Titoli di Stato consegnati allo ‘Ior’. Obbligo di dichiarazione anche per il ‘postino’ Bisignani...

Confermate le sanzioni nei confronti di Bisignani per non avere indicato in dichiarazione il trasferimento all’estero di titoli di Stato, consegnati materialmente allo ‘Ior’ del Vaticano. Non è una giustificazione il presunto ruolo di mero ‘corriere’, che Bisignani si è attribuito l’obbligo di rendere noto il trasferimento di capitali all’estero riguarda anche colui che ha la disponibilità in qualità di fiduciario che si occupa di consegnarle all’effettivo beneficiario.

Ma io ero un mero ‘postino’ . Questa la difesa di Luigi Bisignani – noto alle cronache come uno degli uomini più potenti d’Italia e protagonista del best-seller ‘L’uomo che sussurra ai potenti’ –, il quale, di fronte all’accusa, mossa dal Fisco, di avere bluffato nella dichiarazione dei redditi – ‘dimenticando’ di segnalare il trasferimento di titoli di Stato all’estero, più precisamente la consegna allo ‘Ior’ del Vaticano –, sostiene di avere svolto il ruolo di semplice ‘corriere’. Tale giustificazione, però, non regge ciò perché, proprio considerando la finalità della normativa – legge n. 227/1990 –, l’obbligo di dichiarazione deve coinvolgere anche chi è materialmente in possesso delle somme di denaro ‘incriminate’, seppur come fiduciario col compito di portarle a destinazione. Cassazione, sent. n. 24009/2013, Sezione Tributaria, depositata oggi Comunicazione. Così, anche in terzo grado, la linea netta tracciata dai giudici tributari, sia provinciali che regionali, viene confermata legittimo l’avviso di irrogazione di sanzioni, relative all’Irpef, per l’anno di imposta 1992 , emesso dal Fisco nei confronti di Bisignani per omessa dichiarazione di capitali trasferiti all’estero . Per la cronaca, si parla del trasferimento di titoli di Stato consegnati allo ‘Ior’ del Vaticano, operazione, questa, non indicata, come invece obbligatorio, nella dichiarazione dei redditi, ‘modello 740 – quadro W’ . Ebbene, anche in Cassazione la tesi difensiva portata avanti dai legali di Bisignani viene ritenuta non fondata. Più precisamente, è stato sostenuto, anche nel contesto del ‘Palazzaccio’, che nella vicenda Bisignani si era limitato, in buona sostanza al ruolo di postino , con la consegna di plichi chiusi e sigillati allo ‘Ior’ del Vaticano, senza neppure conoscerne il contenuto . Di conseguenza, secondo i legali, nessun obbligo di dichiarazione dei titoli detenuti in detti plichi poteva mai incombere su Bisignani, anche perché le relative somme non erano a lui in alcun modo riferibili né dallo stesso in alcun modo detenute . Per i giudici di Cassazione, però, si dimentica che l’obbligo di dichiarazione , previsto nella normativa finalizzata al monitoraggio dei trasferimenti di valuta all’estero , non può essere limitato al solo intestatario formale ed al beneficiario effettivo di investimenti o attività di natura finanziaria all’estero . Detto più chiaramente, anche colui che abbia la disponibilità di fatto di somme di danaro, sebbene non proprie, ma in relazione alle quali abbia il compito di fiduciario di trasferirle all’effettivo beneficiario è soggetto, in sostanza, all’ obbligo di dichiarazione . Anche perché, evidenziano i giudici, altrimenti sarebbe sufficiente consegnare le somme ad un terzo, perché provveda ad inviarle all’estero, sottraendole all’imposizione fiscale per riuscire ad aggirare la normativa. Proprio per questo, la presunta qualità di ‘postino’ di Bisignani non può rappresentare una giustificazione.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 11 dicembre 2012 – 23 ottobre 2013, n. 24009 Presidente Pivetti – Relatore ValituttI Premesso in fatto 1. Con sentenza n. 128/37/06, depositata il 16.11.06, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l'appello proposto da B.L. avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato respinto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti dell'avviso di irrogazione di sanzioni, relative all'IRPEF, per l'anno di imposta 1992. L'atto in questione traeva origine dalla violazione, contestata al contribuente, dell'art. 4, co. 2 l. 227/90, per omessa dichiarazione di capitali trasferiti all'estero. 2. La CTR - dopo avere disatteso le eccezioni preliminare del contribuente, relative alla pretesa prescrizione delle sanzioni applicate dall'Ufficio, all'illegittima, a suo dire, acquisizione di documentazione penale senza autorizzazione del giudice competente, ed a pretese carenze di motivazione dell'atto tributario - riteneva, invero, legittima la sanzione irrogata al B., per violazione dell'obbligo di inserire nella dichiarazione dei redditi, modello 740, quadro W, del trasferimento di titoli di Stato CCT all'estero, mediante consegna allo IOR del Vaticano. 3. Per la cassazione della sentenza n. 128/37/06 ha proposto ricorso B.L. affidato a sette motivi, ai quali l'Amministrazione ha replicato con controricorso e con memoria. Osserva in diritto 1. Con il primo e secondo motivo di ricorso - da esaminare congiuntamente, attesa la loro evidente connessione - il B. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, co. 5 d.l. 167/90, convertito nella 1. n. 227/90, 4, co. 2 della medesima l. 227/90, 24 del d.P.R. n. 148/88, 9, co. 2 della l. n. 448/98, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. 1.1. Avrebbe, invero, errato il giudice di appello - a parere del ricorrente - nel ritenere che la sanzione di cui all'art. 5, co. 5 della l. n. 227/90, irrogata - nel caso di specie - al contribuente, per la violazione dell'art. 4, co. 2 della stessa legge, abbia natura tributaria e non valutaria, e che, di conseguenza, ad essa non si applichi il regime di prescrizione di cui all'art. 24 del d.P.R. 148/88 - secondo il quale il diritto dello Stato alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione - ritenuto dalla CTR attinente esclusivamente alle sanzioni valutarie. La motivazione sul punto si paleserebbe, inoltre, ad avviso del B. del tutto carente, ed in parte contraddittoria. 1.2. In ogni caso, ad avviso del ricorrente, quand'anche fosse stata accertata la natura tributaria della violazione al medesimo ascritta, il giudice di appello avrebbe dovuto comunque dichiarare la prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione delle sanzioni irrogate. Non troverebbe, infatti, applicazione nel caso concreto - a parere del contribuente - il disposto dell'art. 9, co. 2 della l. n. 448/98, che ha determinato la proroga al 30.6.99 dei termini scadenti al 31.12.98. Rileva, difatti, il contribuente che, anche a voler individuare il momento di commissione della violazione nella data di scadenza del termine per la dichiarazione dei redditi relativi all'anno 1992, nella quale il contribuente avrebbe dovuto operare la prescritta annotazione nel quadro W, e cioè al 30.6.93 e non nel momento in cui è stata posta in essere la condotta materiale di esportazione di capitali all'estero, avvenuta nell'anno 1992 , il termine per l'applicazione della sanzione sarebbe, in ogni caso, scaduto il 30.6.98, e cioè decorsi cinque anni dalla violazione, ai sensi dell'art. 24 d.P.R. 148/88. Tale termine, poi, - a parere del B. - non sarebbe neppure soggetto a proroga, ai sensi dell'art. 9 l. 448/98, atteso che detta proroga riguarderebbe solo il termini che scadono il 31.12.98, e non anche quelli scaduti - come nel caso concreto - il 30.6.98. 1.3. Le suesposte censure sono infondate e vanno disattese. 1.3.1. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la sanzione di cui all'art. 5, co. 4 e 5 della 1. 227/90 abbia natura tributaria e non valutaria. In tal senso dispone, anzitutto, sul piano letterale, la stessa intitolazione del d.l. 167/90, poi convertito nella l. 227/90, che reca la dizione Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori , laddove il riferimento alle finalità fiscali della normativa viene chiaramente ed espressamente enunciato. Va - dipoi - considerato, al riguardo, che la ratio della dichiarazione annuale per investimenti ed attività di natura finanziaria all'estero, prevista dall'art. 4, co. 2 della l. 227/90, risiede esclusivamente nella finalità di monitorare i trasferimenti di valuta da e per l'estero, quali specifiche manifestazioni di capacità contributiva Cass. 3830/09 , fondata sulla presunzione legale di fruttuosità delle somme e degli altri strumenti finanziari trasferiti o costituiti all'estero, e quindi di redditività fiscale degli stessi, prevista dall'art. 6 della stessa legge, e desumibile - in maniera chiara ed univoca - dallo stesso obbligo di dichiarazione anche dei redditi effettivi di tale natura Cass. 17051/10 . In definitiva, dunque, l'obbligo di dichiarazione dei redditi costituiti dai trasferimenti da e per l'estero di denaro o altri valori, la menzionata presunzione legale di redditività fiscale degli stessi, e la stessa natura di specifiche manifestazioni di capacità contributiva ascrivibile a tali trasferimenti, e desumibile dalla ratio della normativa in esame, inducono a ritenere che la sanzione per la violazione di detta normativa non possa rivestire natura valutaria, bensì tributaria. 1.3.2. Ne discende che non può trovare applicazione, nella specie, il disposto dell'art. 24 del d.P.R. 148/88, invocato dal ricorrente, in quanto avente ad oggetto esclusivamente la prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione delle sanzioni amministrative per violazioni valutarie, come inequivocabilmente si desume dallo stesso titolo del decreto, contenente il Testo unico delle norme di legge in materia valutaria . Deve, per contro, essere applicato nel caso concreto l'art. 20 del d.lgs. 472/97, contenente le disposizioni in tema di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie , a tenore del quale l'atto di contestazione ovvero di irrogazione delle sanzioni devono essere notificati, a pena di decadenza nel termine di cinque anni dalla commissione della violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi . Va, peraltro, chiarito, al riguardo, che il termine di decadenza per l'irrogazione della sanzione che l'art. 5, co. 4 e 5 della l., n. 227/90, prevede per l'omissione della dichiarazione annuale per investimenti ed attività di natura finanziaria all'estero di cui all'art. 4 della stessa legge, va individuato, tra quelli indicati dall'art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, non nel termine che fa riferimento al tempo della commissione della violazione, bensì in quello maggiore previsto per l'accertamento del tributo dovuto. A tanto induce - per vero - la considerazione della menzionata presunzione legale di fruttuosità delle somme e degli altri strumenti finanziari trasferiti o costituiti all'estero e, quindi, di redditività fiscale degli stessi prevista dall'art. 6 della legge succitata, che evidenzia l'indissolubile collegamento genetico e funzionale esistente tra la sanzione irrogata per la disponibilità di capitali all'estero e l'imponibilità fiscale dei redditi presuntivamente tratti da quella disponibilità Cass. 17051/10 . 1.3.3. Pertanto - poiché il termine per l'accertamento, in caso di omessa dichiarazione, ai sensi dell'art. 43, co. 2 d.P.R. 600/73 con riferimento, nella specie, all'omessa dichiarazione della disponibilità delle somme in contestazione scadeva, nel caso concreto, il 31.12.1998 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, ossia il 1993 , deve trovare applicazione, nel caso in esame, la proroga al 30.6.1999, prevista dall'art. 9 l. 448/98. Con la conseguenza che la notifica dell'atto di irrogazione delle sanzioni, avvenuta il 15.4.1999 come affermato dallo stesso contribuente in ricorso deve ritenersi tempestiva. Con il terzo motivo di ricorso, il B. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, co. 1 l. 241/90, 16, co, 2 d.lgs. 472/97, 2697 c.c. e 36, co. 2 n. 4 d.lgs. 546/92, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. 2.1. Sostiene il ricorrente che del tutto erroneamente - alla stregua dei parametri normativi suindicati - la CTR avrebbe ritenuto legittimo l'impugnato avviso di irrogazione di sanzioni, sebbene - come dedotto dal contribuente - esso fosse privo di motivazione, giacché motivato esclusivamente per relationem, mediante il richiamo ad un processo verbale di constatazione, che il ricorrente assume non essergli mai stato notificato. Per di più, la motivazione della decisione di appello sul punto sarebbe, a parere del B., del tutto laconica e lacunosa. 2.2. La censura è infondata. 2.2.1. Secondo l'insegnamento di questa Corte, infatti, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem , ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all'atto notificato, o che tale atto ne riproduca il contenuto essenziale, ovvero che detti atti o documenti siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione Cass. 6914/11, 13110/12 . 2.2.2. Nel caso di specie, la CTR assume che il processo verbale di constatazione, benché non allegato all'avviso di irrogazione di sanzioni, sarebbe stato, tuttavia, notificato al B. in data 28.1.97, e che comunque il contribuente medesimo avrebbe ammesso di avere ricevuto al notifica di un altro verbale , allegato al ricorso, ma che - a seguito di comparazione con quello trasmesso all'ufficio - risultava trattarsi sempre dello stesso unico p.v.c., redatto in data 10.12.96, trasmesso all'ufficio in data 12.12.96 e, soprattutto, notificato al delegato del contribuente in data 28.1.97 . Ebbene, tali statuizioni non sono state specificamente impugnate dal contribuente, sicché la censura in esame non appare aderente alla ratio decidendi dell'impugnata sentenza, che, pertanto, non può che essere confermata sul punto. Tanto più che lo stesso B. ha fatto riferimento, nel ricorso p. 15 ad un processo verbale di constatazione notificatogli in busta chiusa e sigillata, in data 28.1.97, soggiungendo che nella relativa relata era fatta menzione della data di redazione del verbale 12.12.96 dati questi del tutto coincidenti con quelli in possesso dell'ufficio e dei quali ha dato atto la CTR nell'impugnata sentenza. Il motivo in esame non può, pertanto, che essere rigettato. 3. Con il quarto motivo di ricorso, il B. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116, co. 2 c.p.p., 18, co. 1, lett. F e co. 2, lett. i , 33, co. 3 d.P.R. 600/73 e 63 d.P.R. 633/72, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. 3.1. Avrebbe, invero, errato il giudice di appello, a parere del ricorrente, nel ritenere - in violazione delle disposizioni succitate - utilizzabili ai fini fiscali quei dati e quelle notizie acquisite, nell'ambito dei poteri di polizia giudiziaria, ex artt. 33, co. 3 d.P.R. 600/73 e 63 d.P.R. 633/72, nelle ipotesi in cui - come nel caso concreto, l'autorizzazione alla loro utilizzazione sia stata data da un organo incompetente, e precisamente dal Pubblico Ministero, anziché dal Giudice delle indagini preliminari, in violazione degli artt. 116 c.p.p., e 18, co. 1 e 2 l. 413/91. 3.2. Anche questo motivo è infondato e va, pertanto, disatteso. 3.2.1. Come questa Corte ha, invero, più volte avuto modo di precisare, in materia di accertamento delle violazioni relative alle imposte sui redditi, la legittima utilizzabilità degli atti del procedimento penale nel giudizio tributario non è impedita dal fatto che l'autorizzazione al rilascio di copie, estratti e certificati di quel procedimento, richiesti dall'Amministrazione finanziaria, sia stata rilasciata dal pubblico ministero anziché dal giudice per le indagini preliminari procedente cfr. Cass. 9320/03, 9137/06, 17137/07 . 3.2.2. Ne discende che del tutto legittimamente, nel caso di specie, il giudice di appello ha ritenuto utilizzabili ai fini fiscali, ed anche nella fase giudiziale, i documenti acquisiti in sede di indagini penali, anche se queste erano ormai transitate nella fase susseguente al rinvio a giudizio degli imputati, per cui il P.M. che ne aveva autorizzato l'acquisizione non era più il giudice che procede , ai sensi dell'art. 116 c.p.p. 4. Con il quinto motivo di ricorso, il B. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, co. 2 e 5, co. 5, della l. 227/90, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. 4.1. Osserva il ricorrente che il ruolo da esso istante svolto nella vicenda si era limitato, in buona sostanza, a quello di un postino di plichi chiusi e sigillati che il medesimo aveva consegnato allo IOR del Vaticano, senza neppure conoscerne il contenuto. Con la conseguenza che alcun obbligo di dichiarazione dei titoli contenuti in detti plichi poteva mai incombere sul ricorrente, atteso che le relative somme non erano a lui in alcun modo riferibili, né dallo stesso in alcun modo detenute . 4.2. La censura è infondata. 4.2.1. Ed invero, l'obbligo di dichiarazione di cui al più volte menzionato art. 4 l. 227/90 - tenuto conto della ratio della previsione normativa, che, come dianzi detto, è finalizzata al monitoraggio dei trasferimenti di valuta all'estero o dall'estero , in quanto manifestazioni di capacità contributiva - non può essere limitato al solo intestatario formale ed al beneficiario effettivo di investimenti o attività di natura finanziaria all'estero. La menzionata finalità della previsione, di rilevazione a fini fiscali del trasferimento di denaro o altri valori in altri Paesi, postula, invero, che anche colui che, in Italia o all'estero, abbia la disponibilità di fatto di somme di danaro, sebbene non proprie, ma in relazione alle quali abbia il compito fiduciario di trasferirle all'effettivo beneficiario Cass. 9320/03 , debba essere considerato destinatario dell'obbligo di dichiarazione di cui all'art. 4, co. 2 l. 227/90. E' fin troppo evidente, infatti, che - diversamente opinandosi - la suindicata ratio della norma verrebbe facilmente elusa, essendo sufficiente, a tal fine, consegnare le somme ad un terzo perché provveda ad inviarle all'estero, sottraendole, in tal modo, all'imposizione fiscale. 4.2.2. La presunta qualità di postino , rivestita dal B. non lo esimeva, dunque, come correttamente rilevato dal giudice di appello, dall'obbligo suindicato, incombente anche su coloro che hanno la mera disponibilità di fatto e la possibilità di movimentazione di denaro o di valori destinati all'estero. Il motivo deve, pertanto, essere rigettato. 5. Con il sesto e settimo motivo di ricorso - che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente - il B. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, e 6 l. 227/90, 3 e 25 d.lgs. 472/97, 8 e 16 d.lgs. 471/97 e 36, co. 4 d.lgs. 546/92, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. 5.1. Si duole il ricorrente del fatto che la CTR abbia ritenuto di applicare, alla fattispecie concreta, il disposto dell'art. 5, co. 4 e 5 della l. 227/90, disposizione da ritenersi, per contro, abrogata e sostituita dalle più favorevoli sanzioni previste dall'art. 8 del d.lgs. 471/97. Di più, la CTR sarebbe pervenuta a siffatta conclusione - a parere del B. - senza motivazione alcuna, essendosi limitata ad asserire che la censura del contribuente sul punto non è condivisibile alla luce della nota sentenza n. 9320/03 della Cassazione . Il richiamo acritico, tra virgolette, di parte della suddetta decisione di legittimità, senza alcuna aggiunta o autonoma valutazione circa il suo contenuto, si concreterebbe, invero, ad avviso del ricorrente, in una motivazione solo apparente dell'impugnata sentenza. 5.2. Il motivo è infondato. 5.2.1. Pienamente condivisibile è - per vero - l'assunto del giudice di appello, secondo il quale la sanzione di cui all'art. 5, co. 4 e 5 della l. 227/90 non è stata abrogata dall'art. 16, co. 2 del d.lgs. 471/97, in relazione all'art. 8, co. 1, dello stesso decreto, che avrebbe sostituito la norma preesistente. Ed invero, la dichiarazione di cui all'art. 4, co. 2 l. 227/90 ha - come detto - l'esclusiva finalità di monitorare i trasferimenti di valuta da e per l'estero, quali manifestazioni di capacità contributiva, per cui le relative violazioni restano sanzionate in modo specifico ed autonomo, assumendo carattere di specialità rispetto alla generale nozione di omessa, ovvero di inesatta od incompleta indicazione di dati rilevanti per la determinazione del tributo, sanzionate dall'art. 8, co. 1, del d.lgs. n. 471/97 cfr. Cass. 3830/09, 9320/03 . Le doglianze del B. sul punto sono, dunque, del tutto destituite di fondamento. 5.2.2. Ma neppure può ritenersi ravvisabile, a giudizio della Corte, la dedotta mera apparenza della motivazione della decisione di appello. Ed invero, va rilevato al riguardo che, nel caso concreto, il richiamo al precedente di questa Corte - ovverosia alla sentenza n. 9320/03, sulla mancata abrogazione dall'art. 5 l. 227/90 - è stato preceduto dalla ricostruzione della censura mossa, nella specie, dal contribuente, in ordine alla normativa applicabile al trattamento sanzionatorio de quo. Con la conseguenza che il giudizio, sul punto, non essendo avulso dalla vicenda processuale specifica, non può integrare quel vizio di motivazione che deriva soltanto dall'omessa ricostruzione della fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta, in guisa che il sillogismo che connota il giudizio sia completo nelle due premesse, maggiore e minore, e possa conseguire la propria conclusione razionale Cass. 11710/11 . 6. Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, il ricorso del B. non può che essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 25.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.