Nessun mandato di patrocinio dal liquidatore all’avvocato: il compenso è un credito funzionale alla procedura

Obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l’opera professionale richiesta, se ed in quanto la stessa sia svolta, non è necessariamente chi ha rilasciato la procura alla lite, potendo anche essere chi ha affidato al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell’interesse di un terzo.

È quanto ribadito dalla Cassazione con la sentenza n. 23626/15, depositata il 18 novembre. Il caso. Un avvocato ricorre per cassazione avverso il provvedimento con il quale il Tribunale aveva rigettato il suo reclamo attraverso il decreto di diniego di liquidazione di compenso emesso dal giudice delegato al concordato preventivo con cessione dei beni di una s.p.a. in liquidazione. Il Tribunale aveva, infatti, ritenuto che - in assenza di un incarico formalmente conferito al professionista dal liquidatore giudiziale in riferimento ad un processo cui la procedura era rimasta estranea - il procedimento di liquidazione giudiziale del compenso al ricorrente non fosse quello di cui all’art. 25, n. 7, l. fall Al professionista non era stato conferito un mandato di patrocinio dal liquidatore giudiziale. Vero, secondo gli Ermellini, che obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l’opera professionale richiesta, se ed in quanto la stessa sia svolta, non è necessariamente chi ha rilasciato la procura alla lite, potendo anche essere chi ha affidato al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell’interesse di un terzo – ipotesi in cui si instaurerebbe, secondo il Palazzaccio, un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato ma da chi ha richiesto per lui l’opera professionale . Tuttavia, precisano da Piazza Cavour, i giudici di merito non hanno negato validità a tale principio, ma hanno escluso che in concreto vi fosse stato un mandato di patrocinio tra il liquidatore giudiziale e il ricorrente il Tribunale si è limitato ad affermare che, in assenza di formale incarico professionale conferito dal liquidatore giudiziale, il credito non poteva essere azionato attraverso la richiesta di liquidazione di compensi ex art. 25 l. fall., ai sensi del quale il giudice delegato liquida i compensi alle persona la cui opera è stata richiesta dal liquidatore giudiziale nell’interesse della procedura. Si tratta, quindi, conclude il Supremo Collegio, di un rapporto che il Tribunale ha implicitamente richiamato alla qualità di credito funzionale alla procedura ex art. 111 l. fall. , affermandone la natura di credito non della procedura ma della società ammessa al concordato. Per questi motivi, il ricorso in esame è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 ottobre – 18 novembre 2015, n. 23626 Presidente Forte – Relatore Didone Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1.- L'avv. C.A. ricorre per cassazione, formulando due motivi, contro il decreto del Tribunale di Roma con il quale è stato rigettato il suo reclamo avverso il decreto di diniego di liquidazione di compenso emesso il 6 giugno 2011 dal giudice delegato al concordato preventivo con cessione dei beni della Agricap s.p.a. in liquidazione. Ha osservato il tribunale che con il reclamo il ricorrente assumeva di avere ricevuto dal liquidatore giudiziale dei beni di tale società l'incarico di difendere la stessa in un giudizio definito con sentenza di improcedibilità. Sennonché, alla luce del contenuto degli atti e documenti depositati dal reclamante, si evinceva che le domande introduttive fra le quali una domanda di condanna del processo di cognizione definito con la sentenza sopra richiamata vennero proposte nei confronti della sola Agricap s.p.a. in liquidazione il liquidatore giudiziale dei beni di tale società non venne chiamato neppure per ordine del giudice ex art. 102, secondo comma, c.p.c., a partecipare al processo, né comunque in esso intervenne volontariamente il liquidatore giudiziale al tempo, T.M. non conferì alcun mandato specifico all'avvocato C. per la difesa dello procedura concordatizia in tale processo con note del 5 e del 26 maggio 2011, lo stesso T.M. ha espressamente dichiarato al giudice delegato alla procedura che l'incarico difensivo non era stato da lui conferito, essendo stato dato allo stesso dal liquidatore volontario della società, dal momento che la procedura non era stata evocata in giudizio la società si costituì in persona del relativo liquidatore nominato dai relativi soci all'epoca P.M. , che all'avvocato C. aveva rilasciato procura speciale alla lite, eccependo l'inammissibilità della domanda di condanna sul rilievo della concorrente legittimazione necessaria del liquidatore giudiziario dei beni tale impostazione difensiva è stata fatta propria da giudice del merito di quella lite cui il liquidatore giudiziale restò estraneo perché non chiamato a parteciparvi dagli attori e neppure in esso volontariamente intervenuto . Secondo il tribunale non era in discussione l'utilità per la procedura dell'opera professionale prestata dall'avvocato C. in quel processo come espressamente evidenziato dal liquidatore giudiziale T. nelle sopra richiamate note dirette al giudice delegato , ma solo se, in assenza di incarico formalmente conferito a tale professionista dal liquidatore giudiziale in riferimento a processo cui la procedura è rimasta estranea, il procedimento di liquidazione giudiziale del compenso a tale professionista la cui misura non venne espressamente pattuita ” fosse quello di cui all'art. 25, n. 7 , l. fall. A tale quesito andava data risposta negativa in quanto, ferma restando, nel caso di specie, la non necessità di autorizzazione del giudice delegato al liquidatore giudiziale per resistere alla domanda di condanna in discussione in quel processo, in quanto atto non eccedente l'ordinaria amministrazione ex art. 167 l. fall. cfr. Cass. 30 luglio 2009, n. 17748 , il liquidatore giudiziale rimase estraneo al processo medesimo sì che il giudice delegato non aveva il potere di liquidare il compenso a professionista non nominato da tale organo della procedura per l'opera prestata in processo in cui questa era rimasta estranea. 2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1703 e 1709 c.c. deducendo che il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il liquidatore giudiziale non avesse conferito incarico al professionista. Il tribunale, deduce, non avrebbe colto la differenza tra mandato sostanziale e patrocinio. Il liquidatore avrebbe inviato una missiva alla società precisando che gli oneri della vertenza saranno . a carico della procedura di c.p. . Richiama Cass., n. 25816/2011. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 182 e 185 l. fall La prima norma sarebbe stata erroneamente richiamata dal tribunale mentre in forza delle altre due il liquidatore, pur rimasto estraneo al giudizio, avendo conferito il mandato sostanziale al ricorrente, aveva accollato i costi della difesa alla procedura. 3.- Entrambi i motivi di ricorso - esaminabili congiuntamente - sono infondati. È vero, infatti, che obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l'opera professionale richiesta, se ed in quanto la stessa sia stata svolta, non è necessariamente colui che ha rilasciato la procura alla lite, potendo anche essere colui che abbia affidato al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell'interesse di un terzo, instaurandosi in tale ipotesi, collateralmente al rapporto con la parte che abbia rilasciato la procura ad ad litem , un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato ma da chi ha richiesto per lui l'opera professionale Sez. 2, Sentenza n. 25816 del 2011 . Sennonché, i giudici del merito non hanno negato la validità di tale principio bensì hanno escluso che in concreto vi fosse stato un mandato di patrocinio tra il liquidatore giudiziale e il ricorrente. Accertamento in fatto neppure ritualmente censurato con la deduzione di un vizio di motivazione né superabile da questa Corte con l'accesso ai documenti prodotti dal ricorrente per i noti limiti del giudizio di legittimità che, se fosse stata negata circostanza risultante dagli atti si tratterebbe di errore revocatorio non deducibile in questa sede . Peraltro, il tribunale si è limitato ad affermare che, in assenza di formale incarico professionale conferito dal liquidatore giudiziale, il credito non poteva essere azionato attraverso la richiesta di liquidazione di compensi ex art. 25 l. fall Proprio richiamando l'art. 167 l. fall., e affermando che in virtù di tale norma non era inibito alla società di resistere in giudizio nominando il proprio difensore, il tribunale ha confermato il giudizio negativo circa l'applicabilità del procedimento attivato dal ricorrente. Invero, l'art. 25 l. fall. - calato nel procedimento di concordato e nella fase di liquidazione - prevede che il giudice delegato liquida i compensi . alle persone la cui opera è stata richiesta” dal liquidatore giudiziale nell'interesse della procedura. Diverso è il rapporto che si instaura, invece, con il debitore ammesso alla procedura, regolato dall'art. 167 l. fall., quanto alle necessarie autorizzazioni necessità nella specie correttamente esclusa dal tribunale e alla qualità del credito sorto dalle prestazioni. A proposito del quale il tribunale, riconoscendo espressamente l'utilità per la procedura dell'opera professionale prestata”, ha implicitamente richiamato la qualità di credito funzionale alla procedura ex art. 111 l. fall., nuovo testo, così pure implicitamente perché la pronuncia atteneva alla non applicabilità del procedimento di liquidazione ex art. 25 l. fall. affermandone la natura di credito non della procedura ma della società ammessa al concordato per la natura di tale credito, anche secondo le norme previgenti, cfr. Cass. 18 aprile 2013, n. 9489 e Cass. 8 aprile 2013, n. 8533 . Il ricorso, dunque, deve essere rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.