Ok alle agevolazioni se la residenza risulta nel rogito notarile

La mancata indicazione del luogo di lavoro nel comune ove è ubicato l’immobile, anche in assenza della residenza del contribuente, nell’atto notarile comporta la perdita dell’agevolazione sulla prima casa.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 21730 del 4 dicembre 2012, ha respinto il ricorso di un contribuente che aveva usufruito delle agevolazioni fiscali per la prima casa nonostante non avesse ancora preso la residenza. Il caso. Il contribuente, dopo aver acquistato l’immobile, aveva usufruito della agevolazioni fiscali sull'imposta di registro, ipotecaria e catastale, dichiarando di lavorare nel comune dov’è ubicato l’immobile, senza aver spostato di fatto la sua residenza e senza aver fatto trascrivere la circostanza nell’atto notarile. Poiché mancava la trascrizione, il fisco ha notificato un avviso di rettifica. I giudici di merito tributari hanno confermato la pretesa erariale. La mancata produzione dell’atto registrato non costituisce l’unica ratio a base della decisione in quanto la CTR ha respinto l’appello sul rilievo che tale requisito – luogo in cui l’acquirente svolge attività lavorativa deve essere indicato nell’atto di notaio e dimostrato con la presentazione contestuale della documentazione attestante il possesso dei requisiti . Il contribuente può usufruire delle agevolazioni fiscali prima casa solo se effettivamente lavora nello stesso comune in cui è ubicato l’immobile e tutto ciò viene espressamente riportato nell’atto del notaio e dimostrato con la documentazione che attesti il possesso dei requisiti. Nel ricorso in Cassazione il contribuente ha lamentato violazione dell’artt. 76 e 77, DPR n. 131/1986 testo unico sull’imposta di registro in quanto la commissione regionale non avrebbe considerato l’atto integrativo presentato dal contribuente sulla residenza ma mai registrato presso un notaio. Necessaria l’indicazione nell’atto notarile. Secondo il giudice di legittimità il contribuente può usufruire delle agevolazioni fiscali prima casa pur non avendo preso nell’immobile la residenza solo nel caso in cui il luogo di lavoro nel comune dov’è ubicato l’appartamento è indicato nell’atto del notaio. L’atto integrativo prodotto in un secondo momento all’ufficio del registro non ha alcun valore. Secondo gli Ermellini era infondato l’appello del contribuente in quanto il luogo in cui questi svolge attività lavorativa dev’essere indicato nell’atto del notaio e dimostrato con la presentazione contestuale della documentazione attestante il possesso dei requisiti. In buona sostanza, con l’atto di rettifica formalmente registrato, il contribuente, ancora prima di ricevere l’avviso di accertamento, avrebbe dovuto indicare che l’immobile appena comprato era ubicato nel luogo in cui si svolgeva l’attività lavorativa.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile T, ordinanza 7 novembre 4 dicembre 2012, n. 21730 Presidente Cicala – Relatore Iacobellis Svolgimento del processo La controversia promossa da contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dal contribuente contro la sentenza della CTP di n. 44/51/2009 che ne aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di liquidazione e sanzioni per la perdita dei benefici fiscali della cd prima casa”, seguito del mancato trasferimento della residenza. Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. Il presidente ha fissato l’udienza del 7/11/2012 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il ricorrente ha depositato memoria il P.G. ha concluso aderendo alla relazione. Motivi della decisione Con primo motivo il ricorrente assume l’omessa motivazione circa un fatto controverso. La CTR avrebbe omesso di valutare l’eccezione di decadenza sollevata. La censura è inammissibile sia per diletto di autosufficienza, non risultando trascritto il relativo capo di appello, sia in quanto non formulata con riferimento all’art. 112 c.p.c Ed invero, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale dì udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività Sez. U. Sentenza n. 15781 del 28/07/2005 . Tali elementi non sono desumibili dal contenuto del ricorso laddove la parte deduce unicamente ” la Commissione Tributaria Regionale ha omesso di valutare l’eccezione di decadenza sollevata dal ricorrente in ragione del fatto che l’Ufficio delle Entrale ha esercitato la pretesa creditoria oltre il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto ” . D’altro canto la censura non risulta formulata nel rispetto dei principi affermati da questa Corte Sez. 5. Sentenza n. 7871 del 18/05/2012 secondo cui l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo” e della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non già con la denuncia del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ Con secondo motivo il ricorrente assume la violazione dell’art. 74 e 76 del dpr 131/86 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. La CTR non avrebbe considerato l’atto integrativo del 12/2/2002 in quanto non registrato la copia registrata non sarebbe in possesso del ricorrente per causa a lui non imputabile. La censura è inammissibile in quanto priva di specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le norme indicate dal ricorrente. Peraltro la mancata produzione dell’atto registrato non costituisce l’unica ratio a base della decisione in quanto la CTR ha respinto l’appello sul rilievo che tale requisito – luogo in cui l’acquirente svolge attività lavorativa deve essere indicato nell’atto di notaio e dimostrato con la presentazione contestuale della documentazione attestante il possesso dei requisiti” e che con l’atto di rettifica il contribuente, prima della notifica dell’avviso fiscale, avrebbe dovuto indicare che l’immobile era ubicato nel luogo in cui svolgeva attività lavorativa” o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità. Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso. La natura della controversia e le circostanze che caratterizzano la vicenda giustificano la compensazione delle spese tra le parti. P.Q.M. Rigetta il ricorso dichiarando compensate tra le parti le spese del giudizio.