Avvocati: collaboratori esterni occasionali e beni di modesta entità non sono autonoma organizzazione

Per l'IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre solo quando il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture riferibili ad altri, nonché impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 19070, depositata oggi. Il caso. Un avvocato presenta ricorso in Cassazione avverso la sentenza della CTR che, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato legittimo il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso l’istanza di rimborso IRAP per gli anni dal 2003 al 2004, sul presupposto di un’organizzazione dell’attività del contribuente , avvocato appunto, contrassegnata da impiego di collaboratori esterni ed utilizzo di beni strumentali di importo non trascurabile, come emerso dalla dichiarazione dei redditi . Il ricorrente, dal canto suo, ritiene che la CTR abbia erroneamente trascurato che l’imposizione IRAP esige un collegamento con un'attività autonomamente organizzata fornita da una struttura esterna rispetto al titolare e tale da creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale . Nel caso di specie, invece, l’avvocato si era avvalso solo di prestazioni occasionali di terzi e di beni di modesta entità. Secondarietà dei supporti organizzativi e strumentali dell'attività del singolo professionista? Sul punto, la S.C., accogliendo il ricorso, ha affermato che laddove l'analisi della C.T.R. si fosse esercitata intorno al rapporto tra l'investimento di mezzi e risorse professionali altrui e la risultante finale dei compensi , situazione che – si legge in sentenza, per il basso rapporto quantitativo, offre una netta imputabilità al professionista stesso dei ricavi da attività di avvocato ed una modesta qualità organizzativa causale degli apporti diversi , si sarebbe giunti a diversa decisione. Per l'IRAP, infatti, tale requisito ricorre solo quando il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture riferibili ad altri, nonché impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l' id quod plerumque accidit , il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui Cass. 2589/2014 . In conclusione, dunque, gli Ermellini hanno accolto il ricorso e rinviato alla C.T.R., anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 27 giugno – 10 settembre 2014, numero 19070 Presidente Di Iasi – Relatore Ferro Il processo P.C.C. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Emilia Romagna 10.11.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Bologna numero 114/06/2007, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così dichiarando la legittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni dal 2003 al 2004, sul presupposto di un'organizzazione dell'attività del contribuente, professionista avvocato, contrassegnata da impiego di collaboratori esterni ed utilizzo di beni strumentali di importo non trascurabile, come emerso dalle dichiarazioni dei redditi. Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello potesse essere accolto, evidenziando i citati fattori la sussistenza del presupposto impositivo ex articolo 2 d.lgs. numero 446/1997. Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste Agenzia delle Entrate con controricorso. I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione Con il primo motivo, si censura la sentenza per violazione di legge quanto agli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. numero 446/1997, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. trascurato che l'imposizione IRAP esige un collegamento con un'attività autonomamente organizzata fornita da una struttura esterna rispetto al titolare e tuttavia tale da creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale, mentre nel caso il professionista si era avvalso solo di prestazioni occasionali di terzi e di beni di modesta entità. Con il secondo motivo, si censura la sentenza per vizio della motivazione, in ordine a fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 5 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. apprezzato la portata, assunta nell'organizzazione della contribuente, dell'ausilio di un terzo collaboratore e della sussistenza di beni strumentali con costi quantificati in modo non consistente, esprimendo un giudizio generico. 1. I due motivi, da trattare congiuntamente per l'evidente connessione, sono fondati. Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito consiste nell'aver individuato, con riguardo all'articolo 2 del d.lgs. numero 446 del 1997, il limite di applicazione della norma, cioè l'esistenza di un'autonoma organizzazione, affermando in fatto il presupposto impositivo a carico del professionista legale, la cui attività venne riferita quale connotata dall'apporto continuativo di collaboratori esterni e dall'utilizzo di beni strumentali non privi di significatività, così interpretando il citato requisito. Tale motivazione - anche tenuto conto delle risultanze istruttorie riportate dal ricorrente nelle difese di legittimità ed emerse dai quadri RE del modello unico degli anni considerati, non contraddette dalla controricorrente - non appare coerente con le circostanze descrittive dell'attività professionale, invero svolta senza l'ausilio stabile di alcun dipendente ed invece mediante ricorso a terzi per un costo di poco più di 1.000 euro per anno , la ritrazione di compensi da attività intellettuale per circa 85.000 euro e l'impiego di beni strumentali che, riferiti dal contribuente ad un valore nominale di quota ammortizzabile per poco più di 3.000 euro per l'anno 2004 e descritti in arredi ed attrezzature connesse all'attività intellettuale, la C.T.R. ha qualificato senz'altro, ma genericamente, nell'ambito di un giudizio di apprezzabile significatività. Sul punto, questa Corte già ebbe ad affermare, in tema di struttura allocativa dell'onere della prova in materia e suggerendo al giudice di merito ed a titolo esemplificativo la valorizzazione delle dichiarazioni fiscali, che si tratta di regola empirica che facilita l'onere probatorio in un processo caratterizzato da limita ioni istruttorie, quale quello tributario, sostanzialmente incentrato sulle produzioni documentali e sugli eventuali poteri acquisitori riservati in via integrativa al giudice tributario D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 7, comma 1 . Fermo restando che graverà sul contribuente che proponga domanda di ripetizione di indebito contro il silenzio-rifiuto od il diniego espresso di rimborso dimostrare il fatto costitutivo della sua pretesa, cioè la mancanza della causa autonoma organizzazione che giustifica il prelievo fiscale. Cass. 3678/2007 . A tale riguardo, il mezzo di censura appropriatamente condotto ai sensi dell'articolo 360 co.1. numero 5 cod.proc.civ. permette di rilevare che, proprio con riguardo alle dichiarazioni fiscali, la C.T.R. non ha fatto buon governo del principio di diritto indicato, restituendo al controllo impugnatorio una non piena sufficienza della motivazione, cioè escludendo un giudizio di provata minimalità organizzativa riferibile al professionista, ancorché da questi assunta in modo idoneo - mediante i citati dati - ad oggetto di onere della prova cedente a suo carico, dato che dalle plurime circostanze - inerenti al reddito ed alle sue modalità di produzione - può positivamente dirsi provato che il contribuente versava, per gli anni in esame, nelle condizioni di mancanza di autonoma organizzazione. 2. Va infatti ricordato che ove la controversia tributaria abbia ad oggetto l'impugnazione del rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, quest'ultimo riveste la qualità di attore in senso non solo formale - come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo - ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con le quali l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la formazione del giudicato interno o - dove in concreto ne ricorrono i presupposti - l'applicazione del principio di non contestazione Cass. 29613/2011 . Il quadro istruttorio emerso, se da un lato conferma pertanto il principio per cui costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenta delle predette condizioni oltre alle citate, Cass. s.u 12108/2009 13095/2012 , dall'altro enuncia il limite di una diversa interpretazione ove fondata - nel richiamo alla secondarietà dei supporti organizzativi e strumentali dell'attività del singolo professionista privo di numerosi collaboratori e con mezzi organizzati coerenti con il tipo di attività intellettuale svolta - su un'inammissibile presunzione di non appartenenza alla organizzazione autonoma, di cui all'articolo 2 del d.lgs. numero 446 del 1997, anche dell'attività del professionista che si sia avvalso, invece ed in realtà, di lavoro terzo, così incrementando le sue opportunità competitive ed infine pone in evidenza che non è affatto necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, non assumendo rilievo, ai fini dell'esclusione di tale presupposto, la circostanza che l'apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o che la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità, ovvero che vi sia prevalenza dell'opera del professionista su altri fattori produttivi Cass. 26157/2011 . 3. Va però aggiunto che nell'iter logico-giustificativo della decisione è netta l'assunzione del dato dalle denunce dei redditi, che hanno consentito alla C.T.R. di ribadire che il contribuente - come detto - svolgeva un'attività autonomamente organizzata e con beni strumentali non limitati. La censura di genericità, sul punto mossa dalla ricorrente, si raccorda allora ad una puntuale enunciazione del fatto significativo e trascurato o illogicamente apprezzato, che avrebbe potuto e dovuto condurre a diversa decisione, laddove l'analisi della C.T.R. si fosse esercitata intorno al rapporto tra l'investimento di mezzi e risorse professionali altrui e la risultante finale dei compensi, situazione che - per il basso rapporto quantitativo - offre una netta imputabilità al professionista stesso dei ricavi da attività di avvocato ed una modesta qualità organizzativa causale degli apporti diversi. Per l'IRAP infatti il citato requisito ricorre solo quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture riferibili ad altri, nonché impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui Cass. 2589/2014 . Il ricorso va dunque accolto, con cassazione e rinvio alla C.T.R., anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia a C.T.R. Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.