Utili extra-bilancio, prova al contribuente

In tema di imposte sui redditi nel caso di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili.

Il principio è contenuto nell’ordinanza n. 26132/17 della Cassazione da cui emerge tale presunzione prevede l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, come stabilisce l’art. 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/1973. Accertamento analitico. L’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600/1973 comprende vari tipi di accertamento, tra cui rientra quello analitico-contabile art. 39, comma 1, lett. d , primo periodo che è attuabile quando l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione risulta dalle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa. L’art. 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/73 disciplina, quindi, un metodo di accertamento analitico contabile induttivo o presuntivo . La presenza di scritture contabili formalmente regolari non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo. In tali casi, tuttavia, l’Ufficio finanziario dubitare desumere da presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento della prova a carico del stesso Cass. n. 20709/14 . La vicenda. Nel caso di specie il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento in materia di IRPEF e i giudici tributari lo hanno accolto. In particolare la CTR ha ritenuto che non si poteva desumere la distribuzione di utili extrabilancio della società per il solo fatto che la medesima aveva una ristretta base proprietaria. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. La Corte ha ritenuto che in tema di imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione dell’attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado atteso che il fatto noto non è dato dalla esistenza di maggiori ricavi della società, ma dalla ristrettezza dell'assetto societario che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale. Pertanto è legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da d.P.R. n. 600/73 determina un’inversione dell'onere della prova a carico del contribuente. I Giudici, accogliendo il ricorso, hanno affermato che la sentenza impugnata è in contrasto con i principi di diritto espressi dalla giurisprudenza, atteso che da un lato ha negato la validità della presunzione de qua, dall’altro non ha correttamente imputato l'onere probatorio rispetto all'oggetto della lite.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 4 ottobre – 2 novembre 2017, n. 26132 Presidente Cirillo – Relatore Manzon Fatto e diritto Rilevato che Con sentenza in data 3 giugno 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 490/3/10 della Commissione tributaria provinciale di Latina che aveva accolto il ricorso di T.G. contro l’avviso di accertamento IRPEF ed altro 2005. La CTR osservava in particolare che non potevasi desumere la distribuzione di utili extrabilancio della società Fattorie Prato Verde srl per il solo fatto che la medesima aveva una ristretta base proprietaria. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi. L’intimato non si è difeso. Considerato che Con il primo motivo - ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione degli artt. 39, primo comma, lett. d , d.P.R. 600/1973, 54, secondo comma, lett. d , d.P.R. 633/1972, 44-45, TUIR, 2729, 2697, cod. civ., poiché la CTR ha escluso la validità della presunzione, fondante la pretesa creditoria di cui all’atto impositivo impugnato, di distribuzione degli utili extrabilancio nelle società a ristretta base proprietaria. La censura è fondata. Va infatti ribadito che - In materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale Sez. 5, Sentenza n. 15824 del 29/07/2016, Rv. 640622 - 01 - In tema di accertamento delle imposte sui redditi, è legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria tale presunzione - fondata sul disposto dell’art. 39, primo comma, lett. d , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 induce inversione dell’onere della prova a carico del contribuente Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 18032 del 24/07/2013, Rv. 628448 - 01 . La sentenza impugnata è palesemente contrastante con i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, posto che per un verso ha negato la validità della presunzione de qua, per altro verso non ha correttamente imputato l’onere probatorio rispetto all’oggetto della lite. Il ricorso va dunque accolto in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata e, decidendosi nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il ricorso originario del contribuente va rigettato. Stante l’esito alterno del giudizio le spese dei gradi di merito possono essere compensate. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente compensa le spese dei gradi di merito condanna l’intimato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300 oltre spese prenotate a debito.