Istanza di interpello ammissibile anche se avanzata a ridosso della scadenza della presentazione della dichiarazione

Ammissibile l’istanza di interpello disapplicativo presentata il giorno prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione.

Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza 1317 del 22 gennaio 2020 – con cui, disattendendo la circolare 32/E del 2010 sul requisito della preventività, ha sancito l’ammissibilità degli interpelli disapplicativi di norme tributarie in questo caso sulla disposizione antielusiva delle società di comodo anche il giorno prima dello scadere del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Istanza di interpello e condizioni di ammissibilità. L'istanza di interpello disapplicativo è presentata allo scopo di ottenere un parere in ordine alla disapplicazione di una norma antielusiva che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata, limitando deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, eccomma A tal fine, il contribuente deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare richiamano l’articolo 11, comma 2, dello Statuto in questione l’articolo 84 e l’articolo 172 TUIR in materia di utilizzo delle perdite . Si ricorda che l’interpello in esame costituisce l’unica categoria di interpello obbligatorio. L'Agenzia non può formulare il proprio parere e deve dichiarare l’inammissibilità quando cfr. circomma 32/E del 2010 - le istanze sono prive dei requisiti dei dati identificativi del contribuente e della descrizione della fattispecie in relazione alla quale è richiesto il parere - le istanze non sono presentate preventivamente, cioè prima della scadenza dei termini di presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l’istanza medesima - non ricorrono obiettive condizioni di incertezza - le istanze reiterano le medesime questioni sulle quali il contribuente ha già ottenuto un parere, salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto nuovi - le istanze vertono su materie oggetto delle speciali procedure di accordo preventivo ai sensi dell’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dell’interpello nuovi investimenti e degli interpelli richiesti in seno al regime di adempimento collaborativo - le istanze vertono su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza - il contribuente, invitato a integrare i dati che si assumono carenti ai sensi del comma 3 dell’articolo 3, non provvede alla regolarizzazione nei termini previsti. Caso concreto. La vicenda parte dall’istanza di interpello disapplicativo presentata da una s.r.l. esercente attività agricola. L’ufficio dichiarava inammissibile l’istanza in quanto tardiva, ovvero presentata meno di 90 giorni prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, che cadeva il 30/9/2011 nello specifico l’istanza era stata presentata il giorno prima. La contribuente impugnava il provvedimento deducendo l’inesistenza di un termine legale di presentazione dell’istanza a pena di inammissibilità. La doglianza veniva avvolta sia in CTP che in CTR. Di qui il ricorso in Cassazione con cui l’Agenzia delle entrate violazione di legge ritenendo che il rispetto dei principi di certezza, leale collaborazione e buona fede nei rapporti tra amministrazione e contribuente imporrebbe che l’istanza di interpello sia presentata entro un congruo termine anteriore alla presentazione della dichiarazione, quantificato in 90 giorni che rappresentano il termine per fornire la risposta. La decisione. Nel rigettare la doglianza dell’Agenzia delle entrate la Cassazione precisa che il d.m. 259 del 1998, sulle modalità di presentazione degli interpelli disapplicativi, nulla prevede in ordine al termine di presentazione, tanto meno a pena di inammissibilità dell’istanza, prevedendo soltanto un termine di 90 giorni per la risposta da parte dell’ufficio. Da tale previsione l’Agenzia delle entrate, con circolare 32/E del 2010 ha tratto la conclusione che il difetto del requisito di preventività come da essa inteso comporta l’inammissibilità dell’istanza e l’impossibilità di entrare nel merito della stessa. Secondo la Cassazione, invece, l’interpello è preventivo quando è presentato prima che il contribuente ponga in essere il comportamento oggetto dell'istanza, per cui, se il comportamento trova attuazione nella dichiarazione, l'interpello è preventivo se proposto prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, e non novanta giorni prima della scadenza di tale termine. La mancanza di una norma, primaria o secondaria, che chiarisca che per preventivo” si intende che l'interpello debba essere presentato almeno novanta giorni prima della scadenza del termine per la dichiarazione non potendosi interpretare in tal senso la previsione secondo cui l'ufficio deve rispondere entro novanta giorni , fa si che un interpello sottoposto all'ufficio entro un termine più breve dei suddetti novanta giorni, purché prima della scadenza della data di presentazione della dichiarazione, non possa considerarsi inammissibile. Tra l’altro, la circolare è un documento di prassi, con considerazioni di una parte, e non può stabilire sanzioni procedimentali non previste dalla legge. Infine, la presentazione dell’istanza in tempo utile per avere una risposta in vista del comportamento da adottare in dichiarazione rappresenta solo” un onere per il contribuente che non potrà usufruire, al momento della presentazione della dichiarazione, delle conseguenze favorevoli che una risposta positiva all’interpello avrebbe determinato, ma da ciò non discende l’inammissibilità dell’interpello.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 22 ottobre 2019 – 22 gennaio 2020, n. 1317 Presidente Sorrentino – Relatore Venegoni Ritenuto che Con istanza del 29.9.2011, la società Agricola Bariselli srl, esercente attività di coltivazione di terreni, silvicoltura, allevamento di animali, chiedeva alla Direzione Regionale della Lombardia della Agenzia delle Entrate la disapplicazione, per l’anno 2010, delle disposizioni contenute nella L. n. 724 del 1994, art. 30, evidenziando l’impossibilità oggettiva di conseguire ricavi nella misura minima prevista dalla suddetta norma. L’ufficio dichiarava inammissibile l’istanza perché tardiva, in quanto sottoposta all’ufficio meno di novanta giorni prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, e anzi essendo stata presentata appena il giorno prima di tale scadenza, che cadeva il 30.9.2011. La società impugnava tale provvedimento davanti alla CTP di Milano evidenziando, tra l’altro, l’inesistenza di un termine entro il quale l’istanza di interpello deve essere formulata a pena di inammissibilità, e l’inapplicabilità della disciplina delle società di comodo. L’ufficio contestava l’impugnabilità della dichiarazione di inammissibilità di interpello, in quanto atto non previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e l’infondatezza nel merito dell’interpello. La CTP accoglieva il ricorso della società, ritenendo l’atto impugnabile. L’ufficio proponeva appello davanti alla CTR della Lombardia, e quest’ultima rigettava l’impugnazione. Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre a questa Corte l’ufficio sulla base di quattro motivi. La società non si è costituita. Considerato che Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione dell’art. 100 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 8, della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4-bis e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La CTR ha commesso error in procedendo laddove ha ritenuto la risposta ad interpello antielusivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37-bis, comma 8 atto autonomamente impugnabile, non contenendo alcuna pretesa impositiva. Con il secondo motivo l’ufficio deduce violazione dell’art. 100 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 8, della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4-bis e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR ha commesso error in judicando laddove ha ritenuto la risposta ad interpello antielusivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37-bis, comma 8 atto autonomamente impugnabile, non contenendo alcuna pretesa impositiva. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente atteso l’oggetto comune, prospettato sotto diversi punti di vista, sono infondati. Questa Corte ha avuto modo di affermare, in maniera ormai piuttosto costante nel tempo quanto meno da sez. V, n. 8663 del 2011 e sez. V. n. 17010 del 2012 che la risposta negativa all’interpello disapplicativo, nel regime anteriore alla riforma del 2015, è atto impugnabile autonomamente, ed il principio è stato confermato successivamente si veda al riguardo, ancora di recente, sez V n. 12150 del 2019, sez. V n. 18605 del 2019 ed ancora sez. V, n. 5574 del 2019, n. 32962, n. 16120, n. 12353, n. 7497, n. 6466, n. 3775 del 2018, n. 28180, n. 25498, n. 23469, n. 23464, n. 16962, n. 13963 del 2017 . Il principio espresso, molto sinteticamente, dalla CTR sul punto è, quindi, corretto. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 156 e 324 c.p.c., artt. 118 e 124 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, art. 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La sentenza è nulla per carenza di motivazione, compiendo un mero rinvio alla giurisprudenza di legittimità senza dare conto del percorso logico seguito per giungere alla decisione, e facendo riferimento a sentenze sulla stessa questione favorevoli al contribuente per altre annualità, senza neppure indicarne il contenuto. Il motivo è infondato. La CTR ha infatti espresso, certamente in maniera sintetica, ma non per questo viziata da assenza di motivazione o motivazione apparente, il principio secondo cui la declaratoria di inammissibilità dell’interpello da parte dell’ufficio per tardività era illegittima, in quanto basata sulla asserita scadenza di un termine non previsto da alcuna norma. Si comprende, quindi, appieno la ragione per cui la CTR ha respinto l’appello. Con il quarto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 8, L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4-bis, D.M. 19 giugno 1998, n. 259, art. 1, della L. n. 212 del 2000, artt. 1, 10 e 11 ed D.M. 26 aprile 2001, n. 299, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR non ha tenuto conto del fatto che l’esigenza che l’interpello disapplicativo sia presentato entro un congruo termine anteriore a quello di scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi risponde ad esigenze di certezza, chiarezza, leale collaborazione e buona fede nei rapporti tra contribuente ed amministrazione. Nella specie, l’interpello fu presentato appena il giorno prima di tale scadenza. La CTR avrebbe pertanto errato nell’interpretazione di tali norme. Il motivo è infondato. Una volta ammesso che sia impugnabile autonomamente il diniego, questo motivo attiene al merito della questione l’ufficio, nel caso di specie, aveva dichiarato inammissibile l’interpello perché tardivo, in quanto presentato appena il giorno prima della scadenza della dichiarazione l’ufficio ritiene che l’istanza vada presentata in un termine congruo anteriore, almeno il termine tale da consentire la risposta, e quindi novanta giorni prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione. Su tale questione, la CTR afferma sinteticamente che l’interpello non poteva essere dichiarato inammissibile perché la decadenza dichiarata dall’ufficio non è fondata su alcuna norma, dato che non esistono norme che impongano termini per presentare l’interpello disapplicativo, diversi da quello del momento di presentazione della dichiarazione, tra l’altro desumibile dal solo fatto che l’interpello deve essere preventivo . Quindi la CTR, in sostanza, seppure sinteticamente, ha risposto alla questione che l’ufficio aveva dedotto specificamente in appello pag. 7 ricorso, nota 5 , considerato che già la CTP aveva annullato il diniego di interpello basato sulla tardività di quest’ultimo, affermando che tale tardività non era desumibile da alcuna norma. Ed, in effetti, come detto, non vi sono norme che regolino specificamente il problema. Il D.M. n. 259 del 1998 sulle modalità di presentazione degli interpelli disapplicativi, tra l’altro, all’art. 1, comma 2, sanziona con l’inammissibilità soltanto la mancanza, nell’istanza di interpello, dei seguenti elementi a i dati identificati del contribuente e del suo legale rappresentante b l’indicazione dell’eventuale domiciliatario presso il quale sono effettuate le comunicazioni c la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante, e non, quindi, la sua presentazione meno di novanta giorni prima del termine di presentazione della dichiarazione. In realtà, tale decreto non afferma nulla sul termine, ma dispone soltanto che l’ufficio deve rispondere entro novanta giorni. Da questa previsione, che però non riguarda il termine per la presentazione dell’interpello, l’ufficio fa discendere la conseguenza per cui, se il contribuente vuole avere una risposta in tempo utile per la dichiarazione, deve presentare l’interpello almeno novanta giorni prima della scadenza del termine di presentazione di quest’ultima, determinandone altrimenti l’inammissibilità. L’Agenzia nella circolare 32/e del 2010 sugli interpelli, vigente quindi all’epoca dei fatti di causa aveva infatti chiarito, sul requisito della preventività , che Analoghe considerazioni valgono, più in generale, per le istanze di disapplicazione presentate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 8, per le quali l’istanza è preventiva se presentata novanta giorni prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui l’operazione straordinaria è stata posta in essere tali considerazioni valgono ancorché il contribuente possa utilizzare anche in successivi periodi d’imposta i componenti reddituali oggetto dell’istanza di interpello alla luce degli eventuali limiti fissati dalla legge in chiave antielusiva , in quanto tali componenti costituiscono oggetto di evidenziazione già nella dichiarazione relativa all’esercizio in cui è avvenuta l’operazione straordinaria. Il difetto del requisito della preventività, secondo quanto appena indicato, comporta l’inammissibilità degli interpelli ed agli stessi, come più volte ricordato, non verrà fornita alcuna risposta nel merito, nemmeno a titolo di consulenza giuridica. Tuttavia ritiene questo collegio che l’interpello è preventivo quando è presentato prima che il contribuente ponga in essere il comportamento oggetto dell’istanza, per cui, se il comportamento trova attuazione nella dichiarazione, l’interpello è preventivo se proposto prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, e non novanta giorni prima della scadenza di tale termine. La mancanza di una norma, primaria o secondaria, che chiarisca che per preventivo si intende che l’interpello debba essere presentato almeno novanta giorni prima della scadenza del termine per la dichiarazione non potendosi interpretare in tal senso la previsione secondo cui l’ufficio deve rispondere entro novanta giorni , fa sì che un interpello sottoposto all’ufficio entro un termine più breve dei suddetti novanta giorni, purché prima della scadenza della data di presentazione della dichiarazione, non possa considerarsi inammissibile. La circolare è un documento di prassi, con considerazioni di una parte, e non può stabilire sanzioni procedimentali non previste dalla legge. Oltretutto, è stato notato in dottrina, e questo collegio condivide tali considerazioni, che la tesi dell’ufficio non considera l’eventualità che l’Agenzia richieda ulteriore documentazione a supporto dell’istanza, circostanza che sospende i termini per la risposta di cui al D.M. n. 259 del 1998, art. 1, comma 6 inoltre, non considera nè la possibilità di un invio della dichiarazione dei redditi oltre il termine ordinario, purché con un ritardo non superiore a novanta giorni, senza per questo incorrere nell’omessa dichiarazione, nè la facoltà data al contribuente di presentare una dichiarazione integrativa quanto meno entro il termine per la presentazione della dichiarazione del periodo di imposta successivo. La prima questione, in particolare, attiene alla procedura che si attiva al momento di presentazione di un’istanza di interpello ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 8. Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate non sia in grado di formulare una risposta sulla base degli elementi contenuti nell’istanza e nei relativi allegati, infatti, potrà richiedere al contribuente di integrare le informazioni ed i documenti presentati, e tale richiesta sospende il termine di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza, di cui al già citato comma 6, per l’emanazione del provvedimento definitivo. La sospensione permane fino al giorno in cui l’Amministrazione riceve la risposta da parte del contribuente istante. Pertanto, si è affermato, la circostanza che la stessa Agenzia sospenda il termine per la risposta, in ottemperanza alle regole procedimentali, fa venir meno la ratio del requisito di preventività che sembrerebbe essere quella di garantire una risposta tempestiva entro il giorno ultimo di presentazione delle dichiarazione dei redditi e, quindi, di garantire una certezza nel comportamento che il contribuente deve adottare. Ora, è certamente indubbio che il principio di leale collaborazione dovrebbe portare anche il contribuente a presentare l’interpello in tempo utile per avere una risposta dall’amministrazione, ma a ciò si può replicare che se il contribuente non presenta l’interpello in tempo utile per avere una risposta prima del termine per la dichiarazione, non è certo per questo esonerato dalla presentazione della stessa, in quel caso senza potersi avvalere, qualora si tratti di interpello disapplicativo, della richiesta disapplicazione delle relative norme. In altri termini, se il contribuente non ha ancora avuto risposta al momento di presentazione della dichiarazione, deve adempiere i propri obblighi come se la richiesta disapplicazione non fosse stata concessa, salvo regolare, ove possibile, la situazione successivamente, ma questo non significa che l’interpello sia tardivo. La presentazione dell’interpello in tempo utile risponde, quindi, anche ad un interesse del contribuente, e non solo dell’amministrazione se è lo stesso contribuente a non porsi in questa situazione, non potrà usufruire - al momento della presentazione della dichiarazione - delle conseguenze favorevoli che una risposta positiva all’interpello avrebbe determinato, ma da questo non discende l’inammissibilità dell’interpello. A differenza dell’interpello ordinario, di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 11, di cui la legge stessa prevedeva - anche nella versione ante 2015 - la vincolatività della risposta rispetto al contribuente, con esclusivo riferimento alla questione specifica - elemento da cui si poteva argomentare la necessità di presentazione prima della scadenza del termine per la risposta da parte dell’ufficio, in modo che il contribuente potesse utilizzare tale risposta in dichiarazione -, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, sempre nella versione anteriore al 2015, non prevedeva tale vincolatività, per cui anche tale possibile argomento a sostegno dell’interpretazione di preventività nel senso invocato dall’ufficio viene meno, e la decisione di questa Corte sez. V n. 16331 del 2014 non è applicabile al riguardo. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Non essendo costituito il contribuente, non occorre provvedere sulle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso.