Prescrizione del tributo se l’intimazione arriva oltre i cinque anni

Il tributo si prescrive se l’intimazione arriva oltre i cinque anni dalla notifica della cartella esattoriale.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 28574/17, depositata il 29 novembre, ha affermato che deve essere accolto l’originario ricorso del contribuente dal momento che il giudice, una volta verificato che l’intimazione ad adempiere è stata notificata trascorsi più di 5 anni dalla notifica della cartella esattoriale cui la contribuente aveva prestato acquiescenza il termine decennale si ha solo quando il titolo alla base della riscossione è la sentenza e non l’atto amministrativo. Il fatto. Con la sentenza impugnata dell’aprile 2011 la CTR respingeva l'appello proposto da una contribuente e confermava la decisione della CTP che aveva dichiarato inammissibile il ricorso con il quale la contribuente stessa si era opposta alla intimazione di pagamento, a lei notificata nell’agosto del 2009, relativa alla cartella di pagamento, notificata il 15 aprile 2004, per il recupero della imposta comunale sugli immobili ICI , annualità 1995, 1996, 1997 e 1998. Avverso la sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione. La contribuente ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2948, n. 4, c.c., e 26, comma 5, d.P.R. n. 602/1973, giacché la CTR non ha considerato che il credito risultante da cartella di pagamento non opposta, anche a volerne considerare valida la notificazione eseguita il 15/04/2004, si prescrive non già nell'ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c., ma nel termine quinquennale proprio del tributo, nella specie non rispettato, essendo stata notificata l'intimazione di pagamento soltanto il 18/08/2009, con conseguente estinzione della pretesa fiscale. Con il secondo motivo la contribuente deduce, violazione e falsa applicazione degli artt. 26, comma 1, 149 c.p.c., 25, n. 2 e 2- bis , d.P.R. n. 602/1973, 19, d.lgs. n. 546/1992, giacché la CTR non ha considerato che la relata di notifica è prevista come momento fondamentale del procedimento notificatorio, non è surrogabile dall'attività dell'agente postale, e neppure è sostituibile dall'estratto di ruolo prodotto in giudizio dal concessionario, che non garantisce quale sia l'atto contenuto nel plico postale notificato al contribuente. Prescrizione. La Cassazione osserva che di recente è stato affermato dalla medesima Corte di legittimità che Il diritto alla riscossione di un’imposta, azionato mediante emissione di cartella di pagamento e fondato su un accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza di cui all’art. 25 d.P.R. n. 602/1973 nel testo vigente ratione temporis , bensì al termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2953 c.c. . Se ciò è vero, la stessa differenziazione va fatta per il termine di prescrizione maturato dopo la notifica della cartella non opposta, atteso che la definitività data dall’omessa impugnazione non può determinare un mutamento del regime di prescrizione del credito iscritto a ruolo, non essendovi un accertamento giurisdizionale che conduce all’applicazione dell' actio iudicati ” di cui all'art. 2953 c.c., che decorre dal momento del passaggio in giudicato della sentenza. Il Giudice di merito non si è attenuto ai principi sopra esposti in quanto, una volta verificato che l'intimazione ad adempiere è stata notificata trascorsi più di 5 anni dalla notifica della cartella esattoriale cui la contribuente aveva prestato acquiescenza, lasciando scadere il termine concesso per l'opposizione, e dunque in mancanza di un titolo giudiziale divenuto definitivo, avrebbe dovuto applicare il termine prescrizionale più breve quello quinquennale previsto per il debito tributario sottostante la cartella di pagamento, e mai e poi mai fare riferimento all'istituto della prescrizione ordinaria art. 2946 c.c. . Deve, quindi, considerarsi impedita dalla intervenuta prescrizione del credito portato dalla cartella di pagamento, la riscossione coattiva dell'ICI relativa alle annualità 1995, 1996, 1997 e 1998. Per la Cassazione va, conseguentemente, accolto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 21 giugno – 29 novembre 2017, n. 28574 Presidente Bruschetta – Relatore Caiazzo Fatto e diritto Rilevato che La Casavacanze Vesta s.r.l. propose ricorso avverso il provvedimento di diniego dell'istanza di rimborso del credito iva dell'anno 1997, presentata il 27.5.2004, motivato in base alla decadenza biennale del diritto, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. La Ctp accolse il ricorso, ritenendo applicabile il termine decennale di prescrizione, tenuto conto che la dichiarazione iva 1998 era stata regolarmente presentata. L'Agenzia delle entrate propose appello, accolto dalla Ctr argomentando dal predetto art. 21. La società ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi. Resiste l'Agenzia con controricorso, eccependo l'infondatezza dei due motivi la società ha depositato memoria. Il Pubblico Ministero ha espresso parere favorevole all'accoglimento del ricorso. Con il primo motivo, la parte ricorrente ha denunziato la violazione e falsa applicazione del suddetto art. 21, comma 2, in quanto la Ctr aveva ritenuto che la restituzione del credito iva fosse stata chiesta dopo la scadenza del termine di decadenza di due anni, di cui alla suddetta norma, con la conseguente estinzione del diritto fatto valere, argomentando che la tempestiva presentazione dell'istanza di rimborso costituiva imprescindibile presupposto per ottenere il rimborso del credito. Con il secondo motivo, è stata lamentata l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, afferente all'annullamento del provvedimento di diniego con contestuale mancata autorizzazione all'utilizzazione del credito iva, anche in compensazione. Il primo motivo del ricorso è fondato. Il Collegio ritiene di dare continuità all'orientamento consolidato secondo cui, in tema d'iva, ove il credito di imposta sia già desumibile dalle dichiarazioni del contribuente e non sia contestato dall'Amministrazione finanziaria, non è necessaria una specifica istanza di rimborso, che costituisce solo il presupposto di esigibilità per l'avvio del relativo procedimento, per cui non trova applicazione il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ultima parte, ma solo quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. Cass., n. 4559/17 n. 20678/14 . Nel caso concreto, il contribuente richiese, in data 27.5.2004, il rimborso del credito iva, risultante dalla dichiarazione del 1997, sul presupposto di essere incorso in errore per non averlo riportato esattamente nel modello iva 1999. L'istanza non fu accolta dall'ufficio, per la ritenuta decadenza biennale dal diritto al rimborso, sulla base del citato art. 21 tale opinione è stata recepita dalla Ctr nell'accogliere l'appello dell'Agenzia delle entrate. Ora, in conformità del richiamato orientamento giurisprudenziale, va ritenuta erronea la decisione della Ctr, in quanto l'istanza del contribuente fu presentata nel 2004, nell'osservanza del termine decennale di prescrizione, in ordine al credito al rimborso iva, relativo alla dichiarazione del 1997. Il secondo motivo, afferente al vizio motivazionale, è da considerare assorbito dall'accoglimento del primo. Rilevato che non sono necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, accogliendo il ricorso del contribuente, introduttivo del giudizio, avente ad oggetto il rimborso del credito d'imposta. Considerato che il suddetto orientamento giurisprudenziale si è consolidato dal 2011, sussistono i presupposti per compensare le spese dei vari gradi di giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della lite, compensando le spese dei gradi di merito e di legittimità.