Se il giudice ha emesso sentenza, questa, come tale, può essere appellata

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari ed altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell’individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, sentenza oppure ordinanza, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice.

Questo il principio già espresso dalle Sezioni Unite e ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 26163, depositata il 12 dicembre 2014. Il fatto. Due avvocatesse notificavano ad una loro cliente decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo con pedissequo precetto, emesso dal Giudice di pace di Bologna per un importo a titolo di onorari e competenze relative all’attività professionale svolta per conto della cliente stessa in una controversia di lavoro. Con citazione la cliente proponeva opposizione deducendo di aver già corrisposto gli onorari dovuti. Il gdp adito con sentenza dichiarava l’improcedibilità dell’opposizione. Avverso tale decisione la cliente propone appello che veniva dichiarato inammissibile dal Tribunale di Bologna. La soccombente ha proposto ricorso in Cassazione censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per avere la sentenza impugnata natura sostanziale di ordinanza, come tale inappellabile. La ricorrente sostiene che il Tribunale aveva sbagliato trascurando che la contestazione concerneva i presupposti del diritto del patrono al compenso. Oggetto della controversia presupposti del diritto al compenso Premesso che il tradizionale orientamento della Corte di legittimità statuisce che, anche quando il patrono si sia avvalso del procedimento di ingiunzione, l’opposizione deve svolgersi, obbligatoriamente, nelle forme dello speciale procedimento ex artt. 29 e 30 della l. n. 794/1942 ed al provvedimento conclusivo, indipendentemente dalla forma adottata, deve riconoscersi natura sostanziale di ordinanza soggetta esclusivamente al ricorso per cassazione e non all’appello. provvedimento conclusivo ha valore di sentenza e, quindi, appellabile. Tale principio non trova applicazione quando la controversia non abbia ad oggetto solo la determinazione della misura del compenso ma si estenda ad altri oggetti di accertamento e decisione, quali per citare quello riferito al caso di specie i presupposti stessi del diritto al compenso, nel qual caso il procedimento ordinario attrae nella sua sfera, per ragioni di connessione, anche la materia del procedimento speciale e l’intero giudizio deve concludersi con un provvedimento che, anche se adottato in forma di ordinanza, ha valore di sentenza e può essere impugnato solo con appello. La controversia in esame, sostiene il Collegio, non aveva ad oggetto la determinazione della misura del compenso, ma si estendeva ad altri oggetti di accertamento e decisione, per cui il giudizio doveva concludersi necessariamente con un provvedimento che avesse la forma e la sostanza di una sentenza e, in quanto tale, appellabile. Rilevante è la forma adottata del giudice per decidere la controversia. Col richiamo anche al principio pronunciato dalle Sezioni Unite sent. n. 390/2011 , in base al quale in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari ed altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell’individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, sentenza oppure ordinanza, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento , il Collegio ha ritenuto che il giudizio de quo fu trattato nelle forme di un procedimento ordinario, per cui la censura appare meritevole di accoglimento. Accolto il ricorso, la sentenza impugnata viene cassata e la causa rinviata al Tribunale di Bologna, in diversa persona.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 ottobre – 12 dicembre 2014, n. 26163 Presidente Russo – Relatore Carleo Svolgimento del processo In data 11 marzo 2006 le avvocatesse Bu.Gi. e M.S. notificavano a B.G. decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo con pedissequo precetto, emesso dal GdP di Bologna per l'importo di Euro 828,96 a titolo di onorari e competenze relative all'attività professionale svolta per conto della B. in una controversia di lavoro. Con citazione ritualmente notificata la B. proponeva opposizione deducendo di aver già corrisposto gli onorari dovuti. In esito al giudizio il Gdp adito con sentenza 7469/2006 dichiarava l'improcedibilità dell'opposizione. Avverso tale decisione la B. proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituivano le appellate, il Tribunale di Bologna con sentenza depositata in data 15 novembre 2010 dichiarava inammissibile l'appello e condannava le appellanti alla rifusione delle spese. Avverso la detta sentenza la soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Resistono la Bu. e la M. con controricorso, illustrato da memoria. Motivi della decisione Con l'unica doglianza, deducendo l'erronea o falsa applicazione degli artt. 30 legge 794/1942 e 323 cpc, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di Appello ha dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione per avere la sentenza impugnata natura sostanziale di ordinanza, come tale inappellabile. Al contrario, il Tribunale aveva gravemente sbagliato avendo trascurato che la contestazione aveva riguardato i presupposti del diritto del patrono al compenso laddove il GdP aveva, invece, correttamente definito il giudizio con sentenza. La doglianza coglie nel segno e merita accoglimento. A riguardo, mette conto di premettere che, secondo il tradizionale orientamento di questa Corte, anche quando il patrono si sia avvalso del procedimento di ingiunzione, l'opposizione deve svolgersi, obbligatoriamente, nelle forme dello speciale procedimento ex artt. 29 e 30 L. 794/42 ed al provvedimento conclusivo, indipendentemente dalla forma adottata, deve riconoscersi natura sostanziale di ordinanza soggetta esclusivamente al ricorso per cassazione ex art. 111 e non all'appello. Il richiamato principio, peraltro, non può trovare applicazione quando la controversia non abbia ad oggetto solo la determinazione della misura del compenso ma si estenda ad altri oggetti di accertamento e decisione, quali i presupposti stessi del diritto al compenso, la sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa rinvenienti da altri rapporti, i limiti del mandato, l'effettiva esecuzione della prestazione, nel qual caso il procedimento ordinario attrae nella sua sfera per ragioni di connessione anche la materia del procedimento speciale e l'intero giudizio non può non concludersi se non con un provvedimento che, quand'anche adottato in forma di ordinanza, ha valore di sentenza e può essere impugnato solo con appello ex multis Cass. 24692/06, 6578/05, 7652/04 . Ciò premesso, giova richiamare l'attenzione sulle seguenti circostanze di fatto che possono ritenersi pacifiche tra le parti 1 dopo che le due professioniste avevano ottenuto dal giudice del lavoro un decreto ingiuntivo, nei confronti della Geze Italia Sri ed a favore della loro rappresentata, decreto in cui venivano liquidati per spese, competenze ed onorari la somma di Euro 835,00 oltre CPA ed IVA, la Geze pagò direttamente alla B. l'intera somma indicata nell'atto di precetto, successivamente notificatole, gravato delle ulteriori spese, competenze ed onorari per il maggior importo di Euro 1.706,11. 2 la B. trattenne per sé l'importo ricevuto inviando alle due professioniste solo l'importo di Euro 727,15 che, sommato all'originario anticipo di Euro 150,00, portò il totale corrisposto alle due patrocinanti alla somma complessiva di Euro 877,15. Ciò posto, torna utile evidenziare che le ragioni del comportamento della B. sono indicate dalle parti in termini diversi. Ed invero, secondo le contro ricorrenti, la loro assistita avrebbe sostenuto che l'importo loro dovuto sulla base delle tariffe professionali per l'attività svolta era quello corrispondente all'importo inviato v. pag. 3 del controricorso mentre, secondo la ricorrente, essa avrebbe invece fondato le sue ragioni deducendo di aver già corrisposto ai difensori gli onorari dovuti e quindi contestando i presupposti stessi del diritto al compenso, da esse azionato v. pag. 2 del ricorso , con la conseguenza che la controversia, secondo la versione della B. , non aveva ad oggetto la determinazione della misura del compenso ma si estendeva ad altri oggetti di accertamento e decisione per cui il giudizio non poteva concludersi se non con un provvedimento che avesse la forma e la sostanza di una sentenza. Tutto ciò premesso, si deve rilevare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente affermato il principio di diritto, secondo cui In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari ed altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, sentenza oppure ordinanza L. n. 794 del 1942, ex art. 30, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento Sez. Un. n. 390/2011 . Ciò premesso, applicando il principio enunciato al caso di specie, esaminando gli atti del procedimento di primo grado - controllo certamente consentito in ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale - deve ritenersi che il giudizio de quo fu certamente trattato nelle forme di un procedimento ordinario, per cui, condividendosi pienamente il principio di diritto statuito dalle Sezioni Unite, appare meritevole di accoglimento la censura in esame. Ed invero, così come risulta dalla lettura della sentenza di primo grado, a fronte dell'opposizione proposta dalla B. deducendo di aver già interamente saldato quanto dovuto, le due avvocatesse, la Bu. e la M. , si limitarono a rilevare che la loro controparte era priva di interesse ad agire stante il fatto che la somma ingiunta le era stata interamente corrisposta dalla Geze Italia e chiesero dichiararsi l'improcedibilità dell'opposizione per carenza di interesse della B. ovvero, in subordine, la dichiarazione di nullità ex artt. 164 co. 4 e 163 n. 4. Lo svolgimento del giudizio avvenne inoltre con totale acquiescenza delle due avvocatesse, benché interessate alla adozione del più celere rito speciale, senza il compimento del tentativo di conciliazione preceduto dall'audizione personale delle parti, previsto dalla L. n. 79 del 1942, art. 29, approdando, dopo alcuni rinvii, del tutto incompatibili con la concentrazione e semplicità di forme caratterizzanti i procedimenti camerali, ad una udienza di precisazione delle conclusioni, cui fece seguito quella di assunzione in decisione della causa. Ora, tali modalità di svolgimento del giudizio furono rivelatrici di una implicita, ma inequivoca, scelta in favore del rito ordinario, da parte del giudice di primo grado con la conseguenza che il provvedimento decisorio presentò, coerentemente, non solo la forma ma anche la sostanza di una sentenza, come tale appellabile secondo le regole generali. Del resto, il Gdp dichiarò improcedibile l'opposizione per difetto di interesse dell'opponente, decidendo sulla base della ritenuta carenza di una condizione dell'azione e quindi ampliando l'esame della controversia al di là della mera misura del compenso professionale. Ne consegue che il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell'osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata al Tribunale di Bologna, in diversa persona, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa al Tribunale di Bologna, in diversa persona, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.