Se non richieste, le fatture non devono essere presentate per la ricostruzione del volume d’affari

Se l’Agenzia delle Entrate nel corso della ricostruzione del volume di affari di un contribuente non richiede al contribuente le fatture necessarie non è un suo obbligo consegnarle.

La Corte di Cassazione con la sentenza numero 6654, depositata il 6 aprile 2016, nel respingere il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ha affermato che il contribuente non è tenuto a presentare all’amministrazione finanziaria le fatture necessarie per la ricostruzione del volume di affari se non c’è una indicazione specifica nell’invito, da parte degli uffici fiscali. Il caso. La vicenda vede coinvolti l’Agenzia delle Entrate e una società alla quale era pervenuto ad accertamento della maggiore IVA. La Commissione tributaria regionale accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla società che era tra l’altro fallita, respingendo l’appello incidentale dell’Amministrazione, e rideterminava l’IVA dovuta per l’anno di imposta 1999 nella minor somma delle vecchie lire 98.858.000, confermando nel resto la decisione di primo grado. La controversia era sorta a seguito dell’impugnazione dell’avviso di accertamento per IVA, dell’allora IRPEG ed IRAP relative all’anno di imposta 1999, con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva determinato ai sensi dell’articolo 55, del DPR numero 633/1972, una maggiore IVA nella misura di €. 418.556,81. In primo grado la pretesa relativa all’IRPEG era stata azzerata, mentre l’accertamento era stato confermato per IRAP ed IVA. Per la CTR si poteva accogliere la sola domanda relativa all’IVA, sulla considerazione che il contribuente aveva presentato alla stessa Commissione alcune fatture di acquisto di importo significativo ed ha giustificato la non presentazione delle altre fatture con la difficoltà che esse avrebbero rappresentato, per via dell’enorme voluminosità della documentazione. In sostituzione aveva allegato al ricorso perizia giurata di un professionista, che faceva risultare una detrazione sul registro acquisti superiore a quella effettivamente riscontrata per lire 98.858.000. Tale relazione di stima non poteva essere disattesa e , quindi, veniva considerata valida ai fini della determinazione del debito IVA. Avverso la sentenza sfavorevole l’Agenzia delle Entrate è ricorsa in Cassazione. Accertamento fiscale. L’Agenzia delle Entrate, nel ricorso in Cassazione, censura il fatto che la CTR avesse accolto l’appello in merito all’IVA dovuta, sulla scorta di documentazione prodotta tardivamente, solo in sede processuale in secondo grado, in violazione della norma citata, nonostante sin dall’aprile 2005 fosse stata notificata al curatore la richiesta di esibire copia della dichiarazione Mod. 760, anno di imposta 1999, con la relativa ricevuta di presentazione, e senza che la parte avesse dimostrato che la produzione tardiva era dovuta a cause a lei non imputabili. I giudici di legittimità osservano che l’articolo 32, commi 4 e 5, del d.P.R. numero 600/1973, nel testo vigente all’epoca della richiesta d’ufficio, affermava 4 Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma ora quarto non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile . I giudici di legittimità ricordano che la giurisprudenza della Cassazione ha già avuto modo di affermare che L'invio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del questionario previsto, in sede di accertamento fiscale, dall’articolo 32, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare - giusta i canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria - un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni onde evitare l'instaurazione del contenzioso giudiziario. Ne consegue che l'omessa o intempestiva risposta è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa, e non trova applicazione l'articolo 58, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, che consente alle parti nuove produzioni documentali nel corso del giudizio tributario di appello, rispetto a documenti su cui si è già prodotta la decadenza . E’ stato, tuttavia, anche chiarito che in tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate giustifica l'esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall'articolo 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all'esibizione da parte dell'Amministrazione purché accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica - in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. - per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il Fisco. Le conclusioni. Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate non trascrive se non sommariamente, l’invito dell’aprile 2005 tale difetto di trascrizione non consente di verificare se l’invito sollecitava la specifica produzione delle fatture di acquisto 1999, oggetto di contestazione per allegazione tardiva, o piuttosto, come sembra di cogliere dal tenore del motivo, solo la richiesta della dichiarazione dei redditi e della ricevuta di presentazione inoltre non fornisce tutti gli elementi, anche in ordine all’avvertimento circa le conseguenze alla eventuale inottemperanza, necessari a ricondurlo all’ambito di applicazione della fattispecie normativa invocata, con evidenti ricadute sul piano dell’autosufficienza. Per tali ragioni, in conclusione, il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 26 gennaio – 6 aprile 2016, numero 6654 Presidente Piccininni – Relatore Tricomi Ritenuto in fatto 1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia con la sentenza numero 114/31111, depositata 1'8.11.2011 e non notificata, accoglieva parzialmente l'appello proposto dal Fallimento DIG-IT INTERNATIONAL SRL, respingendo l'appello incidentale dell'Amministrazione, e rideterminava l'IVA dovuta per l'anno di imposta 1999 nella minor somma di lire 98.858.000, confermando nel resto la decisione di primo grado. La controversia era sorta a seguito dell'impugnazione dell'avviso di accertamento numero RI S031600034/2007 per IVA, IRPEG ed IRAP relative all'anno di imposta 1999, con il quale l'Amministrazione, per quanto interessa il presente processo, aveva determinato ai sensi dell'articolo 55 del DPR numero 63311972, una maggiore IVA nella misura di £.418.556,81. In primo grado la pretesa relativa all'IRPEG era stata azzerata, mentre l'accertamento era stato confermato per IRAP ed IVA. 2. Riteneva il secondo giudice di accogliere la sola domanda relativa all'IVA, sulla considerazione che il contribuente ha presentato a questa Commissione alcune fatture di acquisto di importo significativo ed ha giustificato la non presentazione delle altre fatture con la difficoltà che esse avrebbero rappresentato in considerazione dell'enorme voluminosità della documentazione. In sostituzione ha allegato al ricorso perizia giurata di un professionista, che fa risultare una detrazione sul registro acquisti superiore a quella effettivamente riscontrata per lire 98.858.000. Relazione di stima che non può essere disattesa e che quindi viene considerata valida ai fini della determinazione del debito IVA. . 3. L'Agenzia delle entrate ricorre per cassazione su due motivi, ai quali replica il fallimento con controricorso. Considerato in diritto I .1. Primo motivo - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 32 del DPR numero 600/1972 articolo 360, comma 1, numero 3, cpc, ed anche 360, comma 1, numero 4, cpc . La ricorrente si duole che la CTR abbia accolto l'appello in merito all'IVA dovuta, sulla scorta di documentazione prodotta tardivamente, solo in sede processuale in secondo grado, in violazione della norma citata, nonostante sin dal 12.04.2005 fosse stata notificata al curatore la richiesta di esibire copia della dichiarazione Mod. 760, anno di imposta 1999, con la relativa ricevuta di presentazione, e senza che la parte avesse dimostrato che la produzione tardiva era dovuta a cause a lei non imputabili. 1.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza. 1.3. Osserva la Corte che così recita l'articolo 32, commi 4 e 5, del DPR numero 600/1973, nel testo vigente all'epoca della richiesta d'ufficio 12.04.2005 4 Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. 5 Le cause di inutilizzabilita' previste dal terzo comma ora quarto non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare 'L'invio, da parte dell'Amministrazione finanziaria, del questionario previsto, in sede di accertamento fiscale, dall'articolo 32, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare - giusta i canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria - un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni onde evitare l'instaurazione del contenzioso giudiziario. Ne consegue che l'omessa o intempestiva risposta è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa, e non trova applicazione l'articolo 58, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, che consente alle parti nuove produzioni documentali nel corso del giudizio tributario di appello, rispetto a documenti su cui si è già prodotta la decadenza. Cass. 10489/2014 . E' stato tuttavia anche chiarito che in tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate giustifica l'esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell'Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall'articolo 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all'esibizione da parte dell'Amministrazione purché accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica - in deroga ai principi di cui agli articolo 24 e 53 Cost. - per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il Fisco. Cass. nnumero 25334/2014, 1176512014, 22126/2013, 453/2013 . 1.4. Invero, nel caso in esame, la Agenzia non trascrive - se non sommariamente - l'invito del 12.04.2005 tale difetto di trascrizione non consente di verificare se l'invito sollecitava la specifica produzione delle fatture di acquisto 1999 - oggetto di contestazione per allegazione tardiva - o piuttosto, come sembra di cogliere dal tenore del motivo, solo la richiesta della dichiarazione dei redditi e della ricevuta di presentazione inoltre non fornisce tutti gli elementi, anche in ordine all'avvertimento circa le conseguenze alla eventuale inottemperanza, necessari a ricondurlo all'ambito di applicazione della fattispecie normativa invocata, con evidenti ricadute sul piano dell'auto sufficienza. 2.1. Secondo motivo - Insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo 360, comma 1, numero 5 erroneamente indicato 3''cpc . 2.2. La ricorrente si duole che la CTR abbia ritenuto raggiunta la piena prova dei fatti allegati dal fallimento sulla scorta di una perizia giurata, trascurando che la perizia di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, e che alla stessa avrebbe potuto essere riconosciuto solo il valore di indizio al pari di un documento proveniente da un terzo. 2.3. Lamenta altresì la contraddittorietà della motivazione, rimarcando che la CTR, dopo aver affermato che la contribuente aveva presentato solo alcune fatture di acquisto di importo significativo , aveva tuttavia sentenziato affermando che era stata raggiunta la prova della veridicità della sussistenza delle operazioni e della loro rilevanza ai fini IVA1senza spendere alcuna parola sull'assolvimento della prova in merito all'inerenza delle operazioni. 2.4. Anche il secondo motivo è inammissibile. Innanzi tutto va rilevato che la censura mossa avverso la valenza probatoria attribuita alla perizia giurata avrebbe dovuto essere formulata quale vizio di violazione di legge e non risponde quindi all'archetipo del vizio denunciato. Quanto alla contraddittorietà della motivazione! nemmeno si ravvisa perché la ricorrente sembra piuttosto sollecitare una diversa valutazione dei fatti, rispondente alle sue aspettative. La questione dell'inerenza è prospettata in assenza di autosufficienza, stante la carenza di adeguata trascrizione dei rilievi compiuti e si palesa come nuova. 3.1. In conclusione il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi. 3.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. La Corte di cassazione, - rigetta il ricorso per inammissibilità dei motivi condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della contro ricorrente che liquida nel compenso di €. 5.000,00, oltre accessori.