Tariffe professionali sì, ma in proporzione all’effettiva valenza dell’opera prestata

Il compenso per l’attività di consulenza ed assistenza posta in essere da un avvocato deve essere computato alla stregua della tariffa professionale, ma, allo stesso tempo, deve essere pur sempre proporzionato alla reale consistenza e all’effettiva valenza professionale espletata.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 14800, depositata il 30 giugno 2014. Il caso. Un avvocato, che aveva svolto attività di consulenza ed assistenza rispetto ad operazioni concernenti la fusione per incorporazione di due banche, chiedeva la condanna della banca incaricante al pagamento di quanto dovuto per aver svolto l’incarico. L’istituto di credito veniva condannato al pagamento del compenso spettante all’avvocato, da computarsi alla stregua della tariffa professionale. Bisogna tener conto del principio di proporzionalità. Dopo un lungo iter giudiziale, la Corte di Cassazione veniva adita dagli istituti di credito condannati dalla Corte d’appello in sede di rinvio. I soccombenti deducevano violazione e falsa applicazione di norme di legge, in particolare adducevano una falsa comprensione del principio di legittimità affermato dalla Corte e disatteso dal Giudice d’appello di rinvio. La Cassazione ricorda che, nella prima sentenza che rinviava alla Corte d’appello, era stato affermato che la liquidazione dell’onorario doveva essere disposta alla luce della ritenuta operatività della tariffa professionale degli avvocati e del correlativo principio di inderogabilità dei minimi tariffari. Tuttavia, i giudici di merito erroneamente avevano interpretato tale affermazione come disposizione preclusiva della necessità di riscontrare l’imprescindibile rapporto di proporzionalità tra la reale consistenza, l’effettiva valenza dell’opera professionale espletata ed il compenso da erogare. Alla stregua di tale ragionamento la Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 aprile – 30 giugno 2014, n. 14800 Presidente Oddo – Relatore Abete Svolgimento del processo Con atto in data 9.1.1991 l'avvocato professor S.N. citava a comparire innanzi al tribunale di Catania il Monte dei Paschi di Siena . Esponeva che in data 7.4.1990 aveva ricevuto incarico di prestar attività di consulenza ed assistenza in ordine alle operazioni concernenti la fusione per incorporazione della Banca Popolare Siciliana nel Monte dei Paschi di Siena che, assolto l'incarico, aveva domandato la corresponsione del compenso dovutogli al Monte dei Paschi di Siena , subentrato a seguito della fusione nelle posizioni obbligatorie della Banca Popolare Siciliana che, nondimeno, il Monte dei Paschi aveva denegato il pagamento. Chiedeva all'adito tribunale la condanna dell'istituto di credito convenuto al pagamento del compenso spettantegli, da computarsi alla stregua della tariffa professionale. Costituitosi, il Monte dei Paschi di Siena contestava nell' an - giacché l'incarico era stato dall'attore svolto in favore personalmente degli amministratori della Banca Popolare Siciliana - e nel quantum l'avversa pretesa attendeva, altresì, alla chiamata in causa degli amministratori della Banca Popolare Siciliana . Con sentenza del 12.10.1994 il tribunale di Catania condannava il Monte dei Paschi di Siena a pagare all'attore la somma di lire 1.101.273.000, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, e le spese di lite dichiarava la continenza della domanda proposta dal Monte dei Paschi nei confronti dei componenti del consiglio di amministrazione della Banca Popolare Siciliana rispetto ad altra domanda proposta dall'istituto di credito convenuto nei confronti degli stessi soggetti e pendente innanzi al tribunale di Siena. Interponeva appello il Monte dei Paschi di Siena . Si costituivano l'avvocato professor S.N. e l'avvocato M.R. resistevano e spiegavano a loro volta appello incidentale. La Corte d'appello di Catania nel contraddittorio degli altri amministratori chiamati, con sentenza del 10.11.1998, liquidava il dovuto nell'ammontare di L. 300.000.000, disapplicando la Tariffa forense, per contrasto con gli artt. 5 e 85 del Trattato CEE in base alla decisione della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 18.6.1998 così sentenza corte d'appello di Palermo, pag. 7 , oltre interessi, denegava la rivalutazione monetaria, disconosceva la continenza affermata dal primo giudice e compensava integralmente le spese del grado. Avverso tale sentenza proponevano ricorso a questa Corte di legittimità, in via principale, l'avvocato professor S.N. , in via incidentale, l’ Istituto Monte dei Paschi di Siena e la Banca Monte dei Paschi di Siena congiuntamente, nonché l'avvocato M.R. . Con sentenza n. 11031 dei 10.4/15.7.2003 questa Corte, in accoglimento per quanto di ragione unicamente del ricorso principale, cassava la sentenza del 10.11.1998 della corte d'appello di Catania. L'avvocato S.N. riassumeva tempestivamente il giudizio dinanzi alla corte d'appello di Palermo, giudice del rinvio, nei confronti delle parti tutte chiedeva, in accoglimento del gravame incidentale in precedenza esperito, la condanna in solido della Banca Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Monte dei Paschi di Siena a pagargli l'onorario in misura non inferiore alla somma corrispondente in Euro a L. 2.000.000.000, oltre interessi legali in subordine, chiedeva confermarsi la sentenza del 12.10.1994 del tribunale di Catania. La Banca Monte dei Paschi di Siena chiedeva, in accoglimento del gravame principale in precedenza esperito, riconoscersi il compenso spettante all'avvocato S. in misura non superiore ad Euro 51.645,69, oltre interessi legali. Si costituivano Si.An.Ro. , A.N. , F.F. , Fa.Vi. , So.Ca. , T.G. , che chiedevano la loro estromissione dal giudizio. Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci la Fondazione Monte dei Paschi di Siena , G.C. , L.L.C. , M.R. , C.M. , C.D. e Si.Fi. . Con sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 la corte d'appello di Palermo, in sede di rinvio, ha respinto l'appello principale già esperito avverso la sentenza del tribunale di Catania dalla Banca Monte dei Paschi di Siena , ha respinto l'appello incidentale già esperito avverso la sentenza del tribunale di Catania dall'avvocato professor S. , ha condannato in solido la Fondazione Monte dei Paschi di Siena e la Banca Monte dei Paschi di Siena a rimborsare all'avvocato professor S. le spese del giudizio d'appello, di cassazione e di rinvio ha compensato integralmente tra tutte le altre parti le spese del giudizio di cassazione e di rinvio. Premetteva la corte palermitana che andava disattesa la domanda di estromissione dal giudizio degli amministratori della B.P.S. , giacché già parti del giudizio innanzi a questa Corte di legittimità e, quindi, litisconsorti necessari processuali indi evidenziava che, nel cassare con rinvio, questa Corte aveva affermato che la liquidazione dell'onorario del S. deve essere disposta alla luce della ritenuta operatività della tariffa professionale degli avvocati e del correlativo principio d'inderogabilità dei minimi tariffari così sentenza impugnata, pag. 9 che, inoltre, non residuava spazio per una nuova valutazione dell'attività svolta dall'appellato - già inquadrata, in modo unitario, in quella di assistenza nella stipulazione di contratti - o per la sua suddivisione in più di una prestazione, neppure ai fini dell'invocato potere di deroga dei minimi tariffari, e ciò in quanto le circostanze, allegate per sostenere la dedotta sproporzione tra attività e misura del compenso, sono, proprio, quelle dedotte per sostenere la marginalità e la specificità dell'intervento del Professionista, sicché l'accertamento della sproporzione implicherebbe la rimeditazione di un tema, quello dell'individuazione dell'attività, in concreto, svolta dall'appellato, coperto da giudicato interno così sentenza impugnata, pagg. 12-13 . Avverso tale sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena e la Fondazione Monte dei Paschi di Siena , chiedendone, sulla sorta di due motivi, la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese. L'avvocato professor S.N. ha depositato controricorso ha chiesto dichiararsi inammissibile e comunque rigettarsi l'avverso ricorso, con il favore delle spese del giudizio di legittimità. L'avvocato M.R. ha depositato controricorso ha chiesto rigettarsi l'avverso ricorso ed, in via di ricorso incidentale, non avendo preso parte all'adozione della delibera con cui il consiglio di amministrazione della Banca Popolare Siciliana affidò incarico all'avvocato professor S. , ha chiesto dichiararsi che l'odierno comparente è privo di titolarità passiva del rapporto così controricorso, pag. 4 con vittoria di spese e competenze di lite. Gli intimati Si.An.Ro. , A.N. , F.F. , Fa.Vi. , So.Ca. , T.G. , L.L.C. , Si.Fi. , C.D. , C.M. e G.C. non hanno svolto difese. L'avvocato professor S.N. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c Del pari hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. la Banca Monte dei Paschi di Siena e la Fondazione Monte dei Paschi di Siena . Motivi della decisione Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2233 cod. civ., 24, 60, 58 r.d. legge 27.11.1933 n. 1578, in relazione agli artt. 5 e 85 del trattato U.E. e dai principi affermati dalla Carta di costituzione nella decisione 19.2.2002 in causa 35/99. Violazione e falsa applicazione dell'art. 384 c.p.c. testo anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 . Violazione del principio di diritto affermato nella sentenza di questa Suprema Corte n. 11031 del 10 aprile - 15 luglio 2003, inter partes. Contraddittorietà della motivazione in relazione all'art. 360 punto n. 5, c.p.c. Omesso esame di un punto decisivo. Violazione art. 2909 cod.civ. così ricorso principale, pag. 11 . Adducono che le motivazioni della corte palermitana sono frutto di un'errata comprensione del principio di diritto affermato da questa Corte di legittimità che la sentenza n. 11031 dei 10.4/15.7.2003 di questa Corte si fonda sulla pronuncia della Corte di Giustizia della Comunità Europea del 19.2.2002 in causa 35/99, i cui passaggi argomentativi essenziali implicano che la previsione di minimi di tariffa, ancorché definiti come inderogabili, non esclude il potere del giudice di determinare il compenso in misura diversa, se l'applicazione della tariffa conduca a risultati sproporzionati così ricorso principale, pag. 12 che dunque il giudice ha da determinare il compenso ai sensi dell'art. 2233, 2 co., c.c., tenendo conto, ai sensi dell’art. 60, 3 co., r.d.l. n. 1578/1933, che, nella specie, ciò che formava oggetto di vera contestazione erano soltanto le questioni sollevate dal Monte nelle lettere più volte richiamate così ricorso principale, pag. 14 che, contrariamente a quanto afferma la Corte d'Appello, si deve escludere che la valutazione di proporzionalità del compenso al lavoro svolto fosse preclusa da un giudicato interno che certo non poteva riguardare la misura del compenso proporzionato, visto che era proprio quello il capo della decisione della Corte d'appello di Catania che era stato cassato così ricorso principale, pag. 15 . Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione dell'art. 49 del trattato istitutivo dell'Unione Europea la violazione dell'art. 2 del d.l. n. 223/2006. Adducono che, anche alla luce delle indicazioni di cui alla sentenza del 5.12.2006 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee pronunciata nella causa n. 94/04 , il principio di inderogabilità delle tariffe minime per prestazioni extra giudiziali non può rispondere ad alcuno degli obiettivi indicati dalla Corte di Giustizia così ricorso principale, pag. 17 che l'attività extra giudiziale non è riservata agli iscritti all'albo, sicché l'inderogabilità dei minimi non risponde all'esigenze dell'amministrazione della giustizia che altresì l'inderogabilità dei minimi non risponde all'esigenza di tutela dei consumatori, ma solo all'interesse della categoria professionale a tutela del decoro e della dignità della professione di avvocato così ricorso principale, pag. 18 che il principio di inderogabilità dei minimi tariffari è stato superato dall'art. 2 del d.l. n. 223/2006, sicché lo jus superveniens ha travolto il principio di diritto affermato da questa Corte di legittimità. Il primo motivo del ricorso principale è fondato e meritevole di accoglimento. Il suo buon esito assorbe e rende superflua la delibazione del secondo. Si osserva che l'affermazione operata da questa Corte di legittimità, per vero testualmente riprodotta nel corpo della motivazione della statuizione in questa sede censurata, secondo cui la liquidazione dell'onorario doveva seguire alla luce della ritenuta operatività della tariffa professionale degli avvocati e del correlativo principio d'inderogabilità dei minimi tariffari” cfr. sentenza impugnata, pag. 9 , non era assolutamente da interpretare come preclusiva della necessità di riscontrare l'imprescindibile rapporto di proporzionalità tra la reale consistenza, l'effettiva valenza dell'opera professionale espletata ed il compenso erogando. Del resto, siccome si legge nella parte motiva della stessa sentenza della corte di Palermo, la statuizione della corte di Catania era stata cassata giacché aveva considerato inoperante il principio della normale inderogabilità dei minimi degli onorari così sentenza impugnata, pag. 9 , ovvero della inderogabilità tendenziale dei minimi. In questo quadro può pur concordarsi con la corte palermitana, allorché ha puntualizzato che l'accertamento, compiuto nei pregressi gradi di merito, in ordine alla natura e alle caratteristiche dell'attività professionale svolta, è, ormai, intangibile così sentenza impugnata, pag. 11 , ossia che a cagione di siffatta intangibilità la medesima attività andava considerata unitariamente e valutata, nel suo complesso, come assistenza alla stipulazione del contratto di fusione così sentenza impugnata, pag. 11 . Tuttavia non è in alcuno modo da condividere il postulato che la corte distrettuale ha inteso trame ed a tenor del quale non residua spazio per una nuova valutazione dell'attività svolta dall'appellato . neppure ai fini dell'invocato potere di deroga dei minimi tariffali così sentenza impugnata, pagg. 12 - 13 . Invero la corte distrettuale investita in sede di rinvio ben avrebbe dovuto - e ben dovrà - attender al vaglio puntuale dell'estremo della proporzione, vaglio che lungi dal tradursi nella rimeditazione di un tema coperto da giudicato interno così sentenza impugnata, pagg. 12 - 13 , sostanziava e sostanzia un profilo essenziale per nulla avulso dalla sollecitazione che questa Corte aveva inteso rivolgere nel quadro del pregresso rinvio. Inammissibile è il ricorso incidentale esperito dall'avvocato M.R. . Si evidenzia che il giudice del rinvio, allorché ha disatteso la domanda di estromissione dal giudizio formulata dagli amministratori della B.P.S. , ha esplicitato che costoro fossero da qualificare litisconsorti necessari processuali e ciò ancorché non siano state spiegate domande nei loro confronti così sentenza corte d'appello di Palermo, pag. 9 . Ebbene non risulta in alcun modo che tal ultima affermazione sia stata fatta segno di censura con l'impugnazione, segnatamente principale, a questa Corte di legittimità. Ne discende ulteriormente, in dipendenza del giudicato formatosi in parte qua ai sensi dell'art. 329, 2 co., c.p.c., che l'avvocato M.R. non ha nessun interesse a dolersi, non essendovi margine alcuno perché si possa impugnare una pretesa statuizione in ordine ad una domanda giammai spiegata nei propri confronti. La sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 della corte d'appello di Palermo va pertanto cassata con rinvio ad altra sezione della medesima corte di appello, che provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, in tal guisa assorbito il secondo dichiara inammissibile il ricorso incidentale cassa la sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 della corte d'appello di Palermo rinvia ad altra sezione della corte di appello di Palermo anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.