Quando si ha preclusione da giudicato?

Nel campo dei diritti eterodeterminati, come quelli di credito, il giudicato si forma esclusivamente sul fatto identificativo della causa petendi prospettato dall’attore, sicché preclude soltanto la possibilità di farlo nuovamente valere in un altro giudizio.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25918, depositata il 9 dicembre 2014. Il fatto. Il Tribunale di Milano, previa revoca del decreto ingiuntivo emesso per un importo maggiore, condannava i clienti a pagare al loro avvocato una somma come compenso per attività professionali stragiudiziali svolte per far ottenere agli interessati il risarcimento dei danni conseguenti alla morte per incidente stradale di una loro congiunta. Impugnata la decisione, veniva riformata dalla Corte d’appello di Milano che dichiarava inammissibile la domanda azionata in via monitoria dall’avvocato per preclusione da giudicato, essendo già stata respinta con sentenza del Tribunale di Milano. La contestazione della preclusione. L’avvocato ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, contestando la preclusione che secondo la Corte d’appello aveva reso inammissibile la domanda azionata in via monitoria dall’avvocato poiché nel corso della causa era stata accolta, con sentenza passata in giudicato, l’opposizione proposta dai clienti contro un precedente decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti su richiesta dello stesso professionista, per ottenere il compenso, anche se in misura maggiore, relativo allo svolgimento della medesima attività. In quel primo giudizio, afferma il Collegio, l’avvocato aveva fatto valere il presunto riconoscimento delle proprie spettanze, contenuto in una quietanza della società assicuratrice del veicolo che aveva causato l’incidente stradale. Il decreto emesso sulla base di tale documento era stato revocato con sentenza non impugnata dall’avvocato, atteso che la condizione sospensiva non si era verificata, non avendo gli opponenti sottoscritto l’atto di transazione che prevedeva il compenso. Diverso il fondamento dei due giudizi. Essendo questa la ragione su cui la decisione si basava, continua il Collegio, deve escludersi che avesse negato in assoluto il diritto dell’avvocato a ricevere dai suoi clienti il compenso per l’opera svolta e ne avesse quindi impedito l’accertamento nell’altro successivo giudizio promosso su di un diverso fondamento. Infatti, nel campo dei diritti eterodeterminati, come quelli di credito, il giudicato si forma esclusivamente sul fatto identificativo della causa petendi prospettato dall’attore, sicché preclude soltanto la possibilità di farlo nuovamente valere in un altro giudizio. Per tale ragione, la Corte ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 ottobre – 9 dicembre 2014, n. 25918 Presidente Bursese – Relatore Bucciante Svolgimento del processo Con sentenza n. 6122/2004 il Tribunale di Milano, previa revoca del decreto ingiuntivo n. 20144/2003 emesso per un importo maggiore, condannò P.F. , R.M. e P.A. a pagare all'avvocato A.R. la somma in Euro corrispondente a lire 19.000.000, come compenso per attività professionali stragiudiziali svolte per far ottenere agli interessati il risarcimento dei danni conseguenti alla morte per incidente stradale di una loro congiunta. Impugnata da P.F. , R.M. e P.A. , la decisione è stata riformata dalla Corte d'appello di Milano, che con sentenza n. 408/2009 ha dichiarato inammissibile la domanda azionata in via monitoria dall'avvocato A.R. per preclusione da giudicato, essendo stata già respinta con la sentenza n. 1685/2004 del Tribunale di Milano. L'avvocato A.R. ha proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. P.F. , R.M. e P.A. si sono costituiti con controricorso. Motivi della decisione I due motivi addotti a sostegno del ricorso, sfrondati dagli assunti non pertinenti, inconferenti o ultronei come quelli attinenti alla litispendenza tra cause o al diritto al compenso dovuto comunque ai prestatori d'opera , risultano fondati nel loro nucleo essenziale la contestazione della preclusione, che secondo la Corte d'appello aveva reso inammissibile la domanda azionata in via monitoria dall'avvocato A.R. , poiché nel corso della causa era stata accolta, con sentenza passata in giudicato, l'opposizione proposta da P.F. , R.M. e P.A. avverso un precedente decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti su richiesta dello stesso professionista, per ottenere il compenso, anche se in misura maggiore, relativo allo svolgimento della medesima attività. In quel primo giudizio l'avvocato A.R. aveva fatto valere il presunto riconoscimento delle proprie spettanze, a suo dire contenuto in una quietanza della società assicuratrice del veicolo che aveva causato l'incidente stradale quietanza comprendente l'offerta, oltre che del risarcimento dei danni subiti dai congiunti della vittima, anche del rimborso delle spese legali da loro affrontate in sede stragiudiziale. Il decreto ingiuntivo emesso sulla base di tale documento, era stato revocato con la sentenza non impugnata dall'avvocato A.R. , atteso che la condizione sospensiva perfezionamento di una transazione tra la Reale Mutua - P. e R. non si è verificata non avendo gli opponenti sottoscritto l'atto di transazione ad hoc che prevedeva il compenso di l. 50.000.000 per l'opposto”. Questa essendo la ragione su cui la decisione si basava, si deve senz'altro escludere che avesse negato in assoluto il diritto dell'avvocato A.R. a ricevere dai suoi clienti il compenso per l'opera svolta e ne avesse quindi impedito l'accertamento nell'altro successivo giudizio, che era stato promosso su un diverso fondamento. Nel campo dei diritti eterodeterminati , come quelli di credito, il giudicato si forma esclusivamente sul fatto identificativo della causa petendi prospettato dall'attore, sicché preclude soltanto la possibilità di farlo nuovamente valere in un altro giudizio v. per tutte, da ultimo, Cass. 30 giugno 2014 n. 14771 . Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d'appello di Milano, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.