Nei contratti fra aziende prevale la causa reale della contrattazione

L’amministrazione finanziaria può ritenere elusiva un’operazione commerciale che contrattualmente è inquadrata dal contribuente in modo corretto ma che in realtà ha una causa reale che produce un indebito risparmio d’imposta.

Sebbene, in materia di contratti, non possa prescindersi dall'interpretazione della volontà negoziale secondo i canoni generali, nell'individuazione della materia imponibile dovrà darsi la preminenza assoluta alla causa reale sull'assetto cartolare. Ne consegue la tangibilità, sul piano fiscale, delle forme negoziali. L'autonomia contrattuale e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi, dunque, restano necessariamente circoscritti alla regolamentazione formale degli interessi delle parti, perché altrimenti finirebbero per sovvertire i detti criteri impositivi . Va confermata una rettifica IVA, per indebita detrazione, disposta dall’Agenzia delle Entrate con riferimento all’acquisto di un terreno avvenuto contestualmente ad un’operazione di compravendita di un’azienda agricola da parte della ricorrente. Pertanto, anche la compravendita del terreno, adiacente all’azienda, doveva farsi rientrare nella cessione ed essere assoggettata ad imposta di registro e non ad IVA. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1405 del 22 gennaio 2013. Il caso. Il contribuente aveva dedotto che era stata posta in essere una cessione di azienda agricola e una contestuale vendita di terreni edificabili a destinazione industriale che, in quanto tale, era soggetta ad IVA e non ad imposta di registro. Il fisco con apposito avviso di accertamento aveva contestato al contribuente cessionario l’indebita annotazione e contabilizzazione nel registro degli acquisti della fattura ,emessa dal cedente il terreno suscettibile di attività edificatoria, e precisamente l’indebita detrazione IVA per circa 4, 4 miliardi di lire. Il giudice di primo grado aveva accolto le doglianze del contribuente mentre il giudice del gravame in riforma della sentenza impugnata aveva confermato la pretesa erariale, poiché l’erroneo pagamento dell’iva indicata in fattura non costituiva condizione legittimante la detrazione . Compravendita del terreno assoggettata ad imposta di registro. Con la pronuncia citata la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente, che aveva ceduto un terreno di 103 ettari, sul quale insisteva un'azienda agricola, poichè - il diritto alla detrazione Iva non sorge automaticamente con l'emissione della fattura - l'esercizio del diritto di detrazione contemplato dalla sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, non si estende all'imposta dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata nella fattura - tutta l'operazione avrebbe dovuto essere sottoposta a imposta di registro e non ad IVA e ciò al di là di come l'operazione commerciale era stata inquadrata nel contratto. Per negare la detrazione l'amministrazione finanziaria può sostenere che per il principio dell'abuso del diritto gli intenti negoziali possono essere ignorati - ancorché non si prescinda dall'interpretazione della volontà negoziale, nell'individuazione della materia imponibile dovrà darsi assoluta preminenza alla causa reale sull'assetto cartolare - il Fisco può considerare elusiva un'operazione commerciale che contrattualmente può risultare corretta, ma nasconde una reale causa che produce un indebito risparmio d'imposta.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 12 novembre 2012 22 gennaio 2013, numero 1405 Presidente Virgilio – Relatore Cirillo Svolgimento del processo A. Con avviso di accertamento del 5 dicembre 2 003, per l'anno d'imposta 1998, l'Agenzia delle entrate di Teramo contestava alla soc. Foodinvest Group di aver ingiustificatamente annotato e contabilizzato nel registro degli acquisti la fattura 45 emessa dalla Società gestione per il realizzo SGR il 3 giugno 1998 per la vendita in pari data di un terreno suscettibile di attività edificatoria, sito in località omissis . B. Rilevava che detta compravendita riguardava un unitario compendio immobiliare della superficie totale di 103 ettari, di cui due terzi erano occupati dall'azienda agricola ceduta per circa 2,1 miliardi di lire, scontando la corrispondente imposta di registro, e il resto comprendeva la confinante e annessa area fabbricabile ceduta per circa 22,2 miliardi di lire, scontando l'IVA di circa 4,4 miliardi di lire. comma Sosteneva che l'intero comprensorio costituiva un unico ramo d'azienda la cui cessione era per legge soggetta per intero a imposta di registro e che tale conclusione era avvalorata da convergenti indicatori, quali i l'adiacenza dei suoli edificatori rispetto a quelli dell'azienda agricola, ii il censimento catastale di tutti i terreni come agricoli e nella stessa partita, iii l'indicazione in fattura dell'appartenenza dei terreni edificabili all'azienda agricola, iv la conduzione agricola di tutti i terreni da parte della cessionaria soc. Foodinvest Group fino al 2001, v lo scorporo nel 2001 dell'intero comprensorio di omissis e il suo conferimento nella nuova soc. Agricola immobiliare Portuense con l'indicazione che era trasferito il ramo d'azienda costituito da compendio dei terreni edificabili, agricoli e fabbricati posseduti in omissis . D. Il ricorso della cessionaria soc. Foodinvest Group, che sosteneva la confluenza nel medesimo rogito di autonome cessioni di suoli edificatori e di terreni costituenti l'azienda agricola, era accolto in prime cure, con pronunzia riformata in appello giusta sentenza della CTR Abruzzo del 14 novembre 2006. E. Il giudice di secondo grado motivava la decisione ritenendo a che in appello non potevano trovare ingresso le nuove questioni sollevate dalla società contribuente riguardo al vizio di eccesso di potere dell'atto emesso dall'ufficio di Teramo dell'Agenzia delle entrate rispetto alle determinazioni assunte in precedenza sull'atto dall'ufficio del registro di Roma e in via generale dalle circolari in materia b che, attesa l'articolazione funzionale degli uffici periferici dell'Agenzia delle entrate in ragione delle diverse imposte, la registrazione dell'atto spettava all'ufficio di omissis , mentre i controlli in materia di IVA erano compito dell'ufficio di omissis competente in relazione alla sede della compratrice , il quale si avvaleva dei più penetranti poteri accertativi previsti dal D.P.R. numero 633 c che, la precedente certificazione dell'ufficio di Roma omissis attestava solo la congrua applicazione dell'imposta di registro, senza poter intervenire sul diverso tema della detraibilità dell'IVA d che le circolari invocate a discarico, collocandosi tra il 1973 e il 1982, erano comunque irrilevanti alla luce della modifica del D.P.R. numero 633 operante dal 1998 e che, nel contratto e nel progetto di scissione quasi coevo alla richiesta di detrazione, si accennava, con locuzioni similari, a un ramo d'azienda a vocazione agricolo-immobiliare, costituito dal compendio dei terreni edificabili, agricoli e fabbricati soprastanti, posseduti in località omissis f che l'edificabilità urbanistica delle superfici controverse non ne impediva l'utilizzo agricolo e non ne comprometteva l'idoneità all'utilizzo imprenditoriale in unione all'adiacente azienda agricola g che il pagamento dell'IVA erroneamente indicata in fattura non costituiva, di per sè stessa, condizione legittimante la detrazione. F. Propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la soc. Foodinvest Group l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Motivi della decisione G. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia omessa motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia espressamente portato all'attenzione del giudice d'appello. Il motivo è inammissibile. L'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, nel testo vigente ratione temporis fa riferimento al fatto controverso e decisivo per il giudizio che non deve attenere a mere questioni o punti . H. Inoltre, ai sensi dell'articolo 366bis c.p.c., vigente ratione temporis , il vizio motivazionale di cui all'articolo 360, comma 1, numero 5, deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica dei fatti controversi in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali l'insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo e-lementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che, come si è detto, non devono riguardare mere questioni o punti, dovendosi configurare in senso storico o normativo, e potendo rilevare solo come fatto principale ex articolo 2697 c.c., o anche fatto secondario comma 16655/11 . Invece, nel motivo in esame, manca del tutto il c.d. quesito di fatto, dovendo esservi conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l'indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze del giudice di legittimità, il quale deve poter comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l'errore motivazionale commesso dal giudice di merito comma 24255/11 . I. Nulla di quanto necessario risulta nella specie, non valendo l'epilogo di carattere dialogico, che chiude il mezzo pag.30 . Peraltro, esso nella parte in cui pare volersi dolere dell'omesso esame della questione secondo cui non sarebbe amministrativamente consentito che lo stesso ente impositivo, tramite il suo ufficio di omissis , superi un precedente atto dell'ufficio di Roma, che avrebbe certificato in modo definitivo la chiusura del subprocedimento interno non coglie affatto la duplice ratio decidendi della sentenza d'appello. Essa ha affrontato la questione, sia stigmatizzandone la novità sul piano della preclusione processuale, sia affermandone l'infondatezza in ragione della diversità di attribuzioni devolute alle due articolazioni dell'Agenzia delle entrate per la diversità di imposte e di poteri e finalità di controllo. J. Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 9 e 40 TUR, sollecita, in sede di quesito di diritto, l'affermazione del principio secondo cui il comportamento amministrativo seguito da un locale ufficio dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente alla registrazione di un atto, estrinsecandosi in un atto esterno dove si confermano i criteri di assoggettabilità ad imposta di registro e di conseguenza ad IVA in relazione alla correlazione di beni compravenduti dell'atto stesso non può essere superato da altro successivo avviso di accertamento IVA emesso da altro ufficio locale della medesima Agenzia delle entrate, avviso di accertamento che deve dunque ritenersi illegittimo . K. Il motivo è manifestamente infondato. Esso sembra rifarsi al c.d. principio del consolidamento del criterio impositivo che, però, nella specie non può trovare ingresso. Esso è stato elaborato riguardo alla messa in discussione del criterio estimativo di tassazione comma 7242/03 sul D.P.R. numero 634 del 1972, articolo 74, ora TU D.P.R. numero 131 del 1986, articolo 76 conf. 6150/03 e 7835/01 sul D.P.R. numero 131 del 1986, articolo 77, comma 4025/12 sul D.P.R. numero 634 del 1972, articolo 75, comma 9/76 sul R.D. numero 3269 del 1923, articolo 136 . Invece, in caso d'imposizione alternativa, non può rilevare il fatto storico che sia stato corrisposto un tributo, atteso che il contribuente ha l'obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettive. Pertanto, non sono violati i principi di alternatività dell'imposta, di consolidamento del criterio impositivo e di divieto di doppia imposizione D.P.R. 26 aprile 1986, numero 131, articolo 40, e del D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 67 , allorchè l'amministrazione finanziaria, in caso di cessione non soggetta ad IVA, si limiti ad escludere la detraibilità dell'IVA erroneamente pagata dall'acquirente, indicando l'imposta di registro, quale unico tributo dovuto comma 2021/96, 18524/10 . L. Non a caso, del resto, sono diversi i termini per l'azione di finanza tre anni dalla data della registrazione dell'atto, ai sensi dell'articolo 76 TUR, a fronte del più ampio termine fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, previsto per gli accertamenti in materia di IVA dal D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 57. M. Dunque, atteso che l'esercizio del diritto di detrazione contemplato dalla sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, numero 77/388/CEE non si estende all'imposta dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata nella fattura Corte giustizia CE in causa C 342/87 , un'interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata, che valorizzi l'omogeneità della disciplina nazionale nel sistema armonizzato Europeo, non può che riconoscere l'autonomia del potere accertativo in materia di IVA articolo 51 da esercitarsi nel termine di cui al D.P.R. numero 633, articolo 57. N. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 1362 e dell'articolo 20 TUR in relazione all'articolo 2, comma 2, lett. b e all'articolo 2555 c.c., la ricorrente premette nel relativo quesito di diritto che, per qualificare un contratto come cessione d'azienda occorre, ricercare la comune intenzione delle parti, in ragione delle parole ed espressioni del contratto alla luce dell'intero contesto contrattuale , potendosi ricorrere al comportamento complessivo delle parti solo in via sussidiaria . Indi, sostiene che nel caso di compravendita avente ad oggetto un'azienda agricola e contestuale vendita di terreni edificabili a destinazione industriale, questi ultimi devono essere assoggettati ad IVA se, in base alle parole ed espressioni riportate nel contratto, risulta trattarsi di beni che per natura, consistenza, valore e finalità a cui sono destinati, sono riguardati nella loro consistenza unitaria e individualità giuridica e non sono in alcun modo collegati al complesso unitario di beni facenti parte dell'azienda agricola, organizzato in vista del perseguimento di uno scopo produttivo . O. Il motivo non è fondato. La scelta compiuta dal legislatore, in tema d'imposta di registro con l'articolo 20 TUR l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente di privilegiare, nella contrapposizione fra la intrinseca natura e gli effetti giuridici e il titolo o la forma apparente di essi, il primo termine, unitariamente considerato, implica, assumendo un rilievo di fondo, che gli stessi concetti privatistici sull'autonomia negoziale regrediscano a semplici elementi della fattispecie tributaria. Ciò comporta che, ancorchè non si prescinda dall'interpretazione della volontà negoziale secondo i canoni generali, nell'individuazione della materia imponibile dovrà darsi la preminenza assoluta alla causa reale sull'assetto cartolare. Ne consegue la tangibilità, sul piano fiscale, delle forme negoziali, in considerazione della funzione antielusiva sottesa alla disposizione in parola. Sicchè l'autonomia contrattuale e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi e non anche di quelli economici, riferiti alla fattispecie globale restano necessariamente circoscritti alla regolamentazione formale degli interessi delle parti, perchè altrimenti finirebbero per sovvertire i detti criteri impositivi comma 10273/07 cfr. comma 11457/05 e 14900/01 . P. In altri termini l'articolo 20 costituisce indubbio indice rivelatore di criteri di qualificazione autonomi rispetto alle ordinarie ipostasi interpretative civilistiche, attesa la preminenza del principio generale antiabuso SU 30005/08 comma 12042/09 e della regolamentazione reale degli interessi comma 9162/10, 11769/08 oggettivizzata, come osserva la dottrina, nell'indagine sulle possibili conseguenze giuridiche di atti e negozi. Ne deriva che non è addebitabile alla sentenza impugnata la violazione delle norme di ermenuetica contrattuale, circa la mera sussidiarietà del ricorso a elementi estranei al contratto e desumibili aliunde riguardo a dati comportamentali, atteso che questa prospettiva si rivela inficiata da un'opzione interpretativa abrogatrice delle modalità impositive richiamate. Q. La decisione risulta, quindi, sorretta da adeguate argomentazioni sotto il profilo logico-formale v. sopra sub p. E lett. e f e sotto quello della correttezza giuridica, non risultando trascurati i criteri che, secondo questa Corte, presiedono la configurabilità di una azienda ai sensi della disciplina civilistica e della sua cessione ai sensi della disciplina fiscale antielusiva di cui agli artt. 20 e 40 TUR . R. Infine, è appena il caso di ricordare che a in presenza di una cessione di beni atti, nel loro complesso e nel loro collegamento, all'esercizio d'impresa, si deve ravvisare una cessione d'azienda soggetta ad imposta di registro, mentre solo la cessione di singoli beni, inidonei di per sè ad integrare la potenzialità produttiva propria dell'impresa, deve essere assoggettata ad IVA comma 897/02 b v'è cessione di azienda anche nel caso in cui i beni ceduti nella loro complessità siano potenzialmente utilizzabili per attività d'impresa, senza che abbia rilievo il requisito dell'attualità comma 9162/10 . S. Invece, la verifica che attiene all'individuazione, riguardo ai singoli beni trasferiti, di un legame dovuto all'opera unificatrice dell'impresa cedente e funzionale alla realizzazione di un rapporto di complementarietà strumentale tra gli stessi, in vista della loro destinazione alla produzione, costituisce un'indagine che rientra nell'apprezzamento delle risultanze processuali devoluta al giudice di merito ed è censurabile solo per vizio di motivazione. T. Con il quarto motivo, denunciando violazione del D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 19, la ricorrente chiede nel relativo quesito di diritto di affermare il principio secondo cui nel caso di erroneo assoggettamento ad IVA di un'operazione che doveva scontare l'imposta di registro cessione di azienda agricola non può essere negato il diritto alla detrazione IVA in capo all'acquirente, se non vi siano elementi soggettivi e oggettivi tali da far supporre non corretto il comportamento del cedente soggetto passivo d'imposta e se il cessionario abbia di conseguenza agito in perfetta buona fede . U. Il motivo è infondato, atteso che l'esercizio del diritto di detrazione contemplato dalla sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, numero 77/388/CEE, non si estende all'imposta dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata nella fattura Corte giustizia CE in causa C-342/87 Come si è detto, in caso d'imposizione alternativa, non rileva il fatto storico della corresponsione di un tributo anzichè un altro, poichè il contribuente deve corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello derivante da considerazioni soggettive comma 2021/96 comma 18524/10 . V. Nel corpo del motivo la ricorrente chiede, in via subordinata, la non applicazione delle sanzioni irrogate per obiettive condizioni d'incertezza, da valutarsi ai sensi del D.Lgs. numero 472 del 1997, articolo 6, comma 2, ma l'istanza, a prescindere dall'accertamento del suo fondamento, è inammissibile sia perchè manca del tutto il quesito di diritto sul punto specifico, sia perchè il rilievo non può trovare ingresso per la prima volta nel giudizio di legittimità e il ricorso, in difetto di specificità, non spiega se, come e quando un richiesta di tal genere sia eventualmente entrata nel giudizio di merito comma 25676/08 . W. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo cfr. S.U. numero 17405 del 2012 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 20.000 Euro per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.