L’accertamento induttivo è giustificato da abrasioni contenute nel registro dei corrispettivi

La presenza di abrasioni nel registro dei corrispettivi consente di ritenere inattendibile la scrittura, quindi di giustificare l’accertamento induttivo nei confronti dell’esercente un bar/caffè. Ai sensi degli artt. 2219 c.p.c. e 22 d.P.R. n. 633/1972, la cancellatura nelle scritture contabili deve avvenire in modo che la parole cancellate siano leggibili. L’art. 2219 c.c., cui rimanda per la tenuta delle scritture contabili di cui ai precedenti articoli l'art. 22, comma 1, d.P.R. n. 600/1973, stabilisce che tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili .

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19755 del 19 settembre 2014. Il caso. Il fisco ha rettificato le dichiarazioni IVA, IRPEF e IRAP di un bar/caffè, liquidando maggiori imposte con interessi e sanzioni. I giudici tributari di merito hanno annullato la ripresa a tassazione, in base alla considerazione che, trattandosi di accertamento induttivo, nella specie difettava il presupposto dell’inattendibilità della contabilità. Infatti quest’ultima era stata tenuta regolarmente, fatta eccezione per l’abrasione contenuta nel registro dei corrispettivi, che avendo una portata molto modesta, non consentiva di considerare inattendibile la scrittura. In particolare , più che di una abrasione” si trattava di una correzione operata scrivendo sull’originario errato importo un diverso importo corretto. Il giudice di merito ha sottolineato che sono regolarmente tenute le scritture contabili ove su un originario importo sia scritto un diverso importo corretto - senza bisogno che si accerti giudizialmente la leggibilità degli importi cancellati - o che comunque l’inattendibilità è da escludere laddove il testo cancellato sia meramente intuibile. Avverso la sentenza del giudice del gravame ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, lamentando, fra l’altro, la violazione di legge in relazione agli artt. 2219 c.p.c. e 22 d.P.R. n. 633/1972 posto che, se è necessaria qualche cancellatura nelle scritture contabili, questa deve avvenire in modo che la parole cancellate siano leggibili. La Suprema Corte ha dichiarato fondato il motivo. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, rinviando per un nuovo giudizio al giudice del gravame. La chiarezza del dettato normativo, secondo gli Ermellini, evidenzia l'errore in cui è incorsa la CTR nel ritenere che le irregolarità riscontrate nella tenuta delle scritture contabili del contribuente fossero tutto sommato di natura veniale, atteso che si trattava di correzione operata scrivendo sull'originario errato importo un diverso importo corretto avente una portata molto modesta . Il ragionamento del giudice del gravame sostituisce il proprio personale sentire al tassativo dettato di legge, ritenendo che il criterio della leggibilità, invocato dall’Ufficio, possa essere liberamente derogato e che le scritture contabili siano perciò regolari, anche quando, in caso di sovrascrittura, l’importo sottoscritto non sia leggibile oppure la manipolazione effettuata sia modesta. Irregolarità delle scritture obbligatorie. Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta. Contribuiscono a rendere razionale ed efficiente l’organizzazione e la gestione dell’impresa e perciò sono di regola spontaneamente tenute da qualsiasi imprenditore. La tenuta delle scritture contabili è elevata ad obbligo ed è disciplinata ex lege per gli imprenditori che esercitano attività commerciale art. 2214 c.c. , con esclusione dei piccoli imprenditori. Le società commerciali, ad esclusione della società semplice, sono obbligate alla tenuta delle scritture contabili anche se non esercitano attività commerciale. Le scritture contabili sono disciplinate dalla legislazione tributaria secondo criteri che solo in parte coincidono con quelli fissati dal codice civile, sia per quanto riguarda i soggetti obbligati alla tenuta delle stesse, che per quanto concerne le scritture contabili obbligatorie. In particolare, nella legislazione tributaria l’obbligo di tenuta delle scritture contabili è esteso anche a soggetti non imprenditori, come, ad esempio, i liberi professionisti. Tutte le scritture contabili devono essere tenute secondo le regole di una ordinata contabilità s.v. art. 2219 c.c. e, in particolare, senza spazi in bianco, senza interlinee, senza abrasioni ed in modo che le parole cancellate restino, comunque, leggibili. L'Amministrazione finanziaria in presenza di irregolarità nelle scritture tali da far ritenere inattendibile la tenuta della contabilità è ammessa alla determinazione induttiva del reddito Cass. n. 23950/2011 . Le irregolarità delle scritture obbligatorie degli esercenti attività d'impresa si considerano gravi e rendono inattendibile la contabilità ordinaria di tali soggetti con legittimo ricorso all'accertamento induttivo È legittimo da parte dell'Amministrazione finanziaria procedere all'accertamento induttivo, ai sensi dell'art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 in caso di omessa sottoscrizione delle scritture contabili da parte del contribuente nella specie, schede contabili obbligatorie , in quanto l'omessa sottoscrizione non costituisce una mera irregolarità, bensì equivale alla inesistenza giuridica delle scritture stesse e con esclusione, pertanto, della loro attendibilità Cass. n. 2250/2003 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 23 giugno – 19 settembre 2014, n. 19755 Presidente Piccininni – Relatore Marulli Svolgimento del processo 1. A seguito di una verifica fiscale operata dall'Ufficio delle entrate di Milano che evidenziava la presenza di abrasioni nel registro dei corrispettivi, una sproporzione tra rimanenze finali e rimanenze iniziali e versamenti bancari ingiustificati, l’Agenzia delle Entrate procedeva a notificare a C.F., esercente un bar/caffè, avviso di accertamento con cui rettificava le dichiarazioni IVA, IRPEF e IRAP della parte per l’anno 2002 e liquidava le maggiori imposte dovute con gli interessi e le sanzioni corrispondenti. L’appello dell’ufficio avverso la sentenza della CTP di Milano, che su ricorso del contribuente aveva annullato il detto avviso di accertamento, era respinto dalla CTR Lombardia con la sentenza qui impugnata sulla base della considerazione che, trattandosi di accertamento induttivo, nella specie faceva difetto il presupposto di esso rappresentato dall’inattendibilità della contabilità, tenuto conto del fatto che la stessa era stata tenuta regolarmente, fatta eccezione per la modesta abrasione contenuta nel registro dei corrispettivi che avendo una portata molto modesta non consentiva di ritenere inattendibile la scrittura , trattandosi invero non di abrasione, ma di una correzione operata scrivendo sull’originario errato importo un diverso importo corretto . Osservava altresì la CTR, quanto al rilievo afferente alle giacenze, che andavano condivise le puntuali, precise ed esaustive considerazioni fatte dal giudice di primo grado , in ogni caso mancando la dimostrazione dell’eventuale danno che avrebbe subito il fisco e, quanto ai versamenti, che si trattava di parte dei corrispettivi che non era stato versata in banca nei giorni precedenti . La cassazione di detta sentenza è ora chiesta dall’Agenzia in forza di otto motivi. Resiste con controricorso la parte intimata che ha depositato pure memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione 2.1. Va preliminarmente rimossa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla parte resistente sul rilievo che, non costituendo oggetto di impugnazione la circostanza che nella specie l’accertamento impugnato sia stato operato ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett d , D.P.R. 600/73, esso presuppone la sussistenza di scritture contabili formalmente corrette e consente l’accertamento induttivo del reddito quando la stessa contabilità confligge con regole fondamentali di ragionevolezza, di modo che sono inammissibili i motivi di ricorso spiegati dall’Agenzia che presuppongono la non correttezza formale delle scritture contabili . 2.2. L’eccezione è priva di pregio per tre ordini di motivi. Non è intanto vero in linea di principio che l’accertamento analiticoinduttivo dei redditi di impresa del che nella specie concretamente trattasi possa essere esperito solo in presenza di una contabilità formalmente corretta, atteso che tanto l’art. 39, comma primo, lett. d , D.P.R. 600/73 quanto il suo omologo in materia di IVA art. 54, comma secondo, D.P.R. 633/72 consentono di accertare l’esistenza di ricavi non dichiarati o di passività non dichiarate prescindendo dalle registrazioni contabili, oltre che in forza delle notizie acquisite dall’ufficio ai sensi degli artt. 32 D.P.R. 600/73 e 51 D.P.R. 633/72, anche sulla base di presunzioni semplici purché queste siano gravi precise e concordanti , di modo che l’apparente regolarità formale delle scritture contabili non costituisce condizione indefettibile dell’accertamento così operato. Del resto è insegnamento stabilmente invalso nella giurisprudenza di questa Corte a margine dell’art. 39, comma primo, lett. d , D.P.R. 600/73 che si possa procedere alla determinazione induttiva dei redditi, anche qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente 12167/14 20514/13 7871/12 , potendo in tali casi dubitarsi della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi. Ed è appena il caso di notare, a maggior conforto del fatto che la correttezza formale della contabilità è solo uno dei presupposti dell’accertamento analitico-induttivo, che nella specie l’ufficio era stato sollecitato ad agire in questi termini proprio in considerazione della irragionevolezza desunta dal fatto che, rispetto alla natura dell’attività, caratterizzata da un rapido smaltimento delle scorte, le giacenze finali fossero maggiori di quelle iniziali. Da ultimo va osservato che nella specie, in adesione a quanto consentito dalla disciplina di legge, l'accertamento induttivo in capo al contribuente di redditi non dichiarati ha preso le mosse, non solo dalla disamina delle scritture contabili, bensì da una pluralità di elementi ulteriori, quali in particolari la circostanza sopra segnalata della discordanza delle rimanenze finali rispetto alla natura delle attività esercitata e di movimentazioni bancarie non giustificate, circostanze che già di per sé stesse concorrono a definire quel quadro di presunzioni gravi, precise e concordanti in presenza delle quali è legittima la rettifica operata dall’ufficio. 3.1. Ciò detto, con il primo motivo di ricorso la difesa erariale censura l’impugnata decisione per gli effetti dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. per contraddittorietà della motivazione, vero che la CTR, nell’esaminare il rilievo in punto di tenuta delle scritture contabili, aveva in pari tempo sostenuto dapprima che esiste la modesta abrasione contenuta nel registro dei corrispettivi e poiché si trattava non di abrasione, ma di una correzione . 3.2. Il motivo è infondato. E' noto e costante indirizzo di questa Corte che il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendo e cioè l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione adottata 14024/14 10879/14 10341/14 . Esso presuppone cioè un contrasto di argomentazioni tra loro logicamente inconciliabili, tale che non risulti possibile identificare le ragioni che hanno indotto il giudice ad adottare quella decisione. Ne discende che il vizio in parola non è riscontrabile in presenza, non già di argomentazioni quali interne articolazioni del complessivo ragionamento giudiziario, bensì di semplici espressioni verbali, quali nella specie sono quelle impiegate dal giudice a quo, oltretutto descrittive di eventi fenologicamente non incompatibili, in ogni caso prive di conferenza nell’economia del giudizio conclusivo. 4.1. Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso che si esaminano congiuntamente in quanto avvinti tra loro, l’Agenzia si duole per gli effetti dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. della violazione di legge in cui sarebbero incorsi i giudici appello in relazione all’art. 2219 c.c. e parallelamente in relazione all’art. 22. comma primo, D.P.R. 600/22 che lo richiama, nella parte in cui prevede che se è necessaria qualche cancellatura, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili , laddove al contrario con la sentenza impugnata si sostiene che sarebbero regolarmente tenute le scritture contabili ove su un originario importo sia scritto un diverso importo corretto senza bisogno che si accerti giudizialmente la leggibilità degli importi cancellati secondo motivo , che sarebbero regolarmente tenute le scritture contabili ove il testo cancellato mediante sovrascrizione sia meramente intuibile terzo motivo e sarebbero regolarmente tenute le scritture contabili ove su un originario importo sia scritto un diverso importo corretto, purché quest’ultimo abbia portata modificativa modesta quarto motivo . 4.2. Il motivo è fondato. L’art. 2219 c.c., cui rimanda per la tenuta delle scritture contabili di cui ai precedenti articoli l’art. 22, comma primo, D.P.R. 600/73, stabilisce che tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili . Il lineare dettato della norma evidenzia inoppugnabilmente, senza bisogno di soverchi commenti in diritto, l’errore in cui è incorso il giudice d’appello nel ritenere che, malgrado le rigide prescrizioni impartite, le irregolarità riscontrate nella tenuta delle scritture contabili del contribuente, fossero tutto sommato di natura veniale, dal momento che si tratterebbe di correzione operata scrivendo sull’originario errato importo un diverso importo corretto avente una portata molto modesta tale da non consentire di ritenere inattendibile la scrittura . Così ragionando però il decidente ha in fondo sostituito il proprio personale sentire al tassativo dettato della legge, ritenendo, in violazione di quanto da essa disposto, che il criterio della leggibilità possa essere liberamene derogato e che le scritture contabili siano perciò regolari, anche se, in caso di sovrascrittura, l’importo sottoscritto non sia leggibile, e che la regolarità nella loro tenuta non dipenda in definitiva anche dal modo in cui sono operate le correzioni, ma sia al contrario un concetto su questo piano variamente mutevole a seconda della portata più o meno modesta della manipolazione effettuata. 5.1. Il quinto motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. risultando violati gli artt. 36, comma secondo, D.lg. 546/92 e 111, comma sesto, Cosi, posto che la CTR, in relazione alla specifica doglianza fatta valere dall’ufficio in punto di rimanenze, ha ritenuto di poter assolvere l'obbligo motivazionale recato dalle norme in parola limitandosi ad affermare di condividere la motivazione di primo grado senza illustrare le ragioni del rigetto dello specifico motivo di impugnazione proposto dall’appellante . Parimenti con il sesto motivo si addebita alla sentenza impugnata vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. sotto il profilo della sua insufficienza circa il punto decisivo della controversia costituito dalla sproporzione tra le rimanenze iniziali e le rimanenze finali, in quanto la CTR, nel dichiarare di far proprie in parte quale considerazioni svolte dai primi giudici, ha giudicato incomprensibili sia i criteri fondanti la sproporzione delle risultanze finali senza illustrare il processo logico - cognitivo che ha sorretto il suo giudizio di incomprensibilità nel caso concreto . 5.2. Il quinto motivo è fondato ed il suo accoglimento determina per evidenti ragioni di priorità l’assorbimento del sesto. Quella adottata dal giudice di appello in parte qua, dichiarando di volersi riportare alle puntuali, precise, ed esaustive considerazioni fatte dal giudice di primo grado costituisce un esempio scolastico di motivazione per relationem, che com’è noto, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, non è drasticamente inibita al giudice di secondo grado a condizione però che, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto 10943/14 21566/13 766/13 . La legittimità della motivazione per relationem mediante rinvio alle ragioni di diritto rinvenibili nel corpo motivazionale di un distinto atto espressamente richiamato nella sentenza, che può essere rappresentato tanto dalla decisione di prime cure nel caso in cui alla motivazione per relationem ricorra la sentenza di appello quanto più in generale dagli atti del procedimento verbale istruttorio, consulenza dell’ausiliario, documenti del giudizio Cass. 12664/12 , che divengono in quanto tali parte integrante dell’atto rinviante Cass. 3367/11 , è perciò soggetta alla condizione che il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell'identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio Cass. 7347/12 e che dall’integrazioni tra i due corpi motivazionali risulti l’esplicitazione dell’itinerario argomentativo che deve dare conto dell'esame critico delle questioni già risolte nell’atto richiamato e della idoneità delle stesse a fornire la soluzione anche alle questioni che devono essere decise Cass. 12664/13 . Nella specie la CTR, limitandosi a manifestare la propria condivisione della sentenza di primo grado e dichiarando di volersi uniformare ad essa, si è invece astenuta dall’assolvere doverosamente all’obbligo di motivazione impostole dal gravame, in particolare omettendo la considerazione delle ragioni difensive fatte valere dall’impugnante, che, pur se lacunosamente riportate in fatto, non sono state tuttavia fatte oggetto di una compiuta disamina e tanto meno hanno formato oggetto di un giudizio critico. E ciò perché, con più diretto riferimento al motivo di censura, è mancato qualsivoglia richiamo alle ragioni che avevano indotto il primo giudice a respingere il ricorso, non potendo perciò giudicarsi appagante e corretto sotto il profilo motivazionale il percorso argomentativo che, come nella sentenza qui gravata, non faccia seguire all’affermazione che la Commissione Tributaria Regionale di Milano si riporta alle puntali, precise ed esaustive considerazioni fatte dal Giudice di primo grado che fa proprie , l’esposizione anche in forma sintetica delle ragioni puntuali, precise ed esaustive addotte dal primo giudice per motivare il proprio rigetto. 6.1. Con il settimo motivo di ricorso l’impugnante agenzia addebita alla sentenza falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 39, comma primo, Iett d , D.P.R. 600/73 e 54 D.P.R. 633/72 per aver ritenuto che, contrariamente a quanto risultante dalle norme richiamate, che non lo contemplano quale presupposto per l’attività di accertamento operata dall’ufficio, incomba sull’Agenzia l’onere di provare il danno per l’erario derivante dalla sproporzione delle rimanenze finali quando l’Agenzia faccia valere in giudizio il suo diritto di accertare l’esistenza delle attività non dichiarate in virtù di presunzioni semplici, tra i quali rientra l’indizio dato dalla sproporzione delle rimanenze finali . 6.2. Il motivo è fondato. Affermando, riguardo alla discrepanza accertata in sede di verifica tra le rimanenze iniziali e quelle finali, che l’Agenzia appellante non ha neppure in questo secondo grado di giudizio evidenziato l’eventuale danno che avrebbe subito il fisco da tale lamentata, ma inesistente sproporzione , il giudice di appello si è nuovamente sostituito, violandolo ed incorrendo perciò nel lamentato errore di diritto, al dettato normativo degli artt. 39, comma primo, lett. d D.P.R. 600/73 e 54, comma secondo, D.P.R. 633/74. E’ invero estraneo al loro dettato, e non costituisce perciò presupposto della legittimità dell’accertamento analitico-induttivo da essi disciplinato, la circostanza o meno che dalla condotta infedele del contribuente, che ometta di dichiarare ricavi realizzati o dichiari perdite inesistenti, l’erario abbia a K.G. 5957//2009 subire un danno, l’incompletezza, la falsità e l’inesattezza degli elementi nella dichiarazione secondo la formulazione impiegata dall’art. 39, costituendo al contrario di per sé stesse, anche nella forma di maggiori guadagni non dichiarati o di minori perdite inesistenti, il nucleo identificativo della fattispecie, senza che sia richiesto pure la concorrenza di un danno per il fisco, l’allegata neutralità della condotta sotto questa angolazione non esplicando invero alcun effetto rispetto al dato costituito - e già in questo senso rappresentativo di un danno per la collettività - dal fatto che il contribuente sia venuto meno all’obbligo di assolvere fedelmente i propri obblighi dichiarativi. 7.1. L’ottavo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5 sotto il profilo della contraddittorietà di essa circa il punto decisivo della controversia rappresentato dal versamenti riscontrati sui conti correnti del contribuente, in quanto la CTR ha giudicato inattendibile sul punto la tesi dell’ufficio, che ne aveva al contrario ravvisato il rilievo indiziario ai fini dell’operata rettifica, sul presupposto che la somma versata sui conti correnti sarebbe una parte dei corrispettivi che non erano stati versati in precedenza, in tal modo però pervenendo ad una conclusione contraddittoria perché la falsità dell’affermazione dell’ufficio non è la conseguenza logica dell’affermazione della CTR . 7.2. Il motivo è fondato. Ricordato che il denunciato vizio, come visto sopra, ricorre allorché le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione della ratio decidendi, e cioè l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata, è evidente il vizio di illogicità che mina alla radice il ragionamento sul punto dei giudici di appello, poiché ritenere, come essi hanno ritenuto, che, quanto ai riscontrati versamenti bancari, si trattava di parte dei corrispettivi che non erano stati versati in banca nei giorni precedenti , non giustifica sul piano della correlazione logica tra le singole proposizioni il successivo rigetto dello specifico motivo di gravame fatto valere dall’ufficio, che proprio da quei versamenti, rimasti ingiustificati, aveva tratto argomento per procedere all’accertamento impugnato. Anzi, se al riguardo il ragionamento fosse stato condotto in maniera coerente rispetto alla contestazione dell’ufficio, dall’allegazione, ritenuta veritiera, secondo cui i versamenti riscontrati corrispondevano agli incassi dei giorni precedenti, la CTR avrebbe dovuto trarre la ben diversa conclusione che, in mancanza di una prova contraria, quei versamenti non altrimenti giustificati erano la miglior conferma della pretesa fatta valere dal fisco e non potevano perciò determinarne, come qui si è invece inteso fare, la caducazione con la conseguente reiezione del gravame. 8. L’impugnata sentenza va dunque cassata e la causa rimessa ad altra sezione del giudice territoriale per il doveroso riesame ai sensi dell’art. 383, comma primo, c.p.c. P.Q.M. Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il settimo e l’ottavo motivo, dichiara assorbito il sesto, cassa l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Lombardia che in altra composizione provvederà pure alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.