Per l'Italia la Libia non ha rappresentanti e i conti correnti restano senza operatività

L'Italia si candida a ospitare la conferenza di pace sulla Libia, ma per il Tribunale di Roma la Libia, in Italia, non è rappresentata.

Un paradosso tutto italiano quello che emerge da un contenzioso pendente davanti al Tribunale civile di Roma. C'è un ambasciatore uscente revocato dal governo Libico e un ambasciatore in pectore le cui credenziali, però, appaiono ancora bloccate al Ministero. Ma la questione non è priva di effetti pratici perché, nel frattempo, i conti correnti dello stato libico in Italia devono pur sempre essere gestiti. E così appare impossibile. Ecco allora che l'ambasciatore in pectore nella sua qualità di incaricato di affari ad interim propone un ricorso d'urgenza al Tribunale di Roma chiede che i soldi siano gestiti dall'unico soggetto legittimato e non dal precedente o quantomeno che tutto venga sequestrato. Senonché per il Tribunale di Roma nessuna domanda può essere accolta per il Ministero degli Esteri il ricorrente è soltanto” un ministro consigliere e non un capo missione perché la procedura di accreditamento non sarebbe stata portata a termine. Questa è la parola del Ministero degli Affari esteri. Sulla delicata questione abbiamo sentito Fabio Valerini che ha seguito in qualità di avvocato lo Stato Libico davanti al Tribunale di Roma. Qual è l'effetto dell'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma? L'ordinanza è come se dicesse che in Italia manca qualsiasi rappresentante diplomatico dello Stato Libico. Rimangono tutti i rapporti, ma senza un capo missione che li possa gestire. Da un lato, infatti, il Tribunale ha riconosciuto la revoca del precedente ambasciatore ma dall'altro lato non ha riconosciuto la legittimazione del nuovo incaricato di affari ad interim nominato dal governo libico. Con la conseguenza che in Italia sembrerebbe come se tutto dovesse essere congelato” in attesa di una qualche decisione del Ministero degli Esteri. Ma è corretta la decisione del Tribunale, uno Stato può restare senza rappresentanti? No, la decisione non è corretta e si risolve in una lesione della sovranità libica e per questo stiamo preparando il reclamo. Il Ministero degli affari esteri non aveva alcuna discrezionalità, non poteva non dare seguito alla nomina in qualità di incaricato di affari ad interim del rappresentante libico. Se volesse potrebbe chiudere i rapporti diplomatici con la Libia ma non lasciare la Libia senza incaricato di affari. Siamo forse in presenza di un incidente diplomatico? Se la decisione fosse confermata e nelle more il Ministero non completasse tutte le procedure, temo che la situazione possa rappresentare un punto di attrito tra Italia e la Libia. In fondo siamo in presenza di una violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche la revoca di un ambasciatore e la nomina di un incaricato di affari ad interim non ammettono nessuno spazio di discrezionalità dello stato accreditatario nel nostro caso l'Italia . Se così non fosse lo Stato potrebbe rimanere senza la possibilità di esercitare alcun diritto relativamente ai propri rapporti come, ad esempio, i conti correnti. Abbiamo sentito anche il dottor Alawami incaricato di affari e papabile vice primo ministro in Libia il quale ha dichiarato non smetterò mai di rivendicare tutte le prerogative della sovranità libica finché sarò l'unico rappresentante del Parlamento e del Governo Libico in Italia .

Tribunale di Roma, ordinanza 7 dicembre 2015 Giudice Sacco Osserva Che può essere omessa la ricostruzione della vicenda poiché i fatti, peraltro documentati, sono ben noti alle parti e, quantomeno nella loro materialità, sostanzialmente incontestati che, nella specie, non si pongono questioni di immunità dalla Giurisdizione Italiana poiché il funzionario diplomatico che ha ritenuto di agire in rappresentanza dello Stato di Libia ha egli stesso sollecitato così implicitamente accettandola la Giurisdizione Italiana sulla controversia in esame che non si pongono questioni sulla titolarità dei conti accesi dallo Stato di Libia, per il tramite della propria ambasciata in Italia, presso la resistente Banca UBAE spa, avendo lo stesso istituto bancario espressamente riconosciuto l'appartenenza di tutti i conti indicati in ricorso all'entità statale che ha promosso il giudizio che, nello specifico, difetta nella persona del signor dottor A. M. Al. la qualifica idonea a consentire allo stesso di agire, in rappresentanza dello Stato di Libia, sui conti bancari in parola che, fermo restando il potere di ogni Stato sovrano di revocare dalla qualifica e dall'incarico il proprio personale diplomatico in missione all'estero, rimane la nomina di nuovi o diversi agenti diplomatici che, in relazione alla concreta vicenda in esame, gli esiti della procedura di accreditamento del signor dottor A. M. Al. possono essere desunti esclusivamente dalle comunicazioni ufficiali del Ministero degli Affari Esteri che il peculiare potere attribuito sul punto al Ministero degli Affari Esteri è esercitato dal Ministero stesso esclusivamente sulla base di valutazioni di opportunità politica che il Giudicante, in ragione della specificità delle vicende, delle convenzioni e delle prassi diplomatiche, ha richiesto, ai sensi dell'articolo 213 cpc, i necessari elementi informativi al Ministero degli Affari Esteri con le ordinanze rese nelle udienze del 3 giugno 2015 e dell 6luglio 2015 che il Ministero degli Affari Esteri, con la nota 1512/129914 del 17 giugno 2015, a firma del Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, Ambasciatore R. G., ha comunicato di avere avuto notizia della nomina del sig. Al Al. in qualità di incaricato d'affari dell'Ambasciata di Libia a Roma, con revoca contestuale del/ 'Ambasciatore S Alla menzionata comunicazione non è stato ancora dato seguito che il Ministero degli Affari Esteri, con la nota 166080 del 31 luglio 2015, a firma del Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, Ambasciatore R. G., ha comunicato che la nomina del Dott. Al Al. è stata accettata da parte italiana solo in qualità di Agente Diplomatico, con il grado di Ministro Consigliere, e non già di Incaricato d'Affari ai senso del/ 'art. 19 della Convenzione di Vienna de/1961, mancandone peraltro i presupposti'' che i l Ministero degli Affari Esteri, ancora con la nota 166080 del 31 luglio 2015, a firma del Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, Ambasciatore R. G., ha ribadito l 'assunto così esprimendosi non rivestendo il Dott. Al Al. la posizione di Incaricato d'Affari . si veda in proposito il periodo finale alla pagina 2 della nota Ministero e non di Capo di Stato che, in ragione di quanto precede e stanti le esclusive competenze del Ministero degli Affari Esteri sul punto, al signor dottor A. M. Al. non può essere riconosciuta la qualifica di incaricato d'affari dello Stato di Libia accreditato in Italia, non risultando positivamente conclusa la relativa procedura che, ferme e impregiudicate le posizioni istituzionali del signor dottor A. M. Al. all'interno della struttura amministrativo-diplomatica dello Stato di Libia, non può essere in questa sede riconosciuto allo stesso il potere di rappresentanza ai fini dell'accesso ai conti bancari in causa, stante l'accertata carenza in capo allo stesso della qualifica di incaricato d'affari accreditato che la resistente Banca UBAE spa legittimamente ha rifiutato al signor dottor A. M. Al. l'accesso ai conti bancari accesi dallo Stato di Libia, per il tramite della propria ambasciata in Italia, non potendosi riconoscergli, in difetto di accreditamento, la qualità di capo della missione diplomatica che la Banca resistente, a conferma della correttezza del suo operato, ha per due volte allegati 4 e 8 del fascicolo resistente sollecitato, senza che risultino risposte, il Ministero degli Affari Esteri a chiarire formalmente la situazione del signor dottor A. M. Al. che il Ministero degli Affari Esteri, per quanto risulta dagli atti processuali, si è espresso sulla vicenda esclusivamente con le richiamate note, rese in risposta alle specifiche richieste formulate ai sensi dell'articolo 213 cpc che, come già detto, neppure si pongono questioni sulla titolarità dei conti essendo pacifico che gli stessi siano riferibili allo Stato di Libia che difettano, pertanto, sia il fumus boni juris, sia il periculum in mora che il ricorso deve essere, in conseguenza, rigettato sia in relazione alla domanda urgente, sia in relazione alla domanda di sequestro dell'assoluta peculiarità della vicenda e della complessità delle sottese questioni giuridiche. P.Q.M. 1 rigetta il ricorso 2 compensa integralmente le spese processuali fra le parti 3 manda la Cancelleria per le comunicazioni di rito alle parti costituite.