Non è soggetto ad IRAP l’avvocato che sostiene spese di rappresentanza per importi elevati

L’avvocato non paga l’IRAP anche quando ha elevate spese di rappresentanza in quanto i costi personali, come ristoranti o alberghi, non configurano un’autonoma organizzazione, non essendo funzionali allo sviluppo della produttività.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 3448 dell’11 febbraio 2021, ha accolto il ricorso del professionista. IRAP professionisti rilevanza delle spese sostenute. In relazione alla rilevanza delle spese del professionista, con le circolari n. 45/08 e n. 28/10 è stato evidenziato che l’ affidamento a terzi , in modo non occasionale, di incombenze tipiche dell’ attività artistica o professionale deve essere valutato positivamente ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione. La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che agli effetti impositivi IRAP ciò che rileva è la sussistenza di una organizzazione autonoma, restando indifferente il mezzo giuridico col quale quest’ultima è attuata dipendenti ovvero società di servizi e che rende possibile lo svolgimento complesso dell’attività complessa dei professionisti . In particolare, è soggetto ad IRAP il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente . Ciò accade, ad esempio, in presenza di contratto di outsourcing, che impegna le parti a collaborare affinché la clientela percepisca l’attività come organizzazione unitaria fornitrice di più servizi. A tal fine, gli Uffici valorizzano la presenza nei modelli di dichiarazione in particolare, nel quadro RE di spese sostenute per l’erogazione di compensi a terzi, salvo che il relativo importo possa ritenersi del tutto trascurabile. Come già evidenziato con circolare n. 45/08, non rileva invece l’eventuale prestazione fornita da terzi per attività estranee a quelle professionali o artistiche ad esempio, consulenza ed assistenza tributaria ai fini dell’assolvimento degli obblighi fiscali di un artista o di un professionista . Per quanto concerne la valorizzazione da parte degli uffici dei costi sostenuti dal professionista, soprattutto se di importo rilevante, secondo un interessante valutazione della recentissima sentenza della Cassazione n. 23557/16 il valore assoluto dei compensi e dei costi così come il loro reciproco rapporto percentuale non fornisce sempre elementi utili per desumere l’esistenza del presupposto impositivo, posto che i compensi alti possono essere sintomo anche del mero valore ponderale specifico dell’attività professionale si pensi al chirurgo plastico delle dive dello spettacolo mentre l’ elevato ammontare delle spese può dipendere da costi strettamente collegati all’aspetto personale dell’attività professionale spese alberghiere o di rappresentanza, carburante utilizzato per il veicolo strumentale etc. e costituenti mero elemento passivo per l’ esercente l’attività professionale, non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlate pertanto all’implementazione dell’aspetto organizzativo, e perciò stesso inidonee a descrivere il modo in cui l’attività è concretamente esercitata . Nella fattispecie concreta, poi, il valore modesto dei compensi corrisposti a terzi è apparso dimostrativo del fatto che il contribuente si è avvantaggiato di collaborazioni del tutto occasionali. Caso concreto. Secondo i Giudici di legittimità, insomma, l’alto volume d’affari e i costi di rappresentanza, quasi 70 mila euro in alberghi e ristoranti, non sono indice di autonoma organizzazione. Infatti, ricordano nelle motivazioni, in tema di Irap, il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell'attività esercitata, e, dall'altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all'aspetto personale spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale , rappresentando, così, un mero elemento passivo dell'attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all'implementazione dell'aspetto organizzativo cfr. Cass. n. 23847/2019, n. 27423/2018 e n. 1820/2017 . Con la pronuncia n. 14589/20, infine, la Cassazione ha precisato che i Giudici di merito, nei limiti delle allegazioni di parte, devono indagare la natura delle spese sostenute nel caso di specie, concluso con l’accoglimento del ricorso di un commercialista, le spese attenevano all'immobile, in parte destinato all'esercizio della professione ed in parte destinato ad abitazione, ai mezzi di locomozione utilizzati per gli spostamenti nell'espletamento della medesima attività ed ai beni strumentali indispensabili per lo svolgimento dell'attività di commercialista Ora la CTR di Napoli dovrà riconsiderare il caso alla luce del principio ricordato in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 4 novembre 2020 – 11 febbraio 2021, n. 3448 Presidente Crucitti – Relatore Guida Rilevato che l’avv. A.A. impugnò, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Benevento, la cartella di pagamento, emessa all’esito di un controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, per omesso versamento dell’IRAP e dell’IVA , per l’annualità 2006, facendo valere, per quanto adesso rileva, la mancanza del presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, consistente nell’esercizio autonomamente organizzato della professione legale il giudice di primo grado con sentenza n. 190/07/2011 rigettò il ricorso la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, nel contraddittorio dell’Agenzia e di Equitalia Sud Spa, poi Equitalia Polis Spa, in relazione alla quale la CTR ha dichiarato, testualmente, l’estraneità al giudizio, per esservi controversia soltanto in punto di autonoma organizzazione , ha rigettato l’impugnazione sul rilievo che l’appellante non avesse dimostrato l’assenza del citato presupposto dell’autonoma organizzazione. Anzi, secondo la Commissione regionale, dall’esame del quadro E della dichiarazione dei redditi ed IVA relativa al 2006 si evincono più elementi concordanti che avvalorano la sussistenza di una organizzazione, che consente allo studio professionale di funzionare anche in assenza del titolare infatti 66.000,00 Euro di spese tra alberghi e ristoranti, l’ingente volume di affari conseguito in Euro 240.693,00, oneri diversi di gestione per Euro 67.460,00, sono tutti elementi che confliggono con la pretesa mancanza di organizzazione autonoma cfr. pag. 3 della sentenza impugnata il contribuente ricorre per cassazione, con un motivo, illustrato anche con successiva memoria l’Agenzia resiste con controricorso. Considerato che 1. con l’unico motivo del ricorso 1 Error in iudicando - Violazione di legge con riguardo al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 e art. 3, comma 1, lett. c , nonché D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, oltre ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 156 del 2001 e dalla Cassazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. , il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto sussistente il presupposto dell’autonoma organizzazione escluso dalla CTR campana, con sentenza n. 283/18/12, in altra analoga controversia, riguardante l’annualità 2005 , senza avere considerato che al contribuente - il quale non si era avvalso di personale dipendenti o soggetti esterni , nè aveva utilizzato beni strumentali di rilievo - potevano imputarsi, a titolo di spese di organizzazione, costi modesti canoni di locazione, compenso a terzi per collaborazioni occasionali, spese accessorie, spese alberghiere e di ristorazione , onde emergeva, al fine dell’esclusione del citato presupposto normativo, la sicura prevalenza dell’apporto personale sui fattori esterni personali e materiali 1.1. il motivo è fondato la statuizione della C.T.R. si è discostata dal consueto orientamento di legittimità Cass. 18/11/2016, n. 23557 , al quale va data continuità, per il quale In tema d’IRAP, il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale , rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo . nello stesso senso, Cass. 10/04/2018, n. 8728, ha precisato che In tema di IRAP, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integrano di per sé il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione. 2. da ciò discende che, accolto il motivo d’impugnazione, la sentenza è cassata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, che esaminerà la vicenda tributaria facendo applicazione del superiore principio di diritto, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.