Istanza di rimborso accolta solo parzialmente: inutile proporne un’altra per quanto non concesso

Qualora, a fronte di un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione Finanziaria si limiti, puramente e semplicemente , ad emettere un provvedimento di rimborso parziale, senza evidenziare alcuna riserva o indicazione di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento medesimo si configura, per la parte relativa all’importo non rimborsato, come atto di rigetto della richiesta di rimborso originariamente presentata dal contribuente. Perciò, tale provvedimento costituisce atto impugnabile come rifiuto espresso, nel termine di 60 giorni, e deve ritenersi improponibile una seconda istanza di rimborso.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8195, depositata il 22 aprile 2015. Il caso. Una società presentava un’istanza di rimborso per un credito IRPEG all’Ufficio delle Entrate, con conseguente liquidazione, solo parziale, della somma richiesta. A fronte del provvedimento di rimborso parziale, la società non aveva impugnato entro 60 giorni tale provvedimento, ma aveva presentato una nuova istanza di rimborso per la parte di credito non liquidata dall’Ufficio. In risposta a questa seconda istanza, l’Ufficio notificava con una nuova comunicazione alla società il provvedimento di rimborso parziale. La società impugnava la comunicazione entro 60 giorni davanti alla CTP di Genova, che accoglieva il ricorso, e la decisione veniva confermata dalla CTR Liguria. L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici tributari di non aver qualificato come diniego implicito parziale, e quindi come rimborso impugnabile entro 60 giorni, il primo atto di restituzione parziale della somma, non opposto. Liquidazione solo parziale. La Corte di Cassazione ricorda che qualora, a fronte di un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione Finanziaria si limiti, puramente e semplicemente , ad emettere un provvedimento di rimborso parziale, senza evidenziare alcuna riserva o indicazione di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento medesimo si configura, per la parte relativa all’importo non rimborsato, come atto di rigetto, anche se implicito, della richiesta di rimborso originariamente presentata dal contribuente. Provvedimento impugnabile. Perciò, tale provvedimento costituisce atto impugnabile come rifiuto espresso, nel termine di 60 giorni, ai sensi degli artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992, e deve ritenersi improponibile una seconda istanza di rimborso, per il mancato accoglimento integrale della prima, con conseguente inidoneità della stessa alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile. Infatti, dato che l’istanza del contribuente è volta ad ottenere la materiale restituzione della somme che asserisce di aver indebitamente versato, il mancato pagamento di tale somma da parte dell’Amministrazione integra comunque un sostanziale rigetto dell’istanza, ed è pertanto impugnabile indipendentemente dalla legittimità del rifiuto e dall’inesigibilità del credito. Tale inesigibilità attiene non alla natura dell’atto, bensì al merito della pretesa, per cui il contribuente è legittimato a sottoporre al giudice tributario le ragioni del suo disaccordo sulla risposta ricevuta, ogni volta che la sua richiesta di rimborso non abbia ottenuto concreta ed effettiva soddisfazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria della società.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 28 gennaio – 22 aprile 2015, numero 8195 Presidente Cappabianca – Relatore Ferro Fatto e diritto Il processo. Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Liguria 3.7.2008 che, pronunciata su suo appello in conferma della sentenza C.T.P. Genova numero 151/20/2006 e resa in tema di rimborso di credito IRPEG per Tanno 1990, esposto dalla Ansaldo s.p.a. in dichiarazione e originariamente non concesso dall'Ufficio che per una parte il 30.6.1994 , ebbe a ribadire la illegittimità di quel diniego parziale, quanto a L. 1.207.787.000, formalmente disposto con nota ricevuta dalla società il 22.2.2005 a seguito di apposta istanza del 22.12.2004, dopo una prima inevasa del 1.7.1996. In particolare, la C.T.R. ritenne - per quanto ancora qui di interesse - che la società non avrebbe dovuto già impugnare, ed entro 60 giorni, l'atto di rimborso parziale, non potendo quello essere assimilato ad atto con cui l'Ufficio manifesta la sua potestà impositiva, difettando invero di motivazione e notificazione, così negandosi l'applicazione dell'invocato articolo 10 d.P.R. numero 787/1980 sul ruolo formato dal Centro servizi che aveva proceduto alla predetta prima ed unica erogazione. Aggiunse la pronuncia impugnata che era onere dell'Amministrazione, ai sensi dell'articolo 6 Statuto contribuente, assicurare la conoscenza da parte di questi di ogni fatto o circostanza da cui potesse derivare il mancato riconoscimento del credito, mentre la documentazione versata in atti solo nel giudizio d'appello era infondata ed il credito esposto in dichiarazione oramai cristallizzato. Il ricorso è articolato su sette motivi ed è resistito con controricorso dalla contribuente. I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione. Con il primo motivo , il ricorrente ha dedotto, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 3 cod.proc.civ., la violazione di legge ai sensi degli artt. 8 e 10 l. [d.P.R.] numero 787 del 1980, 19 e 21 d.lgs. numero 546 del 1992, avendo erroneamente la C.T.R. omesso di qualificare come diniego implicito parziale, e dunque come rimborso impugnabile, l'atto di restituzione della prima somma, già effettuato nel 1994 e non opposto. Con il secondo motivo , il ricorrente ha dedotto la violazione di legge ancora sub artt. 8 e 10 l. [d.P.R.] numero 787/1987, 19 e 21 d.lgs. numero 546/1992, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 3 cod.proc.civ., non avendo la C.T.R. colto che la competenza del Centro di servizi, espletata successivamente all'accertamento di debenza del credito, conseguente alla procedura di liquidazione delle imposte ex articolo 36 bis d.P.R. numero 600 del 1973, era circoscritta ad un procedimento materiale culminante con la restituzione del dovuto, ma senza influire sull' an ed il quantum del credito di rimborso, già definiti nel precedente atto di rimborso parziale, non impugnato tempestivamente per la parte non soddisfatta. Con il terzo motivo , il ricorrente ha dedotto, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 3 cod.proc.civ., la violazione di legge ex articolo 6 co.2 l. numero 212/2000, avendo trascurato la C.T.R. che l'atto di rimborso parziale del 30.6.1994 era sufficiente in ogni caso ai fini della sua doverosa impugnazione, senza necessità di integrare con motivazioni ulteriori le ragioni dell'implico rifiuto pro parte, semmai attinenti al merito e però nemmeno applicandosi retroattivamente l'invocata norma dello Statuto del contribuente. Con il quarto motivo , il ricorrente ha dedotto il vizio di motivazione omessa, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 5 cod.proc.civ., laddove la C.T.R., non avvedendosi della identità di effetti dei due provvedimenti di diniego del rimborso, ha mancato di qualificare il secondo siccome meramente confermativo di un diniego già adottato all'esito della liquidazione ex articolo 36 bis d.P.R. numero 600/1973. Con il quinto motivo , il ricorrente ha dedotto, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 3 cod.proc.civ., la violazione di legge ex artt. 8 e 10 l. [d.P.R.] 787/1980, 19 e 21 d.lgs. numero 546/1992 quanto ai principi generali sull'atto confermativo e la sua impugnabilità, laddove la C.T.R. ha errato nel?ammettere la impugnabilità di un atto meramente ripetitivo del precedente, essendo il rifiuto formale del rimborso non autonomo rispetto al primo. Con il sesto motivo , il ricorrente ha dedotto, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 3 cod.proc.civ. e in via subordinata, la violazione di legge ex articolo 2697 cod.civ., avendo trascurato la C.T.R., nel riconoscere impugnabilità solo al secondo atto, che la pretesa cristallizzazione del credito IRPEG a motivo della allegazione solo in appello, ad opera dell'Ufficio, della documentazione a sostegno del diniego, concerneva il merito e non la impugnabilità e per essa valeva la regola addossante al contribuente l'onere di provare il diritto di credito. Con il settimo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 3 cod.proc.civ. e in via subordinata, la violazione di legge ex artt. 8 e 10 l. [d.P.R.] 787/1980, 19, 23,53 e 57 d.lgs. numero 546/1992, allorché la C.T.R ha errato nel far discendere il fondamento del credito dalla pretesa tardività di produzione documentale dell'Ufficio, intempestività assente in virtù del principio per cui è onere della prova del contribuente dimostrare i presupposti del rimborso e l'Amministrazione può difendersi a tutto campo , senza vincolo ad una specifica motivazione di rigetto e non trattandosi nel caso di eccezioni in senso stretto. 1. I primi quattro motivi di ricorso, da trattare unitariamente stante l'evidente loro connessione tematica, sono fondati, conseguendone altresì l'assorbimento dei restanti. La questione dibattuta concerne la portata provvedimentale, negata dalla C.T.R., dell'atto di rimborso parziale dei crediti d'imposta, già esposti nella dichiarazione dei redditi e per l’anno 1990 dalla società contribuente, laddove ad esso abbia fatto seguito un'ulteriore istanza di riconoscimento del medesimo credito nell'identica misura, cioè per la parte non soddisfatta, con formale diniego di rimborso ancora ed ulteriormente richiesto ma non concesso dall'Ufficio. La natura del primo atto condiziona altresì il giudizio di tempestività, e correlativa validità, dell'impugnazione alfine interposta - avverso il solo secondo atto — ad opera della società. Vige in realtà in materia, sulla base di una ricostruzione comparativa tra l'atto materiale sul rimborso, conclusivo del procedimento di liquidazione delle imposte derivante dalla dichiarazione reddituale ex articolo 36 bis d.P.R. numero 600 del 1973 ed ogni altra comunicazione dell'Ufficio, anche riproduttiva della stessa determinazione di rimborso esclusa in tutto o in parte, un principio interpretativo che ricostruisce il primo atto alla stregua di una valorizzazione innanzitutto dei suoi effetti, specie se, come nel caso, siano mancati in esso e comunque non v'è traccia di allegazione in tal senso riserve o provvisorietà di statuizione sull'istanza della parte. Il secondo atto, conseguentemente, può correttamente ascriversi al novero di quelli meramente ricognitivi, avendo la P.A. esaurito l’esplicitazione della sua volontà quanto a pretesa impositiva già con il primo, dunque assoggettabile a necessaria impugnazione. Così, con indirizzo che va ribadito in difetto di argomenti nuovi che ne sollecitino la rimeditazione, questa Corte ha stabilito che In tema di contenzioso tributario, qualora, a fronte di una istanza di rimborso d'imposta, l'amministrazione finanziaria si limiti, puramente e semplicemente, ad emettere un provvedimento di rimborso pannale, senza evidenziare alcuna riserva o indicazione nel senso di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento medesimo si configura, per la parte relativa all'importo non rimborsato, come atto di rigetto - sia pure implicito - della richiesta di rimborso originariamente presentata dal contribuente. Ne consegue che detto provvedimento costituisce atto impugnabile quale rifiuto espresso, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, ai sensi degli arti. 19 e 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, e che deve, invece, ritenersi improponibile una seconda istanza di rimborso per il mancato accoglimento integrale della prima , con conseguente inidoneità della stessa alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile . Cass. 12336/2005, 14846/2008 . Ed ancora Cass. 27438/2008 e 10783/2007 hanno puntualizzato che poiché l'istanza del contribuente è volta ad ottenere la materiale restituzione della somma che asserisce di aver indebitamente versato, il mancato pagamento di tale somma da parte dell'Amministrazione integra comunque un sostanziale rigetto dell'istanza, ed è pertanto impugnabile indipendentemente dalla legittimità del rifiuto, ed in particolare dall’inesigibiiità del credito, la quale attiene non già alla natura dell'atto, ma al merito della pretesa, con la conseguenza che il contribuente è legittimato a sottoporre al giudice tributario le ragioni del suo disaccordo sulla risposta ricevuta, ogni qualvolta la sua richiesta di rimborso non abbia ottenuto concreta ed effettiva soddisfazione da parte dell'Amministrazione finanziaria , come esattamente avvenuto nella specie, allorché già il 30.6.1994 l'Ufficio aveva proceduto a rimborsare ad Ansaldo s.p.a. L. 7.943.265.000 sul maggior credito esposto in dichiarazione di L. 9.151.052.000, mentre la controricorrente società incorporante solo il 1.7.1996 avanzò istanza di estinzione del residuo credito mediante assegnazione di titoli di Stato, con seconda istanza chiese il rimborso il 22.12.2004 e impugnò infine il diniego il 22.4.2005, dopo che l'Ufficio aveva nel frattempo riprodotto - con modalità meramente ricognitive dell'operazione di rimborso parziale pregressa - il primo atto con comunicazione del 22.2.2005. 2. Né appare infine pertinente il richiamo alle disposizioni dello Statuto del contribuente, bastando osservare che Le norme di natura procedimentale della legge 27 luglio 2000 numero 212, che rendono obbligatorio l'interpello del contribuente in caso di liquidazione di tributi in base alla dichiarazione e in caso di incertezze articolo 6, quinto comma e la sua informazione solo in caso di irrogazione di sansoni articolo 6, secondo comma , non hanno efficacia retroattiva e, pertanto, non possono trovare applicazione con riferimento all'attività accertativa dell'amministrazione finanziaria relativa a precedenti anni d'imposta . Cass. 12462/2001, 25002/2009 , comunque trattandosi di principio che, in ogni caso ed in astratto, la parte avrebbe potuto far valere solo all'interno di un procedimento impugnatorio tempestivo, come pacificamente escluso data la natura qui assegnata all'atto di rimborso parziale, contro cui nessuna doglianza la parte ha manifestato ai sensi degli artt. 19 e 21 d.lgs. numero 546 del 1992. Il ricorso va dunque accolto, con riguardo ai primi quattro motivi, assorbiti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata e, non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti, decisione altresì nel merito della domanda del contribuente, che va rigettata. La condanna alle spese del giudizio di legittimità, compensate quelle per i gradi di merito stante la formazione progressiva dell'orientamento qui applicato, segue la regola della soccombenza, con liquidazione come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso quanto ai primi quattro motivi, con assorbimento dei restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria del contribuente, condannando il medesimo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000, oltre alle eventuali spese prenotate a debito, con compensazione integrale delle spese delle fasi di merito.