Dichiarazione congiunta: la notifica della cartella al marito blocca decadenza e prescrizione nei confronti della moglie

In caso di dichiarazione congiunta, la notifica della cartella di pagamento è eseguita nei confronti del marito e i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento delle somme iscritte a ruolo a suo nome. Per effetto della solidarietà voluta dal legislatore, la tempestiva notifica al marito della cartella di pagamento impedisce qualsiasi decadenza dell'Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie codichiarante.

Nella sentenza n. 2071/17, depositata il 27 gennaio, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione conferma tale soluzione. La vicenda. Una coppia di coniugi presenta la dichiarazione dei redditi per il periodo di imposta 1995 in forma congiunta. Nel 2004 la moglie si vede notificare una cartella di pagamento a seguito di controllo automatico ex art. 36- bis , d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Nel ricorso contro tale atto la contribuente eccepisce la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di rettifica e la prescrizione del credito erariale. Confermando la pronuncia di prime cure, la CTR respinge il ricorso della contribuente rilevando che, anche se erano ormai spirati i termini di decadenza e prescrizione nei suoi confronti, la cartella di pagamento era stata tempestivamente notificata al marito, vale a dire al coobbligato con il quale era stata presentata la dichiarazione congiunta. Contesto normativo e giurisprudenziale. Ai sensi dell’art. 17, l. 13 aprile 1977, n. 114, in caso di dichiarazione congiunta la notifica della cartella di pagamento è eseguita nei confronti del marito e i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento delle somme iscritte a ruolo a suo nome. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, per effetto della solidarietà voluta dal legislatore la tempestiva notifica al marito della cartella di pagamento impedisce qualsiasi decadenza dell'Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie codichiarante Cass. n. 1463/16 . In forza dell'interpretazione adeguatrice della normativa offerta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 184/89, il coniuge codichiarante è legittimato a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito, cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per la coniuge, venendo altrimenti vulnerato il diritto di difesa della moglie, che rimane corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori relativi a quell'accertamento, e non ostando a ciò la circostanza che l'avviso di accertamento debba essere notificato al marito se infatti perché insorga la responsabilità solidale della moglie codichiarante non è necessario che le sia notificato l'avviso di accertamento, resta comunque inalterato il suo diritto di impugnare autonomamente, anche mediante l'impugnazione dell'avviso di mora ovvero della cartella di pagamento a lei diretti, l'accertamento notificato al marito – ancorché divenuto, nei confronti di quest'ultimo, definitivo –, e di far valere in tale sede tutte le ragioni di contrasto con la pretesa tributaria Cass. n. 23553/15 . Nella pronuncia in commento il Collegio ribadisce che con la libera scelta di presentare la dichiarazione in forma congiunta, i coniugi accettano anche i rischi di tale istituto relativi al procedimento di notificazione e alle conseguenze sostanziale e processuali delle obbligazioni solidali. La responsabilità solidale opera anche nel caso in cui il coniuge codichiarante sia estraneo alla produzione dei redditi accertati nei confronti del dichiarante cfr. Cass. n. 9209/11 . Nella pronuncia in rassegna la Sezione Tributaria precisa che la tempestiva notifica al marito della cartella di pagamento non soltanto impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie codichiarante, ma comporta altresì, a seguito dell’instaurazione del giudizio tra Amministrazione finanziaria e marito, l’interruzione con effetti permanenti” del decorso della prescrizione nei confronti della moglie codichiarante.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 4 novembre 2016 – 27 gennaio 2017, numero 2071 Presidente Vivaldi – Relatore Garri Ragioni di fatto e di diritto della decisione La Commissione tributaria regionale di Roma ha rigettato l’appello proposto da C.G. ed ha confermato la sentenza che aveva a sua volta rigettato l’impugnazione proposta avverso la cartella con la quale, a seguito di controllo ex art. 36- bis d.P.R. numero 600 del 1973, era chiesto il pagamento della somma di Euro 45.615,54 in relazione a acconti e saldi non versati per Irpef dell’anno 1995. Il giudice di appello ha evidenziato che in relazione alla dichiarazione dei redditi dell’anno 1996 i termini per il controllo formale erano scaduti il 31.12.2000 e che a norma dell’art. 9 della legge numero 448 del 1998 entro tale data dovevano essere resi esecutivi i relativi ruoli. Rammenta poi che a norma dell’art. 3 comma 3 della legge 27.7.2000 numero 212 i termini di decadenza e di prescrizione per gli accertamenti d’imposta non sono suscettibili di proroga. Sottolinea ancora che a norma dell’art. 36- bis del d.P.R. numero 600 del 1973 la liquidazione automatizzata deve essere effettuata entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione e nella specie il 31.12.1997. Tanto premesso, pur dando atto del fatto che alla data di notifica della cartella il 6.4.2004 i termini per la liquidazione ex art. 36- bis in relazione alla dichiarazione del 1995 fossero da tempo scaduti, ha poi ritenuto che, trattandosi di dichiarazione congiunta ed essendo stata già notificata al marito la cartella di pagamento, legittimamente l’Agenzia si era rivolta alla moglie per la riscossione. Per la cassazione della sentenza ricorre C.G. con quattro motivi mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare alla udienza di discussione alla quale poi, però, non è intervenuta. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 numero 4 per avere il giudice di appello omesso di pronunciare sulle censure che andavano oltre l’eccezione di prescrizione e di decadenza ed investivano sotto il profilo della omessa, carente e contraddittoria motivazione - la sentenza di primo grado che aveva ritenuto che la contribuente avrebbe potuto dimostrare agevolmente l’illegittimità della pretesa dell’Ufficio depositando la copia dei versamenti, senza tenere conto del fatto che in realtà era stato contestato l’ammontare della richiesta disconoscendo il reddito indicato nella cartella, evidenziando che era scaduto altresì il termine di conservazione dei documenti e che la cartella non indicava che il controllo era stato eseguito ai sensi dell’art. 36- bis d.P.R. numero 600 del 1973. Inoltre si era sottolineato che il contributo sanitario nazionale era stato duplicato posto che era stato chiesto anche in un’altra cartella esattoriale. La medesima censura viene poi reiterata nel secondo motivo di ricorso sotto il diverso profilo del vizio di motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 numero 5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza per vizio di motivazione ed inadeguata valutazione delle prove e delle allegazioni delle parti artt. 116 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 numero 3 c.p.c. . Sottolinea la ricorrente che era stato denunciato che la cartella di pagamento non conteneva alcun cenno alla riscossione di quanto già richiesto al coniuge e che tale censura era stata completamente ignorata dal giudice di appello che non aveva acquisito dall’Amministrazione le necessarie informazioni ex art. 213 c.p.c. erroneamente ritenendo, al contrario, che la ricorrente avrebbe dovuto offrire la prova del pagamento sebbene fosse chiara la contestazione delle somme azionate. Con il quarto motivo di ricorso, infine, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della legge numero 448 del 1998, dell’art. 3 comma 3 della legge 27.7.2000 e dell’art. 36 del d.P.R. numero 600 del 1973 che se correttamente applicati avrebbero dovuto convincere della intervenuta prescrizione del credito azionato. Infatti l’Agenzia avrebbe dovuto provare, e non lo aveva fatto, di aver notificato altra cartella al coniuge codichiarante. Tanto premesso rileva il Collegio che le censure mosse alla sentenza non colgono il punto centrale della motivazione che sorregge la decisione della Commissione Tributaria qui impugnata. Questa ha accertato che, pur superati i termini di prescrizione e decadenza nei confronti della C. , tuttavia la cartella era stata tempestivamente notificata al coniuge, coobbligato, con il quale era stata presentata la dichiarazione nella forma congiunta e dunque, correttamente, l’Agenzia si era rivolta alla co-obbligata per la riscossione. Come è noto nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi ex art. 17 della l. numero 114 del 1977, e per effetto della solidarietà voluta dal legislatore, la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento, come della cartella di pagamento, impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante cfr. Cass. 27 gennaio 2016 numero 1463 . Certamente la moglie codichiarante è legittimata ad impugnare autonomamente l’avviso di accertamento notificato al marito, ancorché divenuto definitivo nei confronti di quest’ultimo, o, comunque, a contestare la pretesa tributaria su di esso fondata, proponendo ricorso avverso la cartella di pagamento o l’avviso di mora a lei diretti, atteso che, pur non essendo necessario, affinché insorga la sua responsabilità solidale, che le sia notificato l’avviso di accertamento, il suo diritto di difesa non può essere pregiudicato cfr. Cass. 18 novembre 2015 numero 23553 . Tuttavia con la libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti accettano anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto e, specificamente, sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo marito sia quelli concernenti le conseguenze sostanziali e processuali proprie delle obbligazioni solidali. È fatta salva la possibilità per la moglie di contestare, nel merito, l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge, cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge cfr., cfr. C. cost., ord. numero 215 del 2004 e Cass. ord., numero 17160 del 2014, numero 20857 del 2010, numero 20709 del 2007, numero 19896 del 2006 . Ne consegue che la responsabilità solidale dei coniugi, che abbiano presentato dichiarazione congiunta ai sensi dell’art. 17 l. 114/1977, opera anche nel caso in cui il coniuge co-dichiarante sia estraneo alla produzione dei redditi accertati nei confronti del dichiarante cfr. Cass. numero 9209 del 2011 e che e per effetto della solidarietà in proposito sancita dal legislatore la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento come della cartella di pagamento , non solo impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante, ma comporta altresì, a seguito dell’instaurazione del giudizio tra l’Amministrazione finanziaria ed il marito, l’interruzione con effetti permanenti del decorso della prescrizione anche nei confronti moglie co-dichiarante. Su tali principi si fonda la decisione qui impugnata e nel ricorso nessuna specifica censura viene mossa a questa ratio decidendi . In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità atteso che l’Agenzia delle Entrate ha depositato una costituzione finalizzata alla possibilità di partecipare all’udienza di discussione alla quale, invece, non ha presenziato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.