Valutare ex ante l'incidenza causale dell'errore per configurare la responsabilità dell'avvocato

In tema di responsabilità civile dell'avvocato, l'inadempimento non assume rilievo di per sé assorbente, giacché occorre dare evidenza al nesso eziologico tra condotta negligente/imperita e danno, tramite una valutazione positiva compiuta ex ante alla luce della regola causale di funzione del più probabile che non , per cui, a fronte del comportamento dovuto, il cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni o, comunque, effetti più vantaggiosi.

Così si è espressa la Corte di Cassazione, sezione III civile nella sentenza n. 23209 depositata il 13 novembre 2015. Il caso. La vicenda riguarda un'asserita ipotesi di responsabilità professionale di un avvocato che non aveva adeguatamente assistito i propri clienti in una procedura di pignoramento presso terzi nei confronti di una società fiduciaria. In particolare risultava respinta la richiesta di accertamento dell'obbligo del terzo per carenza di prove di cui era onerata la parte attrice. Questa era infatti decaduta dalla facoltà di proporre richieste istruttorie, compresa l'istanza di esibizione svolta tardivamente. I clienti dell'avvocato venivano così condannati al pagamento delle spese del giudizio. Il legale, ritenendo sussistente la propria responsabilità professionale, denunciava il sinistro all’assicurazione la quale però proponeva il rimborso solo di un terzo delle spese legali. Convenuta in giudizio l'assicurazione, il Tribunale rigettava la pretesa dell'avvocato non ritenendo sussistente alcun errore professionale. Mancava infatti la prova che una diversa attività dell'avvocato avrebbe condotto a un risultato positivo per il cliente. La sentenza veniva confermata dalla Corte d'Appello e l'avvocato ricorreva in Cassazione. La decisione della Corte. Anche la Cassazione conferma le decisioni di merito respingendo il ricorso promosso dall'avvocato. In primo luogo è bene ricordare che il legale si obbliga a compiere la propria prestazione professionale, ottemperando ai doveri di correttezza e diligenza richiesti dall’art. 1176, comma 2, c.c Egli tuttavia assume su di sé un’obbligazione di mezzi non di risultato e non può essere responsabile se semplicemente il proprio cliente non raggiunge il risultato sperato. Nel caso di specie gli Ermellini si rifanno al costante orientamento giurisprudenziale in base al quale la responsabilità professionale del legale non sorge in occasione di qualsiasi inadempimento in sé, ma solo se si evidenzia un nesso causale tra la condotta negligente e il danno subito dal cliente. La valutazione da compiere in tale caso è una prognosi ex ante , secondo il principio probabilistico del più probabile che non . Si deve dunque operare un'astrazione mentale e immaginare la sequenza degli avvenimenti inserendo la condotta non tenuta invece da tenere o eliminando quella effettuata invece da non tenere e verificare se ex ante il cliente avrebbe conseguito il risultato sperato o comunque effetti più vantaggiosi. In sostanza la responsabilità dell’avvocato per negligente svolgimento dell'attività professionale sussiste solo qualora il danneggiato dimostri, in termini probabilistici, che, senza la negligenza e/o l'imperizia del legale, il risultato sarebbe stato conseguito in tal senso Cassazione 10/12/2012 n. 22376 . Nella fattispecie in esame l'avvocato affermava di aver intrapreso un'azione esecutiva nelle forme del pignoramento presso terzi nei confronti dell'istituto fiduciario per quote di società allo stesso formalmente intestate su mandato del fiduciante. Sosteneva altresì che tale procedura avrebbe portato ad un risultato positivo se avesse svolto tempestivamente istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. della documentazione relativa all'intestazione fiduciaria delle quote di s.r.l In questo sarebbe consistito l'asserito errore professionale l'avvocato non aveva svolto nei termini la propria istanza. In realtà la Cassazione condivide la decisione di merito nella parte in cui afferma che, anche se formulata nei termini, l'istanza ex art. 210 c.p.c. non avrebbe potuto portare ad alcun risultato utile per il suo cliente. In primo luogo infatti la richiesta era stata presentata in modo del tutto generico, non avendo adeguatamente precisato l'oggetto della stessa. Essa quindi non avrebbe potuto essere accolta, nemmeno se fosse stata depositata in tempo. L'art. 94 disp. att. c.p.c. infatti prevede che l'istanza deve contenere la specifica indicazione del documento o della cosa da esibire, al fine di rendere possibile al giudice l'indagine sulla rilevanza del mezzo istruttorio. Ciò è previsto per evitare richieste meramente esplorative che trasformino l’istituto ex art. 210 c.p.c. in uno strumento per ricercare tra i documenti in possesso della controparte le prove a sostegno delle proprie pretese. E' dunque fondamentale indicare il contenuto del documento di cui si chiede l'esibizione e specificare altresì i fatti da dimostrare. In altre parole, come insegna la giurisprudenza costante della Suprema Corte, l'ordine di esibizione può pronunciarsi solo con riguardo a documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto un preciso contenuto, determinante ai fini della decisione della causa così Cassazione 13072/2003 e Cassazione 10916/2003 . Sotto altro profilo l'esecuzione forzata avrebbe dovuto essere proposta nelle forme di cui all'art. 2471 c.c., cioè con la notifica del pignoramento al debitore e alla società e con successiva iscrizione nel registro delle imprese. In conclusione, la tempestività o meno dell'istanza ex art. 210 c.p.c. era irrilevante per il riconoscimento delle pretese del cliente dell'avvocato e quindi l' errore invocato era privo di incidenza causale nei termini sopra esposti. Il motivo sollevato dal ricorrente non può dunque trovare accoglimento e il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 settembre – 13 novembre 2015, n. 23209 Presidente Chiarini – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - Con atto di citazione del 17 febbraio 2009, l'avv. B.P. evocò in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, la Milano Assicurazioni S.p.A., affinché venisse accertato e dichiarato che, ai sensi dell'art. 1917 cod. civ. e dell'art. 3.1. della polizza assicurativa stipulata tra essa attrice e la predetta Compagnia di assicurazione per la copertura dei rischi connessi all'esercizio dell'attività professionale, la convenuta fosse obbligata a tenere indenne l'assicurata di quanto dalla stessa corrisposto in conseguenza della sentenza n. 4235 del 19 giugno 2007 del Tribunale di Torino, pronunciata durante il tempo dell'assicurazione. A sostegno della domanda l'attrice dedusse che, con la predetta sentenza, il Tribunale aveva rigettato le domande proposte da S.R. e V.F. , rappresentati e difesi da essa avv. B. , nei confronti del debitore M.G. e dei terzi pignorati Banca Intesa Sanpaolo, Banca del Piemonte S.p.A. ed Istituto Fiduciario Piemontese s.r.l., nell'ambito del giudizio per l'accertamento dell'obbligo di detti terzi, disposto a seguito delle contestazioni degli attori alle dichiarazioni negative da costoro provenienti che la decisione di rigetto del Tribunale si fondava sulla mancanza di prova di cui era onerata la parte attrice, essendo la stessa decaduta dalla facoltà di proporre istanze istruttorie, né potendo essere l'esibizione disposta ex officio che gli attori venivano, conseguentemente, condannati al pagamento delle spese di lite in favore dei convenuti per complessivi Euro 12.568,63 che il 28 gennaio 2008 essa attrice, ritenendo sussistente l'errore professionale in cui era incorsa, denunciava il sinistro alla propria assicurazione, la quale inviava proposta di rimborso per un importo pari ad un terzo soltanto delle anzidetto spese legali che, dunque, trattandosi di proposta contraria alla polizza assicurativa, essa B. , fornita alla cliente la provvista per il pagamento delle spese legali, agiva in giudizio per essere integralmente indennizzata dalla Milano Assicurazioni S.p.A 1.1. - Nel contraddittorio con la Milano Assicurazioni S.p.A., l'adito Tribunale, con sentenza dell'8 marzo 2011, rigettò la domanda attorea, compensando interamente le spese di lite. Ciò sul presupposto che, nonostante l'errore professionale in cui probabilmente era incorso l'avv. B. per non aver tempestivamente formulato le istanze istruttorie, era mancata, per potersi affermare l'operatività della stipulata polizza assicurativa per la responsabilità civile, la dimostrazione che una diversa attività del difensore avrebbe potuto dar luogo ad una differente e più favorevole decisione per i clienti. A tal riguardo, il giudice di primo grado precisava che l'attrice non aveva neppure allegato che i suoi clienti, in ipotesi di corrette deduzioni istruttorie, avrebbero potuto ottenere un risultato positivo nella causa , là dove avrebbe invece dovuto dimostrare che era in condizioni di dedurre prove orali o produrre documenti e che, soprattutto, quei documenti e quelle prove sarebbero stati probabilmente determinanti per l'accoglimento della domanda . Né, peraltro, la compagnia di assicurazioni - soggiungeva il Tribunale -poteva essere condannata al pagamento della somma offerta con la proposta di accordo transattivo, in quanto non perfezionatosi. 2. - Avverso tale sentenza interponeva gravame in via principale l'avv. B.P. , nonché in via incidentale - sul capo della compensazione delle spese di lite - la Milano Assicurazioni S.p.A., che la Corte di appello di Torino, con sentenza resa pubblica il 22 maggio 2012, rigettava entrambi , ponendo a carico dell'appellante principale i tre quarti delle spese del grado, compensando il restante quarto. 2.1. - Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale - ritenuta l'inammissibilità dell'appello in riferimento ai capi di sentenza che si riferivano alle posizioni dei terzi pignorati, Banca Intesa e Banca del Piemonte, giacché non fatti oggetto di impugnazione, e ritenuta passata in giudicato la ratio decidendi della sentenza di primo grado in ordine alla necessità che l'avvocato desse prova non solo dell'errore professionale, ma anche della probabilità di una diversa e più favorevole decisione, in forza di una differente attività difensiva -osservava, quanto al capo di sentenza concernente la posizione dell'Istituto Fiduciario Piemontese, che non era stato dimostrato alcun errore professionale che potesse consentire l'indennizzo assicurativo. Difatti, l'istanza di ordine di esibizione non avrebbe potuto essere accolta dal Giudice, per le ragioni esposte in sentenza , né aveva l'appellante spiegato quale fosse l'oggetto della richiesta di esibizione, là dove, in ogni caso, il pignoramento di quote di una s.r.l. andava eseguito, a decorrere dall'anno 2003, ex art. 2471 cod. civ., mediante notificazione al debitore e alla società e non con le forme del pignoramento presso terzi, cosi come realizzato nella specie. La Corte di appello concludeva, pertanto, che, nel processo concluso con la sentenza del Tribunale di Torino n. 4235/2007, i clienti dell'avv. B. non avrebbero potuto ottenere nessun utile risultato nei confronti del debitore M. . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'avv. B.P. , affidando le sorti dell'impugnazione ad un unico motivo. Non ha svolto attività difensiva, in questa sede, l'intimata Milano Assicurazioni S.p.A Considerato in diritto 1. - Con. l'unico mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 543 e 258 cod. proc. civ., nonché denunciato, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione. La ricorrente non contesta la statuizione di inammissibilità dell'appello in riferimento alle posizioni di Banca Intesa e di Banca del Piemonte, assumendo l'erroneità della sentenza impugnata unicamente in relazione alla posizione riconducibile all'Istituto Fiduciario Piemontese. A tale specifico riguardo si sostiene che, in presenza di mandato fiduciario, la proprietà dei beni intestati al mandatario spetta al mandante anche se la titolarità formale è in capo al fiduciario, con la conseguenza che i beni intestati a quest'ultimo possono essere aggrediti dai creditori dei fiducianti e ciò mediante pignoramento presso terzi, utilizzabile ogniqualvolta il terzo è titolare di una situazione soggettiva avente ad oggetto la res , idonea a limitare la disponibilità di essa da parte del debitore. Pertanto, atteso che la procedura di pignoramento presso terzi era stata correttamente instaurata nei confronti del terzo Istituto Fiduciario Piemontese, il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo avrebbe potuto avere un esito diverso e più favorevole al cliente ove il difensore avesse richiesto tempestivamente l'ordine di esibizione della documentazione relativa alle quote di s.r.l. intestate fiduciariamente al terzo pignorato istanza che, peraltro, era stata respinta proprio perché tardiva e non generica. Del resto, la stessa compagnia di assicurazione convenuta, nell'offrire un importo pari al terzo delle spese legali, avrebbe riconosciuto che sulla posizione dell'Istituto Fiduciario Piemontese vi era stato l'errore professionale del difensore. Infine, la liquidazione delle spese di giudizio di primo e secondo grado avrebbe dovuto seguire la soccombenza, anche alla luce della posizione assunta da essa avv. B. , che, in sede di udienza ex art. 185 cod. proc. civ., aveva avanzato proposta di chiusura per l'importo di Euro 4.730,00, a fronte della quale la Milano Assicurazioni aveva opposto netto rifiuto. 2. - Il motivo non può trovare accoglimento. 2.1. - La sentenza impugnata, in armonia con la giurisprudenza di questa Corte in materia di responsabilità civile dell'avvocato cfr., tra le altre, Cass., 7 agosto 2002, n. 11901 Cass., 5 febbraio 2013, n. 2638 , muove dal presupposto che l'inadempimento non assuma rilievo di per sé assorbente, giacché occorre dare invece evidenza al nesso eziologico tra condotta negligente/imperita e danno, tramite una valutazione positiva, compiuta ex ante alla luce della regola causale di funzione del più probabile che non , per cui, a fronte del comportamento dovuto, il cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni o, comunque, effetti più vantaggiosi. Tanto premesso, il giudice di appello ha, quindi, valorizzato, anzitutto, la ratio decidendi della sentenza di primo grado, là dove questa ha posto in risalto la sostanziale carenza di allegazione in punto di deduzioni istruttorie volte a dimostrare il probabile raggiungimento di un risultato positivo nella causa di accertamento dell'obbligo del terzo, altresì precisando - la stessa Corte territoriale - che l'istanza di esibizione cui l'appellante faceva riferimento nei motivi di gravame indicando la sentenza del Tribunale di Torino del 19 giugno 2007, che riportava quanto dichiarato dall'Istituto Fiduciario Piemontese sul possesso di quote di una s.r.l. , nonché una lettera della direzione sinistri della Milano Assicurazioni nella quale si ricordava che detto Istituto aveva dichiarato di essere in possesso di quote di s.r.l. intestate al Sigr. M. era generica, mancando di precisare l'oggetto della richiesta . La Corte piemontese ha, per altro verso, evidenziato che i clienti dell'avv. B. non avrebbero, comunque, conseguito alcun risultato positivo nella causa di accertamento dell'obbligo del terzo e ciò anche perché il pignoramento era stato eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi e non nelle forme di cui all'art. 2471-bis cod. civ., come avrebbe dovuto essere a decorrere dall'anno 2003. 2.2. - La ricorrente, mentre si è soffermata a censurare segnatamente, in diritto questa seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, ha, invece, sviluppato doglianze del tutto generiche e non concludenti avverso la prima, e sopra illustrata, ragione giustificativa della decisione, mancando di precisare, anche in ossequio all'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il tenore degli atti e delle difese nel giudizio di primo grado dai quali risulterebbero puntualizzate le richieste istruttorie e i contenuti propri dell'istanza di esibizione che avrebbe dovuto proporre tempestivamente nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo e quale decisività avrebbero avuto ai fini del probabile esito positivo della causa. Genericità della censura, questa, ancor più significativa a fronte del fatto che la stessa Corte territoriale fa mostra, nella sentenza impugnata, di aver apprezzato i documenti su cui si sarebbe in ipotesi fondata l'istanza di esibizione e di averlo fatto concludendo comunque in termini di genericità, quale apprezzamento in sé non adeguatamente censurato. Sicché, una volta cadute le doglianze avverso la esaminata ratio decidendi , che autonomamente sorregge la decisione, le censure che attengono alla ragione decisoria inerente al rilievo attribuito alla disciplina di cui all'art. 2471 cod. civ. sono inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività dell'altra ratio , alla cassazione della sentenza impugnata tra le tante, Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108 . 2.3. - Di qui, pertanto, anche l'inammissibilità dell'ulteriore profilo di doglianza che fa leva sull'asserito riconoscimento dell'errore professionale da parte della compagnia di assicurazioni, non senza tener conto anche a prescindere dalle circostanze del mancato raggiungimento dell'accordo transattivo e dell'effettivo atteggiamento di contrasto assunto dalla Milano Assicurazioni nel giudizio di merito , che con esso erroneamente si da rilievo al solo aspetto dell'inadempimento del professionista, senza investire quello del nesso eziologico con il danno, secondo la prospettiva innanzi rammentata. 2.3. - Quanto, infine, al profilo di censura che attiene alla liquidazione delle spese, è sufficiente osservare che, oltre a non essere dedotto sotto alcuno dei vizi denunciabili ex art. 360 cod. proc. civ., esso, comunque, è privo di concludenza, giacché la ricorrente invoca il principio della soccombenza a fronte, però, della sua stessa soccombenza in entrambi i gradi di merito. Né, peraltro, può a tal fine giovare il mero richiamo all'accordo conciliativo non perfezionatosi, posto, altresì, che la comunque non evocata norma dell'art. 91 cod. proc. civ. novellata ad opera dell'art. 45 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e al di là del fatto che la stessa disposizione opera sul presupposto di un parziale accoglimento della domanda, nella specie insussistente , in ogni caso non poteva, ratione temporis , trovare applicazione nella presente controversia, poiché, in base all'art. 58 della stessa legge citata, resa operativa soltanto nei giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. 3. - Il ricorso va, dunque, rigettato. In assenza di attività difensiva in questa sede da parte della intimata Milano Assicurazioni S.p.A., nulla è da disporsi in punto di regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.