Non attende l’avvocato della controparte in udienza: violazione del dovere di lealtà

Contravviene ai doveri di lealtà, correttezza e colleganza l’avvocato che, pur avvertito del ritardo incolpevole della controparte all’udienza, dopo un’attesa di appena cinque minuti, chiede al Giudice di dare atto dell’assenza del collega e di trattare la causa fissata per l’escussione delle prove orali avversarie con conseguente decadenza istruttoria . Lo ha stabilito il CNF con la sentenza n. 160/15.

Con sentenza n. 160 dell’11 novembre 2015, il Consiglio Nazionale Forense ha deciso in merito all’obbligo di attendere in udienza l’arrivo del collega avversario. Il caso. Un avvocato propone ricorso avverso la decisione con la quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trento gli aveva inflitto la sanzione disciplinare dell’avvertimento. Nel caso di specie, un altro legale e il rispettivo praticante di uno studio avrebbero dovuto presentarsi presso una sede distaccata del Tribunale di Trento per partecipare ad una udienza istruttoria in una causa che vedeva coinvolta una società cliente dell’esponente. Ma l’improvvisa foratura del pneumatico con a bordo i due, aveva impedito che potessero arrivare in tempo all’udienza citata. Prevedendo dunque il ritardo, l’avvocato coinvolto nell’accaduto aveva contattato la cancelleria affinché venissero avvisati del ritardo il Giudice e il legale della controparte. Tuttavia, correttamente avvertito, il legale aveva chiesto al Giudice che l’udienza avesse egualmente luogo. A seguito di tale episodio, il Consiglio dell’Ordine ha deliberato allora l’apertura del procedimento disciplinare nei confronti del suddetto avvocato, incolpato di aver violato le norme del codice deontologico forense previste dagli artt. 6, 22 e 23, e, in particolar modo, di aver chiesto al Giudice di dare atto dell’assenza del collega, domandando che venisse messo a verbale che il testimone non era ancora presente e di conseguenza che venisse fissata udienza di precisazione delle conclusioni, con ciò venendo meno ai doveri di lealtà, correttezza e colleganza. L’avvocato ricorre adducendo il fatto che la segretaria di cancelleria non avesse fornito un tempo ben precisato circa il ritardo dei colleghi. La richiesta della fissazione della precisazione delle conclusioni. Ma il ricorso è infondato e va rigettato. Il Consiglio dell’Ordine, a giudizio del CNF, ha infatti valutato correttamente il caso, infliggendo la sanzione disciplinare al legale della controparte. Non è infatti indubitabile il fatto che l’avvocato in questione abbia posto in essere una condotta non rispettosa dei doveri di comportamento di cui ai citati articoli del codice deontologico. Egli, infatti, al corrente dell’incidente occorso al difensore della controparte, non ha inteso attendere, se non per l’insignificante lasso di tempo di 5 minuti, chiedendo subito dopo la fissazione della precisazione delle conclusioni, consapevole della circostanza che, in tale modo, ha ottenuto la remissione in termini. Non appare dunque rilevante affermare che l’avvenuta remissione in termini escluda qualsiasi pregiudizio, posto che essa, oltre a non far venir meno la rilevanza disciplinare della condotta dell’avvocato, rappresenta la conferma, come ha correttamente ritenuto il Consiglio dell’Ordine, che l’incolpato avrebbe potuto tenere un contegno diverso senza con ciò mancare ai propri doveri di difesa. Il Consiglio Nazionale Forense rigetta pertanto il ricorso.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 11 novembre 2015, n. 160 Presidente Salazar – Relatore Pasqualin