Notifica cartelle, l'onere della prova grava sulle Entrate

In caso di giudizio l'Agenzia delle Entrate dovrà chiamare in causa l'agente della riscossione per produrre i documenti utili al procedimento. Se il contribuente eccepisce l'omessa notifica di una cartella proponendo ricorso solo contro l'agenzia delle Entrate, quest'ultima è tenuta a chiamare in causa l'agente della riscossione affinché produca la documentazione probatoria richiesta. In difetto subisce i conseguenti esiti negativi del giudizio.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22729 del 9 novembre 2016. La vicenda. Ad un contribuente sono stati notificati dall’Agente della Riscossione diversi avvisi di mora relativi a cartelle di pagamento emesse per la definitività di un accertamento. I provvedimenti sono stati impugnati dal contribuente contro l'agenzia delle Entrate, eccependo l'omessa notifica delle prodromiche cartelle. Il giudice di merito, sia in primo sia in secondo grado, ha confermato l'illegittimità dell'operato dell'amministrazione in assenza di prove contrarie rispetto alla tesi della contribuente. Peraltro, il collegio di appello ha confermato anche la correttezza dell'impugnazione nei confronti dell'Agenzia delle Entrate stante la sua legittimazione passiva. Nel ricorso in cassazione l’Agenzia delle Entrate ha lamentato che il giudice del gravame non poteva riversare l'onere probatorio sull'agenzia, poiché la procedura notificatoria era a carico di Equitalia. Impugnazione della cartella e legittimazione passiva. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno precisato che in tema di riscossione attraverso cartella di pagamento, è facoltà del contribuente scegliere se eccepire vizi di notifica o di merito della pretesa. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non all'agente della riscossione. Quest'ultimo, peraltro, anche ove fosse l'unico destinatario dell'impugnazione, dovrebbe chiamare in giudizio il titolare del credito poiché in caso contrario è tenuto a rispondere dell'esito della lite. Con riguardo all'onere probatorio, l'ente creditore può chiamare in causa il concessionario affinché produca la documentazione probatoria necessaria, senza che ciò possa gravare sul contribuente. La prassi. Secondo la circolare n. 12/E del 2012 delle Entrate, se il debitore propone ricorso solo nei confronti dell’Ufficio per vizi relativi all’attività dell’Agente della riscossione vizi relativi alla formazione della cartella, come ad esempio vizi di notifica, mancanza della sottoscrizione o del responsabile del procedimento di emissione o di notificazione della cartella di pagamento , l’Ufficio chiama in causa l’Agente della riscossione in applicazione dell’art. 14, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e nel contempo se i motivi di ricorso non riguardano anche l’attività dell’Ufficio, eccepisce il difetto di legittimazione passiva se i motivi di ricorso riguardano anche l’attività dell’Ufficio, provvede a controdedurre limitatamente alle questioni riguardanti il proprio operato, evidenziando che per le altre provvederà l’Agente della riscossione. In ogni caso, l’Ufficio informerà l’Agente della riscossione della presentazione del ricorso, affinché lo stesso possa intervenire volontariamente ai sensi dell’art. 14, comma 3, cit. in alternativa alla onerosa chiamata in causa da parte dell’Ufficio. In modo speculare opera l’Agente della riscossione nel caso in cui il ricorrente abbia proposto ricorso elusivamente nei suoi confronti, eccependo anche - o solo - vizi riferibili all’attività dell’Ufficio. In linea generale la condotta degli uffici dovrà uniformarsi ai seguenti criteri - in ogni stato e grado del giudizio l’ufficio e l’agente della riscossione curano ciascuno le questioni di propria competenza, in modo tale da assicurare nelle controversie in cui si fa questione di vizi riferibili alle proprie attività, l’espletamento delle difese e degli adempimenti necessari - per quanto concerne le pronunce giurisdizionali sfavorevoli l’Ufficio e l’agente valuteranno in modo autonomo l’interesse alla prosecuzione del contenzioso e ciascuno assumerà l’iniziativa dell’impugnazione per censurare vizi della pronuncia che attengono alla propria attività - l’impugnazione della sentenza deve essere effettuata nei confronti di tutti i soggetti parte del giudizio - l’ufficio qualora sia chiamato in causa esclusivamente per valutare la legittimità di atti inerenti operazioni effettuate dall’agente di riscossione eccepirà il difetto di legittimazione passiva. La chiamata in causa del concessionario. Qualora il contribuente, nell'eccepire l’omessa notifica delle cartelle esattoriali, evochi in giudizio la sola Agenzia delle Entrate, quest’ultima ha l’onere di chiamare in causa l’ente concessionario – se non vuole rispondere dell’esito negativo della controversia - affinché provveda direttamente in lite a produrre la necessaria documentazione probatoria. In tema di riscossione a mezzo cartella di pagamento, allorché il contribuente possa contestare sia la pretesa tributaria che la cartella come atto conseguenziale per l’appunto, deducendone la nullità per omessa notifica , la legittimazione passiva spetta sempre all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario del servizio di riscossione. Per cui se l’Amministrazione, come nel caso de quo , è fatta esclusiva destinataria dell’impugnazione, incombe su di essa l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente concessionario, se non intende rispondere dell’esito negativo della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è qui configurabile un litisconsorzio necessario. La posizione del concessionario è riconducibile per costante giurisprudenza alla figura dell’ adiectus solutionis causa , che non possiede legittimazione processuale, dovendo essere convenuto il solo creditore. Ne discende che la disponibilità della documentazione afferente il credito, quali sono le relate di notifica, ricade nell'ambito dei rapporti interni creditore – adiectus , senza che possa farsi valere nei confronti del creditore contribuente, la scelta di avere riscosso mediante adiectio invece che direttamente.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 24 maggio – 9 novembre 2016, n. 22729 Presidente Biagio – Relatore Raffaele Svolgimento del processo L'Equitalia Esatri s.p.a. ha notificato alla parte contribuente G.T. più avvisi di mora aventi ad oggetto Irpef, Ilor e contributo Ssn a seguito di cartelle esattoriali emesse per definitività di avviso di accertamento per l'anno di imposta OMISSIS . La commissione tributaria provinciale di Brescia ha accolto il ricorso della contribuente per avere la mancata notifica delle cartelle determinato la nullità degli avvisi di mora. La sentenza, appellata dall'agenzia, è stata confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano - sezione staccata di Brescia, che ritenuta la legittimazione passiva dell'Agenzia delle Entrate - ha affermato l'illegittimità degli avvisi per mancata prova delle notifiche delle cartelle. Avverso questa decisione l'agenzia propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, rispetto al quale la concessionaria per la riscossione resiste con controricorso. La parte contribuente non svolge difese. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, che si conclude con idoneo quesito di diritto, l'agenzia delle entrate denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, disapplicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10. Sostiene che, a fronte di detta norma che impone che nel processo tributario è parte oltre al ricorrente, il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l'atto impugnato , la sentenza censurata, affermando la legittimazione passiva dell'agenzia nel caso di specie, avrebbe applicato diversa e inesistente norma secondo cui la legittimazione sussisterebbe ogni qualvolta l'accoglimento del ricorso determini il venir meno dell'obbligo di versamento, con sostanziale azzeramento del diritto dell'ufficio alla percezione dell'imposta così nella sentenza impugnata . 2. - Con il secondo motivo di ricorso, che si conclude con idoneo quesito di diritto, l'agenzia delle entrate denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di legge indicata nel disposto dell'art. 2697 c.c., in tema di onere della prova. Sostiene che, a fronte dell'avvenuta notificazione da parte della concessionaria per la riscossione delle cartelle, non avrebbe potuto la sentenza impugnata pronunciare nei confronti dell'agenzia sulla base delle conseguenze del mancato assolvimento dell'onere della prova relativo alla produzione delle notifiche non in suo possesso. 3. - Con il controricorso, la società concessionaria - ripercorso il quadro giuridico delle questioni - ha chiesto rigettarsi il ricorso per quanto di ragione. 4. - I due motivi sono infondati e vanno disattesi. 5. - E' ferma al riguardo da parte di questa corte l'affermazione del principio fatto proprio in via consolidata dalle pronunce successive a sez. un. n. 16412 del 2007 secondo cui, in tema di riscossione a mezzo di cartella di pagamento, allorchè il contribuente possa contestare sia la pretesa tributaria che la cartella come atto consequenziale, è rimessa al contribuente stesso la scelta di impugnare tale ultimo atto, deducendone ad es. la nullità per omessa notifica dell'atto presupposto, o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all'entè titolare del credito tributario e non già al concessionario del servizio di riscossione, al quale, se è fatto esclusivo destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specièun litisconsorzio necessario. Il concessionario, poi, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, è parte quando oggetto della controversia è l'impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, nel caso - cioè - di vizi propri della cartella di pagamento e dell'avviso di mora. In tale ipotesi l'atto va impugnato - chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale è direttamente ascrivibile il vizio dell'atto, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l'ente impositore cfr. sez. 5, n. 5832 del 2011 . 6. - L'impugnata sentenza ha affermato, per quanto detto conformemente al cennato indirizzo interpretativo di questa corte di legittimità, la legittimazione dell'ufficio. Ferma la spettanza di tale legittimazione all'agenzia, non è necessario esaminare se - nel concreto - corrisponda alla situazione giuridica dedotta in giudizio la statuizione secondo cui le censure del contribuente, ove accolte, determinano il venir meno dell'obbligo di versamento, con sostanziale azzeramento del diritto dell'ufficio alla percezione dell'imposta così nella sentenza impugnata , espressione questa utilizzata nell'ambito della motivazione a sostegno dell'affermazione della legittimazione. Trattasi, invero, di una motivazione - eccedente la ratio dell'affermazione della legittimazione dell'agenzia delle entrate in controversie quale quella in esame - che può comunque ritenersi corretta a mezzo della presente decisione in sede di gravame, essendo per il resto il decisum conforme al diritto, ciò che assorbe e supera ogni eventuale esigenza di rimuovere in altro modo, nei confronti dell'agenzia che sottolinea tale esigenza, òla cennata affermazione contenuta nella sentenza stessa afferente il venir meno dell'obbligo di versamento , tema su cui effettivamente può ipotizzarsi, a seconda del concreto dipanarsi delle vicende della riscossione, che l'obbligo di versamento di quanto iscritto a ruolo possa persistere a carico della contribuente nei confronti del concessionario, che potrà rinnovare -, se del caso e sussistendone i presupposti - gli atti viziati, o che, pur eventualmente non potendo più il concessionario riscuotere, comunque resti ferma la soddisfazione della pretesa tributaria, a carico del solo concessionario, secondo le regole della riscossione - appunto - a mezzo di concessionario temi questi, comunque, di cui non è investita la presente sede giudiziaria. 7. - Se quanto innanzi esposto consente di ritenere direttamente infondato il primo motivo, deve notarsi che il cennato quadro normativo consente anche di affermare l'infondatezza del secondo motivo, con cui si deduce violazione dell'art. 2697 c.c., in tema di onere della prova. Invero, nel sostenere che, a fronte dell'avvenuta notificazione da parte della concessionaria per la riscossione delle cartelle, la sentenza impugnata non avrebbe potuto pronunciare nei confronti dell'agenzia sulla base delle conseguenze del mancato assolvimento dell'onere della prova relativo alla produzione delle relate di notifica, in quanto queste non sono in suo possesso, ma sono tenute dal concessionario, la ricorrente non considera adeguatamente che, sia dal punto di vista sostanziale che da quello processuale, l'ordinamento tributario fornisce meccanismi giuridici adeguati affinchè la prova sia comunque fornita. In tal senso, dal punto di vista sostanziale, la riconduzione da parte della giurisprudenza v. ad es. sez. 5, n. 21222 del 2006 della posizione del concessionario incaricato della riscossione del credito portato dal ruolo alla figura dell' adiectus solutionis causa delineata dall'art. 1188 c.c., tenuto conto che - al di fuori del sistema tributario l' adiectio non fonda una legittimazione processuale dell' adiectus , dovendo essere convenuto il creditore - convince del fatto che la problematica della disponibilità della documentazione afferente il credito, quali sono le relate di notifica, ricade nell'ambito dei rapporti interni tra creditore e adiectus , senza che possa farsi valere nei confronti del debitore-contribuente la scelta di avere riscosso mediante adiectio invece che direttamente e tali rapporti interni - in ampia parte disciplinati dalla legge, con norme integrate convenzionalmente - ben possono includere una disciplina tendente alla messa a disposizione delle relate in questione. Dal punto di vista processuale, poi, l'ordinamento tributario - al fine di adattare la posizione dell' adiectus alle esigenze di correntezza - ha regolato mediante il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10, la diretta legittimazione del concessionario quando oggetto della controversia è l'impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili anche al di fuori di tali ipotesi, come richiamato dalla citata sentenza delle sez. un. di questa corte, quando l'azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria è svolta direttamente nei confronti dell'ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell'esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l'ente titolare del diritto di credito v. D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, secondo cui il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente creditore interessato in mancanza, risponde delle conseguenze della lite . Il sistema è completato considerando del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, a mente del quale l'ente creditore, nel costituirsi in giudizio, può instare per la chiamata in causa di terzi invero, nell'ipotesi in cui sia evocata in giudizio la sola amministrazione, questa - ove si confronti con problematiche probatorie della regolarità dell'azione demandata all' adiectus - potrà oltre come detto a disciplinare inter partes la messa a disposizione di documentazione chiamare in causa il concessionario, affinchè quest'ultimo provveda direttamente in lite a produrre la necessaria documentazione probatoria con le conseguenze di legge in caso, di inadempimento . Della funzione della chiamata in causa a fini probatori, del resto, si mostra consapevole la stessa agenzia delle entrate che, con circolare del 17 luglio 2008, n. 51/E, ha fornito istruzioni per la gestione delle controversie nelle quali sia stata chiamata in causa soltanto l'agenzia delle entrate per questioni concernenti esclusivamente la regolarità e la validità degli atti dell'agente della riscossione, disponendo che l'ufficio eccepisce in via preliminare il difetto di legittimazione passiva eccezione destinata a confrontarsi però con gli indirizzi giurisprudenziali sopra cennati e chiama, però, in causa il concessionario ex art. 23 cit Deriva da quanto sopra la piena conformità dell'attuale quadro normativo alla legge, con rigetto del motivo di ricorso, restando esentata questa corte dal valutare la circostanza che, in fatto, nella lite di specie il concessionario è stato presente in causa. 8. - Tenuto conto della ravvisata esigenza - pur rigettandosi il ricorso - di integrare la motivazione offerta nella sentenza impugnata, sussistono ragioni di equità per disporre la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.