Cessione di azienda e di quote societarie con unico rogito notarile

Nel caso in cui una quota societaria venga ceduta insieme all’intera azienda, è controverso se si debba considerare il contratto nel suo complesso, oppure le singole operazioni, per valutare l’esenzione dall’imposta.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21530 del 20 settembre 2013. Il caso. Un uomo cedeva un’azienda di commercio all’ingrosso e una quota di partecipazione al capitale sociale di una S.r.l. con un unico atto notarile. In sede di registrazione le parti chiedevano l’applicazione della tassa di borsa – in riferimento alla cessione della quota – in sostituzione delle imposte di bollo e di registro. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, si attivava per il recupero dell’imposta di registro ritenendo esclusi dall’ambito della tassa di borsa, i contratti a titolo oneroso come la cessione di azienda. La CTR Lombardia accoglieva le doglianze dell’uomo sostenendo che il trasferimento delle quote sociali non poteva essere qualificato come cessione di beni aziendali. Le norme sui contratti di borsa si applichino al contratto nel suo complesso? Al riguardo, la Corte di Cassazione ha affermato che per effetto della specifica disposizione di cui all’art. 11 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986, l’esenzione dall’imposta di registro e di bollo dei contratti di borsa in misura fissa doveva ritenersi abrogata. Tuttavia, il quesito posto dalla ricorrente era un altro se le norme sui contratti di borsa si applichino al contratto nel suo complesso . I Giudici di appello, in tal senso, avevano escluso che la negoziazione fosse stata attinente a un complesso unitario di beni funzionale all’esercizio dell’impresa, accertando, invece, che si era trattato della cessione di un’azienda e di una quota di partecipazione. Profilandosi, pertanto, una questione che presuppone un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, i Giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso in quanto inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 6 giugno – 20 settembre 2013, n. 21530 Presidente Merone – Relatore Terrusi Svolgimento del processo Con rogito notarile registrato in Faenza il 3-1-2001 A. F. cedette alla SGS s.r.l. un'azienda di commercio all'ingrosso di prodotti ortofrutticoli. Col medesimo atto fu trasferita anche una quota pari al 90 % di partecipazione al capitale sociale della Fruit export company s.r.l Il prezzo della vendita venne convenuto in lire 1.510.926.339, di cui L. 1.417.500.000 da attribuire al valore della quota suddetta. In sede di registrazione le parti richiesero, quanto alla cessione della quota, l'applicazione della tassa di borsa, ai sensi del R.D. n. 3278 del 1923, sostitutiva delle imposte di bollo e di registro, e provvidero al pagamento. Con avviso di liquidazione notificato il 24- 2-2003 l'ufficio di Faenza dell'agenzia delle entrate recuperò l'imposta proporzionale di registro, in quanto dovevano ritenersi esclusi, a suo dire, dalla tassa di borsa i contratti a titolo oneroso appunto soggetti - come la cessione d'azienda - a imposta di registro. I contribuenti impugnarono l'avviso e la commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna, riformando la decisione di primo grado, ha accolto, con sentenza in data 20-6-2006, il loro ricorso. Ha motivato sostenendo che il trasferimento delle quote sociali non poteva essere qualificato come cessione di beni aziendali, ossia di rapporti e di beni funzionali all'esercizio dell'impresa, avendo prodotto l'effetto di trasferire soltanto i diritti relativi al voto e agli utili , senza incidenza sul'esercizio imprenditoriale. Per cui, considerato che i contratti di borsa regolavano i rapporti aventi per oggetto la negoziazione di tutti i titoli societari, e che a essi andava applicata la tassa speciale indicata nella tabella A della L. n. 1079 del 1954, come modificata dal D.Lgs. n. 435 del 1997, la commissione tributaria regionale reputava corretta l'applicazione della suddetta tassa anche al caso di specie, competendo l'esenzione dall'imposta di registro in virtù del principio di alternatività desunto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 34. Invero osservava che l'inciso di chiusura del R.D. n. 3278 del 1923, art. 1, doveva essere inteso nel senso che solo le pattuizioni non riguardanti la circolazione di quote sociale o titoli azionari - e quindi le pattuizioni relative ai comuni beni patrimoniali, quali gli impianti, gli immobili o l'avviamento - dovessero essere assoggettati al trattamento ordinario. L'agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo. Gli intimati hanno replicato con controricorso e successiva memoria. Motivi della decisione 1. - L'unico mezzo predisposto dall'amministrazione ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione del R.D. n. 3278 del 1923, art. 1, e D.P.R. n. 601 del 1973, art. 34. L'amministrazione censura la sentenza per non aver considerato che le norme sui contratti di borsa non potevano applicarsi al contratto de quo, perchè questo, pur avendo avuto a oggetto titoli e valori elencati nel R.D. n. 3278 del 1923, art. 1, era, nel suo complesso, un contratto di cessione d'azienda, e come tale andava assoggettato a imposta proporzionale di registro. 2. - Il motivo è inammissibile, e tanto determina il rigetto del ricorso. Ma debbono essere dalla corte svolte alcune preliminari considerazioni sulla questione generale da esso involta, che l'impugnata sentenza non appare aver colto nella sua specificità. 3. - La negoziazione di quote di società, nella specie avvenuta nell'anno 2001, era ed è soggetta a un regime fiscale interamente contenuto nell'art. 11 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986. L'art. 11 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, assoggettava e assoggetta a imposta in misura fissa fra l'altro le scritture private autenticate aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società . E, come questa corte ha avuto modo di evidenziare, sì tratta giustappunto dei contratti a titolo oneroso, aventi per oggetto -. le quote di partecipazione in società di ogni tipo cui facevano pure riferimento, per assoggettarli alla tassa speciale di borsa, il R.D. n. 3278 del 1923, art. 1, comma 3, dopo la sostituzione operata dal D.L. 17 settembre 1992, n. 378, art. 1, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 14 novembre 1992, n. 437 , oltre che, per esentarli dall'imposta di registro, il successivo art. 12, comma 1. In questo senso il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 34, penultimo comma, evocato dalla commissione tributaria regionale emiliana nel caso di specie, si limitava a precisare - richiamando, fra l'altro, il predetto art. 12 che le imposte di bollo e di registro afferenti ai medesimi contratti erano comprese nella tassa di borsa. Conseguentemente devesi correggere l'impugnata sentenza laddove ha affermato che competeva ai contraenti l'esenzione dall'imposta di registro in virtù dell'assoggettamento del contratto di cessione di quote alla tassa speciale di borsa. Invero dall'insieme delle citate disposizioni emerge che i contratti soggetti alla tassa di borsa erano esentati dall'imposta di registro e di bollo, e, se di valore non superiore a L. 400.000, anche da quella di borsa in tal senso, v. la tab. A, allegata al R.D. n. 3278 del 1923, come sostituita, all'epoca, dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 7, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 26 febbraio 1994, n. 133 e, poi, il D.Lgs. n. 435 del 1997, art. 1, comma 4, lett. c . Ma, per effetto della specifica disposizione di cui all'art. 11 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, l'esenzione dall'imposta di registro e di bollo dei contratti di borsa in misura fissa dovevasi ritenere abrogata, senza distinzione di valori v. Cass. n. 25087-06 . La questione è oggi definitivamente risolta dal D.L. n. 248 del 2007, il cui art. 37, comma 1, ha soppresso la tassa sui contratti di borsa come istituto giuridico. 4. - Sennonchè il profilo posto dalla ricorrente nel caso di specie è un altro, e suppone a premessa che non si era trattato affatto di negoziazione di quote sociali, sebbene di un unico contratto di cessione d'azienda, comprensivo delle quote dette. Il quesito di diritto, che compendia la censura, si sostanzia dell'interrogativo se le norme sui contratti di borsa di applichino al contratto nel suo complesso e quindi se tali norme sono applicabili a quei contratti che, pur avendo ad oggetto titoli e valori elencati nel R.D. n. 3278 del 1923, art. 1, lett. a e b , tuttavia sono soggetti al pagamento dell'imposta di registro in misura proporzionale . Posta la questione in tali termini, il motivo è da ritenere inammissibile perchè, nella genericità del prospettato quesito, appare basato su un presupposto di fatto che la sentenza ha inequivocamente escluso a mezzo di una diversa e non implausibile esegesi del contratto de quo. Invero la sentenza ha escluso che, seppure in unico contesto, la negoziazione inter partes sia stata attinente a un complesso unitario di beni funzionale all'esercizio dell'impresa. Ha invece accertato che si era trattato della cessione, in unico contesto, di un'azienda gestita in forma individuale e di una quota di partecipazione in società commerciale. Il profilo costituisce oggetto di un accertamento di fatto non direttamente sindacabile in questa sede. E' principio costantemente affermato dalla corte che le questioni di ermeneutica contrattuale sono sottratte al sindacato di legittimità a meno che non si contesti la violazione dei principi interpretativi in proposito fissati dalla legge cfr. tra le moltissime Cass. n. 8726-12 n. 5150- 12 n. 16632-10 . 5. - Il ricorso è rigettato. La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.