129 parcelle! Si farà fatica, ma una verifica a campione è illegittima

Ogni singola parcella dell'avvocato coincide con una distinta ragione di credito, alla quale corrisponde una autonoma domanda che il Giudice deve singolarmente esaminare.

Si annota la recentissima sentenza n. 17675 resa dalla Seconda sezione civile della Cassazione il 16 ottobre 2012, in tema di lavoro autonomo, meglio in materia di pagamento di prestazioni professionali rese da un avvocato. Il caso 129 parcelle . Un avvocato aveva assistito e difeso in molteplici giudizi una compagnia di assicurazioni prima che la stessa venisse posta in liquidazione coatta amministrativa. Chiedeva quindi di essere ammesso al passivo della procedura per la somma di quasi Euro 220.000 sulla scorta di ben n. 129 distinte parcelle . Proposta dal legale opposizione ex art. 98 Legge Fallimentare, la compagnia in liquidazione coatta amministrativa contestava le pretese dell'avvocato e il Tribunale dichiarava nullo il ricorso in opposizione per essere incomprensibile la fattispecie sottoposta al suo giudizio . L'avvocato proponeva appello, insistendo nella propria domanda di ammissione al passivo, ma la Corte d'Appello rigettava il gravame, questa volta con decisione nel merito quindi superando l'aspetto in rito che il Giudice di prime cure aveva invece ritenuto assorbente . Secondo i Giudici d'appello la domanda del difensore, pur basata su cospicua documentazione parcelle, copia di verbali di udienza, scritti defensionali , non consentiva tuttavia di ritenere raggiunta la prova che il compenso già riconosciuto fosse come ritenuto dal professionista inadeguato alla natura, alla qualità e alla quantità della prestazione resa. Ma l'avvocato non si arrendeva e proponeva quindi ricorso per cassazione, dall'esito per lui favorevole. Vediamo perché. Secondo il ricorrente la Corte d'appello non avrebbe potuto respingere in blocco l'intero credito vantato, portato da n. 129 distinte notule peraltro basandosi su contestazioni generiche da parte della compagnia di assicurazioni poi sottoposta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa , ma avrebbe dovuto esaminare singolarmente le voci di credito indicate. Inoltre, la Corte d'appello avrebbe errato ritenendo che talune parcelle non fossero riferibili a giudizi proposti nei confronti della compagnia di assicurazioni perché in realtà la compagnia stessa non aveva mai contestato che fosse obbligata al pagamento delle relative parcelle, riguardando infatti suoi clienti dei quali, secondo la prassi, essa si era obbligata e si era fatta carico della difesa gestione della lite” . Del resto, a tale proposito, andava considerato che la compagnia di assicurazioni aveva versato diversi anticipi all'avvocato, ora ricorrente in Cassazione. Non basta una verifica a campione. Anzitutto, i Giudici di Piazza Cavour ritengono che la Corte d'appello, dopo aver affermato che la domanda era effettivamente basata su cospicua documentazione diretta a dimostrare l'insufficienza dei compensi liquidati, effettivamente aveva omesso di esaminare singolarmente tutte le parcelle, recanti ciascuna una autonoma ragione di credito. Per cui, l'essersi limitata ad una verifica a campione costituiva una censura ben fondata. Quindi, secondo la Cassazione, l'avvocato ricorrente aveva in effetti proposto per ciascuna parcella una distinta ragione di credito, alla quale corrispondeva una domanda che doveva essere singolarmente esamina. In definitiva vi è stata una effettiva violazione del precetto di cui all'art. 112 c.p.c. corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato . Per questi motivi la sentenza è stata infine cassata, e in sede di rinvio i Giudici dovranno esaminare le singole domande, corrispondenti alla singole parcelle, decidendo su ciascuna di esse in base alla documentazione prodotta a sostegno, tuttavia considerando anche le specifiche difese svolte dalla compagnia di assicurazioni in liquidazione coatta amministrativa.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 aprile - 16 ottobre 2012, n. 17675 Presidente Felicetti – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con ricorso in opposizione ex art. 98 L.F. l'avv. M.M. , premettendo di aver assistito e rappresentato in molteplici giudizi la Compagnia Tirrena di assicurazioni s.p.a. prima che la stessa venisse posta in liquidazione coatta amministrativa, chiedeva al Tribunale di Roma di ammetterlo allo stato passivo per lire 423.418.250 oltre accessori, in virtù di 129 parcelle allegate. La Compagnia Tirrena s.p.a. in l.c.a. contestava le pretese e, con sentenza n. 9953/2004, il Tribunale dichiarava nullo il ricorso per essere incomprensibile la fattispecie sottoposta al giudizio. Con citazione regolarmente notificata l'avv. M M. proponeva appello avverso detta decisione, insistendo per l'ammissione al passivo della Tirrena in l.c.a. della somma di lire 423.418.250 per prestazioni professionali, maggiore delle somme già ammesse in privilegio ed in chirografo. Resisteva l'appellata e, con sentenza 1062/2008, la Corte di appello di Roma, respingeva il gravame con condanna alle spese. Pur non condividendo la tesi del Tribunale sulla nullità della citazione, la Corte territoriale riteneva l’impugnazione infondata nel merito. La domanda, pur basata su cospicua documentazione parcelle, copia di verbale di udienza e di scritti defensioriali non consentiva di raggiungere la prova che il compenso già riconosciuto fosse inadeguato alla natura, qualità e quantità della prestazione resa. Ricorre M. con cinque motivi, resiste la Compagnia Tirrena di assicurazioni spa in l.c.a Le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione Col primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 104, 112, 116 cpc, nonché dell'art. 2697 cc e sotto alcuni profili anche vizi motivazionali. Deduce di aver prodotto nel giudizio 129 dettagliati progetti di parcella, relativi ad altrettanti giudizi e di avere corredato tali notule con a la prova del conferimento dell'incarico, fornita tramite la produzione della relativa procura in calce agli atti di controparte o al proprio atto difensivo b la prova del valore della causa, fornita tramite la produzione degli atti introduttivi del giudizio delle controparti c la prova dell'attività effettivamente svolta, fornita tramite la produzione dei propri atti difensivi e dei verbali di causa, al fine di dimostrare le singole prestazioni. Si trattava, pertanto, di 129 autonome ragioni di credito, che dovevano essere singolarmente esaminate. Si deduceva che la Tirrena si era limitata a generiche contestazioni, cosicché - secondo quanto enunciato nei quesiti formulati - in mancanza di contestazione specifica delle singole voci, esso ricorrente non doveva dare la prova specifica delle proprie pretese e la Corte di appello non poteva respingere in blocco le domande formulate in relazione alle su dette distinte ragioni di credito, sulla base dell'esame solo di alcune di esse, senza procedere all'esame specifico di ciascuna parcella e della relativa documentazione. Sotto altro profilo, con il medesimo motivo si censura che la Corte di appello abbia ritenuto che talune parcelle non fossero riferibili a giudizi proposti nei confronti della Tirrenia, non avendo questa mai contestato che fosse obbligata al pagamento delle relative parcelle, riguardando propri clienti dei quali, secondo la prassi, essa si era fatta carico della difesa, come era anche dimostrato dagli anticipi versati in relazione ad essi. Anche in proposito si formula idoneo quesito. Il motivo e fondato nei scusi appresso indicati. La Corte di appello, dopo aver affermato nella sentenza impugnata, che la demanda è basata su cospicua documentazione parcelle, copia di verbali di udienza e di scritti difensionali , diretta a dimostrare l'insufficienza dei compensi liquidati all'appellante rispetto a quelli dovuti, effettivamente ha omesso di esaminare singolarmente tutte le parcelle, recanti ciascuna una autonoma ragione di credito, ma ne ha esaminato alcune a campione. Ha cosi rilevato che per alcune l’incarico professionale era stato conferito ad altro legale l'avv. Gravagnuolo ovvero si chiedeva un compenso per una attività opera di conciliazione che non risultava svolta che in molti altri casi la mancanza di copia della citazione non consentiva di verificare il valore della causa, mentre in altri casi non vi era corrispondenza tra il valore indicato in parcella e quello indicato in citazione altre parcelle non si riferivano a casi in cui la Tirrena fosse parte e non era provato quale rapporto intercorresse tra la parte e la società per dimostrare che l’incarico all'appellante fosse stato conferito dalla Tirrena parcelle nn. 50, 86 e 87 in alcune parcelle era indicata la voce discussione senza che fosse allegata documentazione idonea a provarla. Da tali rilievi la Corte di appello ha tratto la conclusione dell’inaffidabilità della documentazione prodotta e della sua inidoneità a dimostrare i compensi richiesti ritenendo che, incombendo sul professionista la prova delle sue prestazioni, egli non l'abbia assolta. Ritiene questo Collegio che il motivo vada accolto, sotto il profilo che effettivamente l’odierno ricorrente, come dedotto con il ricorso, abbia proposto per ciascuna parcella una distinta ragione di credito alla quale corrisponde una domanda che doveva essere singolarmente esaminata in sede di merito. Avendo la Corte di appello esaminato specificamente solo alcune di tali domande, in relazione a tutte le altre risulta violato l'art. 112 cpc e sotto tale profilo ed in tali limiti il motivo vada accollo. Fermo restando che è onere del professionista opponente provare i maggiori importi dovuti, trattandosi di opposizione a passivo, nella quale i principi in materia di onere della prova vanno correlati alla particolare natura e struttura del procedimento. Cosicché con la mancata ammissione al passivo dei crediti in questione, costituiti da prestazioni professionali dell'opponente, questi debbono ritenersi specificamente contestati nella misura in cui non sono stati ammessi, ed hanno continuato ad esserlo, nell'ottica di tale già avvenuta contestazione, nel giudizio di opposizione, avendo la Tirrena dedotto che la somma ammessa al passivo lo era stata in base al valore delle controversie ed alle tariffe all'epoca vigenti, espungendovi le voci non provate, quelle prestate dopo l'inizio della procedura e le parcelle relative all'attività prestata dall'avv. Gravagnuolo. La Corte di appello, pertanto in sede di rinvio, dovrà esaminare le singole domande, corrispondenti alle singole parcelle, decidendo su ciascuna in base alla documentazione prodotta a suo sostegno. Ciò senza che vengano meno le specifiche statuizioni adottate in relazione a singole parcelle con la sentenza era impugnata, nonché quanto alla non debenza di ulteriori compensi per le cause in cui compaia in delega il solo avv. Gravagnuolo, statuizione non contestata con idonee e specifiche censure. Mentre per quanto attiene alle altre parcelle, la Corte d'appello, in sede di rinvio, dovrà in particolare accertare l’esistenza del mandato da parte della società assicuratrice, desumibile anche da altri elementi o comportamenti che possano aver implicato riconoscimento ed conferimento del mandato da parte della Tirrena. Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 10 cpc in ordine all’affermazione della sentenza che nelle parcelle sono stati applicati onorari riferiti a scaglioni di valore superiore a quello indicato in citazione senza tenere conto che oltre alla sorte sommati accessori ed interessi. Col terzo motivo si deduce violazione della tariffa di cui al D.M. 24.11.1990 in ordine all’affermazione della sentenza che sono stati applicati onorari diversi per cause sostanzialmente uguali. Col quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 7 della tariffa per la mancata prova dell’accordo nelle cause in cui il mandato era stato conferito ad altro avvocato. Col quinto motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ai profili denunziati con i motivi precedenti. Il secondo ed il terso motivo sono inammissibili per la genericità dei quesiti, del tutto astratti. Il quarto motivo non supera l’affermazione della sentenza che viene chiesto l’onorario per cause in reazione alle quali l’incarico risulta conferito al solo avv. Gravagnuolo e non risultano provati i termini dell’accordo per i casi in cui l’avv. M. non risulti in delega. Il quinto motivo, subordinato, ripropone in termini di vizi di motivazione, le censure di cui sopra. In definitiva va accolto il primo motivo nei sensi di cui in motivazione mentre gli altri sono inammissibili. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.