La sanzione pecuniaria amministrativa prevista per la violazione di norme tributarie non si trasmette agli eredi

Le sanzioni pecuniarie amministrative previste per la violazione di norme tributarie presentano carattere afflittivo e sono commisurate alla gravità della violazione e alla personalità del trasgressore. A ciò consegue che l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6500/19, depositata il 6 marzo. Il caso. Gli eredi del defunto impugnano la sentenza della CTR di Roma, non notificata e relativa a due avvisi di accertamento ICI per gli anni 2005 e 2006. In particolare, il loro congiunto aveva ricevuto tali avvisi e li aveva impugnati in appello sostenendo che il suo terreno non può considerarsi edificabile solo perché inserito come tale nel PRG della città, in assenza di approvazione del piano particolareggiato. Tale soggetto è deceduto nelle more del giudizio di appello, ecco allora che sono subentrati la moglie e i figli, quali eredi diretti i quali denunciano nullità del procedimento di appello per omesso avviso dell’udienza di trattazione. La prova richiesta agli eredi della parte originaria in giudizio. Innanzitutto la Suprema Corte ricorda che spetta all’erede di una delle parti originarie del giudizio che interviene nel procedimento provare, oltre che il decesso della parte originaria, anche la sua qualità di erede. Al riguardo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui al d.P.R. n. 445/2000 non costituisce di per sé prova idonea di tale qualità. L’edificabilità dell’area. Passando poi al motivo di ricorso, gli eredi ricorrenti lamentano l’errore commesso all’ente impositore per aver considerato il terreno come area edificabile e per aver applicato retroattivamente i valori contenuti in una perizia di stima dell’anno 2008. A tal fine non basta l’inserimento nel PRG ma è necessario anche l’inserimento nel piano particolareggiato. Deve quindi richiamarsi un orientamento ormai costante in giurisprudenza di legittimità secondo cui un’area, ai fini dell’applicazione ICI, si considera fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo. Ed inoltre, ai fini ICI, il valore imponibile può essere desunto da una perizia giurata di stima anche se prodotta ad altri fini. Tale censura appare quindi infondata. Le sanzioni per gli eredi. Per quanto riguarda infine le sanzioni applicate, la Suprema Corte ha già affermato più volte che le sanzioni pecuniarie amministrative previste per la violazione di norme tributarie presentano carattere afflittivo e devono inquadrarsi nella categoria dell’illecito amministrativo di natura punitiva, essendo commisurate alla gravità della violazione e alla personalità del trasgressore. A ciò consegue che l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi. Tale motivo di ricorso, dunque, merita accoglimento.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 24 gennaio – 6 marzo 2019, n. 6500 Presidente De Masi – Relatore Russo Rilevato che 1.- I soggetti indicati in epigrafe, agendo dichiaratamente nella qualità di eredi di F.M. , hanno impugnato la sentenza della CTR di Roma depositata in data 16 maggio 2014, non notificata, relativa a due avvisi di accertamento ICI per l’anno 2005 e 2006. 2. F.M. , ricevuti detti avvisi di accertamento, li ha impugnati sostenendo che il proprio terreno non può considerarsi edificabile solo perchè inserito come tale nel PRG di Roma, in assenza di approvazione del piano particolareggiato. Il ricorso è stato respinto sia in primo che in secondo grado. 3.- I dichiarati eredi ricorrono per cassazione, affidandosi a due motivi, uno in rito e l’altro nel merito. In ricorso si specifica che F.M. , nato a OMISSIS è deceduto nelle more del giudizio di appello e che la moglie ed i figli dell’originario ricorrente propongono ricorso per cassazione deducendo in primis la nullità del procedimento di appello per omesso avviso della udienza di trattazione con conseguente violazione del principio del contraddittorio e nel merito deducendo la violazione di legge per mancato esame di un motivo di appello. 4. Roma Capitale si costituisce con controricorso e preliminarmente eccepisce il difetto di prova della legittimazione ad agire in giudizio da parte dei ricorrenti. 5.- I ricorrenti depositano ai sensi dell’art. 372 c.p.c., una memoria con allegati documenti volti a dimostrare la qualità di eredi di F.M. , nonchè memoria ex art. 378 c.p.c Considerato che 6.- Preliminarmente, si esamina la eccezione di difetto di legittimazione proposta da Roma Capitale. 6.1- Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di legittimazione attiva incombe alla parte che ricorre per cassazione, nella qualità di erede della persona che fece parte del giudizio di merito, l’onere di dimostrare, per mezzo delle produzioni documentali consentite dall’art. 372 c.p.c., il decesso della parte originaria e la propria qualità di erede in difetto, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare, nessun rilievo assumendo la mancata contestazione di tale legittimazione ad opera della controparte, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio Cass. 10/05/2018, n. 11276 Cass. 27/01/2011, n. 1943 29/01/2013, n. 2046 v. anche Cass. 02/03/2016 n. 4116 e Cass. ord., 21/06/2017, n. 15414 . Inoltre, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest’ultima a tale riguardo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 e 47, non costituisce di per sè prova idonea di tale qualità, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi, dovendo tuttavia il giudice, ove la stessa sia prodotta, adeguatamente valutare, anche ai sensi della nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c., come novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 14, in conformità al principio di non contestazione, il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della predetta qualità di erede e, nell’ipotesi affermativa, al grado di specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva suddetta Cass., sez. un., 29/05/2014, n. 12065 . 7.- A fronte della eccezione sollevata dalla controparte, i ricorrenti hanno depositato in data 11 gennaio 2019 certificato di morte di F.M. certificato di matrimonio tra P.S. e F.M. stato di famiglia P.S. dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà eredi F. denuncia di successione atto di costituzione degli eredi nel giudizio 1486/13 e sentenza 450/14/15 emessa dalla CTR di Roma nei confronti degli eredi. L’elenco dei predetti documenti è stato notificato alla controparte. I documenti sono stati tempestivamente depositati, in data antecedente alla adunanza camerale, e posti a disposizione della parte mediante la notificazione, e, nel merito, sono idonei, letti unitariamente, a provare la qualità di eredi dei ricorrenti e quindi di soggetti legittimati al ricorso per cassazione Cass. civ. sez. 1, 5.6.1984 n. 3366 Cass. civ. sez. lav. 21.3.2006 n. 6238 Cass. civ. sez. 3, 14.10.1997, n. 10022 . L’eccezione è pertanto da respingere. 8.- Con il primo motivo di ricorso gli eredi F. deducono la violazione di legge ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 31 e 61, con nullità della sentenza impugnata per violazione del principio del contraddittorio, in quanto F.M. non ha avuto notizia alcuna della udienza di trattazione. I ricorrenti evidenziano che controparte non si è premunita di dimostrare l’avvenuta notifica della udienza di trattazione nè risulta in atti il fascicolo d’ufficio della CTR di Roma. A fronte di ciò parte controcorrente si limita ad una generica censura di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza, non esplicitata se non con formule di stile ed ad una altrettanto generica censura di inammissibilità del ricorso per avere la CTR deciso in conformità alla giurisprudenza della Suprema Corte. 7.1. Il motivo è fondato, perchè effettivamente non risulta avviso della udienza, ma ciò non comporta, come sostengono i ricorrenti, la restituzione al giudice di appello. È già stato affermato da questa Corte che nel processo tributario la comunicazione della data di udienza adempie alla funzione di garantire il contraddittorio e pertanto la trattazione dell’appello in pubblica udienza senza avviso alla parte costituisce una nullità che travolge anche la sentenza successiva, ma non comporta la restituzione al giudice di merito, se non sono necessari accertamenti di fatto e debba essere decisa una questione di mero diritto Cass. sez. 5, 31.10.2018 n. 27837 . Nella fattispecie la questione di merito può essere decisa senza alcun accertamento in fatto. 8.- Con il secondo motivo gli eredi F. lamentano la violazione di legge per mancata corrispondenza tra il chiesto e pronunciato con conseguente nullità della sentenza impugnata per avere omesso la CTR di valutare il motivo di ricorso inerente il metodo di accertamento utilizzato e quello inerente le sanzioni. Lamentano in particolare l’errore commesso dall’ente impositore per avere considerato il terreno come area edificabile e per avere applicato retroattivamente i valori contenuti in una perizia di stima dell’anno 2008. Il contribuente sostiene che doveva tenersi conto del fatto che la perizia era stata redatta ad altri fini scontare l’imposta sostituiva sulla futura vendita dell’immobile e che vi è differenza tra il valore concreto dell’aera nel 2005/2006 e nel 2008 poichè nelle more è stato adottato il piano particolareggiato. I contribuenti rammentano che l’imposta deve essere liquidata sulla base del valore venale in commercio tenendo con di quanto sia prossima l’utilizzabilità a scopo edificatorio del suolo Cass. s.u. 25506/2006 . Lamentano inoltre la applicazione delle sanzioni. 8.1.- Date queste argomentazioni, e considerata la fondatezza della eccezione di nullità nei limiti sopra precisati, non viene qui in rilievo la presunta violazione dell’art. 112 c.p.c., che si ha solo quando l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, e non una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione Cass. n. 25761/2014 . Si tratta piuttosto di valutare la fondatezza della censura relativa ai criteri utilizzati dall’ente impositore per determinare la base imponibile. Deve osservarsi che la contestazione principale della parte riguarda la avvenuta valutazione dell’aera in questione come edificabile, e si deduce che a tale fine non basta l’inserimento in PRG, essendo necessario anche l’inserimento nel piano particolareggiato. A questa argomentazione principale si aggiunge che appare illogico valutare il terreno per l’anno di imposta 2005/2006 facendo riferimento ad una perizia del 2008, poichè nelle more è intervenuto il piano particolareggiato e quindi è aumentato il valore del terreno stesso. Deve qui richiamarsi l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità espresso sin dalla sentenza a sezioni unite n. 25506/2006, fondato sulle norme di interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b in virtù del quale un’area, ai fini dell’applicazione dell’ICI, è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo ciò determina quella che può considerarsi una vera e propria impennata di valore rilevante ai fini fiscali cfr. Cass. s.u. n. 25506/2006 cit. Cass. sez. 5 n. 4952/2018 . Inoltre si deve osservare che in concreto il valore venale del bene è stato determinato seguendo i criteri di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, anche tenendo conto del valore indicato in una perizia giurata di stima del 26.06.2008 presentata dal contribuente, applicando un coefficiente di attualizzazione che ha consentito di riparametrare il valore all’annualità oggetto di accertamento. Questa Corte ha già affermato che ai fini ICI il valore imponibile può essere desunto da una perizia giurata di stima anche se prodotta ad altri fini, purchè facendo applicazione dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 Cass. 4093/2015 . La censura è quindi infondata. 8.2. È invece fondata la censura con riferimento alle sanzioni applicate. È già stato affermato da questa Corte che le sanzioni pecuniarie amministrative previste per la violazione delle norme tributarie hanno carattere afflittivo, onde devono inquadrarsi nella categoria dell’illecito amministrativo di natura punitiva, disciplinato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, essendo commisurate alla gravità della violazione ed alla personalità del trasgressore, con la conseguenza che ad esse si applica il principio generale sancito dalla L. n. 689 del 1981, art. 7, secondo cui l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi Cass. civ. sez. 5., 28/05/2008, n. 13894 Cass. civ. sez. 5 15.10.2018, n. 25644 . L’originario ricorso del contribuente merita quindi accoglimento limitatamente alle sanzioni, non dovute. Le spese dell’intero giudizio considerando la parziale reciproca soccombenza, si compensano per intero tra le parti. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso e, nei limiti di cui in motivazione, anche il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente limitatamente alle sanzioni che dichiara non dovute. Compensa le spese dell’intero giudizio.