Il tributo è dovuto anche per i cellulari in abbonamento

L’attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, è assoggettata ad un regime autorizzatorio da parte della Pubblica Amministrazione. Il permanere di tale regime, sia pure caratterizzato da maggiori spazi di libertà, giustifica il mantenimento della tassa di concessione governativa.

Alcuni Comuni veneti chiedevano il rimborso della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari posseduti. la competente Commissione Tributaria Provinciale. Il Giudice di prime cure confermava la debenza delle somme, mentre la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dei Comuni. Nella sentenza n. 23052/12, depositata il 14 dicembre, la sezione Tributaria della Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’Amministrazione finanziaria e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dei Comuni veneti. La Suprema Corte ricostruisce la disciplina in materia di tasse sulle concessioni governative Il Giudice di legittimità ricostruisce la disciplina applicabile al caso de quo . In materia di tasse sulle concessioni governative, l’art. 1, d.P.R. n. 641/1972 prevede che i provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell’annessa tariffa sono soggetti alle tasse sulle concessioni governative . Il Collegio ritiene che l’utilizzo dei cellulari sia sussumibile nella previsione di cui all’art. 21 della Tariffa, ove si indica tra gli atti soggetti alla tassa sulle concessioni governative licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione art. 318, d.P.R. n. 156/1973, e art. 3 d.l. n. 151/1973, convertito con modificazioni, dalla legge n. 202/1991 . e quella delle telecomunicazioni. La Corte di Cassazione menziona poi le disposizioni relative alle telecomunicazioni. L’art. 318 del Codice Postale d.P.R. n. 156/1973, recante Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni , rubricato Licenza di esercizio , disponeva che Presso ogni singola stazione radioelettrica di cui sia stato concesso l’esercizio deve essere conservata l’apposita licenza rilasciata dall’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni comma 1 , e che Per le stazioni riceventi del servizio di radiodiffusione il titolo di abbonamento tiene luogo della licenza comma 2 . L’articolo richiamato è stato abrogato dall’art. 218, d.lgs. n. 259/2003. Codice delle Comunicazioni Elettroniche dalla concessione alla concorrenza. La Suprema Corte rileva che, con il cosiddetto Codice delle Comunicazioni Elettroniche d.lgs. n. 259/2003 , il settore è stato privatizzato, al fine di tutelare i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica e il suo esercizio in regime, non più di concessione, ma di concorrenza . In base all’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 259/2003, la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica è libera essendo di preminente interesse generale, viene essa assoggettata alle disposizioni del Codice delle Comunicazioni Elettroniche. L’art. 25, comma 3, d.lgs. n. 259/2003 condiziona la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica ad una autorizzazione generale, che consegue alla presentazione della dichiarazione, resa dall’interessato, di voler iniziare la fornitura e costituende segnalazione certificata di inizio attività come precisato dal successivo comma 4 . Resta fermo il potere del Ministero dello Sviluppo Economico, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, di verificare d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e di disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell’attività così prevede sempre il comma 4 richiamato sopra . Quanto alla licenza di esercizio, la disciplina dell’abrogato art. 318 del Codice Postale è reiterata nell’art. 160, d.lgs. n. 259/2003, ove si prevede che, presso ogni singola stazione radioelettrica per la quale sia stata conseguita l’autorizzazione generale all’esercizio, deve essere conservata l’apposita licenza rilasciata dal Ministero dello Sviluppo Economico e che, per le stazioni riceventi del servizio di radiodiffusione il titolo di abbonamento tiene luogo della licenza. Permane il regime autorizzatorio la tassa di concessione governativa è dovuta. La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ritiene che, dal plesso normativo così ricostruito sia possibile evincere che l’attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, pur caratterizzata da una maggiore libertà rispetto alla normativa precedente, resta comunque assoggettata ad un regime autorizzatorio da parte della Pubblica Amministrazione , in relazione al quale la licenza di stazione radio è sostituita dal contratto di abbonamento con il gestore del servizio radiomobile. Il permanere del regime autorizzatorio, sia pure caratterizzato da maggiori spazi di libertà, giustifica il mantenimento della tassa di concessione governativa.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 18 aprile – 14 dicembre 2012, n. 23052 Presidente Adamo – Relatore Schirò Svolgimento del processo La controversia attiene alla richiesta, formulata dai Comuni indicati in rubrica, di rimborso della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari posseduti. La Commissione tributaria provinciale di Treviso con sentenza 19/06/210 ha respinto il ricorso presentato dai comuni interessati. La Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l'appello dei Comuni contribuenti, così motivando - l'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 1972/641 prevede il pagamento della tassa di concessione governativa in relazione all'utilizzo di licenza o di documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione - il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche d.lgs. 2003/259 ha disposto, con l'art. 3, la liberalizzazione della fornitura di servizi di comunicazione elettrica e, con l'art. 218, ha abrogato l'art. 318 del d.P.R. 1973/156, che, nello stabilire che presso ogni singola stazione radioelettrica di cui fosse stato concesso l'esercizio doveva essere conservata l'apposita licenza rilasciata dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e nel disporre che oggetto della tassazione sarebbe stato il contratto di abbonamento sostitutivo della licenza, costituiva la fonte normativa del citato art. 21 della tariffa e presupposto oggettivo della tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile - era irrilevante la circostanza che l'art. 1, comma 203, della legge finanziaria 2007/244 avesse esteso anche ai non udenti i benefici previsti dall'art. 21 della tariffa, non potendo tale disposizione comportare la reviviscenza di una norma già abrogata - il TUIR aveva escluso i Comuni dall’assoggettamento alle imposte dirette e la riformulazione dell'art. 114 della Costituzione aveva posto sullo stesso piano i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'Agenzia delle entrate sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso e memoria i Comuni intimati. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 74 TUIR e deduce che non è pertinente il riferimento a tale norma, operato dalla sentenza impugnata, per giustificare l'esenzione dei Comuni dalla tassa di cui trattasi. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 114 della Costituzione e si deduce che tale norma non implica l'uguaglianza del Comune e dello Stato sul piano fiscale, ma più semplicemente la coordinazione dei vari enti e dei relativi poteri in un unico risultato, con la conseguenza che i Comuni non sono esclusi dall'assoggettamento all'imposizione fiscale da parte dello Stato. Con il terzo motivo si denuncia altresì violazione dell'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 1972/641, nonché degli arti. 2 del d.m. 24 maggio 2005 e 1, comma 203, della legge 2007/244. L'Agenzia deduce al riguardo che il legislatore ha modificato l'art. 21 citato con le disposizioni da ultimo richiamate, emanate successivamente all'abrogazione dell'art. 318 del d.P.R. 1973/156, e in particolare con l'art. 1, comma 203, della legge 2007/244, che ha esteso ai non udenti l'esenzione dalla tassa di concessione governativa già riconosciuta a invalidi e non vedenti, restando così dimostrata la persistente vigenza dello stesso art. 21. Con il quarto e ultimo motivo la ricorrente denunciando la violazione dell'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 1972/641, nonché degli artt. 318 del d.P.R. 1973/1 56 e 21 8 del d. lgs. 2003/259 deduce che - malgrado le liberalizzazioni introdotte dal d. lgs. 2003/259, l'attuale regime degli operatori radiotelefonici continua a essere sottoposto al controllo della pubblica amministrazione attraverso l'autorizzazione generale prevista dall'art. 25 dello stesso decreto legislativo - l'art. 318 del d.P.R. 1973/156 – che, nello stabilire che presso ogni singola stazione radioelettrica di cui fosse stato concesso l'esercizio doveva essere conservata l'apposita licenza rilasciata dal l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, costituiva la fonte normativa dell'art. 21 citato e il presupposto oggettivo della tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile - sebbene abrogato dall'art. 218 del d. lgs. 2003/259, è stato reiterato nel suo contenuto precettivo dall'art. 160 della stesso decreto legislativo, che ha disposto che presso ogni singola stazione radioelettrica per la quale sia stata consegnata l'autorizzazione generale deve essere conservata l'apposita licenza rilasciata dal Ministero. Per le stazioni riceventi del servizio il titolo di abbonamento tiene luogo della licenza di conseguenza anche attualmente il proprietario di un apparecchio di telefonia mobile è autorizzato a farne uso in l'orza del proprio abbonamento e, nello stesso tempo, l'art. 160 citato, riproducendo il contenuto dell'art. 318 abrogato, ha modificato l'art. 21 della tariffa nella parte in cui in precedenza richiamava l'art. 318 stesso. 2. Preliminarmente va disattesa l'eccezione d'inammissibilità del quarto motivo del ricorso, sollevata dai controricorrenti sul presupposto che la censura proposta riguardava questione nuova dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità. Va osservato al riguardo che la censura solleva una questione di mero diritto, che non implica accertamenti di fatto, e che pertanto può essere legittimante proposta per la prima volta in sede di legittimità Cass. 2005/20005 2007/9297 . 3. Nel merito, esaminati congiuntamente i motivi di ricorso, in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, ritiene il collegio che il ricorso sia fondato nei termini qui di seguito precisati. Il d.P.R. n. 641 del 1972, Disciplina delle tasse sulle concessioni governative , nel suo primo articolo stabilisce che sono soggetti alle tasse sulle concessioni governative I provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell'annessa tariffa . Per quanto concerne l'utilizzo dei cellulari, si deve fare riferimento all'art. 21 di detta tariffa, il quale indica quale oggetto di tassazione Licenza o documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione art. 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, e art. 3 del decreto legge 13 maggio 1973 n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202 . In merito all'utilizzo della licenza, con Kart. 318 del d.P.R. n. 156/1973 Codice postale e delle telecomunicazioni , si precisava che Presso ogni singola stazione radioelettrica di cui sia stato concesso l'esercizio deve essere conservata l'apposita licenza rilasciata dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni . Successivamente, a seguito dell'entrata in vigore del Codice delle comunicazioni elettroniche d. lgs. 2003/259 , il settore delle comunicazioni è stato privatizzato, al fine di tutelare i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica e il suo esercizio in regime, non più di concessione, ma di concorrenza. La fornitura di servizi di comunicazione elettronica è stata qualificata come attività libera dall'art. 3, comma 2, del citato d. lgs. 2003/259, in ragione della sua natura di preminente interesse generale, ma nel rispetto delle condizioni stabilite nel capo II dello stesso decreto legislativo e in particolare dell’art. 25, comma 3, in forza del quale detta fornitura è soggetta ad un'autorizzazione generale, che consegue alla presentazione della dichiarazione, resa dall'interessato, di voler iniziare la fornitura e costituente denuncia di inizio di attività, l'ermo restando il potere del Ministero, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, di verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività. Nello stesso tempo l'art. 160 dello stesso Codice delle comunicazioni elettroniche ha reiterato il contenuto dell'abrogato art. 318 del d.P.R. 1973/156, stabilendo che presso ogni singola stazione radioelettrica per la quale sia stata consegnata l’autorizzazione generale deve essere conservata l'apposita licenza rilasciata dal Ministero, fermo restando che per le stazioni riceventi del servizio il titolo di abbonamento sostituisce la licenza. 4. Dal quadro normativo delineato dal Codice delle comunicazioni elettroniche emerge che l'attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, pur caratterizzata da una maggiore libertà rispetto alla normativa precedente, resta comunque assoggettata ad un regime autorizzatorio da parte della Pubblica amministrazione, con la particolarità che il contratto di abbonamento con il gestore dei servizio radiomobile si sostituisce alla licenza di stazione radio, e che tale permanente regime autorizzatorio, pur contrassegnato da maggiori spazi di libertà rispetto al passato, giustifica il mantenimento della tassa di concessione governativa prevista per l'utilizzo degli apparecchi di telefonia nobile, costituendo oggetto di tassazione, ai sensi dell'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 1972/641, la Licenza o documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione . Non rileva l'argomentazione dei controricorrenti, secondo cui il citato art. 160 del Codice delle comunicazioni elettroniche riguarderebbe soltanto gli impianti radioelettrici e non gli apparecchi di telefonia mobile, che non costituiscono un impianto radioelettrico. Invero tale articolo ha riprodotto esattamente il contenuto normativo dell'abrogato art. 318 del d.P.R. 1973/156, che costituiva in precedenza il presupposto oggettivo della tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile. La delineata interpretazione del quadro normativo di riferimento trova conferma nel disposto dell'art. 1, comma 203, della legge finanziaria 2007/244, che, intervenuta successivamente alla ritenuta abrogazione dell'art. 21 della tariffa per effetto del disposto dell'art. 268 del d.lgs. 2003/159. ha esteso ai non udenti l'esenzione dalla tassa di concessione governativa già prevista dallo stesso art. 21 per invalidi e non vedenti, restando così dimostrata la persistente vigenza di tale disposizione tariffaria anche dopo l'abrogazione dell'art. 318 del d.P.R. 1973/196. Non rilevano, infine, neppure i riferimenti compiuti dai giudici di appello alle disposizioni del TUIR, che riguardano soltanto l'imposizione diretta, e all'art. 114 della Costituzione, da cui non è dato ricavare alcun elemento che giustifichi una generale esenzione dei Comuni dall'imposizione fiscale dello Stato. 5. Il ricorso merita pertanto accoglimento nei termini fin qui precisati e la sentenza impugnata deve pertanto essere annullata in ordine alle censure accolte. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell'originario ricorso dei Comuni contribuenti. La novità della questioni affrontate giustifica la totale compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso introduttivo. Compensa integralmente le spese processuali dell'intero giudizio.