Studi di settore, prova per il contribuente

In tema di accertamento fondato sui c.d. parametri, da considerare strumenti presuntivi, spetta al contribuente eccepire la loro inapplicabilità alla sua situazione reddituale.

Quanto precede è contenuto nella sentenza n. 7587/2015 della Suprema Corte da cui emerge che nonostante il professionista sia definibile figlio d’arte” con esperienza pluriennale e con rilevante professionalità può dimostrare con adeguate prove che il reddito accertato sulla base dei parametri non corrisponde a quello conseguito. La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o studi di settore. I parametri elaborati con gli studi di settore consentono di valutare i ricavi o i compensi che possono imputarsi al contribuente attraverso analisi economiche e tecniche statistico-matematiche. In sostanza, consentono di tracciare i rapporti che possono originarsi tra le variabili strutturali e contabili delle società costituite da lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all’organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell’attività. Gli studi di settore vengono usati dall’ufficio al fine dell’attività di controllo e dal contribuente per verificare, in sede di dichiarazione, la congruità dei ricavi dichiarati e dei valori economici attinenti l’attività di settore. Tali parametri, disciplinati dagli artt. 62- bis e 62- sexies , d.l. n. 331/1993, si configurano come mezzi di accertamento parziali rientranti nel dettato dell’art. 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/1973, e sono degli strumenti presuntivi che misurano i ricavi, i compensi e il volume d’affari dei lavoratori autonomi Dpcm 29 gennaio 1996 si applicano ai soggetti per cui non sono ancora stati approvati gli studi di settore o per i quali gli studi, pur approvati, non sono applicabili. La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata ex lege in relazione ai parametri, ma nasce in esito al contraddittorio, obbligatorio pena la nullità dell’accertamento cfr. CTR di Roma n. 1477/2014 . Il caso. Nel caso di specie la contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento basato sull’applicazione dei cd parametri e il ricorso è stato accolto in primo grado, mentre in appello sono state accolte parzialmente le ragioni dell’ufficio. Preliminarmente è stato accolto il vizio di difetto di notificazione dell’atto impositivo nonché anche la nullità dell’atto per mancanza della sottoscrizione. La sentenza ha accolto, inoltre, parzialmente le motivazioni della contribuente, rilevando che l’atto impositivo non può essere elaborato sulla base dei parametri, ma piuttosto sugli studi di settore. Pertanto i giudici, nell’evidenziare che la sentenza di appello ha concluso per l’inapplicabilità del parametro e per l’altro ha proceduto alla determinazione del reddito imponibile e che tali due valutazioni non si fondano sugli stessi elementi probatori ma sulla medesima documentazione professionista figlio d’arte, con esperienza pluriennale e rilevante professionalità da cui sono stati ricavati prove di segno diverso, hanno ritenuto nullo l’atto per illegittima applicazione dei parametri. Quanto precede è rilevante, considerato che gli studi di settore costituiscono senza dubbio uno strumento più completo rispetto ai parametri al fine di giudicare i dati esposti dal contribuente e pervenire, previo espletamento del contraddittorio, ad una rideterminazione degli importi effettivamente percepiti e realizzare così una comparazione il più possibile veritiera con gli elementi standardizzati. Su tali base la Corte ha accolto in parte il ricorso della contribuente rinviando la causa alla competente CTR.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 23 febbraio – 15 aprile 2015, n. 7587 Presidente Bielli – Relatore Scoditti Svolgimento del processo Nei confronti dell'avv. R.P. venne emesso avviso di accertamento con cui, in base all'applicazione dei c.d. parametri di cui al D.C.P.M. 20 gennaio 1996, venne rideterminato in £ 55.125.000 il reddito da lavoro autonomo dichiarato per l'anno 1998. Il ricorso della contribuente veniva accolto dalla CTP. L'appello dell'Ufficio venne parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria sulla base della seguente motivazione. I parametri vanno considerati strumenti presuntivi e spetta al contribuente eccepire la loro inapplicabilità alla sua situazione. Dalla disamina degli atti di causa, appaiono presenti diversi elementi, sia pure indiziari, che lasciano dubbi sulle risultanze conseguenti dall'applicazione dei parametri. Infatti, da una analisi puntuale della documentazione prodotta dal contribuente, si delinea, nel corso del 1998, un quadro professionale caratterizzato dal trasferimento dello studio in P.zza S.M., da un non rilevante numero di pratiche svolte, nonché da pratiche svolte senza compensi a favore dell'associazione I.N. Emerge altresì che il contribuente esercita la professione di avvocato da non pochi anni, con conseguente indubbia esperienza, e che ha iniziato la professione con la sorella presso lo studio del padre, per poi dividersi dalla stessa, nel corso del 1998, dopo il decesso del padre. Orbene dalla pluralità di questi elementi emerge che il contribuente ha fornito adeguate prove volte a dimostrare che il reddito accertato sulla base dei parametri non corrisponde a quello conseguito, tuttavia dalla stessa documentazione si delinea la figura di un professionista definibile ‘figlio d'arte’, con esperienza plurieannale e con rilevante professionalità, fattori che inducono a ritenere equo in £25.000.000 il reddito conseguito dallo stesso nel corso del 1998 . Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di tredici motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate. Motivi della decisione Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 113 c.p.c. e 1, comma 2, d. leg. n. 546/1992, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Lamenta la ricorrente che la determinazione del reddito secondo equità da parte della CTR viola sia le norme del processo tributario, prevedendo l'art. 1, comma 2, d. leg. n. 546/1992 l'applicabilità delle norme del codice di procedura civile solo in quanto compatibili con la disciplina del processo tributario, sia l’art. 113 c.p.c., che ancora il potere di decidere secondo equità ad una espressa norma di legge. Il motivo è inammissibile. La CTR ha determinato il reddito conseguito dalia contribuente non facendo applicazione dell'equità di cui all'art. 113 c.p.c. giudizio di equità c.d. formativa o sostitutiva, non correttiva o integrativa, da svolgere alla stregua tuttavia dei medesimi principi espressi dalla disciplina positiva - cfr. Corte cost. n. 206 del 2004 , ma in base alla norma di diritto secondo cui il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, ed il giudice può liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impositore, quanto la controprova sui punto offerta dal contribuente. Ciò si desume dal fatto che alla determinazione dell’importo corrispondente al reddito il giudice di merito è pervenuto, come si legge nella decisione impugnata, sulla base dei fattori , e cioè le circostanze di fatto, analiticamente indicati nella motivazione. L'uso dell'espressione equo non rinvia dunque all'equità quale fonte di diritto, ma alla nozione generica di conformità a diritto. Il motivo di ricorso, in conclusione, non è pertinente alla motivazione della decisione impugnata. Con il secondo motivo sì denuncia violazione falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d d.p.r. n. 600/1973, 2729 e 2697 c.c., 3, commi 181 e 184, I. n. 549/1995, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente che i dati derivanti dall'applicazione dei parametri, sulla base di quanto affermato dalla giurisprudenza, non possono essere considerati presunzioni semplici, tali da invertire l'onere della prova, ma devono essere confortati da elementi concreti desunti dalla realtà economica del contribuente. Il motivo è infondato. Come affermato dalle sezioni unite Cass. 18 dicembre 2009, n. 26635 conforme Cass. 15 maggio 2013, n. 11633 , la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento , esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte e condiziona la congruità della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell'atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impostore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 39, comma 1 lett. d , d.p.r. n. 600/1973, 2727 e 2729 ex., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c Lamenta la ricorrente che i fattori da cui è stata fatta discendere la determinazione equitativa del reddito figlia d'arte, esperienza pluriennale, rilevante professionalità non sono idonei ad integrare il fatto noto alla base della presunzione semplice. Il motivo è inammissibile. L'apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso alla prova presuntiva, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito e sono censurabili in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione unitamente all'esistenza della base della presunzione e dei fatti noti, che fanno parte della struttura normativa della presunzione fra le tante Cass. 6 agosto 2003, n. 11906 . Con il motivo di ricorso non si denuncia un vizio motivazionale, ma, sia pure sotto la rubrica della violazione di legge, si contesta puramente e semplicemente l'idoneità dei fatti assunti dal giudice di merito, quale base dell'inferenza, a costituire il fatto noto di cui alla presunzione semplice. Con il quarto motivo si denuncia omessa, insufficiente e/o contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che la decisione impugnata contraddittoriamente ritiene fattori idonei a dimostrare compensi maggiori di quelli dichiarati gli stessi elementi figlia d'arte, esperienza pluriennale, rilevante professionalità considerati per concludere nel senso dell'inapplicabilità dei parametri. Aggiunge che tali fattori si scontrano comunque con le prove fornite dalla contribuente, e cioè il numero esiguo di cause patrocinate nel 1998, la prova della perdita dell'avviamento paterno e quella dell'attività prestata gratuitamente per Italia Nostra. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte Infondato. L'inammissibilità della censura emerge laddove quest'ultima confluisce in una valutazione di merito, preclusa nella presente sede di legittimità, e segnatamente laddove richiama il contrasto fra gli elementi probatori valutati dalla CTR e le prove fornite dalla contribuente. Per il resto si denuncia con la censura una contraddittorietà che non è presente nella motivazione. La decisione impugnata da una parte ha concluso per l'inapplicabilità del parametro al caso concreto, per l'altro ha proceduto alla determinazione del reddito imponibile. Le due valutazioni si basano non sui medesimi elementi probatori, ma sulla medesima documentazione dalla quale sono stati desunti elementi probatori di segno diverso. Per l'inapplicabilità del parametro at caso concreto è stato valorizzato il quadro professionale caratterizzato dal trasferimento dello studio in P.zza S.M. da un non rilevante numero di pratiche svolte, nonché da pratiche svolte senza compensi a favore dell'associazione I.N. Dalla stessa documentazione si delinea la figura di un professionista definibile 'figlio d'arte’, con esperienza plurieannale e con rilevante professionalità si tratta degli elementi valorizzati per la determinazione del reddito. Identica è dunque la documentazione, non il complesso degli elementi probatori, ricavati da quella documentazione e dai quali sono state ricavate le due distinte valutazioni d'inapplicabilità del parametro e di determinazione del reddito imponibile. Con il quinto motivo si denuncia omessa, insufficiente e/o contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che nella motivazione non risultano illustrati i criteri in base ai quali è stata determinato l'importo corrispondente al reddito della contribuente. Il motivo è infondato. Come si evince dal momento conclusivo di sintesi ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. il vizio denunciato è di omessa motivazione. In relazione al vizio denunciato va evidenziato che nella motivazione risultano indicati gli elementi probatori nella motivazione vengono definiti fattori sulla base dei quali il giudice dì merito ha determinato il reddito. Nei limiti dunque della denuncia di omissione dì motivazione, il vizio motivazionale non è configurabile. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la inesistenza e/o nullità della notificazione dell'atto impositivo e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con il settimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la nullità dell'atto impositivo per mancanza della sottoscrizione e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con l'ottavo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la nullità dell'atto impositivo per decadenza dal potere di accertamento l'atto impositivo era stato notificato oltre il quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione e l'art. 10 I. n. 289/2002, che ha prorogato di due anni i termini di decadenza, è illegittimo e comunque inapplicabile, posto che la contribuente avrebbe potuto valersi solo della definizione agevolata di cui all'art. 15 e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con il nono motivo sì denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la nullità dell'atto impositivo perché i decreti che prevedevano i parametri erano stati emanati senza il preventivo parere obbligatorio del Consiglio di Stato e che il giudice di appellò ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con il decimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la nullità dell'atto impositivo per difetto di motivazione, non essendosi l'Ufficio pronunciato in ordine alle difese della contribuente in sede di contraddittorio, e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con l'undicesimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la nullità dell'atto impositivo per illegittima applicazione dei parametri, dovendo trovare applicazione gli studi di settore, e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con il dodicesimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello denunciato la nullità dell'atto impositivo per mancata instaurazione di adeguato contraddittorio, non avendo l'Ufficio fornito alcuna risposta alle deduzioni della contribuente, e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. Con il tredicesimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell’atto di appello denunciato la nullità dell'atto irrogativo delle sanzioni per mancanza di motivazione e che il giudice di appello ha omesso di provvedere in ordine all'istanza. I motivi dal sesto al tredicesimo sono fondati. In omaggio al principio di autosufficienza la ricorrente ha richiamato non solo il motivo di impugnazione contenuto nell'atto di appello, ma anche l'indicazione del motivo nell'originario ricorso innanzi alla CTP. La decisione impugnata ha omesso di provvedere in ordine ai motivi di doglianza evidenziati nei motivi di ricorso innanzi indicati. P.Q.M. Accoglie i motivi di ricorso dal sesto al tredicesimo, rigetta il secondo, il quarto, nei limiti di cui in motivazione, ed il quinto motivo, dichiarando per il resto inammissibile il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.