Il mancato pagamento legittima l’accertamento a carico del lavoratore

Anche il sostituito deve ritenersi già originariamente obbligato solidale al pagamento dell'imposta a titolo di acconto. Egli è soggetto perciò all'accertamento ed a tutti i conseguenti oneri.

E’ così legittima l’azione del Fisco nei confronti di un dipendente, per il quale non risultavano pagate le ritenute d’acconto da parte del datore di lavoro. Infatti, il fisco può emettere accertamento direttamente a carico del lavoratore per il mancato pagamento della ritenuta d'acconto, ancor prima di rivolgersi all'azienda. Il dipendente può, comunque, agire in via di regresso contro la società. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23121 dell'11 ottobre 2013, in accoglimento del ricorso del Fisco. Il caso. Il Fisco ha notificato a un lavoratore un accertamento del maggior reddito, dato il mancato versamento della ritenuta da parte dell'impresa per la quale era allora dipendente. I giudici di merito tributari hanno annullato l’atto impositivo Secondo gli Ermellini il ricorso del fisco è fondato poiché anche il sostituito deve ritenersi già originariamente e non solo in fase di riscossione obbligato solidale al pagamento dell'imposta soggetto perciò egli stesso all'accertamento e a tutti i conseguenti oneri. Fermo restando, ovviamente, il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l'abbia versata all'erario, esponendolo così all'azione del fisco. Su siffatto principio non incide un altro orientamento di legittimità secondo cui costituisce ritenuta a titolo di acconto quella operata su di un reddito che concorre a formare la base imponibile, mentre costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su di un reddito non assoggettabile a imposizione. In buona sostanza, se il reddito in questione non è esente da imposta e concorre a formare la base imponibile, la ritenuta è appunto un acconto, la cui definitiva congruità dovrà essere valutata in sede di consuntivo, il quale potrà evidenziare la sussistenza di un ulteriore debito o del diritto al rimborso. Se, invece, il detto reddito non concorre a formare la base imponibile, la ritenuta costituisce un'imposta secca, avendo evidentemente il legislatore ritenuto trattarsi comunque di una manifestazione di ricchezza, come tale assoggettabile a prelievo in via definitiva, in misura non ancorata all'ammontare complessivo dei redditi dei contribuente. La ritenuta d’acconto. Costituisce ritenuta a titolo di acconto quella operata su di un reddito che concorre a formare il reddito complessivo, mentre costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su di un reddito che non partecipa alla formazione del reddito imponibile complessivo. Non può condividersi, dunque, la considerazione fatta dai giudici di merito secondo cui in presenza di un'unica fonte di reddito costituita da lavoro dipendente le ritenute assumano il carattere di ritenuta definitiva a titolo d’imposta. Legittimo l’accertamento direttamente a carico del lavoratore per il mancato pagamento. Nell’ipotesi di mancato versamento di ritenute su redditi di lavoro dipendente non può trovare applicazione il principio di solidarietà residuale di cui all’art. 35, D.P.R. 602/1973, riferito alle violazioni riguardanti ritenute a titolo d’imposta. E’ legittimo l’accertamento direttamente a carico del lavoratore per il mancato pagamento della ritenuta d’acconto l’amministrazione non deve necessariamente rivolgersi prima all’impresa, fatto salvo, comunque, il diritto di regresso del dipendente sull’azienda. Se l’azienda non ha pagato la ritenuta d’acconto a carico del lavoratore è quest’ultimo che, in prima battuta, ne paga le conseguenze. Il fisco può emettere accertamento direttamente a carico del lavoratore per il mancato pagamento della ritenuta d’acconto, ancor prima di rivolgersi all’azienda. Dopodiché, il dipendente potrà comunque agire in via di regresso contro la società per farsi restituire quanto ha dovuto corrispondere all’erario. Anche il cosiddetto sostituito d’imposta il lavoratore deve ritenersi già originariamente e non solo in fase di riscossione obbligato solidale al pagamento dell’imposta insieme al sostituto d’imposta il datore . Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per il dipendente di rivalersi contro il sostituto il quale, nonostante abbia eseguito la ritenuta, non l’ha poi versata all’erario, esponendo così il dipendente all’azione del fisco. Â

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 23 maggio 11 ottobre 2013, n. 23121 Presidente Cappabianca – Relatore Cigna Svolgimento del processo P.C.C. impugnava dinanzi alla CTP di Imperia avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Sanremo, relativo ad IRPEF, ILOR e CSSN per il 1995, contestando, tra l'altro, di essere solidalmente responsabile con il suo datore di lavoro per il pagamento delle ritenute in acconto non versate. L'adita CTP accoglieva il ricorso, ritenendo che l'Amministrazione avrebbe dovuto preventivamente escutere il patrimonio del datore di lavoro e solo in caso di esito negativo emettere l'accertamento nel confronti del lavoratore. Con sentenza depositata il 23-1-2006 la CTR di Genova rigettava l'appello dell'Agenzia in particolare la CTR rilevava che l'art. 35 dpr 602/73 subordinava espressamente il sorgere del vincolo di coobbligazione in solido del sostituito ai momento dell'iscrizione a ruolo del sostituto in ordine alle imposte per le quali quest'ultimo non aveva effettuato né le ritenute né i relativi versamenti circostanza non verificatasi nel caso di specie soggiungeva che il reddito di lavoro del contribuente appariva essere la sua unica fonte di reddito e quindi non concorreva a formare la base imponibile insieme ad altri redditi di conseguenza la ritenuta di imposta non aveva più il carattere dì ritenuta d'acconto ma quello di ritenuta definitiva di imposta, rispetto alla quale, come prima evidenziato, la posizione del sostituito era residuale e diveniva operante solo nel caso fosse stata accertata l'omissione del sostituto in ordine sia alla ritenuta sia al versamento. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l'Agenzia, affidato ad un motivo il contribuente non svolgeva attività difensiva. Motivi della decisione Con l'unico motivo l'Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc violazione e falsa applicazione dell'art. 35 dpr 602/73, rilevava che erroneamente la CTR aveva ritenuto che in presenza di un'unica fonte di reddito costituita da lavoro dipendente operasse il sistema della ritenuta d'imposta [con conseguente posizione residuale del sostituito e non applicabilità del detto art. 35 al riguardo evidenziava che il su menzionato art 35 si limitava all'espressa previsione della solidarietà tra sostituto e sostituito nella fase di riscossione ma che non vi era alcuna ragione per escludere i redditi di lavoro dipendente che si pongono quale unica fonte di reddito dall'applicabilità della ritenuta alla fonte a titolo di acconto con conseguente previsione della solidarietà tra sostituito e sostituto ex art. 35 cit . Il motivo è fondato. Va innanzitutto precisato che, come ribadito da questa Corte v. Cass. 4509/2012 , costituisce ritenuta a titolo di acconto quella operata su di un reddito che concorre a formare la base imponibile, mentre costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su di un reddito non assoggettabile ad imposizione in altre parole se il reddito in questione non è esente da imposta e concorre a formare la base imponibile, la ritenuta è appunto un acconto, la cui definitiva congruità dovrà essere valutata in sede di consuntivo, il quale potrà evidenziare la sussistenza di un ulteriore debito o del diritto al rimborso se, invece, il detto reddito non concorre a formare la base imponibile, la ritenuta costituisca un'imposta secca , avendo evidentemente il legislatore ritenuto trattarsi comunque di una manifestazione di ricchezza, come tale assoggettabile a prelievo in via definitiva, in misura non ancorata all'ammontare complessivo dei redditi del contribuente. Siffatta classificazione non appare, tuttavia, rilevante nel caso di specie, in quanto, a prescindere se la ritenuta sia prevista a titolo di imposta o a titolo di acconto, il fatto che il D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 64, comma 1, definisca il sostituto d'imposta come colui che in forza di disposizioni dì legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri ed anche a titolo di acconto non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già originariamente e non solo in fase di riscossione, come espressamente ribadito dai citato art. 35 obbligato solidale al pagamento dell'imposta soggetto perciò egli stesso all'accertamento ed a tutti i conseguenti oneri. Fermo restando, ovviamente, il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l'abbia versata all'erario, esponendolo così all'azione del fisco Cass. 14033/2006 24962/2010 . Alla stregua di quanto sopra, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata la gravata sentenza, che non ha fatto corretto uso del predetto principio, con rinvio per nuovo esame alla CTR Liguria, diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la gravata sentenza e rinvia per nuovo esame alla CTR Liguria, diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità. ÂÂ