E’ la somma pretesa con la domanda di pagamento che detta le regole

Ai fini della liquidazione degli onorari del difensore a carico del cliente, il parametro di riferimento è costituito dal valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile. Quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, il parametro è rappresentato dalla somma pretesa con la domanda di pagamento art. 10 c.p.c. e non dalla somma attribuita alla parte vincitrice, che è, invece, criterio applicabile nei confronti del soccombente.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21869, depositata il 15ottobre 2014. Il caso. Un avvocato, premesso di aver rappresentato e difeso in giudizio un Comune in una causa svoltasi innanzi al Tribunale chiedeva la condanna dell’ente al pagamento di una somma a titolo di lucro cessante e un’altra a titolo di danno emergente. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea limitatamente al danno emergente, a titolo di competenze legali. Il Tribunale aveva applicato al caso il parametro, in tema di liquidazione degli onorari a carico del cliente, del valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile, e, quindi, trattandosi di obbligazioni pecuniarie, aveva tenuto conto della somma pretesa con la domanda di pagamento art. 10 c.p.c. e non della somma attribuita alla parte vincitrice. In particolare, rilevava che nel caso di specie doveva applicarsi il criterio del decisum , ricorrendo la manifesta sproporzione fra la somma chiesta in giudizio dall’attore e la concreta quantificazione degli importi riconosciuti a titolo di risarcimento. Il Tribunale aveva, inoltre, escluso la non debenza del lucro cessante, poiché non erano stati espletati incombenti istruttori, infatti la lite era stata decisa sulla scorta delle risultanze della consulenza, e la stessa causa presentava una non rilevante complessità. Si doveva tener conto delle tariffe forensi? L’avvocato ricorreva allora in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione della l. n. 1051/1957 Determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile e del d.m. n. 127/2004 Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali , oltrechè degli artt. 10 determinazione del valore e 14 cause relative a somme di danaro e a beni mobili c.p.c Secondo il ricorrente i Giudici di merito avevano sbagliato nel non utilizzare, in presenza di precisa formulazione del quantum sin dall’atto di citazione, ai fini della determinazione del valore della causa, il disposta dell’art. 10 c.p.c. senza applicare la tariffa forense. Il valore della causa è il parametro. Il motivo è infondato. La Cassazione ricorda che ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico del cliente, il parametro di riferimento è costituito dal valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile e, quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, della somma pretesa con la domanda di pagamento art. 10 c.p.c. e non sulla base della somma attribuita alla parte vincitrice, che è criterio applicabile nei confronti del soccombente Cass., n. 18233/2009 . Il Tribunale aveva correttamente il criterio del decisum , ricorrendo la manifesta sproporzione fra la somma chiesta in giudizio dall’attore e la concreta quantificazione degli importi riconosciuti a titolo di risarcimento, sproporzione da valutare ex post . Sulla base di tali argomenti, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 16 maggio – 15ottobre 2014, n. 21869 Presidente Petitti – Relatore San Giorgio Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso ex articolo 28 della legge n. 794 del 1942, l'avv. D. , premesso di aver rappresentato e difeso in giudizio il Comune di Calascibetta in una causa svoltasi innanzi al Tribunale di Enna e conclusasi con sentenza del 2007, con la quale l'organo decidente, a fronte di una richiesta della controparte di L. 600.000.000 per lucro cessante nonché di un importo da determinare a titolo di danno emergente, aveva condannato l'Ente pubblico, per il solo danno emergente, al pagamento, in favore della controparte, Euro 13794,42, chiese al Tribunale la liquidazione, in proprio favore, della somma di Euro 23.763,07, a titolo di competenze legali, oltre interessi moratori a decorrere dal 27 febbraio 2009, data della ricezione, da parte del Comune, dell'atto di messa in mora a mezzo raccomandata a/r. Dedusse il ricorrente, a supporto della propria domanda, l'applicazione dei principi espressi dalla pronuncia della Corte di cassazione n. 18233 del 12 agosto 2009, secondo la quale, ai fini della liquidazione degli onorali di avvocato a carico del cliente, il parametro di riferimento è costituito dal valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile, e, quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, dalla somma pretesa con la domanda di pagamento articolo 10 cod.proc.civ. , e che identico parametro deve essere applicato nei gradi di impugnazione. 2. - Il Tribunale adito osservò che la questione dedotta in giudizio trovava il proprio riferimento normativo nell'articolo 6 del d.m. n. 127 del 2004, che individua due meccanismi di calcolo degli onorari, distinguendo tra la liquidazione degli onorari a carico del soccombente e la liquidazione a carico del cliente, in riferimento alla quale può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile. Richiamò il giudice il duplice indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità sulla questione, rilevando che, secondo un primo orientamento, posto che il codice di procedura civile non contiene alcuna norma concernente espressamente i criteri per la determinazione dell'ammontare delle spese giudiziali, ma rinvia, implicitamente ad alcune norme della legge sull'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore, occorre avere riguardo, ai fini che qui rilevano, alle disposizioni contenute nelle tabelle predisposte ogni biennio dal Consiglio Nazionale Forense ed approvate con decreto ministeriale. Secondo altro indirizzo - osservò il Tribunale - il parametro fondamentale, quanto alla liquidazione degli onorari a carico del cliente, resta sempre quello del valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile, e, quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, sulla base della somma pretesa con la domanda di pagamento articolo 10 cod.proc.civ. , e non sulla base della somma attribuita alla parte vincitrice, che è criterio applicabile nei confronti del soccombente a norma del citato decreto ministeriale. Il Tribunale aderì a tale secondo orientamento, e rilevò che nella specie doveva applicarsi il criterio del decisum , ricorrendo la manifesta sproporzione fra la somma chiesta in giudizio dall'attore e la concreta quantificazione degli importi riconosciuti a titolo di risarcimento, ed aggiungendo il rilievo che le udienze di trattazione erano state solo sette, che la non debenza del lucro cessante era evidente, perché esclusa dalla legge, che non erano stati espletati incombenti istruttori, che la lite era stata decisa sulla scorta delle risultanze della consulenza, e che, in definitiva, la causa presentava una non rilevante complessità. Liquidò pertanto i compensi in favore del professionista, applicando lo scaglione della tariffa vigente all'epoca del compimento dei singoli atti defensionali relativo alle cause con valore compreso fra Euro 5200,01 ed Euro 25900,00, e considerando, altresì, la natura ed il valore della lite e l'attività processuale effettivamente espletata, nella misura di Euro 1000,00 per diritti ed Euro 2000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario, IVA e C.P.A. come per legge, con interessi di mora richiesti dal ricorrente con decorrenza dalla pubblicazione della ordinanza, cui occorreva far risalire la liquidazione del debito. 3. - Per la cassazione di tale ordinanza ricorre l'avv. D. sulla base di un unico, articolato motivo, illustrato anche da successiva memoria. Considerato in diritto 1. - Il Collegio ha deliberato l'adozione della motivazione in forma semplificata. 2. - Con l'unico articolato motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo unico della legge n. 1051 del 1957, degli artt. 1, comma 1, 4 e 6 del d.m. n. 127 del 2004 e degli artt. 10 e 14 cod.proc.civ. Avrebbe errato il giudice ennese nel non utilizzare, in presenza di precisa formulazione del quantum sin dall'atto di citazione, ai fini della determinazione del valore della causa, il disposto dell'articolo 10 cod.proc.civ. senza applicare il comma 2 della tariffa forense, che troverebbe applicazione solo in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali, e non pure quando il valore della causa sia stato in concreto dichiarato, dovendosi utilizzare, in tale situazione, il disposto dell'articolo 10 cod.proc.civ Comunque, pur se si intendesse riconoscere al giudice un'ampia discrezionalità nella determinazione delle parcelle, detta discrezionalità dovrebbe essere esplicitata con adeguata motivazione, nella specie insussistente. La prima omissione di motivazione sarebbe consistita nel confondere il valore della controversia presunto con quello dichiarato. Sarebbe poi illogica la motivazione adottata a sostegno della scelta di valutare la manifesta sproporzione tra valore presunto e valore dato dalla sentenza in quanto tale giudizio andrebbe compiuto non ex post , sulla base dell'attività svolta dal difensore, ma ex ante . Nella specie, nessuna manifesta sproporzione era ravvisabile tra la richiesta dell'attrice e il decisum . Insufficiente sarebbe la motivazione anche con riferimento alle ragioni della liquidazione all'interno della fascia di valore più bassa, alla circostanza che le udienze di trattazione fossero state solo sette, alla ritenuta evidenza della non debenza del lucro cessante, alla non rilevante complessità della causa. Quanto alla lamentata violazione dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 4, comma 1, del d.m. n. 127 del 2004, si osserva che l'ordinanza impugnata non avrebbe liquidato le spese giustificate dal professionista, ed avrebbe illegittimamente violato la regola della inderogabilità dei diritti stabiliti per le prestazioni dell'avvocato, liquidando l'importo dovuto per diritti al di sotto della misura dovuta. 3. - Il motivo è infondato. Il Tribunale ha motivato in modo articolato ed esaustivo la propria adesione all'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico del cliente, il parametro di riferimento è costituito dal valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile e, quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, dalla somma pretesa con la domanda di pagamento articolo 10 cod. proc. civ. , e non sulla base della somma attribuita alla parte vincitrice, che è criterio applicabile nei confronti del soccombente Cass., sent. n. 18233 del 2009 . Ha osservato al riguardo che l'articolo 6 del d.m. n. 127 del 2004, nel distinguere le due ipotesi, dispone che nei rapporti interni può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, individuando implicitamente una regola, costituita dall'applicazione del criterio del deductum , ed una eccezione, costituita dal valore effettivo della controversia. Ha, poi, sottolineato che non poteva essere applicato acriticamente il criterio della prospettazione, dovendosi, invece procedere alla valutazione della concomitante sussistenza dei presupposti in presenza dei quali dare ingresso alla deroga, costituiti dalla manifesta divergenza tra valore presunto a norma del codice di rito e valore effettivo della causa e dal correlativo potere del difensore. E rilevò che nella specie doveva essere applicato il criterio del decisum ricorrendo la manifesta sproporzione fra la somma chiesta in giudizio dall'attore e la concreta quantificazione degli importi riconosciuti a titolo di risarcimento, sproporzione da valutare ex post . Anche tale convincimento viene plausibilmente motivato dal giudice ennese. Le ulteriori considerazioni contenute nella ordinanza sono, nella economia della decisione, volte a suffragare la validità della decisione adottata. Né può darsi luogo all'esame del profilo attinente alla pretesa violazione degli artt. 1, comma 1, e 4, comma 1, del d.m. n. 127 del 2004, per non avere il ricorrente indicato le voci non prese in considerazione. 4. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v'è luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo la parte intimata svolto alcuna attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.