Ridotto il compenso all'avvocato che sbaglia il giudice da adire

Sussiste la colpa professionale dell'avvocato che radichi il giudizio avanti il giudice ordinario anziché avanti il Tribunale regionale delle acque pubbliche, allorquando vi erano sul punto plurime decisioni conformi della Cassazione.

Conseguentemente la sez. II della Cassazione Civile ha rigettato il ricorso presentato dal professionista, con la sentenza n. 16364, depositata il 4 agosto 2015. La vicenda. L'avvocato conveniva in giudizio i suoi ex assistiti, richiedendo il pagamento de propri compensi per l'attività professionale prestata a loro favore, riguardo ai giudizi promossi innanzi alla Corte di appello e al Tribunale Regionale della Acque Pubbliche relativamente all'opposizione alla stima e al risarcimento per appropriazione acquisitiva in dipendenza dell'esecuzione di un'opera idraulica. I convenuti resistevano motivando il mancato pagamento con la carenza di diligenza che avrebbe dimostrato il professionista. Il Tribunale accoglieva la domanda, seppur riducendone l'importo. Nel successivo giudizio d'appello proposto dai convenuti di primo grado, la Corte territoriale riduceva ulteriormente, e nella misura del 70%, la somma dovuta come compenso professionale, riconoscendo l'assenza di diligenza dell'avvocato per quanto concerne l'attività svolta dalla proposizione della domanda avanti la Corte d'appello e fino alla definiva pronuncia di incompetenza della Cassazione. Secondo il giudizio della Corte d'appello, infatti, al momento della proposizione della domanda di primo grado era assolutamente pacifico” il principio secondo cui la competenza per il caso di specie fosse del Tribunale della Acque Pubbliche. L'avvocato ha proposto quindi il ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado, affermando da un lato che la questione della competenza non sarebbe stata affatto pacifica, al tempo, e dall'altro che la natura idraulica dell'opera pubblica dalla cui esecuzione erano scaturite le richieste risarcitorie sostenute dal professionista sarebbe emersa solo nel corso del giudizio. I plurimi precedenti conformi escludono la complessità della questione. La Seconda Sezione respinge il ricorso con motivazione peraltro alquanto sintetica, in parte pronunciando l'inammissibilità del ricorso per l'omissione della chiara e sintetica esposizione dei fatti, non essendo sufficiente a tal fine la mera riproduzione all'interno del ricorso degli atti e della sentenza di appello e per il resto respingendo la tesi, sostenuta dal ricorrente, che si trattasse di una questione giuridica [quella della competenza] complessa. Gli Ermellini ricordano, infatti, come già dal 1964 Cass. n. 1488/1964 la Suprema Corte si fosse pronunciata sul punto. Nemmeno l'argomentazione secondo cui gli argomenti decisivi per la competenza sarebbero emersi nel corso del giudizio è stata accolta, dal momento che per la Cassazione la questione, nei termini sufficienti alla sua soluzione, risultava già correttamente e sufficientemente esposta negli atti posti in essere dal professionista .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 gennaio – 4 agosto 2015, n. 16364 Presidente Bucciante – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. L'avv. A.A. impugna la sentenza della Corte di Appello di Napoli, depositata il 05.05.08, non notificata, che ha accolto l'appello avverso la sentenza del Tribunale di Benevento, che aveva sostanzialmente accolto la sua domanda nei confronti di Vi.Cl. e V.C. . 2. Il ricorrente precisa di aver convenuto in giudizio, l'11.07.2002, innanzi al Tribunale di Benevento, Sezione Distaccata di Guardia Sanframondi, i signori Vi.Cl. e V.C. per ottenerne il pagamento della somma di Euro 6.961,71, oltre accessori, dovuta per competenze per l'attività professionale svolta con i giudizi promossi contro l'Agenzia per la Promozione e lo Sviluppo del Mezzogiorno innanzi alla Corte di Appello di Napoli e al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli. 2.1- I convenuti contestavano la pretesa, non essendo dovuto il compenso in ragione della carenza di diligenza dimostrata nell'espletamento dell'attività. Deceduto V.C. , il processo veniva proseguito nei confronti dei suoi eredi, D.M.C. , V.S. , V.A. . 2.2 - Con sentenza n. 22/05 emessa in data 08.03.05 il Giudice Unico del Tribunale di Benevento, Sezione Distaccata di Guardia Sanframondi, accoglieva in parte la domanda e condannava i convenuti al pagamento della somma di Euro. 5.085,36 oltre accessori, compensando per la metà le spese del giudizio. 3. La Corte territoriale, adita dai signori D. - V. per lamentare il mancato riconoscimento della colpa professionale dell'Avv. A.A. , accoglieva in parte l'impugnazione, riducendo l'importo dovuto a Euro 1.427,51, riconoscendo l'assenza di diligenza del professionista per tutta l'attività svolta dalla proposizione della domanda 2 dicembre 1989 sino alla pronuncia di incompetenza resa dalla Carte di cassazione nel giugno-agosto 1992, posto che al momento della proposizione, da parte del difensore in parola, della domanda dinanzi alla Corte di appello quale giudice di primo grado sia con riguardo all'opposizione alla stima, che alla pretesa moratoria per appropriazione acquisitiva in dipendenza dell'esecuzione dell'opera pubblica dianzi indicata, era assolutamente pacifico il principio secondo cui la competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche, prevista dalla lett. d del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 copre tutta la gamma delle spettanze indennitarie derivanti da occupazione totale o parziale, permanente o temporanea, di un fondo, effettuata per la costruzione o la manutenzione di un'opera idraulica, senza che sia possibile distinguere tra occupazioni formalmente e sostanzialmente legittime ed occupazioni prive dei requisiti di legittimità, rientrando nella previsione normativa le controversie concernenti sia la determinazione dell'indennità di espropriazione, sia il risarcimento dei danni per occupazione si ne titulo ovvero illegittimamente protrattasi oltre i termini di legge senza l'adozione di un provvedimento espropriativo. Peraltro, nel caso di specie si versava con tutta evidenza nel caso di opera idraulica, inerendo l'espropriazione e l'occupazione alla costruzione dell'invaso di omissis sul fiume ”. 4. Il ricorrente formula due motivi. Resistono con controricorso gli intimati. Motivi della decisione 1. I motivi del ricorso. 1.1 — Col primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione art. 1176 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 — applicabilità alla fattispecie art. 2236 c.c.”. Sostiene il ricorrente che la questione della competenza non era così pacifica nel 1989 quando è stata proposta la causa perché in generale la materia delle espropriazioni è stata notoriamente oggetto di molti interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno inciso anche sulla competenza”. Si trattava di materia complessa, caratterizzata da incertezza sia del normativo, anche per effetto delle numerosissime leggi intervenute , che di quello giurisprudenziale, stante il ripetuto intervento delle Sezioni Unite della Cassazione , anche quanto all'individuazione della competenza. La fattispecie in esame, quindi, sempre secondo parte ricorrente, non era affatto di semplice soluzione, specialmente nel 1989 anche perché la natura dell'opera è emersa solo nel corso del giudizio con il deposito degli atti da parte della convenuta Agenzia per la Promozione dello Sviluppo nel Mezzogiorno”. Di conseguenza, doveva essere applicato l'art. 2236 cod. civ La stessa Agenzia della Promozione dello Sviluppo nel Mezzogiorno, convenuta, non aveva sollevato alcuna eccezione al riguardo. Rileva ancora il ricorrente che in ben due altre sentenze emesse dalla stessa Corte di Appello di Napoli relative a identici giudizi sempre patrocinati dall’avv. A. , che hanno avuto lo stesso iter, la decisione è stata completamente opposta sentenze nn. 3120/07 e 2599/08 ”. Il ricorrente conclude il motivo, ribadendo che la questione trattata era di particolare complessità con la conseguenza che doveva applicarsi il più restrittivo criterio del dolo o colpa grave di cui all'art. 2236 c.c. ai fini della valutazione della responsabilità professionale” e formula i seguenti quesiti dica la Corte se nella fattispecie in esame l'attività professionale posta in essere dall'avv. A. , con riferimento alla fase del giudizio espletata innanzi alla Corte di Appello di Napoli, comportasse la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà e, quindi, se alla fattispecie de quo si doveva applicare l'art. 2236 c.c. in luogo della norma di cui all'art. 1176 comma II c.c., applicata dalla Corte di Appello 2 in caso di risposta affermativa dica la Corte se nella fattispecie in esame possa ritenersi sussistente il dolo o la colpa grave previsti dall'art. 2236 c.c. ai fini della responsabilità professionale”. 1.2 — Col secondo motivo di ricorso si deduce errata e falsa applicazione art. 1176 c.c. comma II in relazione all'art. 360 c.c.”. Rileva il ricorrente che, anche a voler applicare l’art. 1176 cod. civ., non si può assolutamente ravvisare tale colpa lieve poiché non vi è stata alcuna negligente da parte dell'Avv. A. ”. Infatti, la materia oggetto della controversia sottoposta all'attenzione dell'Avv. A. all'epoca del 1989, era sicuramente complessa anche sotto il profilo, della competenza ed è quindi in relazione a tale complessità che doveva essere valutata la diligenza da applicarsi alla fattispecie”. Inoltre, in ben due altre sentenze per giudizi promossi da Vi.Cl. e M.B. , emesse dalla stessa Corte di Appello di Napoli relative a identici giudizi sempre patrocinati dall’avv. A. , la decisione e stata completamente opposta sentenze nn. 3120/07 e 2599/08 ”. In ogni caso, la Corte di Appello nella sua valutazione ha omesso di considerare un fatto fondamentale e cioè che la natura idraulica dell'opera pubblica è emersa solo nel corso del giudizio di opposizione alla stima proposta innanzi alla Corte di Appello”. Secondo parte ricorrente, la Corte di Appello ha errato nel ritenere assodata la circostanza che la natura idraulica dell'opera idraulica fosse conosciuta prima della presentazione della citazione innanzi alla Corte di Appello, ma ciò non è affatto vero, come risulta chiaramente dalla sentenza che ha pronunciato l'incompetenza”. Viene formulato il seguente quesito dica la Corte se, nel caso concreto, tenuto conto della complessità della materia espropriativa per i motivi esposti nonché della circostanza, risultante dagli atti che la natura idraulica dell'opera pubblica è emersa nel corso del giudizio di opposizione alla stima innanzi alla Corte di Appello, con il deposito della documentazione da parte dell'Agenda convenuta, pur applicando l'art. 1176 secondo comma c.c. che prevede un dovere di diligenza professionale media esigibile, tale dovere possa ritenersi non violato o, invece, come sostiene la Corte di Appello nella sentenza impugnata, la questione della competenza per la controversia sottoposta all’attenzione dell’Avv. A. , fosse pacifica e non comportava la soluzione di una questione difficile ma, al contrario, molto semplice con la conseguente violazione del dovere di diligenza”. 2. Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato e va rigettato. 2.1 - Infatti, il ricorso presenta plurimi aspetti di inammissibilità, relativi alla mancata chiara e sintetica esposizione dei fatti violazione del 366 n. 3 cod. proc. civ. , non essendo sufficiente a tal fine la mera riproduzione all'interno del ricorso degli atti e della sentenza di appello SU 5698 del 2012 , e, quanto al primo motivo, per la novità della questione proposta e per un quesito inammissibile perché generico e sostanzialmente prospettante un inammissibile interpello alla Corte. 2.2 - Il ricorso è comunque infondato, come si è detto, anche quanto al secondo motivo, posto che, sulla questione giuridica da esaminarsi dal professionista, risultano plurimi precedenti di questa Corte, consolidati nel tempo, idonei ad indirizzare adeguatamente il professionista e tali da escludere la complessità della questione stessa vedasi Cass. 1964 n. 1488, Cass. 1986 n. 620, Cass. 1985 n. 4114, Cass. 1993 n. 4704, Cass. 1999 nn. 7016 e 9277, Cass. 2008 n. 13358 . Né può valorizzarsi, in senso favorevole al ricorrente, l'argomento, pure speso in questa sede, secondo cui gli elementi di fatto, necessari per risolvere la questione di competenza, sarebbero emersi per la prima volta in conseguenza delle difese dell'avvocatura, perché la questione, nei termini sufficienti alla sua soluzione, risultava già correttamente e sufficientemente esposta negli atti posti in essere dal professionista. 3. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 1.500,00 millecinquecento Euro per compensi e 200,00 duecento Euro per spese, oltre accessori di legge.