Sentenza fondata su verbale, legittima

La sentenza che ritiene legittimo l’accertamento fondato unicamente sul verbale della Guardia di Finanza è valida atteso che il giudice può valutare discrezionalmente tutti gli elementi probatori.

Il principio è contenuto nell’ordinanza della Cassazione n. 28929/17, depositata il 4 dicembre, da cui emerge che il giudice può fa richiamarsi al principio della libera valutazione delle prove contenuto nell’art. 116 c.p.c. ed apprezzare gli elementi di prova, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo altri mezzi istruttori richiesti dalle parti. Contesto normativo. In ambito civilistico e tributario il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti art. 116 c.p.c. . In particolare, si tratta delle c.d. prove legali, quali sono le prove documentali ad esempio, atto pubblico e scrittura privata autenticata o riconosciuta o quelle assunte nel processo come la confessione, il giuramento e la testimonianza se vi è una prova legale al giudice è inibita qualsiasi valutazione sul contenuto della stessa, dovendosi attenere alle risultanze della prova offerta, così come legalmente stabilito. Il predetto art. 116 c.p.c. conferisce, quindi, al giudice di merito ampia discrezionalità potendo trarre elementi di prova dalla condotta processuale delle parti ed il mancato uso di tale potere non è censurabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, allorché il giudice abbia deciso di non utilizzare tale argomento sussidiario, avendo già acquisito i necessari elementi di prova in base alle risultanze dell’istruttoria. Nella fattispecie in esame la società ha impugnato l’avviso di accertamento relativo ad IVA ed IRAP in primo la CTP ha accolto il ricorso mentre in appello sono state accolte le richieste dell’ufficio. La società ha proposto ricorso per cassazione eccependo la nullità della sentenza di appello che avrebbe basato tutti i capi su una presunta documentazione, tra cui il processo verbale. Il caso. La Corte ha ritenuto, non accogliendo il ricorso, che nel processo civile e tributario, la decisione la cui motivazione si limita a riprodurre il contenuto di un atto di parte o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari senza aggiungervi nulla, non è nulla qualora le ragioni siano, in ogni caso, attribuibili, all’organo giudicante, atteso che tale tecnica di redazione non può ritenersi sintomatica di un difetto di imparzialità del giudice. I Giudici hanno fondato il decisum sul processo verbale della GdF depositato in primo grado dall’ufficio finanziario, valutando ogni riferimento e indicazione sui documenti forniti. In base al principio di libera valutazione delle prove sancito dall’art. 116 c.p.c., il giudice civile può apprezzare discrezionalmente gli elementi di prova acquisiti e ritenerli insufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente o escludendo altri mezzi istruttori richiesti dalla parti. La motivazione può considerarsi omessa o insufficiente solo se dal ragionamento del giudice di merito emerga la completa dimenticanza di elementi che potrebbero portare ad una diversa decisione Cass. n. 11176/17 Cass. SS.UU. n. 24128/13 . Del resto, ha aggiunto la Corte, una eventuale violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio eseguita dal giudice di merito, ma solo nel caso abbia deciso su elementi probatori non dedotti dalle parti o abbia disatteso, secondo il suo apprezzamento, delle prove legali. Per i motivi di cui sopra la Corte ha respinto il ricorso della società ritenendo validamente formulata la sentenza dei giudici di appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 25 ottobre – 4 dicembre 2017, n. 28929 Presidente Iacobellis – Relatore Mocci Rilevato in fatto che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata che l’Industria Lattiero Casearia s.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Catania. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto il ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento, relativo ad IVA ed IRAP per l’anno 2004 che, nella decisione impugnata, la CTR ha ritenuto fondate le doglianze dell’Ufficio, tranne che per i componenti negativi di reddito non deducibile per Euro 7.605,20, in quanto oneri derivanti dalla cartolarizzazione di crediti ex art. 9 L.R. n. 27/91, ceduti a titolo oneroso ad una società specializzata. Considerato in diritto che il ricorso è affidato a tre motivi che, col primo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 36 D.Lgs. n. 546/92, ex art. 360 n. 4 c.p.c. che, infatti, la sentenza impugnata conterrebbe una motivazione apparente, avendo aderito acriticamente alle tesi dell’Agenzia delle Entrate, senza valutare gli atti del giudizio e la documentazione allegata, avendo considerato l’appellata addirittura contumace, nonostante la sua regolare costituzione. Inoltre, la CTR si sarebbe riferita ad una serie di documenti mai prodotti dall’Ente impositore che, col secondo, Industria Lattiero Casearia s.r.l. in liquidazione lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 7 D.Lgs. n. 546/1992, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la sentenza impugnata avrebbe basato tutti i capi della statuizione su una pretesa documentazione, assente dagli atti del giudizio, come il registro contabile della società, le fatture mensili SERDIS, il PVC, le fatture ed il libro mastro che, col terzo, la società lamenta violazione dell’art. 109 comma 5 DPR n. 917/1986, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la CTR avrebbe erroneamente ritenuto non inerenti i costi di trasporto per servizi resi dalla Serdis s.r.l., che erano invece manifestamente ed intrinsecamente funzionali all’attività d’impresa che l’intimata si è costituita con controricorso che il ricorso va respinto che il primo motivo non è fondato che, nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari , senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato Sez. U, n. 642 del 16/01/2015 Sez. 62, n. 22562 del 07/11/2016 che il secondo motivo non è fondato che, nella specie, la CTR ha deciso sulla scorta del PVC ritualmente depositato in primo grado dall’Ufficio, dal quale ha tratto tutti i riferimenti e le indicazioni sui documenti menzionati nella sentenza impugnata che, nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove salvo che non abbiano natura di prova legale , il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti Sez. 2, n. 11176 del 08/05/2017 che, d’altronde, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione Sez. 6-L, n. 27000 del 27/12/2016 che neppure il terzo motivo è fondato che, in tema d’imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, l’inerenza all’attività delle singole spese e dei costi affrontati costituisce una valutazione di fatto, non censurabile in cassazione se congruamente motivata, sicché la doglianza si traduce nella richiesta di una nuova valutazione non ammessa in questa sede che al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite, come liquidate in dispositivo che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 4.000, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.