Legittima la non rimessione al giudice di primo grado per le spese processuali e l’applicazione della tariffa di procuratore

In tema di opposizione a precetto, è competente il giudice di pace a pronunciarsi sulle sole spese processuali, e la relativa sentenza è provvisoriamente esecutiva in caso di erronea dichiarazione d’incompetenza, la causa va decisa nel merito dal giudice d’appello che può applicare la voce della tariffa dei procuratori.

Il caso. Un Comune intimava ad un avvocato un precetto avente ad oggetto il pagamento delle spese processuali e l’avvocato si opponeva. In primo grado, il giudice di pace si dichiarava incompetente e condannava il professionista alle spese processuali sotto la voce della tariffa dei procuratori. In appello, l’avvocato sosteneva la nullità della sentenza di primo grado per la nullità della costituzione del Comune il Tribunale dichiarava la competenza del giudice di pace, accoglieva parzialmente l’opposizione a precetto e confermava l’esecutività della pronuncia sulle spese anche se per una somma inferiore a quella intimata, in relazione all’esatta individuazione dello scaglione tariffario applicabile. Oggetto e punti focali della vicenda. Il caso in esame, esaminato dal Tribunale di Firenze 6-10-2005 n. 3544 , verte in tema di opposizione a precetto ed incompetenza del magistrato, nullità degli atti processuali, efficacia della sentenza di primo grado, applicazione della tariffa per procuratore ed auto applicazione delle voci di tariffa. Il punto è, quindi, valutare comparativamente, specialmente sotto i profili formali-procedimentali, le due pronunce di merito. Competenza giurisdizionale la potestà del giudice d’appello nel merito. In primis , va sottolineato che il giudice di pace è competente in tema di opposizione a precetto art. 17 comma 1 c.p.c. . Pertanto, l’erronea dichiarazione di incompetenza, emessa dal giudice di primo grado, non rientra tra le ipotesi artt. 353 e 354 c.p.c, art. 89 l. 26-11-1990 n. 353 di rimessione della causa al medesimo primo giudice il giudice d’appello ha il potere, ed il dovere, di decidere nel merito Cass. 10-08-2004 n. 15430 e 21-05-2010 n. 12455 . Atti processuali e dipendenza l’onere della prova del pregiudizio derivante dall’atto nullo. L’ordinamento art. 360 n. 4 c.p.c. non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria bensì garantisce esclusivamente l’eliminazione del pregiudizio subìto dal diritto di difesa e derivante dall ’error in procedendo . Segnatamente, l’asserita nullità anche parziale di un atto es. la costituzione del convenuto non comporta la nullità totale o parziale degli atti successivi o precedenti indipendenti es. la sentenza , potendo l’atto produrre gli altri effetti cui è idoneo e, nel caso in esame, soltanto la condizione di contumacia del convenuto medesimo art. 159 c.p.c. . Onde affermare l’efficacia della nullità di un atto su altri atti, necessita, quindi, dimostrare la dipendenza tra i medesimi atti ed, a tal fine, allegare e provare che l’atto nullo ha avuto un’influenza determinante sugli altri atti e, come nella fattispecie, provare il pregiudizio che sarebbe derivato dalla invalida costituzione del convenuto in primo grado. Efficacia della pronuncia di primo grado e condanna alle spese l’esecutività. L’efficacia di una sentenza di primo grado avente natura costitutiva e/o di accertamento non è anticipata rispetto alla formazione della cosa giudicata art. 282 c.p.c. . Tuttavia, la sentenza di primo grado contenente una statuizione di condanna va ritenuta immediatamente e provvisoriamente esecutiva Cass. 3-08-2005 n. 16262, Cass. 25-01-2010 n. 1283 anche quando non definitiva e, cioè, senza necessità della previa decisione nel merito in ordine all'accoglimento o meno della domanda introdotta dalle parti, quindi anche quando dispone meramente in tema di spese la pronuncia sulle spese non avrebbe, cioè, natura accessoria alla decisione sul merito della causa, come invece sostenuto da un diverso orientamento giurisprudenziale Cass. n. 229/1971, n. 5837/1993 e n. 9236/2000 e Corte Cost. 16-07-2004 n. 232 . Albo professionale esiste la tariffa del procuratore. L’abrogazione dell’albo dei procuratori e la creazione di un unico albo l. n. 27/1997 ha determinato l’eliminazione della distinzione tra avvocato e procuratore ma non la separazione tra le rispettive o concrete funzioni D.M. 8-04-2004 n. 127 , con la necessità in entrambi i casi del conferimento del mandato è da ritenersi, così, tuttora esistente e valida la tariffa per le prestazioni professionali in qualità di procuratore e, quindi, legittima la relativa richiesta ed applicazione. Onorario ed auto-applicazione conformità alla normativa europea. Il potere dell’ordine forense di stabilire le tariffe è bilanciato dal potere dello Stato, nella persona del Ministro, di far modificare il progetto di tariffa redatto dal medesimo organismo di categoria ed, altresì, dal potere di liquidazione spettante agli organi giudiziari. Dunque, è costituzionalmente legittima, e non contrastante con l’art. 85 trattato CE Corte Giust. 19-02-2002, C-35/99 , la richiesta di liquidazione di voci tariffarie dell’onorario fondate sull’auto-applicazione formulata dal professionista.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 novembre – 15 dicembre 2011, n. 27090 Presidente Vitrone – Relatore Ceccherini Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. L'avvocato si oppose al precetto intimatole dal Comune di Firenze per il pagamento di spese processuali dovute in forza di una sentenza del Tribunale di Firenze, adducendo che, in mancanza di condanna nel merito, la pronuncia non aveva valore di titolo esecutivo. Il Giudice di Pace di Firenze si dichiarò incompetente a norma dell'art. 9 c.p.c. 2. Con sentenza 6 ottobre 2005 il Tribunale di Firenze, riformando la sentenza di primo grado, ha affermato la competenza del giudice di pace a conoscere dell'opposizione a precetto a norma dell'art. 17 comma primo c.p.c., e ha dichiarato infondato l'altro motivo di appello, con il quale si deduceva la nullità della sentenza per l'asserita nullità della costituzione in primo grado del comune, osservando che dalla nullità della costituzione del convenuto deriva la contumacia del medesimo e non la nullità della sentenza, e che nella fattispecie il primo giudice non aveva neppure condannato l'attrice al pagamento delle spese nei confronti del convenuto. Nel merito, il Tribunale ha parzialmente accolto l'opposizione a precetto, confermandone l,esecutività per una somma inferiore a quella intimata, previo ricalcolo delle spese in esso indicate, in relazione all'esatta individuazione dello scaglione tariffario applicabile, e ha compensato le spese dell'intero giudizio. 3. Per la cassazione della predetta sentenza ricorre l'avvocato con atto notificato in data 8 settembre 2006, per cinque motivi. Il Comune di Firenze resiste con controricorso notificato il 17 ottobre 2006. 4. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell'art. 353 comma primo c.p.c., non avendo il tribunale rimesso la causa al primo giudice, dopo averne affermato la competenza da lui erroneamente negata. Il motivo è infondato. La corte ha avuto ripetutamente occasione di insegnare che l'erronea dichiarazione di incompetenza da parte del giudice di primo grado non rientra fra le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, tassativamente previste dagli artt. 353 e 354, c.p.c., poiché il terzo comma del menzionato articolo 353, che quella rimessione prevedeva nel solo caso in cui il pretore, in riforma della sentenza del conciliatore, avesse dichiarato la competenza, è stato esplicitamente abrogato, a decorrere dall'l gennaio 1993, dall'art. 89, legge 26 novembre 1990 n. 353. Pertanto, quando il giudice d'appello ritenga errata la pronunzia di incompetenza emessa dal giudice di primo grado, deve decidere la causa nel merito Cass. 10 agosto 2004 n. 15430 21 maggio 2010 n. 12455 . 5. Con il secondo motivo si censura sotto il profilo dell'art. 360 primo co. nn. 3 e 4 c.p.c. l'affermazione del giudice di merito, che la pretesa dall'appellante nullità della costituzione del comune in primo grado non avrebbe cagionato la nullità della sentenza, ma solo la condizione di contumace della parte. 5.1. Il motivo si traduce nella denuncia di un'omessa pronuncia di nullità di atti processuali, ed è pertanto esaminabile sotto il solo profilo dell'art. 360 primo co. n. 4 c.p.c. Esso è infondato. L'art. 159 c.p.c. stabilisce che la nullità di un atto non importa quella degli atti successivi che ne sono indipendenti. Ciò significa che, in tanto la nullità della costituzione del convenuto si estende agli atti successivi, in lquanto questi ne dipendano, sicché la parte che su quella premessa denuncia la nullità della sentenza pronunciata all'esito del giudizio ha l'onere di allegare e dimostrare che l'atto nullo ha avuto un'influenza determinante sugli atti successivi. Del resto non è inopportuno ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza della corte, l'art. 360, n. 4, cod. proc. civ., nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo. Nel caso in esame, in cui la sentenza di primo grado, di incompetenza per materia ex art. 9 c.p.c. è stata integralmente riformata, e il giudice d'appello si è pronunciato sul merito di tutte le domande proposte dall'opponente a precetto, la ricorrente non allega alcun pregiudizio che le sarebbe derivato dalla costituzione del convenuto in primo grado di giudizio, sicché il motivo deve essere rigettato. 6. Con il terzo motivo si denuncia la violazione recte falsa applicazione dell'art. 282 c.p.c., per avere il giudice di merito affermato che la sentenza di primo grado è esecutiva nel capo portante la condanna alle spese, anche quando non vi siano altre pronunce di condanna nel merito. 6.1 .Il motivo è infondato. Il giudice di merito si è uniformato sul punto alla giurisprudenza di questa corte per la quale, ancorché l'art. 282 cod. proc. civ. non consenta di ritenere che l'efficacia delle sentenze di primo grado aventi natura di accertamento e/o costitutiva sia anticipata rispetto alla formazione della cosa giudicata sulla sentenza , qualora ad esse acceda una statuizione di condanna, tale statuizione, in forza della riferibilità dell'immediata efficacia esecutiva della sentenza di primo grado a tutte le pronunce di condanna, indipendentemente dalla loro accessorietà ad una statuizione principale di accertamento e/o costituiva, deve considerarsi provvisoriamente esecutiva Cass. 10 novembre 2004 n. 21367 conf. 3 agosto 2005 n. 16262, ord. 25 gennaio 2010 n. 1293 . Non ha valore concludente il richiamo della ricorrente alla sentenza della Corte costituzionale 16 luglio 2004 n. 232, giacché in essa la legittimità dell'art. 292 c.p.c., nell'interpretazione di questa corte circa l'estensione dell'esecutività della sentenza di primo grado alle pronunce sulle spese pur in difetto di pronuncia sul merito, è confermata, sia pur movendo dal rifiuto in radice della stessa accessorietà della pronuncia sulle spese. 7. Con il quarto motivo si lamenta la violazione degli artt. l e 6 della legge 24 febbraio 1997 n. 27 e dell'art. 2 d.l. 4 luglio 2006 n. 223, per avere il giudice di merito ritenuto legittima la condanna al pagamento, a titolo di spese processuali, di voci di una tariffa professionale abrogata, qual è quella dei procuratori legali. 7.1. Anche questo motivo è infondato. La corte ha da tempo chiarito che l'abolizione della distinzione professionale tra gli avvocati e i procuratori legali, prevista dalla legge n. 27 del 1997 che ha soppresso l'albo dei procuratori legali prevedendo l'iscrizione di questi ultimi nell' unico albo degli avvocati non ha determinato il superamento della tradizionale bipartizione tra le funzioni di procuratore e di avvocato normativamente individuate nel codice di rito con le rispettive locuzioni di ministero di difensore e di assistenza di difensore - con la conseguente necessità della procura, ex art. 83, comma primo, c.p.c., per il conferimento del ministero di difensore Cass. 14 ottobre 2000 n. 13729 . L'abolizione dell'albo dei procuratore non ha comportato, dunque, l'abolizione della tariffa per le prestazioni professionali dei procuratori. 8. Con il quinto motivo si lamenta la violazione degli artt. 10, 81, 84 del Trattato U.E., avendo il giudice di merito ritenuto ammessa la richiesta di voci tariffarie fondate sull'autoapplicazione formulata dai professionisti. 8.l. Anche questo motivo è infondato. La Corte di giustizia CE, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il Trattato CE della disciplina legale delle tariffe professionali degli avvocati nell'ordinamento italiano, ha affermato che, sebbene sussista una violazione degli artt. 5 e 85 del Trattato quando uno Stato membro tolga alla propria normativa il suo carattere pubblico delegando ad operatori privati la responsabilità di adottare decisioni d'intervento in materia economica, non si può ritenere che uno Stato membro abbia delegato ad operatori privati la responsabilità di adottare decisioni d'intervento in materia economica - il che avrebbe la conseguenza di privare la normativa del suo carattere pubblico - qualora, da un lato, l'organizzazione di ca tegoria di cui trattasi sia incaricata solo di approntare un progetto di tariffa di per sé non vincolante - poiché il Ministro ha il potere di far modificare il progetto da detta organizzazione e, dall'altro, la normativa nazionale disponga che la liquidazione degli onorari è effettuata dagli organi giudiziari in base ai criteri da essa stessa stabiliti, autorizzando peraltro il giudice a derogare, in talune circostanze eccezionali e con decisione debitamente motivata, ai limiti massimi e minimi fissati e che, di conseguenza, nemmeno si può ritenere che lo Stato membro imponga o favorisca la conclusione di intese contrastanti con l'art. 85 del Trattato o ne rafforzi gli effetti Corte di giustizia C.E. 19 febbraio 2002 in causa C-35/99 L'applicazione del principio enunciato dalla corte europea alla normativa italiana porta a concludere nel senso della piena legittimità di questa, dovendosi escludere che possa parlarsi di un autonomo potere dell’ordine di stabilire le tariffe che dovranno essere applicate anche dal giudice, con sottrazione del potere in questione allo Stato italiano. Il ricorso deve essere pertanto respinto. Le spese del giudizio sono a carico della parte soccombente, e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 1.700,00, di cui € 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.