Termine per la presentazione della dichiarazione integrativa dei redditi

In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A., mentre, se intesa ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo.

Lo ribadisce l’ordinanza della Cassazione n. 7666/20, depositata il 2 aprile. La vicenda. La CTR, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una s.r.l., avverso la sentenza della CTP, che aveva accolto il ricorso della società avverso l’atto di recupero di credito d’imposta per IRAP, che l’Amministrazione aveva ritenuto indebitamente utilizzato in compensazione dalla contribuente con riferimento all’anno d’imposta 2005, nonostante il relativo credito non fosse stato indicato dalla società nella dichiarazione relativa al periodo di riferimento, ma solo con dichiarazione integrativa trasmessa telematicamente successivamente. Avverso tale decisione, le Entrate propongono ricorso in Cassazione. Dichiarazione integrativa. Come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A., mentre, se intesa ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria . Nel caso in esame, la sentenza impugnata risulta in linea con l’indirizzo interpretativo sopra richiamato e a ciò consegue il rigetto del ricorso dell’Amministrazione finanziaria.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 28 gennaio – 2 aprile 2020, n. 7666 Presidente Cirillo – Relatore Napolitano Rilevato che La Commissione tributaria regionale CTR della Lombardia, con sentenza n. 44/13/13, depositata il 10 aprile 2013, non notificata, respinse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della Eco 92 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale CTP di Milano, che aveva accolto il ricorso della società avverso atto di recupero di credito d’imposta per IRAP, che l’Amministrazione aveva ritenuto indebitamente utilizzato in compensazione dalla contribuente con riferimento all’anno d’imposta 2005, sebbene il relativo credito non fosse stato indicato dalla società nella dichiarazione relativa al periodo 1/10/2004 - 30/09/2005, ma solo con dichiarazione integrativa trasmessa telematicamente il 28 maggio 2008. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, cui la società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria. Considerato che 1. Con l’unico motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 e del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo l’erroneità della decisione impugnata che aveva confermato l’accoglimento del ricorso della contribuente sul presupposto dell’emendabilità, anche tardiva della dichiarazione, dovendo la dichiarazione presentata con ritardo superiore a novanta giorni considerarsi omessa ai sensi del succitato D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7. 1.1. Il motivo è infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte cfr. Cass. SU 30 giugno 2016, n. 13378 , hanno affermato il principio secondo cui In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 , mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria cfr. anche, in senso conforme, tra le altre, Cass. sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11507 Cass. sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27583 Cass. sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796 Cass. sez. 5, ord. 9 ottobre 2019, n. 25288 si veda, con riferimento a dichiarazione IVA, Cass. SU 8 settembre 2016, n. 18757 . 1.2. Nell’ambito della formulazione dell’unico motivo di ricorso la inesistenza del credito è stata esclusivamente riferita dall’Amministrazione alla circostanza della tardiva presentazione della dichiarazione integrativa, senza che risulti che neppure con il ricorso in appello l’Agenzia delle Entrate abbia espressamente contestato l’affermata, da parte della CTP, esistenza del credito sulla base della produzione in giudizio della relativa documentazione comprovante i versamenti da parte della società Mod. F24 del luglio - agosto 2004 dai quali deriva il credito poi utilizzato in compensazione dalla società per l’anno 2005. 1.3. La sentenza impugnata risulta quindi in linea con l’indirizzo interpretativo innanzi richiamato, a ciò conseguendo il rigetto del ricorso dell’Amministrazione finanziaria. 2. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, previa verifica della nota spese depositata dalla controricorrente. 3. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed accessori di legge.