Il cliente ottiene una quota, ma l’avvocato va pagato per l’intero

Nei giudizi divisori il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso ai difensori, si determina in base alla massa da dividere, se la controversia riguarda la sua entità, ed in base alla quota, se la contestazione riguardi solo quest’ultima.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20126, depositata il 24 settembre 2014. Il caso. Con ricorso, un avvocato chiedeva al Tribunale di emettere un decreto ingiuntivo nei confronti di un proprio cliente dal quale aveva ricevuto l’incarico di promuovere un giudizio di divisione ereditaria ex art. 713 c.c. nei confronti dei fratelli. In un primo momento il Tribunale adito emise il decreto, nei cui confronti il cliente dell’avvocato propose opposizione. Successivamente il Tribunale, con ordinanza, revocò il decreto ingiuntivo. Quanto agli onorari, il Tribunale stabiliva che, nella liquidazione doveva tenersi conto dell’esito favorevole della controversia e della incontestata soddisfazione degli interessi del cliente, e, che, quindi, la determinazione, così come operata dall’avvocato, nel valore medio tra il minimo e il massimo di ogni singola voce dello scaglione, poteva ritenersi certamente congrua. Infine, andavano riconosciuti anche i compensi per l’attività stragiudiziale intimamente connessa a quella giudiziale e volta al perfezionamento della conciliazione ed all’esecuzione delle obbligazioni assunte dalle parti. Per la cassazione di tale ordinanza ricorre il cliente. Il valore della causa per divisione. A giudizio del ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto, nel determinare il valore della causa, tenere conto di quella sola parte del compendio da dividere coincidente con l’interesse perseguito dalla parte, che, nel caso di specie, coincideva con quello afferente alla singola quota a lui spettante, ossia un terzo del patrimonio oggetto di divisione. Invero, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione Cass., n. 6765/12 . Tuttavia, nel caso di specie, la contestazione riguardava non solo la maturata usucapione di uno degli immobili da parte di uno dei convenuti, ma anche il valore dell’intera massa. Deve richiamarsi, a riguardo, l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nei giudizi divisori il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso ai difensori, si determina in base alla massa da dividere, se la controversia riguarda la sua entità, ed in base alla quota se la contestazione riguardi solo quest’ultima Cass., n. 11222/97 . Nel caso in esame, dunque correttamente è stata fatta applicazione dell’art. 12, comma 2, c.p.c., alla cui stregua il valore della causa per divisione si determina da quello della massa da dividere. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 marzo– 24 settembre 2014, n. 20126 Presidente Piccialli– Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1.- Con ricorso depositato in data 8 maggio 2007, l'Avv. L.S.S. chiese al Tribunale di Napoli di emettere un decreto ingiuntivo dell'importo di Euro 30320,48 nei confronti di I.L. dal quale aveva ricevuto l'incarico di promuovere un giudizio di divisione ereditaria ex art. 713 cod.civ. nei confronti dei propri fratelli I.M. e G. . In data 15 maggio 2007 il Tribunale adito emise il decreto, nei cui confronti l'I. propose opposizione. 2. - Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 26 maggio 2008, revocò il decreto ingiuntivo. Rilevò anzitutto che per la liquidazione dei diritti e degli onorari dell'avvocato si deve tenere conto che i primi sono regolati dalla tariffa in vigore al momento del compimento dei singoli atti, mentre per i secondi si applica la tariffa in vigore al momento in cui l'opera è portata a termine e, conseguentemente, nel caso di successione di tariffe, si deve applicare quella sotto la cui vigenza la prestazione o l'attività difensiva si è esaurita, e che tale principio, dettato per la liquidazione a carico del soccombente, può ritenersi applicabile anche nel caso di liquidazione a carico del cliente, sicché, per la liquidazione degli onorari e dei diritti, trova applicazione l'ultima tariffa approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127, in vigore appunto dal 2 giugno 2004, mentre per i diritti maturati prima di tale data si applica per la relativa liquidazione la tariffa di cui al d.m. 5 ottobre 1994, n. 585. Il Tribunale osservò quindi che, ai fini della determinazione dello scaglione di riferimento per diritti ed onorari, gli artt. 6, co. 2, di entrambe le tariffe menzionate prevedevano che nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile . Il valore della controversia, determinato ai sensi degli artt. 12, secondo comma, e 15 cod.proc.civ., atteso che il valore dei singoli immobili che formano la massa vanno determinati comunque sulla base dei criteri espressi da tale ultimo articolo, appariva eccessivamente modesto rispetto a quello effettivo. Infatti, a fronte di una valutazione complessiva di Euro 975.830,60 dell'intero compendio da dividere, effettuata dal consulente tecnico di parte nominato dallo stesso I. , l'applicazione delle norme del codice di procedura civile richiamate dalle tariffe conducevano alla determinazione di un valore di appena 361.262,00. Per determinare il valore della causa e, quindi, lo scaglione di riferimento occorreva, nella fattispecie, fare riferimento all'intera massa da dividere e non soltanto alla quota che sarebbe spettata all'attore vi era contestazione, oltre che sull'avvenuta usucapione di uno degli immobili da parte di uno dei convenuti, anche sul valore dell'intera massa da qui la necessità di nomina di un c.t.u Tanto premesso, andavano disattese le osservazioni dell'I. in ordine allo scaglione applicato all'avv. L.S. nella nota spese in atti, la cui individuazione risultava corretta alla luce delle esposte considerazioni. L'I. si doleva anche che il predetto legale avesse duplicato nella nota la voce assistenza n. 2 accessi del c.t.u. che, invece, sarebbe stata dovuta una sola volta. Il rilievo fu giudicato infondato. L'avv. S. si era riconosciuto un importo medio tra il minimo e il massimo della voce n. 17 della nuova tariffa assistenza ai mezzi di prova disposti dal giudice per ogni mezzo istruttorio così come aveva fatto per la liquidazione di tutte le altre voci degli onorari. Correttamente, quindi, il professionista aveva considerato unitariamente l'attività prestata nel corso della consulenza tecnica di ufficio, non moltiplicandola per ogni singolo accesso effettuato dal tecnico ed al quale aveva presenziato. L'I. aveva anche eccepito che tra le voci riportate nella parte riguardante la c.d. fase stragiudiziale era stata riportata la voce partecipazione ud. 13/6/2006 già inserita però fra i diritti relativi alla fase giudiziale . In effetti, la voce doveva essere inserita tra quelle della fase strettamente giudiziale tuttavia si rilevava che le udienze complessive in cui si era articolato il giudizio erano state almeno sette, ed in sei di queste vi era la prova della partecipazione del ricorrente, mentre nella parte della notula intitolata fase giudiziale si chiedeva il pagamento dei diritti soltanto per la partecipazione a cinque udienze. Quanto agli onorari, nella relativa liquidazione doveva tenersi conto dell'esito favorevole della controversia e della incontestata soddisfazione degli interessi del cliente, e, quindi, la determinazione, così come operata dal ricorrente, nel valore medio tra il minimo e il massimo di ogni singola voce dello scaglione tra Euro 516.500,01 ed Euro 1549400,00 poteva ritenersi certamente congrua. Infine, andavano riconosciuti anche i compensi per l'attività stragiudiziale intimamente connessa a quella giudiziale e volta al perfezionamento della conciliazione ed all'esecuzione delle obbligazioni assunte dalle parti. Esclusa la liquidazione della vice partecipazione udienza del 13 giugno 2006 , potevano essere riconosciute tutte le altre voci corrispondenti a prestazioni non contestate dall'I. e di cui vi era prova documentale in atti. 3.3. - Per la cassazione di tale ordinanza ricorre l'I. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso l'avv. L.S. . Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e mancata applicazione dell'art. 6, comma 4, del d.m. 8 aprile 2004, n. 127. Si lamenta che il Tribunale di Napoli abbia impropriamente considerato per l'intero il valore del compendio oggetto della divisione nonostante la domanda di usucapione spiegata da uno dei convenuti avesse riguardato solo uno dei due immobili da dividere. L'errore commesso dal Tribunale sarebbe consistito in particolare in ciò, che, avendo esso applicato il comma 2 del citato art. 6 - per avere, nell'esercizio della sua discrezionalità, ritenuto sussistente nella controversia sottoposta al suo esame una manifesta diversità tra il suo valore presunto a norma del codice di procedura civile artt. 12 e 15 e quello effettivo -, aveva proceduto a liquidare le competenze professionali dell'avv. L.S.S. sulla base del valore dell'intero compendio immobiliare da dividere, determinato nella misura di Euro 900.000,00, senza tenere conto della prescrizione del comma 4 dello stesso art. 6, che impone di avere riguardo, nella liquidazione a carico del cliente, per la determinazione del valore effettivo della controversia, al valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti. Il tribunale avrebbe dovuto, dunque, tenere conto di quella sola parte del compendio da dividere coincidente con l'interesse perseguito dalla parte, che, nel caso di specie, coincideva con quello afferente alla singola quota spettante al cliente, ossia un terzo del patrimonio oggetto di divisione. La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis Se, in caso di applicazione del II comma dell'art. 6 del d.m. 127/04, ai sensi del disposto di cui al successivo IV comma, nelle controversie di divisione giudiziaria ovvero ereditaria di beni immobili, per la determinazione del valore effettivo della controversia al fine della liquidazione dei compensi professionali del difensore patrocinante, debba aversi riguardo al valore della quota spettante al cliente, coincidendo questa stessa con l'interesse dalla medesima perseguito” . 2. - La censura è destituita di fondamento. 2.1. - È pur vero che, secondo l'orientamento di questa Corte, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 cod. proc. civ., ma quello della quota in contestazione, poiché l'art. 6 del d.m. n. 127 del 2004, pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione alla quota o ai supplementi di quota in contestazione, e tale norma, in quanto diretta a collegare il valore della causa all'interesse in concreto perseguito dalla parte, è applicabile analogicamente anche per la liquidazione degli onorari dovuti dal cliente in relazione all'azione di riduzione v. Cass., sent. n. 6765 del 2012 . 2.2. - Nella specie, peraltro, come puntualmente precisato nella ordinanza di rimessione, la contestazione riguardava non solo la maturata usucapione di uno degli immobili da parte di uno dei convenuti, ma anche il valore dell'intera massa. Deve, al riguardo, richiamarsi l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nei giudizi divisori il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso ai difensori, si determina in base alla massa da dividere, se la controversia riguarda la sua entità, ed in base alla quota se la contestazione riguardi solo quest'ultima cfr. Cass., sent. n. 11222 del 1997 . 2.3. - In definitiva, nella specie, correttamente è stata fatta applicazione dell'art. 12, secondo comma, cod.proc.civ., alla cui stregua il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa da dividere. 3.- Con il secondo motivo si denuncia violazione e mancata applicazione dell'art. 112 cod.proc.civ. Si lamenta che il Tribunale di Napoli abbia omesso di detrarre dalla somma liquidata in favore dell'avv. L.S. l'acconto di Euro 2584,67, pacificamente ricevuto dal medesimo difensore nel proprio ricorso monitorio e come tale escluso dalla sua stessa pretesa. 4. - La censura non può trovare ingresso nel presente giudizio, ostandovi un duplice ordine di ragioni. 4.1. - Vi è un primo profilo di inammissibilità, dovuto alla mancata formulazione del quesito di diritto richiesto dall'art. 366-jbis cod.proc.civ 4.2. - La ulteriore ragione di inammissibilità della doglianza risiede nel difetto di interesse sopravvenuto. La denunciata violazione dell'art. 112 cod.proc.civ. va, invero, qualificata come mero errore materiale, emendabile con la semplice correzione, e, nella specie, già emendato, avendo l'avv. L.S. , ancor prima della notificazione del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., notificato all'I. atto di precetto di pagamento unitamente alla impugnata ordinanza del Tribunale di Napoli, detraendo la somma di Euro 2584,67 dal credito indicato nella ordinanza stessa. 5. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nell'avvenuta emenda dell'errore materiale di cui sub 4. le ragioni della compensazione tra le parti delle spese del giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio.