La cartella deve contenere il tasso d’interesse

La cartella di pagamento emessa per la riscossione degli interessi è nulla se non indica il tasso di interesse applicato.

Il principio è contenuto nella sentenza n. 24933/2016 della Corte di Cassazione da cui emerge che la cartella deve essere motivata in modo congruo indicando il tasso di interesse e del metodo di calcolo. La cartella di pagamento. La cartella di pagamento ha natura di atto amministrativo di esecuzione e costituisce una intimazione al pagamento e di avviso di mora, che racchiude le funzioni di titolo esecutivo in quanto in esso è incorporato il ruolo e di precetto. La cartella di pagamento - pur non provenendo direttamente dalla PA ma da un soggetto privato Equitalia deve essere equiparata a tutti gli effetti all’atto amministrativo, la cui funzione fondamentale è quella di comunicare al contribuente la sua posizione debitoria nei confronti dell’ente impositore a fronte di un credito ritenuto certo, liquido ed esigibile. La stessa cartella deve contenere tutte le indicazioni utili per consentire al contribuente di vagliare le ragioni e, quindi, la legittimità della pretesa creditoria. A proposito di Equitalia il d.l. n. 193/2016 ne ha decretato la soppressione dal 1° luglio 2017 unitamente all’introduzione del sistema di riscossione sostitutivo, per arrivare alla nuova edizione della voluntary disclosure è stato creato il nuovo ente pubblico denominato Agenzia delle Entrate-Riscossione , sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministero dell’Economia. L’articolo 25, commi 2 e 2- bis , d.P.R. n. 602/1973 prevede che la cartella di pagamento deve essere redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze e deve contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata la cartella di pagamento deve contenere anche l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo. Il caso. Nel caso di specie i contribuenti hanno impugnato la cartella di pagamento con cui l’ufficio ha richiesto interessi per l’imposta di successione, pagata in ritardo a causa della sospensione della cartella originaria gli stessi contribuenti hanno eccepito la mancanza nella cartella di qualsiasi riferimento al tasso degli interessi e, quindi, privi di motivazione. La Commissione di primo grado ha accolto il ricorso e la decisione è stata confermata in appello conseguentemente l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha affermato che la cartella di pagamento, quando non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, atteso che tale obbligo deriva dai principi di carattere generale contenuti nell’art. 7 l. n. 212/2000. Nella fattispecie in esame la mancanza del tasso di interesse e del metodo di calcolo ha impedito di controllare la correttezza della somma dovuta. Infatti sebbene il contribuente fosse a conoscenza della somma dovuta a titolo di imposta di successione e del periodo per cui erano dovuti gli interessi, lo stesso non ha preso conoscenza del tasso e ricostruire il metodo di calcolo usato dall’ufficio. La decisione in esame appare destinata ad avere ripercussioni positive per i contribuenti i quali nel tempo si sono visti recapitare cartelle esattoriali contenenti solo il totale dovuto senza alcuna specifica del tasso di interesse applicato e ciò, nell’ottica della trasparenza dei rapporti tra fisco e contribuente, appare confliggente con quanto invocato dallo Statuto del Contribuente.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 24 novembre – 6 dicembre 2016, n. 24933 Presidente Chindemi – Relatore Zoso 1. M.T., C.D. e C.M. impugnavano la cartella esattoriale con cui era stato richiesto il pagamento di Euro 44.985,72 per interessi, oltre ad Euro 2.091,84 per compensi di riscossione, sostenendo che nella cartella era stato indicato che la somma era dovuta a titolo di interessi di sospensione per il periodo dal 1 giugno 2005 al 31 ottobre 2006 a seguito di revoca della sospensione n. omissis del 1 giugno 2005 . Si trattava di interessi pretesi dall'agenzia delle entrate in relazione alla somma dovuta per l'imposta di successione che era stata pagata in ritardo a causa della sospensione della cartella originaria disposta dall'agenzia stessa. Sostenevano i ricorrenti che nella cartella impugnata mancava qualsiasi riferimento al tasso degli interessi sicchè essa era da considerarsi priva di motivazione. La commissione tributaria provinciale di Varese accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia sul rilievo che i contribuenti non erano stati posti in condizione di ricostruire l'iter logico-giuridico e computistico seguito dall'Ufficio nell'addebitare le somme pretese. 2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l'agenzia delle entrate affidato a due motivi. I contribuenti si sono costituiti in giudizio con controricorso. 3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 15, e L. n. 212 del 2000, art. 7. Sostiene che la cartella impugnata doveva ritenersi sufficientemente motivata in quanto era indicato il periodo relativamente al quale gli interessi erano dovuti ed il provvedimento di revoca della sospensione della cartella afferente l'imposta di successione. Inoltre si doveva considerare che era stato comunicato via fax il provvedimento di sospensione della cartella impugnata nel giudizio concernente l'imposta di successione. Dunque i contribuenti erano in condizione di conoscere gli elementi costitutivi della pretesa fiscale. 4. Con il secondo motivo deduce motivazione illogica, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè la CTR non ha tenuto conto del fatto che i contribuenti si trovavano già nelle condizioni di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale sicchè era sufficiente il mero richiamo al provvedimento di revoca della sospensione. 5. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente di data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata. 7. Osserva la Corte che i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. La cartella impugnata contiene il solo riferimento al periodo di debenza degli interessi ed al provvedimento di revoca della sospensione della cartella impugnata nel giudizio concernente l'imposta di successione. Ora, la cartella esattoriale, quando essa non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, e recepiti, per la materia tributaria, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, Cass. n. 26330 del 16/12/2009 . Nel caso che occupa, mancando l'indicazione del tasso e del metodo di calcolo, i contribuenti non sono stati posti nella condizione di controllare la correttezza del calcolo degli interessi operato dall'agenzia sulla base della somma dovuta a titolo di imposta di successione. Essi, invero, seppure si può affermare che fossero a conoscenza della somma dovuta a titolo di imposta di successione, pari alla metà di quella originariamente pretesa dall'ufficio con la cartella poi sospesa, e del periodo relativamente al quale gli interessi erano stati calcolati, non avevano contezza alcuna del tasso e del metodo di calcolo, sicchè avrebbero dovuto attingere aliunde a nozioni giuridiche per ricostruire il metodo seguito dall'ufficio. 8. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna l'Agenzia delle Entrate a rifondere ai contribuenti le spese processuali che liquida in Euro 5.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.