli avvocati C.R. e R.L. proposero ricorso accolto dalle sezioni unite che, con sentenza numero 15122 del 2013, annullarono con rinvio la sentenza del CNF. Ritennero, infatti, che al ricorso proposto innanzi al CNF non si applicasse né l’art. 342 cod. proc. civ. sull’atto di appello, né il principio dell’autosufficienza del ricorso, introducendo esso un giudizio non limitato alla verifica della legittimità del provvedimento amministrativo disciplinare, bensì esteso anche al merito. Aggiunsero che il CNF, unitamente alla statuizione d’inammissibilità con la quale si era spogliato della potestas iudicandi , avesse impropriamente inserito anche argomentazioni sul merito della controversia, affermandone l’infondatezza sicché tali enunciazioni erano prive di ogni giuridica rilevanza. 4. A seguito di riassunzione il CNF, pronunziando quale giudice di rinvio, ha dato atto del giudicato interno formatosi per mancata impugnazione dell’esclusione dell’addebito sub capo a , ha confermato gli addebiti di cui ai capi c - d e ed ha applicato agli avvocati C.R. e R.L. rispettivamente le sanzioni della censura e della sospensione per mesi tre. Ha motivato la decisione ritenendo che la nuova valutazione dei fatti e il riesame delle prove acquisite portasse a conclusioni non dissimili rispetto alle quali pervenne la sentenza cassata . Ha osservato come fosse documentalmente provata la pluralità d’interventi posti in essere dai due professionisti nella procedura esecutiva numero 651/08 e nel corso della stessa udienza del 26 maggio 2008, ovverosia dieci interventi per la soc. Co. Fa. Ser., cinque per la soc. Servizi Sanitari, quattro per il Lab. Anumero Borsellino, quattro per la Farmacia Longone, tre per la ditta Dial Sistemi, tre per il dott. Ca. , diciannove per l’avv. R.L. in proprio ma per crediti riferibili a crediti degli avvocati C.R. e R.L. . Ha stigmatizzato negativamente l’avvalersi di plurimi atti d’intervento che ben avrebbero potuto, per ciascun creditore, essere compendiati in unico atto e con unica liquidazione di compensi, senza aggravare ingiustificatamente la posizione della P.A. debitrice e incorrere nell’illecito deontologico dell’art. 49. Indi tenuto conto del diverso apporto illecito dei due professionisti incolpati, ha applicato all’avv. R.L. tre mesi di sospensione e all’avv. C.R. la sola censura, atteso che egli rispondeva unicamente quale associato professionalmente al primo e quindi tenuto alla dovuta cura e diligenza nella ripartizione dei compiti all’interno dell’associazione professionale. 5. Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso gli avvocati C.R. e R.L. affidandosi a sei motivi. Il COA di Siena resiste con controricorso. I ricorrenti replicano con memoria. Considerato in diritto 0. Preliminarmente devono essere disattese le eccezioni d’inammissibilità del controricorso. Innanzitutto è da escludere il denunciato difetto di procura speciale in capo al difensore del COA di Siena, che, invece, ha depositato controricorso ove risulta a margine regolare procura speciale con autenticazione della firma del conferente da parte del difensore incaricato. Inoltre dev’essere escluso che il controricorso difetti dei requisiti formali per la stesura degli atti processuali e lo svolgimento delle difese. Nel concreto l’autosufficienza e i requisiti formali minimi sono assicurati dal chiaro riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata Cass. Sez. 5, numero 13140 del 2010 , a prescindere da ogni altra considerazione sull’invo-cato protocollo d’intesa tra Corte di cassazione e CNF del dicembre 2015. 1. Passando all’esame del ricorso, con il primo motivo , denunciando violazione o falsa applicazione del codice deontologico art. 49 e di norme di diritto artt. 88, 99, 104, 499, 525, 526, 529, 530 cod. proc. civ. art. 2907 cod. civ. artt. 2, 3, 24, 111 Cost. , i ricorrenti censurano la sentenza del giudice di rinvio laddove ritiene che l’effettuazione di plurimi atti d’intervento per altrettanti distinti crediti del medesimo soggetto creditore configuri un illecito aggravio della posizione dell’esecutato. Rilevano che l’art. 499 cod. proc. civ. in particolare impone l’indicazione del singolo credito e del singolo titolo per il quale si spiega la domanda d’intervento che, nella specie, è stata fatta a verbale per ognuno solo nel verbale di udienza senza che potesse il difensore ivi riportare un unico maxi credito senza corrispondenza cartolare. Né l’agire così avrebbe portato alcun aggravio atteso che la liquidazione delle spese spetta al G.E. il quale può provvedervi con le riduzioni previste dalla tariffa professionale e che il riparto delle somme sarebbe avvenuto con progetto amichevole. Tanto premesso, ferma restando la natura abusiva della parcellizzazione giudiziale del credito Cass. Sez. U, numero 108 del 2000 e numero 23726 del 2007 , il rimedio agli effetti distorsivi del fenomeno può trovare fonte giudiziaria principale negli istituti processuali della riunione e della liquidazione delle spese, da riguardarsi come se il procedimento fosse unico fin dall’origine Cass. Sez. 3, numero 5491 del 2015 . Nella specie, con insindacabile accertamento di fatto, il CNF ha ritenuto provata la pluralità d’interventi posti in essere nella procedura esecutiva numero 651/08 e nel corso della stessa udienza del 26 maggio 2008 dieci per la soc. Co. Fa. Ser., cinque per la soc. Servizi Sanitari, quattro per il Lab. Anumero Borsellino, quattro per la Farmacia Longone, tre per la ditta Dial Sistemi, tre per il dott. Ca. , diciannove per l’avv. R.L. in proprio ma per crediti riferibili a crediti degli avvocati C.R. e R.L. . Indi, ha stigmatizzato negativamente la condotta di avanzare plurimi interventi che ben avrebbero potuto, per ciascun creditore, essere compendiati in unico atto e con unica liquidazione di compensi, senza aggravare ingiustificatamente la posizione della P.A. debitrice e incorrere nell’illecito deontologico dell’art. 49 laddove L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita . Analogamente l’art. 66 del nuovo codice deontologico stabilisce che L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita comma 1 e che La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura comma 2 . Le sezioni unite, nell’affermare che non è consentito al creditore frazionare la propria pretesa in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, hanno giustificato tale principio con il richiamo sia a regole di correttezza, buona fede e giusto processo per inderogabili doveri di solidarietà art. 2 Cost. da ritenersi violati quando il creditore aggravi ingiustificatamente la posizione del debitore ed eserciti l’azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell’attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi Cass. Sez. U, numero 23726 del 2007 conf. Sez. U, numero 26961 del 2009 . Analogamente si è affermato che pure il frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie costituisce condotta abusiva perché idonea a gravare le parti dell’aumento degli oneri processuali derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti Cass. Sez. 1, numero 9488 del 2014 . Ed ancora, in ipotesi d’insinuazione al passivo, si è ritenuto che la forza espansiva possa superare l’autonomia dei fatti costitutivi , qualora il creditore abbia unitaria contezza del coacervo dei crediti maturati e definiti Cass. Sez. 1, numero 9317 del 2013 . Non è questa la sede per delineare i contorni dell’abuso del processo nel caso di frazionamento giudiziale di plurime obbligazioni pecuniarie, né rileva la notazione dottrinaria che la rule against spliting del diritto nordamericano sia regola di substantive law e non di procedure, perché ciò che importa non è lo specchio dogmatico del diritto soggettivo o del diritto di azione ma l’osservanza di principi di correttezza e buona fede quali emergenti da una regola deontologica di protezione com’è quella dell’art. 49 cit., dettata in funzione della responsabilità sociale dell’avvocato quale fondamentale cerniera tra le persone e l’ordinamento giuridico. Nella specie il giudice di rinvio, con insindacabile accertamento di fatto, rileva che nella stessa udienza sono stati depositati plurimi atti di intervento per gli stessi creditori che ben avrebbero potuto essere ricompresi in unico atto . Dunque ogni diversa ricostruzione fattuale, prospettata in ricorso, è inammissibile perché comporta un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, laddove il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio né costituisce occasione per accedere ad un terzo grado ove fare valere la supposta ingiustizia della decisione impugnata Cass. Sez. U, numero 8053 del 2014 e numero 7931 del 2013 . Mentre nel processo esecutivo la proposizione cumulativa, con unico atto d’intervento per la stessa parte, di pretese creditorie fondate su più titoli, ivi nominativamente indicati, non è affatto esclusa, anzi è chiaramente consentita dal combinato disposto degli artt. 499 e 104 cod. proc. civ Le circostanze di fatto circa la liquidazione giudiziale delle spese e la redazione di un piano di riparto amichevole non emergono dalla sentenza del giudice di rinvio, né v’è censura per omesso esame ex art. 360 numero 5 cod. proc. civ 2. Con il secondo motivo , denunciando violazione dell’art. 2909 cod. civ., i ricorrenti censurano la sentenza di rinvio laddove non avrebbe tratto dal giudicato assolutorio sul capo a , relativo l’abusivo frazionamento del credito in sede monitoria, vincolanti conseguenze assolutorie riguardo al capo e , sulla procrastinazione dell’asserito frazionamento in fase esecutiva. Osservano che, una volta negata l’abusività del frazionamento del credito in fase monitoria, ne deriverebbe, per dipendenza logico-giuridica, l’insussistenza del medesimo addebito per la consequenziale esecuzione dei medesimi titoli monitori. Il motivo non è fondato per l’assenza di un nesso di pregiudizialità-dipendenza logica e/o giuridica tra la condotta ascritta sub capo a - richiedere per conto del medesimo cliente una pluralità di ingiunzioni per ragioni creditorie in tutto analoghe tra loro, riferita a crediti maturati in ristretto lasso di tempo - e quella ascritta sub capo e - patrocinare le regioni creditorie di cui sopra in sede esecutiva mantenendo e procrastinando l’ingiustificato frazionamento dei crediti sopra descritti - atteso che quest’ultimo compendia le condotte riferite alla sola fase esecutiva e ascritte sub capo c - procedere per conto dello stesso cliente a plurimi atti di intervento per fatture autenticate emesse in arco temporale ristrettissimo, ovvero per decreti ingiuntivi ottenuti contestualmente o in breve arco temporale, ottenendo per ciascuno di essi la liquidazione delle spese consequenziali - e sub capo d - pervenire a plurime liquidazioni e distribuzioni amichevoli delle somme ricavate, operando in sede di assegnazione ulteriori frazionamenti del credito apparentemente ingiustificati - il che rende diversi i fatti ivi contestati rispetto a quelli riferiti alla fase monitoria. 3. Con il terzo motivo , denunciando violazione di norme di diritto processuali art. 56 R.D. 1578/1933, art. 36 L. 247/2012, art. 115 cod. proc. civ. , i ricorrenti censurano l’operato del giudice di rinvio laddove avrebbe fondato il proprio convincimento sul contenuto della sentenza cassata e su rilievi ivi esposti ad abundantiam . Il motivo è inammissibile perché la violazione dell’art. 115 e dell’art. 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 numero 5 cod. proc. civ. Cass. Sez. 1, numero 14267 del 2006 , ora resi strettissimi dalla novella processuale del 2012 Cass. Sez. U, numero 8053 del 2014 . Mentre detta violazione può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice abbia dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli Cass. Sez. U, numero 16598 del 2016, § 14 Sez. 3, numero 11892 del 2016 . Nulla di tutto ciò risulta addotto nel caso in esame. Sotto altro profilo, si osserva che la sentenza, emessa all’esito del giudizio di rinvio contro gli avvocati C.R. e R.L. , non si risolve affatto nel mero appiattimento sugli argomenti della prima sentenza cassata. Il CNF procede, in concreto, al riesame degli atti e dei fatti già introdotti nel giudizio di merito giungendo alle medesime precedenti conclusioni, supportate - pur se in modo non prevalente - da idonei spunti critici di ragionamento logico-giuridico propri del giudice di rinvio. Il che risponde a una legittima tecnica decisoria, consentita per ragioni di economia processuale e di semplificazione Cass. Sez. U, numero 10627 del 2014 . Basta, infatti, che le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che al giudice non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive Cass. Sez. U, numero 642 del 2015 . 4. Col quarto motivo , denunciando violazione di norme di diritto processuali art. 56 R.D. 1578/1933 art. 36 L. 247/2012 artt. 384, 394, 115 e 116 cod. proc. civ. , i ricorrenti censurano l’operato del giudice di rinvio laddove avrebbe trascurato il principio di diritto sul riesame delle prove enunciato nella sentenza delle sezioni unite numero 15122 del 2013, omettendo di valutare le prove acquisite agli atti e fondando il proprio convincimento su un argomento di prova contenuto nella sentenza cassata. Il motivo va disatteso dovendosi richiamare le medesime considerazioni svolte sul terzo motivo. Inoltre, quanto all’operato istruttorio, è in facoltà del CNF procedere alle sole indagini ritenute necessarie per l’accertamento dei fatti art. 63 R.D. 37/1934 e l’aver disatteso le sollecitazioni degli interessati incide solo sull’efficacia giustificativa della decisione di merito sul fatto e non sul controllo di legittimità della decisione stessa Cass. Sez. U, numero 9287 del 2016 . Infine, quanto al comportamento processuale omissivo dei ricorrenti, stigmatizzato dal giudice di rinvio così come dal primo giudice, si tratta di un argomento ad abundantiam , come la stessa difesa rileva ric. pag. 19 e 22 , e quindi non decisivo, il che rende inammissibile la censura sul punto. Infatti è noto che, in sede di legittimità, sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam o costituenti obiter dicta , poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione Cass. Sez. L, numero 22380 del 2014 . 5. Con il quinto motivo , denunciando violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 56 R.D. 1578/1933, art. 36 co. 6 L. 247/2012, artt. 1 e seg. L. 689/1981, art. 1 L. 1815/1939 e del codice deontologico art. 34 , nonché correlato eccesso di potere, la difesa censura l’operato del giudice di rinvio per avere esteso gli illeciti deontologici all’avvocato C.R. per fatti tutti ascrivibili al solo avvocato R.L. in contrasto col principio della personalità disciplinare e sulla scorta, invece, del mero rapporto di associazione professionale tra i due e dei benefici ricavati sul piani economico dai maggiori ricavi associativi. Premesso che le invocate disposizioni del capo I della L. 689/1981 non si applicano alle violazioni disciplinari art. 12 , si osserva che dalla lettura della sentenza non emerge alcun eccesso o sviamento di potere art. 56 R.D.L. 1578/1933 , ovverosia l’uso della potestà disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito Cass. Sez. U, numero 7103 del 2007 e numero 9287 del 2016 . Tutto ruota, invece, sull’art. 34 del codice deontologico che, nel testo all’epoca vigente, stabilisce Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente responsabile soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si riferiscano i fatti specifici commessi . L’art. 7 del nuovo codice deontologico, in continuità con la precedente disposizione, precisa che L’avvocato è personalmente responsabile per condotte, determinate da suo incarico, ascrivibili a suoi associati, collaboratori e sostituti, salvo che il fatto integri una loro esclusiva e autonoma responsabilità . Sennonché con autonomo e insindacabile accertamento di fatto, il giudice di rinvio ha appurato che i diciannove interventi spiegati in proprio dall’avv. R.L. erano riferibili a crediti degli avvocati C.R. e R.L. . Dunque, gli stessi hanno altresì congiuntamente beneficiato delle assegnazioni delle somme dopo che tutti gli atti sono stati compiuti nell’interesse dei due legali , così come esattamente osserva la difesa del COA nel controricorso pag. 23 . Ne deriva che - stante la convergenza d’interessi, la comunanza di benefici e il regime di associazione professionale - sussistono concordanti elementi di prova logica e circostanziale che confliggono con la tesi della presunta estraneità dell’avvocato C.R. alla vicenda. Né il ragionamento decisorio del giudice di rinvio, correlato a fatti specifici e ai doveri di cura e diligenza nell’ambito dei rapporti di associazione professionale, risulta censurato sotto il profilo dei parametri legali della prova per presunzioni Cass. Sez. U, numero 584 del 2008 . 6. Con il sesto motivo , denunciando violazione di norme di diritto art. 56 R.D. 1578/1933, art. 36 L. 247/2012, artt. 384, 394, 115 e 116 cod. proc. civ. , la difesa censura l’operato del giudice di rinvio laddove avrebbe trascurato il principio di diritto sul riesame delle prove enunciato nella sentenza delle sezioni unite, omettendo di valutare le prove acquisite agli atti e dimostrative della estraneità dell’avvocato C.R. ai fatti oggetto d’incolpazione. Il motivo è inammissibile laddove non coglie l’effettiva ratio decidendi costituita dall’affermazione specifica pag. 14 che l’avv. C. non ha fornito alcun elemento di prova per contestare la circostanza addebitatagli v. Cass. Sez. U, numero 7931 del 2013 . 7. Pertanto il ricorso deve essere rigettato le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti alle spese del presente giudizio di legittimità, complessivamente liquidate a favore del controricorrente in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per borsuali , oltre alle spese generali 15% e agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del DPR numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.