L’errore commesso in sede di dichiarazione può essere corretto in sede di impugnazione avverso la cartella

La cartella di pagamento è impugnabile opponendo in giudizio l'errore commesso nella dichiarazione dei redditi. Ciò anche se è spirato il termine ultimo per le modifiche in ossequio al principio costituzionale di capacità contributiva.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 1862/20, depositata il 28 gennaio. La vicenda. I Giudici tributari di merito hanno confermato l’operato del fisco e quindi la legittimità della cartella notificata ad un contribuente con controllo automatizzato ex art. 36- bis d.P.R. n. 602/1973. In particolare, il giudice del gravame ha sostenuto che l’errore di cui la parte appellante chiedeva la correzione sarebbe avvenuto con la dichiarazione del 2003 relativo all’anno 2002, correzione non più possibile essendo intervenuta la decadenza ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973. Pronuncia. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno ribadito quanto segue. La dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore sia esso di fatto che di diritto commesso dal dichiarante nella sua redazione, è emendatile e ritrattabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante a oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Infatti, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost., comma 1, e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97 Cost In buona sostanza, in tema di imposte sui redditi il contribuente è titolare della generale facoltà di emendare i propri errori. Inoltre, la possibilità per il cittadino di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto odi diritto, incidenti sull'obbligazione tributaria, è esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell'amministrazione finanziaria, e anche oltre il termine previsto per l'integrazione della dichiarazione - fissato in quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo. Conclusioni. Secondo un preciso orientamento, espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione con la pronuncia 30 giugno 2016, n. 13378, in caso di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa il contribuente può sempre opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria. In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato la natura perentoria del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa di cui all'art. 2, comma 8- bis , d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ed hanno circoscritto l'operatività della decadenza nell'ambito del procedimento amministrativo tributario. Le Sezioni Unite hanno quindi riconosciuto la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione dei redditi ed incidenti sull'obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine di cui all'art. 2, comma 8- bis , d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 cit Tale principio di diritto, d'altra parte, come precisato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, è coerente con i principi dell'ordinamento, quali la natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, il principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost., l'art. 10, dello Statuto del contribuente, secondo cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede. Non va altresì sottaciuto il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario, con conseguente inapplicabilità, in tale sede, delle decadenze prescritte per il procedimento amministrativo tributario. Oggetto del contenzioso giurisdizionale è infatti l'accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand'anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente La dichiarazione, invero, in linea generale, salvo casi particolari o parti specifiche di essa, è un atto di scienza e quindi sempre emendabile, di talché il contribuente può fare valere eventuali vizi commessi nella redazione della stessa, che attengano al merito della pretesa tributaria, anche in sede contenziosa indipendentemente dal rispetto dei termini per la presentazione della emenda Cass. civ. Sez. V, 30/01/2018, n. 2220 . È sempre emendabile la dichiarazione in sede contenziosa poiché i termini di decadenza previsti per la dichiarazione integrativa e la richiesta di rimborso valgono solo ai fini amministrativi. Pertanto, il giudice deve valutare le prove prodotte al fine di attestare la legittimità dell’atto alla luce dei principi di capacità contributiva Cassazione, sentenza n. 6665/15 . Sebbene ci si opponga a una pretesa fondata su dati errati forniti dal contribuente, l’oggetto del contenzioso non è la dichiarazione integrativa bensì la fondatezza della pretesa tributaria, alla luce degli elementi prodotti dalle parti. Pertanto va riconosciuta la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla maggior pretesa, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella determinazione dell’imposta dovuta. Il contribuente può contestare la debenza del tributo, frutto di errore nella dichiarazione presentata, anche in sede d'impugnazione della cartella di pagamento, nonostante la scadenza del termine di cui all'art. 2, comma 8- bis , d.P.R. n. 322/98, atteso che le dichiarazioni dei redditi sono, in linea di principio, sempre emendabili, anche in sede processuale, ove per effetto dell'errore commesso derivi, in contrasto con l'art. 53 Cost., l'assoggettamento del dichiarante ad un tributo più gravoso di quello previsto dalla legge. La dichiarazione dei redditi costituisce un atto avente natura di dichiarazione di scienza, ritrattabile ed emendabile, anche in assenza di specifica disposizione in quanto tale facoltà del contribuente è espressione del principio costituzionale di capacità contributiva. La dichiarazione non si configura quale atto negoziale e dispositivo, bensì reca una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Va quindi riconosciuta la possibilità per il contribuente, anche in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine di cui all’art. 2 cit Cassazione Sentenza n. 313 del 12 gennaio 2016 .La possibilità di emendare la dichiarazione d'imposta per errori di fatto e di diritto deve essere riconosciuta anche in sede contenziosa, al fine di permettere al contribuente di opporsi alla maggiore pretesa tributaria avanzata dall'Amministrazione finanziaria Cass.Civ. n. 2226/11 Cass.Civ. n. 22021/06 . Preclusione per gli errori riferibili ad una manifestazione di volontà negoziale. Sussiste un limite invalicabile all’emendabilità della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente la possibilità di ritrattare è circoscritta a quegli errori riconducibili ad una non corretta esternazione di scienza e di giudizio, rimanendone preclusa, però, in relazione a quegli errori riferibili ad una manifestazione di volontà negoziale esempio opzione per la compensazione delle perdite pregresse. La ritrattabilità della dichiarazione, infatti, non può estendersi alle ipotesi in cui con la compilazione di un dato dichiarativo il contribuente manifesti la propria volontà negoziale, come nel caso di esercizio di una facoltà di opzione riconosciutagli dalle norme tributarie. Occorre discriminare tra errori materiali o formali come quelli di calcolo, di liquidazione, di inesatta qualificazione giuridica dei componenti di reddito o errata individuazione dei righi del modello ministeriale , che saranno sempre emendabili, ed errori afferenti a dati espressivi della volontà del contribuente quali, ad esempio, quelli riconducibili all’esercizio di una facoltà di opzione , che saranno emendabili soltanto se questi ne dimostri l’essenzialità e l’obiettiva riconoscibilità Cass.Civ. n. 7294/12 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, ordinanza 29 maggio 2019 – 28 gennaio 2020, numero 1862 Presidente Bruschetta – Relatore D’Auria Rilevato che con l'emissione della cartella numero omissis Equitalia Gerit spa , premesso che vi era stato un controllo automatizzato effettuato ex art. 36 bis D.P.R. 602 del 1973 e\o dell'art 54 bis del D.P.R. numero 633 del 1972, relativamente al modello unico 2007 per l'anno 2006 , chiedeva all'attuale ricorrente per gli anni di imposta 2006, il pagamento di ulteriori 619270 Euro oltre sanzioni ed interessi che ,a seguito del ricorso proposto anche nei confronti della Agenzia delle Entrate , il contribuente deduceva che il dovuto ammontava eventualmente ad Euro 264311,69, la commissione tributaria confermava l'operato dell'Agenzia e quindi la cartella emessa. Avverso la predetta sentenza proponeva appello il contribuente. La commissione Regionale del Lazio respingeva l'appello, confermando quindi in toto gli atti impositivi emessi. In particolare il giudice del gravame assumeva che l'errore, di cui la parte appellante chiedeva la correzione, sarebbe avvenuto con la dichiarazione del 2003 relativo all'anno di imposta 2002 , correzione non più possibile essendo intervenuto la decadenza ex art. 43 D.P.R. 600\1973 . Propone ricorso in Cassazione il contribuente, deducendo con un unico motivo la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 43 D.P.R. 600\73 2 commi 8 e 8bis D.P.R. 322\98 nonché dei principi generali in tema di capacità contributiva di cui all'art 53 Cost. in relazione all'art. 360 comma 1 numero 3 c.p.c Si costituiva l'Agenzia Delle Entrate, al solo fine di partecipare alla discussione ex art. art. 370 comma 1 c.p.c Considerato che Con il motivo dedotto il ricorrente sostanzialmente deduce che l'errore commesso in sede di dichiarazione poteva essere corretto in sede di impugnazione avverso la cartella in virtù del principio costituzionale previsto dall'art. 53. Il ricorso è fondato. In sostanza la sentenza impugnata ritiene che l'errore dedotto dal ricorrente, in quanto commesso con la dichiarazione dei redditi relativamente all'anno 2002, ormai irretrattabile, non era opponibile avverso la cartella impugnata contenente una maggiore pretesa fiscale. A seguito di un percorso giurisprudenziale piuttosto lungo , la Suprema Corte partendo dalla circostanza che le norme in materia di accertamento e riscossione operano su un piano diverso rispetto a quelle che governano il processo tributario, e tenuto conto del rispetto dei principi della capacità contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione Cost., ha concluso per l'inapplicabilità in sede processuale, di decadenze relative alla sola fase amministrativa-cfr. Cass. numero 10775/2015-. Contrasta con tale affermazione di principio l'iter seguito dalla commissione regionale che si sostanzia nell'affermazione, che -poiché la liquidazione della imposta effettuata dall'Amministrazione finanziaria ai sensi del D.P.R. numero 600 del 1973, art. 36 bis si svolge in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e viene effettuata mediante procedure automatizzate, il contribuente non potrebbe contestare la legittimità di una cartella in cui la maggiore imposta sia stata liquidata sulla base di quanto dallo stesso prospettato. Tale affermazione di diritto è giuridicamente errata, perché, se è vero che, per il disposto del D.P.R. numero 600 del 1973, art. 36 bis, comma 1, l'Amministrazione liquida le imposte avvalendosi di procedure automatizzate e in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti , ma da tale esatta premessa non poteva inferirsi che la liquidazione di una imposta in un ammontare superiore a quanto legalmente dovuto non possa essere contestata dal contribuente per il solo fatto che detta liquidazione sia stata effettuata dall'Amministrazione sulla scorta di dichiarazioni rese dal contribuente stesso. Detta conclusione presupporrebbe l'irretrattabilità assoluta delle dichiarazioni del contribuente e tale irretrattabilità è stata più volte esclusa da questa Corte, Sezioni Unite. 15063 e 17394 del 2002 . A tal fine è sufficiente ricordare che la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore sia esso di fatto che di diritto commesso dal dichiarante nella sua redazione, è emendabile e ritrattabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Come è noto la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost., comma 1, e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97 Cost, comma 1 Cass. 2226/11, 1707/07, 22021/06 . Sebbene la normativa fiscale prevede che la dichiarazione di rettifica può essere efficacemente presentata, entro determinati limiti temporali il D.P.R. numero 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, applicabile ratione temporis alla fattispecie e dell'art. 43 D.P.R. 600\73, prevede il limite temporale dell'emendabilità della dichiarazione integrativa non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo appare necessario in ossequio alla gerarchia delle fonti , ai sensi degli artt. 57 e 97 Cost., interpretare la normativa sulla emendabilità della dichiarazione limitatamente al fine circoscritto dell'utilizzabilità in compensazione ai sensi del D.Lgs. numero 241 del 1997, art. 17 , indicata nella successiva proposizione della disposizione. Cass.numero 5399/2012-. La Corte ha anche avuto modo di affermare che In tema di imposte sui redditi il contribuente, in base al D.P.R. 22 luglio 1998, numero 322, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, numero 435, art. 2, è titolare della generale facoltà di emendare i propri errori Cass.numero 19661/2013 e Cass. numero 23574/2012 -ed inoltre , in tema di imposte sui redditi, la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti sull'obbligazione tributaria, è esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell'Amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per l'integrazione della dichiarazione fissato in quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo dal D.P.R. numero 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, come introdotto dal D.P.R. numero 435 del 2001, art. 2, . Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui all'art. 2 comma 8 bis del D.P.R. 322/1998, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all'utilizzo in compensazione il credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l'istanza di rimborso di cui all'art. 38 del D.P.R. 602/73 Cass. Sez. 5, Sent. numero 4049 del 27/2/2015 Sez. 5, Sent. numero 19537 del 17/09/2014 Sez.5, Sent. numero 6253 del 20/04/2012 non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria quand'anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo-. In conclusione è stata affermata l'emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all'Amministrazione fiscale, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione ciò per l'impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva art. 53 Cost. e della oggetti va correttezza dell'azione amministrativa art. 97 Cost. . Il contribuente, quindi , non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all'Amministrazione finanziaria, l'atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico ma tale contestazione impugnando la cartella esattoriale, è l'unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella vedi Cass. 8456 del 2004 . Del resto costituendo la cartella di pagamento emessa ai sensi dell'art. 36 bis D.P.R. 600/73 il primo atto impositivo, possono essere dedotti in giudizio tutti i vizi della pretesa tributaria . La sentenza impugnata non è conforme a questi principi di diritto e merita dunque cassazione con rinvio alla Commissione regionale del Lazio in diversa composizione per nuovo esame in tal senso, dunque, la motivazione in questione è destinata ad essere ripercorsa integralmente alla luce dell'accoglimento del motivo dedotto, dovendo il giudice del merito verificare se vi sia stato errore da parte del contribuente in grado di incidere sulla entità della pretesa , e se l'Agenzia sia pure in sede contenziosa abbia riconosciuto l'esistenza di un tale errore, come pare desumibile dalla sentenza impugnata , provvedendo ad individuare il quantum dovuto la parte riconosce che la pretesa era dovuta per importo inferiore nonché anche sulle spese di lite del presente grado. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata rinviando alla Commissione Regionale Lazio in diversa composizione, che deciderà anche per le spese di questo grado.