Contestata dal debitore l’esecuzione esattoriale, è legittima la condanna dell’ente creditore alle spese giudiziali?

Nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, posta in essere in suo danno, la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere all’ente creditore non integra, nei confronti di quest’ultimo, ragione di esclusione della condanna alle spese di lite, né di compensazione delle stesse.

Così ha sancito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3105/17 depositata il 6 febbraio. Il caso. Equitalia ricorre per cassazione avverso la sentenza che la condannava alle spese del giudizio promosso contro Roma Capitale per la riscossione di una cartella esattoriale. Si duole, in particolare, di dovere sostenere le spese del processo da essa stessa promosso. La condanna alle spese della lite dell’ente creditore è legittima. La Corte di Cassazione rileva che qualora si presenti una controversia in cui è il debitore a contestare l’esecuzione esattoriale, l’illegittimità dell’azione esecutiva da ascrivere all’ente creditore non integra, nei confronti di quest’ultimo, alcuna ragione di esclusione della condanna alle spese della lite, né di compensazione delle stesse. Ferma restando la facoltà dell’ente creditore di chiedere di essere manlevato dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso. D’altro canto, anche fuori dai casi in cui l’opposizione sia stata accolta o meno e qualora sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., il giudice ha la possibilità di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti dell’ente creditore, presente in giudizio, condannando solo quest’ultimo al pagamento. Dando atto alla sussistenza dei presupposti per il versamento delle spese a cui è stata condannata, la Suprema Corte, ritenendo la doglianza della ricorrente non meritevole di accoglimento, rigetta pertanto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, sentenza 24 novembre 2016 – 6 febbraio 2017, n. 3105 Presidente Travaglino – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo È stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Roma, n. 11369 del 21 maggio 2015 del seguente letterale tenore 1. Equitalia sud S.p.a. ricorre affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata che l’ha condannata alle spese del giudizio. 2. Resiste con controricorso G.G. . Roma Capitale intimata non svolge attività difensiva. 3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio - ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c. anche in relazione all’art. 360 bis c.p.c. - potendosi dichiarare inammissibile. 4. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 97 c.p.c. artt. 12, 24 e 25 D.p.r. 602/ 73 art. 360, co. 1, n. 3 perché è stata condannata alle spese nel giudizio dalla stessa promosso contro il G. per la riscossione di una cartella esattoriale. Il motivo è infondato. Il giudice del merito ha motivato secondo il principio di soccombenza ed in linea con la giurisprudenza di questa Corte Cass. N. 23459/2011 Cass. 24154/2007 . Motivi della decisione Non sono state presentate conclusioni scritte, il ricorrente ha depositato memoria. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio di condividere, con le seguenti precisazioni, le conclusioni cui perviene la detta relazione. Va comunque applicato il seguente principio di diritto nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite, né - di per sé sola considerata - di compensazione delle stesse, nei confronti dell’agente della riscossione la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere all’ente creditore interessato restano peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere a quest’ultimo di manlevarlo anche dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti con l’agente della riscossione e condannare al pagamento delle spese del debitore vittorioso soltanto l’ente creditore interessato o impositore quando questo è presente in giudizio, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 92 cod. proc. civ., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore interessato o impositore. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Trova infine applicazione l’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 510, di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modif. dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.