L’avvocato è responsabile per i danni subiti dal cliente non adeguatamente difeso

La domanda relativa al risarcimento del danno, subito dall’assistito non adeguatamente difeso dal proprio difensore, deve essere valutata separatamente ed indipendentemente da quella avente ad oggetto la restituzione dei compensi precedentemente corrisposti al difensore per l’attività professionale, risultata poi inutilmente prestata.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7268/15, depositata il 10 aprile. Il fatto. Un avvocato chiedeva al Tribunale di Bari la liquidazione in proprio favore del compenso per l’attività svolta a favore di un suo assistito, convenuto in giudizio. Quest’ultimo contestava l’avversa pretesa e formulava domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno per non essere stato adeguatamente difeso dall’avvocato, responsabile per le erronee scelte tecniche che avevano determinato la sua soccombenza in due gradi di giudizio, protrattosi per 8 anni. Chiedeva inoltre la restituzione di quanto già corrisposto al difensore, quale conseguenza dell’inutilità della sua attività professionale. Il Tribunale adito rigettava la domanda riconvenzionale, accogliendo invece quella principale. La sentenza di prime cure veniva quindi impugnata in appello dal cliente dell’avvocato. I giudici di secondo grado accoglievano l’appello principale, riconoscendo la responsabilità professionale dell’avvocato, e disponevano la compensazione del credito professionale per l’attività svolta, così come liquidato dal primo giudice, con il credito per danni da responsabilità professionale. Avverso la pronuncia della Corte territoriale, propone ricorso per cassazione il cliente. La necessità di una pronuncia autonoma sulla responsabilità professionale. Il ricorrente censura la sentenza impugnata per l’omessa considerazione autonoma della domanda di risarcimento del danno subito a causa delle erronee scelte tecniche del professionista, effetto che avrebbe dovuto conseguire all’accertamento dell’inadempimento nell’espletamento del mandato conferito. Ritiene in sostanza il ricorrente che il giudice avrebbe dovuto considerare, valutare e pronunciare sulla specifica domanda avanzata dell’interessato di restituzione dei compensi, corrisposti al professionista con riferimento all’attività inutile, separatamente ed indipendentemente da quella relativa al danno . Le doglianze così prospettate sono fondate. Il ricorrente risulta difatti aver svolto la domanda di restituzione dei compensi corrisposti al professionista con riferimento all’attività professionale inutilmente prestata domanda svolta separatamente ed indipendentemente dall’altra domanda relativa al risarcimento del danno . Risultando accertata la responsabilità professionale dell’avvocato, ne consegue inoltre l’impossibilità di liquidare il compenso a questo spettante. Per questi motivi, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 gennaio – 10 aprile 2015, n. 7268 Presidente Bucciante – Relatore Oricchio Considerato in fatto Con ricorso ex art. 28 L. n. 749/1942 l'avv. L.B. chiedeva al Tribunale di Bari la liquidazione in proprio favore del compenso di £. 12.736.730 per attività professionale che lo stesso asseriva aver svolto per P.N. in due giudizi, per i quali aveva ricevuto solo un acconto di £. 1.000.000. Costituitosi in giudizio il P. contestava l'avversa pretesa e svolgeva domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento del danno per non essere stato adeguatamente difeso per errate scelte tecniche che avevano causato la sua soccombenza in due giudizi protrattisi per oltre otto anni. Mutato il rito in quello ordinario, la causa veniva decisa dal Tribunale adito con sentenza in data 16 marzo 2001 che rigettava la domanda riconvenzionale del P. e, in parziale accoglimento di quella del L.B., condannava il P. stesso al pagamento della somma di £. 9.372.730 oltre svalutazione ed interessi e con spese compensate per un terzo. Avverso la sentenza del Tribunale di prima istanza interponeva appello il P. chiedendo la riforma dell'impugnata decisione. Resisteva all'avverso gravame il L.B. chiedendo il rigetto della proposta impugnazione e formulando appello incidentale al fine di ottenere il riconoscimento dell'ulteriore compenso di € 406,97 oltre accessori, nonché la riforma dell' impugnata sentenza quanto al punto relativo alla parziale compensazione delle spese ritenuta ingiustificata. Con sentenza n. 536/2008 l'adita Corte di Appello di Bari accoglieva, per quanto di ragione, il proposto appello principale e, per l'effetto, disponeva la compensazione del credito professionale, come liquidato dal primo giudice, con il credito per danni da responsabilità professionale richiesto dall'appellante e liquidato nella somma corrispondente, con integrale compensazione delle spese del doppio grado del giudizio. Per la cassazione della succitata decisione della Corte territoriale ricorre P.N. con atto fondato su quattro ordini di motivi. Resiste con controricorso il L.B Ha depositato memoria, ai sensi dell'art. 378 c.p.c., il P Ritenuto in fatto 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma I n. 4 c.p.c. . li motivo è assistito dalla formulazione, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., del seguente testuale quesito di diritto dica la Suprema Corte di Cassazione se la Corte territoriale, accertato l'inadempimento contrattuale dell'appellato nell'espletamento del mandato conferito e la totale inutilità dell'attività professionale dal medesimo svolta, era tenuta ex art. 112 c. p. c. a considerare, valutare e pronunciare sulla specifica domanda avanzata dall'interessato di restituzione di compensi, corrisposti al professionista con riferimento all'attività inutile, separatamente e indipendentemente da quella relativa al danno . 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1223, 1226 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché del vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia sotto il profilo del concorso dell'appellante P.N. nella causazione del danno in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. . Il motivo è assistito dalla formulazione di quesiti di diritto relativi, in sintesi, all'aspetto se sia legittimo il ricorso a valutazione equitativa del danno e se, dopo accertamento inutilità opera professionale prestata, si potevano comunque liquidare compensi per la stessa. 3.- Con il terzo motivo del ricorso si denuncia 1 'omessa motivazione sui un fatto decisivo per la controversia consistente nella carenza di prova relativamente alla circostanza che il professionista avv. L.B. non sarebbe stato informato sul nominativo dell'effettivo acquirente, in relazione all'art. 360 , comma 1 , n. 5 C.P.C. . 4.- Gli esposti primi tre motivi del ricorso in esame possono essere trattati congiuntamente attesa la loro contiguità e continuità logica ed argomentativa. Le doglianze di cui agli esposti motivi sono fondate e comportano l'accoglimento del ricorso. L'odierno ricorrente risulta aver svolto l'accennata domanda di restituzione dei compensi corrisposti al professionista con riferimento all'attività professionale inutilmente prestata domanda svolta separatamente ed indipendentemente dall'altra domanda relativa al risarcimento del danno ed in ordine alla quale lamenta il difetto di pronuncia della Corte territoriale. Nelle conclusioni dell'atto di appello e, successivamente, in sede di precisazione delle conclusioni effettivamente fu svolta la suddetta domanda di restituzione su cui non vi è stata pronuncia. La mancata pronuncia in ordine alla stessa comporta l'accoglimento del primo anzidetto motivo. In ordine al secondo motivo dei ricorso deve ritenersi che Io stesso è fondato' in relazione al profilo della prospettata non liquidabilità dei compenso a seguito dell'accertamento dell'inutilità dell'opera professionale svolta. Quanto _alla censura di cui all'esposto terzo motivo la stessa appare fondata. Nella decisione impugnata si fa riferimento alla mancanza di alcuna prova in atti che vi sia stata o sia stata comunicata nel corso del giudizio, anche al difensore, la elezione della persona, nel caso la moglie del P., da nominare quale effettivo acquirente del bene promesso in vendita dal fratello dell'appellante, per cui nessuna responsabilità relativa può essere ascritta all'avv. L.B. sul punto . Il passaggio, non poco significativo, della decisione impugnata risulta decisivo nel contesto delle complesse vicissitudini della vicenda processuale e del rapporto professionale intercorso fra le parti. E, quindi, conseguentemente in relazione alla giudizio circa la sussistenza o meno della responsabilità del professionista. Orbene l'assunto motivo della grava sentenza risulta smentito per effetto dell'omessa valutazione della circostanza che vi sarebbe stata una comunicazione informativa i,n ordine alla nomina dell'effettivo acquirente dei bene di cui in epigrafe. Tale decisivo fatto che doveva essere preso in considerazione risulta da una serie di elementi, puntualmente indicati in ricorso, quali l'esito della prova testimoniale, la dichiarazione del notaio Cesaroni, la copia di atto giudiziario in causa ex art. 2932 c.c. con mandato sottoscritto anche dalla coniuge del ricorrente Sparacimino Loreta. Tutti gli indicati elementi, che attesterebbero la conoscenza da parte dell'avv. L.B. di colei che avrebbe dovuto essere l'effettiva acquirente dell'immobile suddetto fatto decisivo al fine della valutazione e della decisione della controversia non risultano essere stati considerati nella parte motiva della sentenza d'appello innanzi a questa Corte così gravata. 5.- Con-il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione dell'art. 91 e 92 c.p.c. e dell'art. 24 e 111 Cost. in relazione all'art. 360 nn. 3,4 e 5, per aver la Corte omesso di dare il dovuto rilievo ed applicare, ai fini del regolamento delle spese, il principio della causalità che la particolare vicenda processuale oggettivamente manifestamente imponeva . Il motivo è assorbito dall'accoglimento dei precedenti motivi del ricorso. 6.- In considerazione di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va accolto in relazione ai primi tre motivi dello stesso. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Bari, affnchè la stessa decida la controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.